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Guerra valutaria? Meglio pensare a come viene gestita la liquidità

Scritto il alle 15:49 da Danilo DT

La guerra valutaria forse non esiste. O meglio, la politica monetaria non convenzionale è stata erroneamente definita come guerra valutaria. Gli effetti collaterali (voluti) non sono poi così lontani e quindi resteremo col dubbio.
La cosa che però dobbiamo iniziare a capire è che forse, pensando ad una guerra valutaria, finiamo col dimenticare qual è il vero problema.
In questi ultimi anni, le banche centrali hanno fatto di tutto per espandere l’economia, per farla crescere, per alimentare uno scenario potenzialmente recessivo.
E per fare questo ha inondato (chi più, chi meno) il mercato di liquidità tramite una politica monetaria espansiva.

Qual è il vero problema? E’ capire come mai questo denaro NON entra in circolo ma resta nella finanza, a disposizione della speculazione e degli investimenti in azioni ed obbligazioni.
Invece, mai come oggi, sarebbe necessario far si che questi soldi andassero a finire alle imprese tramite prestiti e finanziamenti che invece vengono negati. Il canale che ovviamente NON sta facendo da tramite è quello bancario che ha avuto denaro a dismisura anche in Europa (pensate all’LTRO) ma che non si fida e preferisce comprare BTP. E così accade anche in altri continenti.

Le banche cioè fanno gli utili con la FINANZA e non prestando il denaro. La causa è la recessione: si ha paura di prestare il denaro alle imprese perché si teme di perderlo. Allora meglio comprare i BTP che sono ben protetti anche dalla BCE grazie a OMT e ESM.
Ecco il problema. Se non riparte il sistema del credito, l’economia NON può ripartire.

A questo proposito vi propongo uno scritto di Otaviano Canuto.
Alzi la mano chi lo conosce! Non barate, credo siate pochi…
Otaviano Canuto è un importante funzionario della World Bank, nonché vice presidente della Poverty Reduction and Economic Management sempre presso la World Bank.
In questo report mette correttamente in risalto questa problematica. Prima di arrampicarci sugli specchi e cercare di scoprire il colpevole della fantomatica guerra valutaria, sarebbe meglio trovare il modo di impiegare correttamente la liquidità messa a disposizione dalle Banche Centrali.

Gran parte del clamore che circondava l’incontro del mese scorso, a Mosca, dei ministri delle finanze del G-20 e dei banchieri centrali era dedicata alle cosiddette “guerre valutarie”, che alcuni dirigenti di paesi in via di sviluppo hanno accusato i paesi avanzati di combattere mediante politiche monetarie non convenzionali. Ma si è ampiamente trascurata un’altra questione cruciale – quella del finanziamento degli investimenti a lungo termine-, anche se alla fine per avere una politica monetaria non convenzionale sarà necessario che nell’economia globale vi sia il rilancio o la creazione di nuove attività e passività proprio nel lungo termine.


Il crollo di Lehman Brothers del 2008 ha determinato un rialzo dei premi di rischio e scatenato il panico sui mercati finanziari, indebolendo le titoli azionari negli Stati Uniti e in altre parti del mondo, e minacciando di provocare una stretta creditizia. Al fine di evitare che le azioni venissero svendute – cosa che avrebbero portato ad un turbolento disfacimento dei bilanci del settore privato, magari innescando una nuova “Grande Depressione”, o addirittura facendo crollare la zona euro – le banche centrali dei paesi avanzati hanno cominciato ad acquistare poste azionarie rischiose e ad aumentare i prestiti agli istituti finanziari, ampliando così l’offerta di moneta.
Sebbene i timori di un crollo si siano dissipati, queste politiche sono state mantenute o estese, in ragione secondo i politici della fragilità della ripresa economica in atto e dell’assenza di altre leve strategiche ugualmente forti – come la politica fiscale o le riforme strutturali –, in grado di sostituire abbastanza in fretta la politica monetaria.


Ma i molti anni di politica monetaria ultra-espansiva dei paesi avanzati hanno comportato degli spillover sulla liquidità degli altri paesi, imponendo un’eccessiva pressione al rialzo sulle valute ad alto rendimento delle economie in via di sviluppo. Alla luce delle difficoltà incontrate da quei paesi nello scoraggiare il massiccio afflusso di capitali o nell’attenuarne gli effetti – a causa dei vincoli economici, come gli alti livelli di inflazione, o per ragioni di politica interna – ha avuto una grande risonanza la metafora della “guerra valutaria”, coniata nel 2010 dal ministro delle Finanze brasiliano Guido Mantega.


Inoltre, solo una piccola parte della liquidità creata dalla politica monetaria non convenzionale è stata incanalata verso le famiglie e le imprese di piccole e medie dimensioni che generano la maggior parte dei nuovi posti di lavoro. Al contrario, i soggetti colpiti dalla crisi finanziaria globale l’hanno utilizzata per sostenere i loro sforzi per ridurre l’indebitamento e per ricostruire il loro capitale, mentre le grandi aziende hanno costruito grandi riserve di liquidità e rifinanziato il loro debito a condizioni favorevoli. Di conseguenza, la crescita economica e la creazione di posti di lavoro continuano a presentare andamenti poco brillanti, dati i gravi limiti di disponibilità di investimenti da destinare a risorse produttive a lungo termine – essenziali per una crescita sostenibile.


Alcuni ritengono che l’eliminazione dei rischi macrofinanziari di coda, il graduale rafforzamento della ripresa economica mondiale, e l’aumento dei prezzi dei titoli esistenti alla fine convincerà coloro che detengono di liquidità ad aumentare la loro esposizione verso nuove imprese nelle economie avanzate. Ma tale ottimismo potrebbe non essere giustificato. Infatti, in occasione della recente riunione del G-20, la Banca Mondiale ha presentato una Relazione Complessiva sul Finanziamento degli Investimenti a Lungo Termine Per la Crescita e lo Sviluppo. Il rapporto, basato su analisi di varie organizzazioni internazionali, evidenzia diverse aree di preoccupazione.


