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Il boomerang del credit crunch e dei bond societari
Nei giorni scorsi, abbiamo più volte parlato del problema che assilla le aziende italiane, sia di piccole che di medie dimensioni. Ma anche i vari big del mercato sono in difficoltà per questa problematica. Sto parlando del cosiddetto credit crunch.
Ma cos’è il credit crunch? Per chi proprio non se lo ricorda, faccio un rapido ripassino.
Con il termine stretta del credito (in inglese credit crunch), si indica un calo significativo (o inasprimento improvviso delle condizioni) dell’offerta di credito al termine di un prolungato periodo espansivo, in grado di accentuare la fase recessiva.
Il credit crunch avviene solitamente al termine della fase di espansione, quando le banche centrali alzano i tassi di interesse al fine di raffreddare l’espansione ed evitare il rischio inflazione, spingendo gli istituti di credito ad alzare i propri tassi di interesse e chiudendo l’accesso al credito per chi non può permettersi la spesa. In altri casi, può avvenire che, sull’onda di fallimenti bancari e ritiro della liquidità, le banche applichino una chiusura del credito per evitare esse stesse il fallimento.
A seguito della stretta del credito, possono verificarsi fallimenti sia di banche che di imprese e famiglie debitrici. I mancati pagamenti che vengono a crearsi, e gli eventuali fallimenti, si traducono in pignoramenti dei beni ipotecati a garanzia dei crediti, e un aumento delle proprietà in capo alla banche.
I crediti in sofferenza espongono gli istituti di credito ad un rischio simile di pignoramenti o fallimento. Le proprietà acquisite restano nell’ambito degli istituti di credito, tenendo conto che i principali finanziatori di tali istitui sono eventualmente soggetti che svolgono lo stesso tipo di attività creditizia.
Laddove la maggiore iniezione di liquidità proviene da un banca centrale, se questa è controllata dalle stesse banche alle quali presta denaro, il rischio di impresa degli istituti di credito è ridotto anche in caso di forti insolvenze dei loro clienti. In caso di fallimento di un istituto, che nel contempo controlla il suo principale creditore, questo potrebbe non esercitare le garanzie previste dalla legge a sua tutela. Fonte: Wikipedia
Quindi, quando c’è crisi economica, per dirla in un altro modo, le banche chiudono i rubinetti dell’accesso al credito e quindi manca per le aziende la linfa vitale per poter sopravvivere.
Crediti crunch responsabile di fallimenti e crisi societarie
Voi capite benissimo che un’azienda, magari esposta in modo importante con le banche, nel momento in cui gli si viene chiesto di rientrare restituendo un determinato capitale, ancor più in una fase di crisi economica, significa rischiare il fallimento.
Ma in tutto questo c’è un assurdo.
Tassi bassi, liquidità a fiumi
Se le aziende patiscono gli effetti della crisi e del credit crunch, abbiamo dall’altra parte una grande certezza. Causa tasso zero anche sugli investimenti in Euro, il risparmiatore, soprattutto italiano, da sempre universalmente considerato molto “formica” anziché quello americano, molto “cicala”, è in crisi di rendimenti. Il BOT People ormai non rende più nulla e bisogna trovare un qualcosa che porti cedole più grasse. Ed ecco che si trova il connubio.
Recentemente Société Générale ha fatto due conti ed ha scoperto che nel 2009 sono già stati lanciato in pasto agli obbligazionisti la bellezza di 187.7 miliardi di euro di nuovi bonds. Questa nuova tendenza va a portare ai grandi gruppi industriali quel denaro che il sistema bancario gli nega. Ma attenzione. Spesso e volentieri questi bonds vengono collocati a tassi convenienti per l’impresa, e quindi addirittura più vantaggiosi del buon vecchio prestito bancario. A testimonanza di quanto detto, buttate un occhio al grafico qui sopra. Troverete in bianco la massa monetaria M1 dell’area Euro e l’indice ITRAXX. Come potete vedere, la liquidità è enorme… e l’ITRAXX tendenzailmente si sta abbassando progressivamente. Qualse scenario migliore, con un indice di rischio più basso, per emettere tanta carta, con la (quasi) certezza che il mercato fagociterà tutto con estrema velocità? Basta vedere il successo del collocamento ENI. La qualità qui non si discuteva, però l’euforia generata è stata secondo me esagerata.
Cosa deduciamo da tutto questo? Innanzitutto che la corsa all’emissione obbligazionaria deve essere vista non solo come un’opportunità ma anche come un rischio. Infatti troppo spesso il privato, a causa di una incalcolabile fame di rendimento, farebbe carte false per appropriarsi di bonds con rendimenti più interessanti dei Titoli di Stato.
Per carità, ci sono anche cose interessanti, ma non dimenticate mai che molto spesso chi fa l’affare è l’emittente e non i risparmiatore.
Seconda cosa. I grandi protagonisti, su cui si focalizza tutta l’attenzione, sono i big player. Quindi non le piccole e medie imprese,ma le aziende più grandi, sicure, conosciute e psicologicamente più forti ed importanti.
Ed ecco arrivare le emissioni di Eni, Unicredito, Wind, Edison, Finmeccanica, la recentissima General Electric che colloca on stremo successo 2 miliardi di Euro di bond con una richiesta di 6, e chi più ne ha più ne metta. Molto più complessa invece è la vita per il medio o il piccolo imprenditore. Purtroppo per questi elementi l’impossibilità di emettere bonds e, soprattutto, la non disponibilità di brands altisonanti, fungono da freno e rendono impossibile il collocamento di una qualsivoglia obbligazione.
In conclusione quindi, è vero che c’è il credit crunch, ma i grandi possono cercare la scappatoia con un’emissione obbligazionaria che spesso e volentieri conviene persino all’impresa stessa. Invece il piccolo e il medio imprenditore, vera forza del tessuto economico italiano, si trovano all’asciutto e quindi, senza il sostegno delle banche, rischiano di morire, permettendo così ai big player di diventare ancora più grossi e oligarchici se non monopolisti.
In merito invece ai bonds, solo un avvertimento. Non fatevi imbambolare per qualche centesimo di punto. Ci sono elementi che spesso vengono sottovalutati dal risparmiatori, oppure nascosti dall’emittente. Guardiamo con attenzione ad eventuali clausole di subordinazione, condizione di tassi e rendimento, scadenza ecc. E non dimenticate mai che l’emissione spesso nasconde rischi che oggi sono risibili, ma che un domani possono diventare determinanti e ritrovarceli tutti nelle costole, come quando si tira un boomerang. Ad unc erto punto la direzione si inverte e…pafff. Il boomerang ti viene addosso. E quando te ne accorgi, se non te lo aspettavi, orami è troppo tardi.
Cirio, Lehman borthers, Parmalat & Co insegnano.
Ultim’ora
Mi accorgo che proprio oggi Il Sole 24 Ore dedica anpio spazio a questo argomento, con addirittura delle analisi ben più cupe delle mie. Secondo alcuni studi, fatti dalla Sba (Small Business Administration) sarebbe a rischio la sopravvivenza del 70% delle piccole-medie imprese USA, causa credit crunch. Già 14.500 aziende sono finite in fallimento, con un aumento su base annua del 64%.
Tutto bene, signori, la crisi è alle spalle, no?
STAY TUNED!