Stati Uniti d’Europa? Difficile, con una sempre maggiore (Dis)Unione Europea

Scritto il alle 14:50 da Danilo DT

Il processo di Euro-convergenza resta una vera chimera. Tante parole fatte ma poi, in concreto, si trovano sempre dei paesi dell’Eurozona che tendono ad allontanarsi l’uno dall’altro. Le distanze tra il cosiddetto “nord” dell’Eurozona, solido, affidabile, forte, ed il Sud, indebitato, in recessione, politicamente debole ed instabile, non fanno che aumentare. Il gap aumenta e più aumenta questo gap, e più si allontana la possibilità di trovare un giorno quel “sogno” che per alcuni continua ad essere il modello simil USA, ovvero un’organizzazione federativa, che prende il nome di Stati Uniti d’Europa.

Vi propongo l’interessante parere del Prof. Hans Werner Sinn dell’Università di Monaco . Una voce autorevole che mette in evidenza proprio questi fattori, più volte sottolineati dal blog di I&M.

MONACO – Se “e pluribus unum” (uno fra molti) è il motto degli Stati Uniti, quello dell’Europa è invece “in varietate concordia”, ufficialmente tradotto con “uniti nella diversità”. E’ difficile spiegare in termini più chiari le differenze tra il modello statunitense e quello europeo. Gli Stati Uniti sono infatti un “melting pot”, mentre l’Europa è un mosaico di persone e culture diverse che si è sviluppato nel corso della sua lunga storia.


Questa differenza porta a chiedersi se valga o meno la pena aspirare agli Stati Uniti d’Europa, un concetto che molti si rifiutano di accettare non credendo nella possibilità di un’identità europea unificata. Lo stesso vale per un unico sistema politico come negli Stati Uniti che, molti sostengono, presuppone una lingua comune ed un’unica nazionalità.
Forse l’idea degli Stati Uniti d’Europa, il sogno dei bambini del dopoguerra come me, non potrà mai essere realizzata. Tuttavia, non ne sono così sicuro. Dopotutto, una maggiore integrazione a livello europeo e la creazione di un unico sistema politico offrono dei vantaggi solidi e pratici che non richiedono necessariamente una lingua o un’identità comune. Tra questi vantaggi ci sono il diritto di spostarsi liberamente tra le frontiere, la libera circolazione di merci e servizi, la sicurezza legale per le attività transnazionali, un sistema di infrastrutture per il trasporto in tutta Europa e, altrettanto importante, una serie di disposizioni di sicurezza comuni.

 

La regolamentazione bancaria è l’argomento più attuale rispetto al quale un’azione collettiva ha decisamente senso. Se le banche vengono regolamentate a livello nazionale, ma fanno business anche a livello internazionale, le autorità di regolamentazione nazionali hanno un incentivo permanente a fissare degli standard permissivi al fine di evitare di spingere le opportunità di business verso altri paesi e attirarle invece a sé. La competizione normativa tende pertanto a degenerare in una gara al ribasso visto che i vantaggi di una regolamentazione permissiva si traducono in profitto a livello nazionale, mentre le perdite vengono assorbite dalle banche mutuanti di tutto il mondo.
Ci sono molti esempi simili nell’area degli standard, delle politiche legate alla competizione e del fisco che si possono applicare a questo contesto. Pertanto, le considerazioni di base risultano a favore di una maggiore integrazione europea e persino di un unico stato europeo.

 

Il pericolo di questo percorso è legato al fatto che gli enti responsabili del processo decisionale collettivo non solo forniscono dei servizi utili a tutti, ma sono anche spesso nella posizione di poter abusare del loro potere nel processo di ridistribuzione delle risorse tra i paesi partecipanti. Anche gli enti democratici non sono immuni a questo pericolo. Al contrario, permettono alle maggioranze di sfruttare le minoranze. Per contrastare questa minaccia, gli enti democratici hanno necessariamente bisogno di regole speciali per proteggere le minoranze, come ad esempio il requisito di un voto di maggioranza qualificata o un processo decisionale unanime.
Le decisioni prese dalla Banca Centrale Europea sono un esempio particolarmente evidente di questo problema, in quanto si tratta di decisioni prese dalla maggioranza di un istituzione che non è neppure eletta democraticamente. Le decisioni della BCE portano infatti ad un’enorme ridistribuzione della ricchezza e del rischio tra gli stati membri dell’eurozona, tra i contribuenti dei paesi stabili che non hanno alcuna posta in gioco nella crisi, e persino tra gli investitori globali che ne sono invece direttamente influenzati.

