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WALL STREET: rallenta ma…non si ferma!

Scritto il alle 15:28 da Lukas


Il mercato prima corregge e poi rimbalza. la configurazione del COT Report cambia di pochissimo. E’ in peggioramento ma marginale. La festa può continuare. (Guest Post)

Cari amici, nella settimana appena trascorsa, i mercati finanziari internazionali hanno accennato ad una correzione, che è prontamente rientrata sul finire della stessa. L’accenno dello storno ha immediatamente rinfocolato le mai sopite speranze dei ribassisti più incalliti. E’ da oltre 10 anni che costoro paventano l’esistenza di una bolla sui mercati azionari. Personalmente, come ben sapete, non comprendo e non condivido tale assunto. Basti infatti considerare che sul finire del 2007, il nostro benchmark azionario mondiale, l’S&P 500, quotava poco sopra i 1500 punti; oggi, ossia 12 anni dopo, lo stesso quota poco sopra i 3.000 punti. Ciò vuol dire che si è verificato un incremento del 100 %, ossia un incremento nominale medio annuo dell’8,33 %. Se da tale dato detraiamo il tasso d’inflazione medio annuo del periodo, pari all’incirca all’1,8 %, otteniamo un tasso d’incremento reale medio annuo del 6,5 %, addirittura inferiore al tasso medio annuo di crescita storico dei listini azionari Usa e mondiali. Ma c’è di più. Non si può infatti non considerare che frattempo è completamente mutato anche il constesto macroeconomico in cui le imprese quotate si trovano a vivere e ad operare. Il fenomemo inflattivo, che aveva per lunghi anni caratterizzato il tumultuoso sviluppo post bellico, è da oltre un decennio pressochè scomparso. E la marcata inflazione, così come la deflazione, è come ben sapete, uno dei principali nemici dei mercati azionari. L’economia, nel frattempo è divenuta sempre più terziarizzata, ma qualcuno non se n’è ancora accorto e continua a dare un peso spropositato ai dati dell’ISM, ossia ai dati del settore manufatturiero, che pesa ormai poco più del 20 % dell’intero Pil Usa. Viviamo inoltre il periodo di una straordinaria rivoluzione tecnologica, che stà cambiando nel profondo quasi tutti i processi produttivi, accrescendo a dismisura la produttività di ogni impresa. Insomma credo che le attuali quotazioni dell’azionario siano il riflesso di tutti questi fattori, e non rappresentano affatto l’espressione di una bolla, creata dalle Banche Centrali, con le loro politiche ultra espansive. Si dice spesso che quasi nessuno riesce a prevedere i crolli di borsa, io credo invece, che in pochi riescano ad interpretare, decodificare, e sfruttare i lunghi cicli di espansione dei mercati e dell’economia.

Riflessioni, quelle sopra illustrate, di carattere generale, esaminiamo però cosa ci indica, al momento, lo scenario intermarket. Nella scorsa ottava, il dollar index ha ceduto lo 0,58 %, da almeno 2 mesi la valuta Usa mostra una leggera debolezza, è forse il primo sintono di un ritorno sulla scena dell’inflazione ? E’ prematuro dirlo, ma è bene monitorare con attenzione il fenomeno. Anche perché le commodities rimbalzano anch’esse dello 0,87 % e sembrano aver quantomeno arrestato il loro, più che decennale, trend al ribasso. Altri segnali in tal senso giungono anche dal mercato obbligazionario. I rendimenti dei bond decennali americani, infatti, lievitano di 7 bps e raggiungono quota 1,84 %. I rendimenti dei bond a 2 anni, invece, crescono di un solo bps, e salgono a quota 1,62 %. L’inclinazione della yield curve Usa, con buona pace dei ribassisti, si amplia pertanto ulteriormente, ed è oggi pari a 22 bps, un livello che sembra escludere la possibilità che si verifichi, a breve, una recessione per l’economia Usa. Il mercato azionario, come detto, continua imperterrito nel suo trend rialzista, anche questa settimana sono stati registrati altri record storici, ed il nostro benchmark azionario mondiale, l’S&P 500, ha chiuso l’ottava a quota 3.145,91 punti.

Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 15.564

Large Traders :  + 12.482

Small Traders : + 3.082

Muta, dunque, la configurazione e l’assetto del mercato dei derivati azionari Usa. Rispetto alla scorsa ottava, le variazioni, nelle posizioni dei diversi operatori, sono state infatti pari a 9.965 contratti. In particolare, i Large Traders cedono l’intero lotto dei 9.965 contratti long, e dimezzano quasi l’entità della loro precedente  posizione Net Long. I Commercial Traders, invece, sempre più fiduciosi e sicuri, acquistano 6.537 contratti long, e riducono ancor più l’entità della loro abituale posizione di copertura, Net Short. Gli Small Traders, infine, acquistano i residui 3.428 contratti long, quanto basta per invertire la loro precedente posizione da Net Short a Net Long. Le movimentazioni di quest’ultima ottava, seppur limitate nell’entità, sono alquanto importanti e significative. Registriamo innanzitutto l’inversione degli Small Traders, ma la loro esposizione è ancora davvero esigua, e certamente non esuberante. Insomma non un motivo di preoccupazione. L’aspetto più importante mi sembra invece essere la fiducia e l’ottimismo che mostrano le MANI FORTI, ossia i Commercial Traders, che riducono ulteriormente il loro livello di copertura. Evidentemente non temono storni significativi dei mercati,  e riducono di conseguenza l’entità del loro livello di copertura, che è oggi nettamente inferiore alla loro media storica. Quest’ultima considerazione mi induce a riconfermare, ancora una volta, la mia view di fondo, ossia quella rialzista. La circostanza dell’inversione operata dagli Small Traders al massimo può farmi pensare che il trend d’ascesa possa rallentare il suo ritmo, scali cioè di qualche marcia, ma non è certo un segnale d’inversione.

View rialzista, che cercherò di tradare con il mio originale trading system, fondato sull’analisi del Cot Report, nonchè sulla valorizzazione dell’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, descritto negli studi dei due professori Usa, Jegadeesh e Titman, ed illustrato nel mio sito https://longtermmomentum.wordpress.com/. In questo difficile 2019, il mio portafoglio, denominato “ AZIONI ITALIA – LTM “, registra una perdita del 9,45 %. La perdita è ascrivibile alla nostra errata posizione short d’inizio d’anno, nonchè alla successiva estenuante fase di lateralizzazione del mercato. Nel frattempo, il nostro benchmark di riferimento, il Ftse All Share, ha conseguito un guadagno del 25,86 %. Conseguita pertanto, sino ad ora, una sotto-performance del 35,31 %. Un incidente di percorso, per un portafoglio che nei precedenti 6 anni ha conseguito una sovra-performance media annua del 16,2 %, e che presenta una equity line in progresso di circa il 150 %. Non perdo, tuttavia, la fiducia in esso, anzi sulla base della pregressa esperienza storica, confido, nei prossimi mesi, di poter recuperare almeno una parte dell’attuale inaccettabile sotto-performance. A tal fine, in coerenza con quanto sopra espresso, questa settimana modifico leggermente l’assetto del mio portafoglio, riduco cioè dall’ 87,5 al 77,5 % le mie posizioni long, e innalzo, nel contempo, dal 12,5 al 22,5 % le mie posizioni short, ossia assumo una posizione rialzista pari al 55 % del mio portafoglio. Chi desiderasse approfondire e ricevere maggiori informazioni sul mio trading system e sulla composizione del portafoglio “ AZIONI ITALIA – LTM “ può, se vuole, consultare direttamente il mio sito.

Vi ringrazio per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di intermarketandmore buon trading.

LUKAS

Questo post non è da considerare come un’offerta o una sollecitazione all’acquisto. Informati presso il tuo consulente di fiducia.
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2 commenti Commenta
alplet
Scritto il 10 Dicembre 2019 at 16:39

reragno@finanzaonline,

Si, più o meno si può immaginare qualcosa del genere. Comunque, in orizzonti di tempo non brevi, il mercato è manipolato… dagli utili, cioè dalla convenienza ad acquistare una cosa anzicchè un’altra. In caso di recessione le azioni crollerebbero perchè crollerebbero i dividendi e i bond garantirebbero miglior rendimento e, a spirale, aumenterebbe il calo perchè il mercato intero seguirebbe la linea. Nihil sub sole novi.

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