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Ripresa e debito: la coperta è corta
Debito sovrano, debito pubblico, titoli di stato.
Ormai in ogni sito e blog di finanza non si fa altro che parlare di queste tematiche. Certo, la crisi dei paesi dell’area PIIGS o PIGS (dipende se includiamo o no l’Italia) ha portato questi argomenti in primo piano, e ancor oggi ricevo molte email da lettori (per lo più silenti) i quali mi chiedono un parere sulla solvibilità di un emittente e spesso di emittenti sovrani.
Quindi risulta quantomai evidente che la tematica “HOT” del momento sia proprio questa: il debito. In tutte le sue forme e tipologie. Ma facciamo attenzione, questa volta la “moda” è assolutamente ragionata e valida, perché il DEBITO è sicuramente la tematicha più importante e di difficile gestione per il 2010. E non solo per il 2010. Il problema è che il debito (soprattutto pubblico) ha degli effetti collaterali (a cui spesso ho accennato) che rischiano di inchiodare l’economia per tanto tempo. Come dice un vecchio detto : “la coperta è corta” e per forza va a finire che si lasciano, se va bene, i piedi al freddo.
Prima di cominciare una nota. Per avere un quadro completo, vi consiglio di leggere, se non lo avere ancora fatto il post ONE YEAR AFTER.
Switch debito privato in debito pubblico
L’interventismo degli stati e dei governi (assolutamente necessario secondo me) ha portato in massima sintesi, allo switch, al passaggio della mole del debito di tipo privato e finanziario dalle banche agli Stati.
Quindi i Governi hanno avuto un atteggiamento di massimo assistenzialismo. Lo Stato torna protagonista, alla faccia di chi lo voleva accantonato per sempre a scapito del capitalismo e dell’intraprendenza della finanza e dei privati.
L’intervento pubblico è stato non solo necessario ma assolutamente determinante, volto al fine di salvare il sistema dal crack sicuro e dal terremoto finanziario stile anni ’30 (anche se di magnitudo indubbiamente superiore).
Morale: banche che si scaricano di una serie incredibile di titoli e bonds, di dubbia qualità e dubbia negoziabilità e nel frattempo entrano nel capitale delle banche, salvandole dal default (l’esempio inglese fasciola) con la promessa di uscirne quanto prima, nel momento in cui i timori e le paure del crack finanziario si fossero definitivamente diradate.
Chiaramente, ad oggi, gli Stati restano fortemente nel capitale bancario, in quanto la crisi finanziaria è ben lungi dall’essere terminata.
Riprendendo un’altra famosa frase, ovvero “Nulla si crea e nulla si distrugge” di Lavoisier , abbiamo assistito NON alla soluzione dei problemi, ma allo spostamento di carta. In altri termini, è un grosso errore pensare che l’interventismo statale abbia “cancellato” il debito o abbia risolto definitivamente il problema. In realtà ha fatto altro: ha spalmato tutta la melma (chissà perché mi verrebbe da scrivere un’altra parola che inizia sempre con “me” ed ha sempre 5 lettere…) sui contribuenti e sul sistema.
Più debito pubblico, meno entrate fiscali
E allora proviamo a ragionare. Cosa ha comportato questo switch? Ha comportato una situazione di benessere per il mercato.
E, FATE MOLTA ATTENZIONE, oggi ci troviamo proprio in questa situazione. I Governi hanno inondato il mercato di liquidità (tramite le banche), illudendo che invece il problema sia risolto. Ma non è così. Nel momento in cui il sostegno pubblico cessa e si chiede al mercato di reagire da solo, beh, ci si renderà conto che si è costruito un palazzo sul bagnasciuga con le fondamenta di cartapesta.
Ma non è tutto. Il debito pubblico è quindi lievitato considerevolmente in ogni dove, e questo dato preoccupa tutti. Ma un debito pubblico in violenta crescita comporta anche un taglio degli aiuti e del sostegno al privato. Quindi ecco l’assurdo: lo Stato che ha aiutato le banche NON aiuta il privato. Anche perché l’economia non si è ripresa, e quindi le entrate fiscali latitano, aumenta invece il costo per gli ammortizzatori sociali (sbaglio o… la Cassa Integrazione Guadagni alias CIG è ai massimi?) e la popolazione invecchia, con il problema delle pensioni.
Tranquilli, non sto farneticando. Volevo solo riportarvi un dato. Visto che da qualche parte i soldi bisogna prenderli, tanto per non sbagliarci, uno studio Spi-Cgil mette in evidenza un dato brutto per l’Italia: siamo il paese con le pensioni più tartassate in Europa. E in un paese dove il numero di pensionati è notevole e quindi devono essere presi in seria considerazione come “consumatori”, non è certo una cosa positiva.
Il debito pubblico soffocherà la ripresa
Quindi, in questa fase di forte crisi, il consumatore, vero motore della ripresa, si trova senza il sostegno pubblico. Anzi, se possono , gli Stati gliene prendono ancora. Altro che dargliene e altor che taglio delle tasse! E questo perchè l’indebitamento è a livelli stellari. A corredo di questo mio articolo, che va ad includere in modo sintetico il mio pensiero sullo status economico attuale, vi lascio un grafico preso da uno studio della McKinsley con Haver A.