 

La BCE ha fornito quasi tutto il credito in termini di rifinanziamento ai cinque paesi dell’eurozona colpiti dalla crisi, ovvero Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda. Tutti i soldi che circolano all’interno dell’eurozona sono partiti da questi cinque paesi e sono stati poi utilizzati in gran parte per acquistare beni e prodotti negli stati membri dell’Europa del Nord e per riscattare il debito estero di questi stessi paesi.
La Riserva Federale statunitense non sarebbe mai autorizzata a condurre una politica così squilibrata a livello regionale. In generale, non può proprio elargire credito a regioni specifiche, figuriamoci nel caso in cui uno degli stati si trovi sull’orlo della bancarotta (come ad esempio nel caso della California).

 

Nel frattempo, il Presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, sostenuto da gran parte dei paesi dell’eurozona in difficoltà, sta ora proponendo nuovamente gli Eurobond e una serie di schemi di mutualizzazione del debito. Queste proposte vanno ben oltre il sistema americano, infatti il tipo di integrazione fiscale e di potere centralizzato che richiederebbero non assomigliano neppure lontanamente alle misure in vigore negli Stati Uniti.
Le proposte di Van Rompuy sono estremamente pericolose e potrebbero distruggere l’Europa. Il percorso verso un’unione basata su una responsabilità collettiva, contro la volontà di gran parte della sua popolazione, non sta portando ad uno stato federale nel vero senso della parola, ovvero ad un’alleanza tra pari che decidono liberamente di unirsi e di proteggersi gli uni con gli altri.
Inoltre, questo percorso non porterà in ogni caso a creare gli Stati Uniti d’Europa semplicemente perché una gran parte dei paesi dell’Europa si rifiuta di seguirlo. L’Europa non coincide con l’eurozona, ma è invece composta da molti più paesi di quelli che utilizzano l’euro come valuta. Per quanto utile possa diventare l’euro ai fini della prosperità europea nel caso in cui ne vengano corretti i difetti, il modo in cui si sta ora sviluppando l’eurozona porterà quasi sicuramente ad una divisione dell’UE e all’indebolimento dell’idea di unità nella diversità.

L’affermazione secondo cui l’eurozona può essere trasformata negli Stati Uniti d’Europa non è più convincente. E’ molto più probabile che il percorso verso una responsabilità collettiva porti ad una divisione profonda all’interno dell’Europa, dato che la trasformazione dell’eurozona in un’unione di trasferimenti e debito mirata a prevenire le insolvenze di qualsiasi stato membro richiederebbe un potere centrale addirittura più grande di quello che hanno attualmente gli Stati Uniti. (Source)

STAY TUNED!

DT

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11 commenti Commenta
calciatore
Scritto il 1 Novembre 2012 at 16:52

Voglio vedere se ci sara’ cessione di sovranita’, voglio vedere se ci sara’ supervisione unica bancaria, voglio vedere se il nord-europa e’ pronto a spendere per il sud europa, voglio vedere salire i redditi netti in busta paga dei salatiati del sud europa, voglio vedere maggiore spesa pubblica nella sanita’ ed asili , nel sociale , nel sud europa alla pari di quanto avviene nel nord europa. Ma c’e ancora qualcuno che crede agli stati uniti d’europa? Dai, siamo seri…

calciatore
Scritto il 1 Novembre 2012 at 17:01

A proposito di coesione europea, speriamo che i greci abbiano le p…le di tirarsi fuori da tutto questo orrore che si e’ creato dal 2002. Che mandi a quel paese la troika e le sue orribili imposizioni , che ritorni alla dracma facendo default su tutti i fronti, che sia il grilletto che faccia esplodere questa europa che ha condotto alla miseria un intero continente . Che faccino delle leggi per cui se un membro del parlamento di bruxelles o della bce si presenti in grecia sia immediatamente respinto alla frontiera. Euro, e’ la fine!

