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Debito pubblico: tornano gli acquisti da oltrefrontiera

Scritto il alle 10:40 da Danilo DT

BTp, Bot e CCT: chi li detiene, in che percentuale e con quale ripartizione?

Nel corso degli ultimi mesi, il nostro debito pubblico ha avuto un’evoluzione decisamente particolare. E quando parlo di debito pubblico intendo le nostre obbligazioni, ovvero i Titoli di Stato. L’arrivo dell’OMT di Draghi ha portato nuova fiducia sui nostri bond e anche sulla nostra borsa. Ne è venuta una serie di ricoperture che, praticamente, hanno fatto tornare gli acquisti sui nostri BTP.
Infatti molti fondi, molti investitori istituzionali, hedge funds ecc erano molto sotto pesati di debito italiano. A seguito degli ultimi eventi sono scattate quelle che in gergo si chiamaro “ricoperture”, operazione compiuta soprattutto dall’estero. Siamo però ancora sempre lontani da quel picco, pari al 52% di detenzione di debito pubblico da intermediari esteri, visto nel corso del 2011.

In molti si chiedono CHI siano questi investitori. Speculatori? Investitori veri? Hedge fuds? Traders? Difficile dirlo. Alcune voci affidabili mi hanno detto che alcuni acquisti “di qualità” da oltre frontiera sono arrivati. Però ritengo necessario mettere bene in chiaro una cosa. Chi ha realmente sostenuto i BTp è stata la domanda domestica e quindi italiana. Investitori del Bel Paese di diverso tipo (banche, fondi, risparmiatori) hanno comprato a piene mani i bond italici.
Poi come detto, non dimentichiamo le ricoperture dagli “short”. Soprattutto dall’estero.
E quindi? E quindi guardate questi due interessanti grafici, aggiornati coi dati più recenti a disposizione.

Grafico 1: chi possiede il debito italiano?

E quindi debito italiano fondamentalmente in mano alle BANCHE (ops…LTRO mi dice qualcosa…). E il BOT people, alla fine, pesa relativamente poco rispetto a quanto si potrebbe pensare. E gli esteri dovrebbero essere al 37% e di questo estero…andiamo a vedere il dettaglio.

Grafico 2: chi dall’Estero detiene debito pubblico italiano?

Che dite? L’esposizione di banche francesi e tedesche mi sembra quantomeno interessante… Soprattutto se ragioniamo sull’effetto che potrebbe avere sul sistema una ristrutturazione del nostro debito. Ovvero.. i primi a rimetterci sarebbero proprio le banche tedesche e francesi. Ragionateci un attimo ed immaginate l’impatto sul sistema bancario di Germania e Francia, oltre che sugli stati che poi dovrebbero sostenere ed intervenire a sostegno delle banche…

 

STAY TUNED!

DT

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3 commenti Commenta
littled
Scritto il 5 Ottobre 2012 at 11:49

Gentile Dream Theater, la tue ultime frasi mi sembra trovino un’eco sia pure indirettamente in http://www.zerohedge.com/sites/default/files/images/user5/imageroot/2012/07-2/Game%20theory%20and%20euro%20breakup%20risk%20premium.pdf . Come vedi invece altre voci di cui ho letto non mi ricordo più dove, che insinuano apparentemente il contrario, cioè prevedono un’uscita del core dell’EZ non appena le banche tedesche e francesi si saranno liberate dei titoli del sudEuropa? Chiedo anticipatamente scusa per eventuali strafalcioni e fesserie ma non sono certo un esperto di economia.Grazie.

piematac@borse.it
Scritto il 5 Ottobre 2012 at 11:54

D.T., sacrosanto ciò che dici. Ma noi, a differenza degli altri stati che non non stanno certo meglio, abbiamo un grande debito ed un grande “ventre molle”, ovvero manchiamo di dignità ed orgoglio. Per cui, ci posizioniamo contenti a 90° e offriamo agli invasori la distruzione della piccola imprenditoria e la svendita di quella più grande. Il nostro orgoglio nazionale è visibile solo nelle coppe calcistiche e durante la colta manifestazione canora di Sanremo..

Scritto il 5 Ottobre 2012 at 12:23

littled,

Benvenuto. non posso certo negare che l’ipotesi dell’uscita della Germania non è affatto una strafalcioneria. Per certi versi sarebbe persin più semplice di tante altre ipotesi. Ma a breve la vedo veramente dura come ipotesi.

<A href="mailto:piematac@borse.it">piematac@borse.it</A>,

A breve un post sulle aziende e sulle banche. Che in Italia non esitano a mollare il tiro sui loro utili, togliendo l’appoggio di cui le imprese avrebbero bisogno

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