DEBITO TOTALE
Questa slide mette in evidenza il debito totale dei vari stati, ovvero la somma di:
1) debito pubblico
2) mutui immobiliari
3) debito privato
4) debito bancario
Come potete vedere gli Stati che stanno fisicamente affogando nel debito sono in primis la Gran Bretagna (OT: ma come fa la Regina a meritare ancora la tripla AAA di rating?) e subito dopo il Giappone (un esempio perfetto per poter ipotizzare cosa aspettarci nei prossimi anni, e non è un caso che si parla di Giapponesizzazione) e poi la Spagna.
La classifica è quindi la seguante:
1) Gran Bretagna = 469 % PIL
2) Giappone = 459% PIL
3) Spagna = 342% PIL
4) Corea del Sud = 331% PIL
5) Svizzera = 313% PIL
6) Francia = 306 % PIL
7) Italia = 298 % PIL
8 ) USA = 290% PIL
9) Germania = 274% PIL
10) Canada = 245% PIL
Se poi andiamo ad aggiungere i vari livelli di deficit, la frittata è fatta.
Dal grafico, però, potete vedere che l’Italia ha un minor peso del debito privato ed un maggiore peso del debito pubblico. Da una parte è un bene, ma dall’altra significa che lo Stato non potrà mai essere un vero motore per la ripresa con stimoli VERI. Tante parole ma, ripeto, la coperta è corta e quindi non ci sono vie d’uscita.
Deleveraging: un processo appena iniziato…
…che influisce pesantemente sulla crescita del PIL
Un chiarimento finale
Rispondo all’amico Francesco che mi pone una domanda che assolutamente di interesse pubblico e va a completare il discorso (spero non troppo noioso) sul perché non dobbiamo farci illusioni.
Caro Dream,
ti seguo ormai da tanti mesi, sono un lettore silente che ha trovato il tuo blog per caso (…..) opero nel settore finanziario da anni, e ritengo che i tuoi ragionamenti siano assolutamente corretti. C’è però una cosa che non mi convince.
Si parla spesso dell’aumentare spropositato del debito pubblico. Secondo me qui si rischia di fare un errore di valutazione. Il debito pubblico non deve essere visto come elemento così “destabilizzatore”. Se un emissione scade, verrà rinnovata e quindi alla fine, la ruota continua a girare. Male che vada si aumenterà ulteriormente la scadenza del debito (vedi la Francia che vuole emettere un cinquantennale) ma questo non pregiudicherà il futuro economico, non solo di breve, ma anche di medio lungo termine. Inoltre la storia ci insegna che anche in passato i sistemi economi hanno spesso convissuto con un pesante ratio Dedito aggregato/PIL. Quindi secondo me, è eccessivo il timore per l’aumento del debito, soprattutto pubblico. Tu cosa ne pensi?
Grazie per una tua eventuale risposta.
Francesco
Bravo Francesco. Hai detto delle cose giuste. In passato, la storia insegna, abbiamo già vissuto situazioni di elevata esposizione debitoria, all’incirca come quella attuale. Ma a quei tempi la situazione era diversa:
1) Si trattava di periodi di forte crescita economica. Il debito quindi era una leva per la crescita. Oggi invece non è assolutamente così. Il debito è un panettone che non fa altro che pesare in modo determinante sulla crisi economca e finanziaria che non verrà digerita facilmente.
2) Inoltre siamo ancora all’interno di una situazione estremamente delicata, con un leverage (leva finanziaria) ancora elevata, un’esposizione sui derivati preoccupante, e tutta una serie di problemi che, come dicevo prima,sono stati NON risolti, ma solo “switchati”.
Quindi questa volta possiamo permetterci di dire che è veramente DIVERSO. Come dice il sempre ottimo Gerard Minack, dobbiamo gioco forza attaccarsi alla speranza che la crescita economica sia trainata dagli emergenti, perché le economie mature non hanno la forza, la spinta e la possibilità di fare qualcosa in più.
Ma Cina & Co sono sufficientemente mature per prendere il testimone lasciato dai consumatori europei ed americani?
La risposta è no.
E le economie del BRIC e dei paesi emergenti sono sufficientemente solide per poter dar vita ad un convincente periodo di crescita economica solido, esente da bolle e volatilità?
La risposta è no.
E allora è possibile ipotizzare una soluzione rapida ed efficace di questa situazione per i paesi core, dando vita nei prossimi mesi ad una ripresa economica convincente, facendo rientrare l’eccesso di debito, magari attuando anche un efficace exit strategy per riassorbire i soldi immessi nel sistema, sistemando pian piano leva finanziaria, disoccupazione, debito pubblico e quant’altro?
La risposta è…ditemelo voi (visto che mi sembra palese la risposta).
Ecco. Questa è la mia view.
Chiedo scusa se mi sono dilungato ma questo post è frutto di diversi pensieri raccolti nell’arco dell’ultima settimana.
Spero che questa mia view possa stimolare la vostra mente ( e magari anche il vostro borsellino, target DONAZIONE 🙂 ) ed eventualmente ribattere contestando quanto ho scritto. Nella speranza che abbiate gli argomenti per poter affermare con certezza che ho scritto una marea di cavolate.
Cosa che, purtroppo, dubito potrete fare.
STAY TUNED!
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