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Mega Ciclo globale del debito: così non ci può essere crescita
Il mondo, ormai si sa, è sommerso dal debito. E quel famigerato processo di diminuzione della leva finanziaria, conosciuto come “deleveraging” non sta certo andando avanti come potevamo sperare. In alcuni settori ci sono stati dei marginali miglioramenti.
Però impossibile negare l’evidenza.
Il mercato tende a sviare un po’ la realtà dei fatti, in quanto si parla sempre del debito pubblico rapportato al PIL prodotto. Un parametro importante ma che non tiene conto di diversi altri fattori: Innanzitutto occorrerebbe mettere a nudo il fatto che il patrimonio in mano agli italiani è di una certa consistenza, e va ben oltre ai dati del debito. Ma questi numeri a qualcuno a Bruxelles e Francoforte danno fastidio. Come dà fastidio questa slide che ho già proposto in passato e che vi ripropongo in versione aggiornata.
Fino a prova contraria il debito è sempre debito. Ed il debito pubblico non è nient’altro che la somma di tante fettine di debito che ogni italiano ha sulle spalle. Quindi resta abbastanza semplice andare a spalmare sulle spalle dei cittadini questa porzione di debito, che per la cronaca è pari a circa 33.250 €.
La cosa grave è che proprio parlando di Italia le proiezioni per questo 2013 non sono certo rosee. Guardate qui le valutazioni di Reuters sul 2012: numeri preoccupanti. Si parla di un 127.6% di rapporto debito pubblico PIL.
Debito/PIL: proiezioni 2012
Ma se poi andiamo a sommare anche il debito che ognuno di noi mediamente ha da rimborsare privatamente, come siamo messi? Sicuramente in Italia siamo messi molto meglio di altri.
Guardate questo grafico…
Il Mega Ciclo globale del debito
Sia il settore pubblico e il settore privato sono in una situazione molto critica. Ed è innegabile il fatto che, a prima vista, mi sembra di vedere ben poche soluzioni se non quella della “ristrutturazione”.
Inoltre la storia insegna. Impossibile pretendere grossa crescita economica con una situaizone debitoria così pesante.
Cosa può “salvare” è l’inflazione, che andrebbe ad “erodere “il debito. Ma è un’ipotesi difficile da far digerire e di efficacia a lungo termine.
E quindi? Diventa seriamente difficile trovare delle vie d’uscita.
Intanto però guardate dove si trova l’Italia. Per una volta c’è chi sta BEN peggio di noi. Ma non parliamo di paesi come Burkina Faso ed Ecuador (due nomi a caso, con tutto il rispetto parlando).
Paesi come Francia , Gran Bretagna e Giappone sono in condizioni ben più drammatiche, mentre è innegabile un miglioramento della situazione USA (anche se qui siamo comunque lontani da una soluzione a tutti i loro problemi).
Quindi, volatilità ed euforia di breve a parte, mi sembra eloquente la nube del debito che continua ad oscurare la luce della crescita economica. E sarà ben dura riuscire a far si che il tempo a breve possa cambiare. A meno che si dedica per prese di posizione molto traumatiche, con relativo “effetto contagio” su consumi, risparmi e tutto quanto ne può derivare. Parlo dell’HAIRCUT.
STAY TUNED!
DT
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Sono un convinto sostenitore che in caso di un haircut siamo quelli che meglio ne escono politica a parte.
andrea357@finanzaonline: Alla fine bisognerebbe considerare non solo i valori assoluti del debito, ma anche la capacita’ di uno stato e dei suoi cittadini di ripagarlo, o meglio la sua sostenibilita’ nel breve e nel lungo periodo.
E qui l’Italia e’ proprio messa male.
Su che basi sostieni che il debito aggregato dell’Italia non e’ sostenibile ne’ nel breve ne’ nel lungo? Perche’ da quanto ho letto io l’Italia e’ uno degli stati messi meglio in termini di sostenibilita’ nel lungo periodo.
Si tratta di una mia valuazione personale.
Su rischiocalcolato lessi un articolo al riguardo che giungeva alla conclusione che l’italia aveva il debito pubblico e privato sostenibile sul lungo periodo a differenza di stati quali la francia.
Quello che mi chiedo e’ se non si debbano considerare le sofferenze bancarie e la capacita’ di risparmio per valutare la sostenibilita’ dei debiti privati. E la crescita economica e’ un altro fattore importante.
I debiti che le famiglie e le aziende italiane non riescono ad onorare sono in forte aumento, per i prossimi 2 anni avremo un calo del pil di altri 2 punti (secondo giavazzi da lavoce.info), siamo sempre cresciuti poco negli ultimi venti anni e per i prossimi 20 non vedo perche’ la musica dovrebbe cambiare, tutto questo mi fa dubitare, da “non esperto”, delle conclusioni a cui sono giunti alcuni, ovvero che siccome il debito privato italiano e’ minore di quello degli altri paesi europei allora nel complesso siamo messi meno peggio degli altri (in verita’ l’articolo citato di rischiocalcolato considera molti parametri producendo una analisi dettagliata dei debiti dei singoli stati).
Penso che parli di questo http://www.rischiocalcolato.it/2012/12/analisi-di-sostenibilita-dei-debiti-pubblici-dellitalia-germania-francia-spagna-uk-usa-e-giappone-2.html —– Io invece sostengo che in caso di un crak globale siamo quelli che ne usciamo meglio.
E’ possibile calcolare la capacita’ di indebitamento di un privato cittadino?
A prescindere dal pil, se l’italiano ha un basso salario con il quale riesce a malapena a pagare le spese dei beni primari, che capacita’ di indebitamento avra’?
Se gli restano 100 euro si potra’ indebitare di 1000 euro l’anno.
Il tedesco gode di una costo della vita piu’ basso, minori preoccupazioni, un salario piu’ alto di conseguenza alla fine del mese si ritrovera’ in tasca diciamo 500 euro da risparmiare, ne segue che la sua capacita’ di ripagare un debito sara’ di 5000 euro l’anno.
Questo tipo di discorso non l’ho mai sentito da nessuna parte, forse perche’ non sta in piedi, non lo so, ma a me sembra piu’ che logico.
Alla fine bisognerebbe considerare non solo i valori assoluti del debito, ma anche la capacita’ di uno stato e dei suoi cittadini di ripagarlo, o meglio la sua sostenibilita’ nel breve e nel lungo periodo.
E qui l’Italia e’ proprio messa male.
Forse l’indicatore da considerare e’ la sofferenza bancaria.
Le sofferenze bancarie in italia sono maggiori o minori di quelle delle banche tedesche e inglesi?
Sarebbe bello leggere una chart del genere!
Andrea