lampo
Scritto il 1 Novembre 2012 at 17:38

calciatore@finanza,

Il problema è che se salta la Grecia… saltano i collaterali, cioè quanto le varie banche hanno dato come garanzia per i loro “investimenti”. In pratica avviene un probabile congelamento dei collaterali, creando una situazione analoga (ma ben peggiore) a quella successa al momento della Lehman Brothers (con conseguente reazione a catena, stavolta ben peggiore di quella del 2008).
Prova infatti a domandarti come mai le cosiddette Clearing house, incominciano ad accettare oro come collaterale…
Forse i titoli di stato sovrani non sono così più tanto affidabili?
Eppure la crisi è finita e c’è il bazooka di Draghi, oggi lo S&P500 sale, a ruota le borse europee (tranne quella greca… ma chissà perché… sono giorni che ci ripetono che gli accordi sono stati raggiunti… si tratta solo di far passare una piccola manovra in parlamento, quasi un atto dovuto…) anche se a livello intermarket noto qualche anomalia con il bund (come mai non è sceso, se non di poco?).
Io incomincio a sentire il vento e a vedere alzarsi le foglie… anche se all’orizzonte non si vede ancora la tempesta.

calciatore
Scritto il 1 Novembre 2012 at 18:53

a Lampo
premesso che vorrei che in europa fossero tutte rose & fiori, il mio post vuole essere una riflessione per tutti cercando di inviduare quale sia la causa principale che ci condurra’ ad un tracollo della zona euro. Assunto che ci sia una crisi mondiale in corso , si cerchi la causa che non permettera’ all’europa di uscire dalla recessione/deflazione/depressione senza il crollo della moneta euro. Le crisi ci sono sempre state, prima di noi in USA recentemente. La differenza e’ nella moneta in uso. Tutto qui. In giappone e’ forse crisi da 20 anni, tuttavia si va avanti. In europa non si va avanti , se non a suono di inutili proclami tipo” l’euro e’ irreversibile” e “faremo di tutto per salvare l’euro” , che dimostrano come al contrario vi sia sul tavolo l’opzione opposta, cioe’ il disgregamento della zona euro, senno’ non vi sarebbe l’obbligo di enunciare i citati proclami. Io penso con forza che se questa crisi iniziata nel 2008 fosse stata affrontata con le rispettive monete nazionali ante-euro, sarebbe stata meno dura e cruda che ora. Perche’ non dimentichiamoci che siamo solo alla prefazione del libro della crisi, non abbiamo ancora visto un letterale crollo dei consumi indotto dal mix micidiale di tasse e disoccupazione, mancanza di coesione sociale, riduzione di servizi essenziali tipo asili-mense-ospedali, e piu’ in generale di tutto quello che tocca il 90% della gente comune. i sintomi ci sono gia’, (scarsa considerazione della classe politica, frammentazione sociale, rabbia, individualismo, autoritarismo) e tutto cio’ e’ naturale in un paese dove la classe politica non puo’ decidere in autonomia, ma deve rivolgersi altrove ( bruxelles) . Finche’ non arrivera’ qualcuno che dira’ come stanno le cose, ed allora per gli euroburocrati sono azz..i amari ………..

kry
Scritto il 1 Novembre 2012 at 22:07

lampo,
E’ fuori tema, so che sei curioso e ti piace leggere. Niente di nuovo che non si sappia ma quello che mi sorprende è che il tutto sembra sia stato scritto nel 1999, in maniera elementare e comprensibile anche ai non addetti ai lavori. http://www.hasslberger.com/economy/moneta.html

perplessa
Scritto il 1 Novembre 2012 at 22:38

kry@finanza,

ci sono più pareri in giro , per esempio la teoria monetaria moderna afferma qualcosa di diverso, dopo aver scaricato l’e-book di paolo barnard
http://paolobarnard.info/docs/ilpiugrandecrimine2011.pdf
siccome ero curiosa , ho letto qualche parere qua e in là tramite il motore di ricerca, in merito, e vi sono molti pareri discordi. certo c’è molto da riflettere

