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USA vs UE: delicati equilibri commerciali

Scritto il alle 07:06 da Danilo DT

Purtroppo non possiamo che prendere atto del fatto che l’Europa è ormai un gigante sempre più in difficoltà. I dati in arrivo da chi dovrebbe “trainare” l’economia sono negativi. Guardate che si dice della Francia e della Germania su Il Sole 24 Ore e Ansa:

Il Manufacturing purchasing manager’s index (Pmi manifatturiero) del settore manifatturiero francese di ottobre segna 44,5 punti, contro i 44,9 previsti dagli analisti e i 44,6 di settembre. Il Pmi, che misura il livello di attività dei gestori delle vendite di un comparto, del settore servizi è a quota 48,3, anch’esso sotto le previsioni, l’indice composito a 47,3 punti rispetto ai 49 netti stimati.. (ANSA

Il Governo tedesco si arrende alla scia di dati economici negativi che si inseguono da mesi e si rassegna ad abbassare le stime di crescita del Pil per il 2024: le nuove previsioni indicano una contrazione dello 0,2%, dopo la flessione dello 0,3% già accusata lo scorso anno. Due anni consecutivi con il segno meno davanti alla variazione del Pil si sono verificati solo una volta, dalla riunificazione della Germania, nel 2002 e 2003, quando il Governo dell’epoca varò una serie di riforme del welfare. (S24H

In questi giorni, mentre il mondo si prepara alle elezioni americane e l’economia globale continua la sua danza incerta, l’Unione Europea si trova in una posizione tanto peculiare quanto preoccupante. È la storia di un successo che potrebbe trasformarsi in un boomerang, un paradosso che merita di essere raccontato con attenzione.

Il mercato americano rimane il gioiello della corona per le esportazioni europee, un fatto che rende l’UE particolarmente vulnerabile a qualsiasi cambiamento nelle politiche commerciali d’oltreoceano. È come essere seduti su una poltrona comodissima, ma sapendo che qualcun altro ha in mano il telecomando che può reclinarla all’improvviso. La dipendenza dal mercato americano non è solo una questione di numeri: parliamo di un’Europa che respira commercio internazionale, con una quota di scambi che sfiora il 45% del PIL, quasi il doppio rispetto agli Stati Uniti.

Ma c’è di più, e qui il racconto si fa ancora più interessante. La produttività europea continua a perdere terreno rispetto a quella americana, una situazione già resa difficile dal salasso energetico seguito all’invasione dell’Ucraina. È come se stessimo correndo una maratona con uno zaino sempre più pesante sulle spalle, mentre il nostro principale concorrente diventa sempre più leggero e scattante.

Il vero colpo di scena in questa storia è però l’effetto combinato dei dazi e dell’Inflation Reduction Act americano. Le aziende europee si trovano di fronte a un’offerta che sembra quasi impossibile rifiutare: delocalizzare negli Stati Uniti per godere dei sussidi ed evitare i dazi. È come se il vicino di casa ti offrisse non solo un affitto più basso, ma anche un bonus per trasferirti nel suo appartamento. Non sorprende che sempre più imprese europee stiano facendo le valigie.

E come se non bastasse, c’è la questione cinese. Le tensioni commerciali tra USA e Cina rischiano di trasformare l’Europa in una sorta di valvola di sfogo per l’eccesso di produzione del gigante asiatico. È come trovarsi in mezzo a due che litigano, ma invece di prendere le botte, rischiamo di essere sommersi dalle loro merci invendute.

Le imprese europee sembrano paralizzate, come quando ti trovi di fronte a troppe opzioni al ristorante e finisci per ordinare sempre lo stesso piatto. Solo che qui non stiamo parlando di cosa mangiare a cena, ma del futuro dell’economia europea.

In questo momento cruciale, l’Europa si trova di fronte a una sfida che richiede non solo saggezza politica, ma anche coraggio economico. Le prossime elezioni americane potrebbero rappresentare un punto di svolta, ma sarebbe ingenuo pensare che possano risolvere tutti i problemi. L’Europa deve trovare la sua strada, bilanciando la necessità di proteggere i propri interessi commerciali con quella di mantenere relazioni costruttive con gli Stati Uniti.

Non sarà un percorso facile, ma come dicono i saggi: le sfide più grandi portano spesso alle opportunità più interessanti. L’Europa ha già dimostrato in passato di saper reinventarsi nei momenti difficili. Forse è proprio questo il momento di dimostrarlo ancora una volta. Anche ci vorrebbe molta più coesione. E parlare di Unione vera oggi, mi fa solo ridere.

Danilo DT

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1 commento Commenta
stefanomagnani88
Scritto il 29 Ottobre 2024 at 12:03

Ciao, dopo queste elezioni americane (disgustose) non resterà che una polveriera.
La legge naturale dice che vince Harris. Stiamo a vedere. Saluti.

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