Per cominciare, l’attuale ridimensionamento delle banche del finanziamento a lungo termine degli investimenti è destinato a persistere. Dopo tutto, molte banche dei paesi avanzati, soprattutto in Europa, che hanno avuto il controllo su questo genere di investimenti – ad esempio, il finanziamento di grandi progetti infrastrutturali – sono in una fase profonda di riduzione della leva finanziaria e di ricostruzione delle loro riserve di capitale. Finora, le altre banche non sono riuscite a colmare il divario.
Inoltre, l’effetto delle riforme legislative concordate a livello internazionale – la maggior parte delle quali deve ancora essere attuata – sarà quello di aumentare i requisiti patrimoniali delle banche, riducendo al contempo la portata dei rischi di trasformazione delle scadenze che queste possono tenere nei loro bilanci. La “nuova normalità” che ne risulta probabilmente includerà prestiti bancari a lungo termine più scarsi e costosi.


Il rapporto della Banca Mondiale sottolinea anche che, in conseguenza della riduzione delle spese bancarie, gli investitori istituzionali con passività a lungo termine – come i fondi pensione, assicurazioni, e fondi sovrani – possono essere chiamati ad assumere un ruolo più importante nel finanziamento di titoli a lungo termine. Ma, per facilitare questo cambiamento, si devono sviluppare appropriati veicoli di finanziamento; acquisire esperienza di investimento e di gestione del rischio; migliorare i quadri normativi; come sarà necessaria la disponibilità di dati adeguati e parametri di riferimento sugli investimenti. Questi investitori devono concentrarsi sulle piccole e medie imprese che le banche spesso trascurano.


Infine, nelle economie emergenti, i mercati obbligazionari in valuta locale – e, più in generale, i mercati nazionali dei capitali – devono essere monitorati ulteriormente, al fine di allungare la permanenza dei flussi finanziari. Nel corso della crisi, i mercati del debito pubblico in valuta locale hanno avuto un andamento abbastanza buono, mentre quelli relativi al debito privato hanno giocato un ruolo più modesto nel veicolare forme di finanziamento a più lungo termine. Ciò suggerisce che si potrebbero ottenere ritorni elevati con la realizzazione di riforme interne volte alla riduzione dei costi di emissione, al miglioramento degli obblighi di comunicazione, al potenziamento dei quadri dei diritti dei creditori, e al contrasto degli altri fattori inibenti.


La preoccupazione per le politiche monetarie non convenzionali e la “guerra delle valute” non devono continuare a dominare le discussioni politiche globali, soprattutto dato l’impegno, assunto il mese scorso, dai leader del G-20 di non impegnarsi in svalutazioni competitive. Al contrario, i leader mondiali dovrebbero lavorare per ottimizzare la liquidità che le misure di politica non convenzionale hanno generato, e dovrebbero impegnarsi ad usarla per sostenere gli investimenti in capitale produttivo a lungo termine. Tale approccio è l’unico modo per porre la ripresa dell’economia globale su una base sostenibile.

Source: Project Syndacate 

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DT

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4 commenti Commenta
kry
Scritto il 14 Marzo 2013 at 19:45

In un mondo dove ormai siamo in sovrapproduzione o meglio dove la maggior parte dei paesi è sotto il 75% dell’utilizzo della capacità produttiva chi glielo fa fare alle banche di prestare denaro e per cosa per le nuove tecnologie. La liquidità, capirai che problema (poi per la gente comune)il gestirla, basta non crearla soprattutto per niente come si sta facendo ora. Forse è meglio pensare al mondo in maniera diversa da come ci è stato fatto conoscere, quanti saranno i bancari che prossimamente staranno a casa, e di conseguenza chi lavora nelle gestioni delle assicurazioni. Tutto il mondo industriale è andato avanti grazie allo spreco e non allo sviluppo inteso positivo e quando arrivi alla resa dei conti i primi tagli si effettuano sul superfluo e poi ci si avvita come sta succedendo.

andrea.mensa
Scritto il 15 Marzo 2013 at 13:52

inoltre caro DT con questa frase mi uccidi … “Qual è il vero problema? E’ capire come mai questo denaro NON entra in circolo ma resta nella finanza……”
beata innocenza …. è almeno due anni che te lo dico …… la ragione è che finiscono tutto il denaro immesso finisce solo nelle mani sbagliate. Semplice no ? ma perchè è così facile da capire e difficile da ammettere ? perchè si torna a bomba sul vero problema, ma son stufo di parlarne.

idleproc
Scritto il 16 Marzo 2013 at 21:23

Sarò un pò sottosviluppato ma nella finanza si fanno profitti reali solo quando il capitale è investito nell’economia reale che produce delle cose reali che si vendono e si comprano nel mondo reale. Se questo circuito è interrotto gli utili che faccio sono fittizi come quando invento nuovi prodotti finanziari che non hanno riscontro nell’economia reale e creo capitali dal nulla. Quando io regalo soldi alle banche stampando carta non faccio altro che gonfiare una bolla e la fame di esproprio da parte del sistema finanziario sull’economia reale e sui capitali veri accumulati nell’economia reale.
Quello che stanno facendo è banale, stanno salvando i bancarottieri e scaricando su tutto il corpo sociale a mezzo tasse e l’inflazione che verrà il buco-bolla di carta che grazie al pompaggio delle banche centrali cresce ulteriormente.

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