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FOMC: confusione su quando aumentare i tassi (ma i dati sono chiari)
La pubblicazione dei verbali del Meeting FOMC del 18 marzo non ci porta delle sostanziali novità. Ma leggiamo tra le righe delle interessanti ed importanti conferme.
La prima parola che mi viene in mente è, analizzando la situazione, CONFUSIONE.
Non si esclude categoricamente giugno come data per il primo aumento dei tassi, probabilmente sarà settembre ma alcuni si chiedono “ma perché alzare i tassi nel 2015 e non rimandare il tutto al 2016?”
Se il quadro economico fosse sufficientemente solido, la FED non avrebbe dubbi sul da farsi. Ma Yellen & Co sono coscienti del fatto che questa ripresa è molto fragile e un rialzo dei tassi di interesse potrebbe scatenare non solo un raffreddamento ma anche un’inversione (spinta poi dalla speculazione) che diventerebbe difficile da correggere. Malgrado tutto, il quadro che illustra questa slide è di profonda spaccatura all’interno del FOMC.
In molti continuano a dire che la differenza la faranno i dati macro in uscita.
Secondo me questo è giusto solo in parte. Sarà infatti soprattutto UN dato a fare la differenza. E questo dato sarà proprio l’inflazione prospettica. Infatti la grande paura che deve avere la FED, a questo punto, è evitare di ritrovarsi con un’inflazione che diventi poi difficile da domare. Al momento il dollaro forte (che ha effetti restrittivo come un aumento dei tassi) aiuta e non poco in questa direzione. Inoltre il crollo del petrolio (anche se non è componente così determinante per i calcoli dell’inflazione “che conta”) fa alòtrettanto. Quindi oggi, perché alzare i tassi?
E questa mia opinione è confermata da questa frase, presa direttamente dal TESTO del FOMC
(…) participants emphasized that the decision regarding the appropriate timing of liftoff should take account of the risks that could be associated with departing from the effective lower bound later and those that could be associated with departing earlier. One participant did not favor the change to the forward guidance because, with inflation well below the Committee’s 2 percent longer-run target, the announcement of a meeting-by-meeting approach to policy could lead to a tightening of financial conditions that would slow progress toward the Committee’s objectives. (…)
Inflazione e costo del lavoro come elementi determinant per poter leggere correttamente e prevedere quando avverrà il primo rialzo dei tassi. Tutto il resto passa in secondo piano.
Se poi volete vedere gli ultimi pallini del “dot plot” eccovi serviti. Prospettivamente il grafico ci dà anche una view mediana. Ma conta come il due da picche.
Un grafico decisamente più importante è questo.
Inflation swap 5yr5yr
Fintanto che quella europea non viaggia oltre quota 2%, e quella USA non inverte e si dirige in area 2.50%-3%, vedo alquanto difficile un intervento restittivo (aumento tassi) da parte della FED.
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Inoltre il crollo del petrolio (anche se non è componente così determinante per i calcoli dell’inflazione “che conta”… e invece credo che sarà proprio un aumento del petrolio ( che influisce sui costi di tutti i prodotti “che contano”, vedi costi dell’energia per produrre e trasportare ) come negli anni ’70 ad innalzare l’inflazione e costringere la FED ad alzare quei tassi.
e dopo la democratica inflazione finalmente tutti gli Asset d’investimento torneranno alla normalità dopo questa straordinaria ma necessaria “sbronza” di liquidità. Stanno rischiando di rompere il “giocattolo” spero che per il futuro decideranno loro o il “popolo” di cambiare le regole: continuando invece così nel futuro continueranno a rischiare di mandare tutto a puttane.
io leggo che l’inflazione in europa toccherà il -0,5%
auguri
pasolo@finanza:
Inoltre il crollo del petrolio (anche se non è componente così determinante per i calcoli dell’inflazione “che conta”… e invece credo che sarà proprio un aumento del petrolio ( che influisce sui costi di tutti i prodotti “che contano”, vedi costi dell’energia per produrre e trasportare ) come negli anni ’70 ad innalzare l’inflazione e costringere la FED ad alzare quei tassi.
Probabilmente sbaglio, non penso che un ritorno della quotazione del petrolio a 120$ porti l’inflazione al 2% , forse in europa con il cambio alla pari (ed allora vuol dire ciao ciao QE ).
attenzione al QE!!!!!! nel mese di febbraio i prestiti alle imprese sono diminuiti del 3% e al settore privato del 2%. Le sofferenze rimangono intorno al 15,3% in compenso l’IFO tedesco comunica che le banche italiane hanno usato 27 MLD derivanti dalla vendita di titoli italiani per investimenti all’estero. Se tanto mi dà tanto…..!!!!!
quindi è una coincidenza, guaradando il grafico del post, che il crollo dell’inflazione è coinciso col crollo del petrolio?
Beh…io mi sono espresso abbastanza chiaramente in passato, mi pare, sul fatto SE funzionasse sull’economia reale. POi per carità, ora è ancora un po’ prestino, però….
quindi è una coincidenza, guaradando il grafico del post, che il crollo dell’inflazione è coinciso col crollo del petrolio?
Il commento fatto in precedenza riguardava il rialzo non il ribasso. Penso siano due cose differenti. Io non ho detto che la discesa del petrolio non abbia portato ad un crollo dell’ inflazione ( e che sia solo del petrolio è da vedere ) , sto dicendo che non è matematico un ritorno all’inflazione al 2% con un ritorno del petrolio a 120$ a meno di una parita $/€ di 1/1. Penso ci sia da tener conto anche del contemporaneo ribasso dei prezzi delle materie prime e dei costi al ribasso delle nuove tecnologie con relative efficenze e della deflazione salariale. Poi siccome il commento era specifico agli USA come fa l’inflazione ad aumentare in un paese con la rivalutazione della moneta con probabile aumento dell’importazioni con relativa deflazione e diminuzione dell’esportazione. Altro che aumenti dei tassi , probabilmente da settembre si parlerà di QE4 … ma queste sono solo mie banali ipotesi.
non aumenteranno mai i tassi, mai più