lampo
Scritto il 1 Novembre 2012 at 23:35

kry@finanza,

Mah…sono un po’ scettico. In realtà ritengo che il problema maggiore che ha innescato la crisi finanziaria sia la modifica nel 2004 da parte della SEC della cosiddetta “net capital rule”.
http://en.wikipedia.org/wiki/Net_capital_rule
Evidentemente le lobbies delle banche d’affari avevano i numeri per tale modifica… di cui ancora oggi stiamo contando gli effetti.
Il problema è che da allora, con la montagna di derivati e di collaterali a garanzia di altri collaterali e via dicendo, valutati in maniera molto arbitraria (spesso dovuto anche alla complessità del prodotto da valutare), oggi diventa molto difficile intervenire e ripristinare il sistema come era prima.
Sarebbe il soffio sul castello di carte da gioco.
Per quanto intervengano legislativamente (vedi entrata in vigore il 1 novembre del divieto sulle vendite scoperte in europa), figurativamente si tratta come di un semplice urlo di allontanamento alla volpe che è già entrata nel pollaio e sta facendo razzia delle galline. La situazione finale non cambia: le galline saranno sterminate ugualmente.

Vedremo a breve con il caso greco, come riusciranno a contenere il blocco dei collaterali… ed ad evitare che succeda quanto è già avvenuto con la Lehman Brothers. Probabilmente sperano così che la Spagna sia costretta a chiedere gli aiuti e quindi a sottostare alle condizioni della Troika. Così ci sarebbe il presupposto dell’unione bancaria e della partenza dell’OMT.

Permettimi che rimango molto scettico… sulla capacità di contenimento della crisi da parte dei nostri eurocrati… altrimenti non capisco perché dovevano mettere certi uomini provenienti da un certo settore (che ha beneficiato di tale decisione della SEC) in certe posizioni, compreso il nostro Paese.

Credo che sia arrivato il momento in cui è probabile che la situazione “sfugga di mano”. Ben presto (giorni, mesi o ancora qualche anno… difficile stabilirlo… ma è sicuro che avverrà) avremo una mega svalutazione… che ovviamente pagheranno sempre i soliti noti, sebbene stavolta vi parteciperà anche la classe medio-alta che si è fidata delle “conoscenze finanziarie” dei loro consulenti, senza ampliare le proprie ed avere una minima capacità di controllo sui loro fidati consiglieri.

Purtroppo focalizzandosi in un certo settore, a volte, capita di perdere la visione d’insieme.

Errore imperdonabile in campo finanziario.

idleproc
Scritto il 2 Novembre 2012 at 09:59

Non giurerei nemmeno sulla futura stabilità socio-economica degli US… Il processo e la dinamica della crisi credo che qui sia stato più volte analizzato e con ipotesi di soluzione da vari punti di vista e sicuramente intelligenti… Solo che nei processi reali contano i rapporti di forza, non bastano le buone idee… Si potrebbe, per non stare solo in una visione realistica e conseguentemente negativa, cominciare a guardare oltre l’ostacolo e individuare quali potrebbero essere i motori dello sviluppo e della finanza post crisi. Sempre che il sistema regga.

kry
Scritto il 2 Novembre 2012 at 21:04

lampo,

……avremo una mega svalutazione… che ovviamente pagheranno sempre i soliti noti, sebbene stavolta vi parteciperà anche la classe medio-alta …… intendi INFLAZIONE ( magari 5/7% per 4/5 anni ).
perplessa@finanza,

Grazie.

luigiza
Scritto il 4 Novembre 2012 at 09:01

lampo,

Complimenti Lampo, gran bel commento il tuo.

lampo
Scritto il 4 Novembre 2012 at 17:29

kry@finanza,

Difficile prevedere se svaluteranno il debito con l’inflazione (più o meno alta) oppure con una ristrutturazione forzata dello stesso.
Quello che mi preoccupa è il ripetersi dei problemi che si sono verificati con i collaterali al tempo del caso della Lehman Brothers (sembra che alla fine tale problema sia sfuggito di mano innescando i ribassi). E’ un discorso complesso che è difficile ridurre in un commento.
Questa potrebbe essere la causa di una pesante svalutazione conseguente al panico derivante sui mercati finanziari, dovuto al quasi ingessamento delle transazioni in certe aree geografiche.
Ci sono troppe micce accese… e vedo che hanno sempre più difficoltà a monitorarle e soprattutto controllarle tutte…
Se ho un po’ di tempo approfondirò il tema.
Intanto vediamo come va a finire l’esperimento greco.

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