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BANCHE ITALIANE: i bubboni che impediscono la ripresa del settore
Malgrado i tanti post scritti sull’argomento, alcuni amici lettori non hanno ancora compreso in pieno, o forse si rifiutano di comprendere (non volendo accettare magari il responso del mercato) i motivi per cui il nostro indice FTSEMIB è il peggiore in Europa.
Se facciamo un banale confronto tra il nostro FTSEMIB ed un benchmark europeo, che sia l’Eurostoxx 50 o lo Stoxx 600, notiamo una violenta diversità a livello di tendenza. Il grafico proposto è a 12 mesi, è normalizzato e mette in risalto la differenza di performance tra i tre indici.
Grafico: indici a confronto. Stoxx 600, Eurostoxx 50, FTSEMIB
Spiegazione: il nostro listino è composto prevalentemente da titoli finanziari, banche in primis e i peso dell’industria è sempre più limitato.
Se poi però proviamo a confrontare sempre l’indice FTSEMIB con l’indice settoriale europeo, l’ Stoxx 600 Banks, notiamo che c’è maggiore coerenza. Anche se l’indice Stoxx 600 BAnks ha fatto un po’ peggio. Segno che NON solo le banche italiane sono in difficoltà. Però almeno ora è chiaro a tutti che il problema sta nel mondo della finanza.
Grafico: indici a confronto. Stoxx 600 Banks vs FTSEMIB
Anche in questo caso, valutando la performance (si fa per dire) da inizio anno, notiamo ancora delle diversità. Ma come è possibile che un listino NON totalmente bancario, abbia performato peggio dell’indice benchmark settoriali di riferimento? E’ possibile, perché qui in Italia abbiamo un altro grande problema che condiziona l’andamento delle banche in borsa, rendendole potenzialmente molto interessante a livello di multipli, ma pur sempre molto pericolose proprio a causa di questo bubbone che ci portiamo dietro.
E questo bubbone si chiama “crediti deteriorati” o se preferite i NPL (Non Performing Loans) a cui si va ad aggiungere la bassa redditività degli attivi, compressa dalla politica monetaria fortemente espansiva voluta dalla BCE per contrastare la deflazione. Le banche italiane si trovano quindi con dei margini di guadagno sulla tradizionale operatività bancaria, vale a dire gli utili derivanti dall’attività di raccolta ed impiego, sempre più miseri.
A parte la questione TASSI, che come ho scritto in QUESTO POST rappresentano per le banche italiane un problema che non può essere sottovalutato, c’è appunto la questione sui crediti deteriorati. Secondo gli ultimi dati relativi al terzo trimestre 2015, reperiti dal sito FinRiskAlert, l’incidenza delle sofferenze lorde rispetto al totale dei finanziamenti è pari a oltre il 16 per cento in Italia, contro il 6,2 per cento medio dell’Area euro, il 5,7 della Spagna, il 3,7 della Francia e il 2,1 della Germania. Fa peggio di noi in Europa solo la Grecia (34 per cento).
In valore assoluto le sofferenze lorde delle banche italiane sono pari a circa 200 miliardi di euro a fine 2015, che toccano i 375 miliardi di euro nel caso in cui si consideri l’intero ammontare dei crediti con qualche forma più o meno grave di insolvenza.
Numeri che condizionano in modo determinante la tendenza borsistiche delle banche italiane, mettendole a rischio di ulteriori interventi a livello di capitale.
I dati Bankitalia a fine 2015
Cosa potrebbe muovere (in meglio) la situazione?
Come detto, due dei principali problemi sono i tassi (e qui nulla si può fare) e i NPL, dove invece ci aspettiamo l’intervento della BCE. Infatti la Banca Centrale Europea ha ben presente il fatto che i Npl (non performing loans) intasano gli asset nel bilancio degli istituti di credito in quanto pesano sulla loro redditivita’, ostacolando la possibilita’ di dare nuovi finanziamenti all’economia. Insomma una palla al piede enorme che impedisce ai nostri istituti di riprendersi. Occorre fare qualcosa. Dice Noury (BCE):
“La Bce sta attualmente lavorando a una coerente cornice di strumenti di supervisione in relazione alla gestione e allo smaltimento dei ‘non performing loan’ da applicare alle istituzioni principali. Un ampliamento della portata dell’esercizio alle banche di minore dimensione che restano sotto le rispettive autorità nazionali di vigilanza verrà discusso in sede competente soltanto in un secondo tempo”
Insomma è necessario un intervento da parte delle istituzioni comunitarie per la gestione dei NPL. C’è addirittura chi parla della possibilità di acquisto da parte della BCE di NPL. La vedo come un’utopia, anche se come tutte le cose, potrebbe essere una questione di prezzo. La cosa che occorre trovare al più presto è una soluzione che permetta alle banche europee, e a quelle italiane in primis, di liberarsi anche solo parzialmente da questo bubbone.
Certo, i numeri più recenti ci fanno vedere qualche timido miglioramento. Ma sono numeri non soddisfacenti. Se non arriva un aiuto dall’alto, non c’è spazio per una vera inversione di rotta del settore bancario italiano sia a livello di risultati di bilancio e poi, come conseguenza, a livello di trend borsistico.
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M. Heidegger, “L’abbandono”, 1959
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Ma siete proprio sicuri che questa storia dei non performing loans non sia gonfiata ad arte?
Io ho visto alcuni atteggiamenti sospetti, che forse qualcuno di voi è in grado di dare una spiegazione logica.
Ovvero alcuni big CARTOLARIZZANO anche i mutui REGOLARMENTE PAGATI, (forse sono veggenti) cosi facendo li classificano crediti deteriorati.
OCCHIO >> Cartolarizzare non fa per forza paio con crediti deteriorati.
E’ tutta una questione di prezzo.
Se io ho un mutuo dove ho una copertura importante e quindi non ci sono problemi di sorta, lo potrò cartolarizzare ad un prezzo molto elevato (100%). Se invece è un NPL, il prezzo potrebbe aggirarsi in un range 20-35%.
…comunque più tardi esce un post che ritengo molto interessante ed esplicito sulla questione. Capirete anche PERCHE’ le banche italiane stanno soffrendo così tanto sui mercati
Chiacchera da bar.
le recenti (poche….) cessioni di pacchetti di crediti ‘mediamente deteriorati’ vengono effettuati a prezzi tra il 25 e il 35% del nominale. Conto banale nei bilanci delle banche c’è un gap del 20/30%. Tradotto ci sarebbero da spesare una 30 di mld solo nelle ‘sofferenze’. Altrettanto almeno dai deteriorati. Segue il fattore tempo: ovvero quelle che sarebbero assistiti da garanzie ‘reali’ hanno notevoli gap valutativi e certo non considerano l’afflusso contemporaneo di beni in liquidazione in un mercato già asfittico di suo. Probabile quindi che al passare del tempo i prezzi ricavati dalle cessioni dei cartolarizzati tendano a scendere….
In verità, anche se basta un accordo ‘politico’ per rinviare il tutto, una pesante mina sarebbe l’adeguamento dei requisiti patrimoniali e il tetto al possesso dei sovrani così come prospettato in questi giorni anche da Fitch. Tra 125 e 175 Mld di nuovo capitale per le banche EU (a spanne almeno una 30ina/ 40ina per le italiane) quindi bruscolini….con l’effetto tassi in agguato. Il tutto per avere delle banche che se va bene….non guadagnano un c…..