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Macroeconomia e ORO: il punto di non ritorno
GUEST POST: analisi della politica monetaria USA, intermarket e il comportamento delle banche centrali. Il solito barometro settimanale dell’oro e gli avvenimenti più importanti della settimana e il ruolo dell’oro nei portafogli di investimento e degli investitori istituzionali.
Il lingotto venerdì ha rotto al rialzo l’importante resistenza posta a $1.350,00. Questa violazione al rialzo suggerisce un possibile ulteriore balzo, a breve termine, verso il prossimo target posto a $1.400,00.
L’oro ha stabilito una base solida attorno all’area posta ai $1.300,00. Abbiamo osservato lievi cedimenti intorno ai $1.330,00. Vicino a quell’area, la forza ribassista sembra non avere piu’ spinta a causa della domanda proveniente da grandi acquirenti e dai cosiddetti “cacciatori d’affari a sconto” (bargain hunters – grandi fondi che acquistano nelle fasi di ribasso).
A livello di analisi tecnica, pertanto, la dinamica posta in essere dal metallo giallo, nelle ultime due settimane, appare estremamente rialzista.
L’oro e’ stato sostenuto anche dalle quotazioni del dollaro, particolarmente deboli questa settimana. Il dollar index e’ scivolato sotto la soglia psicologica posta a $80, terminando la settimana a $79,210. A supportare le quotazioni del mercato dell’oro, due fattori: la prossima riunione della FED (prevista per settimana prossima) e il continuo deterioramento dei conti pubblici degli Stati Uniti. Durante la prossima riunione della FED, il suo braccio operativo (il FOMC), optera’ per lasciare inalterato il piano d’acquisti di assets mensili (pari a 85 miliardi di dollari).
Il cosiddetto “tapering” (piano di ridimensionamento dell’espansione monetaria), pare quindi destinato a rinviarsi a data da destinarsi (a nostro avviso, il ritmo d’acquisto di assets potra’ solo aumentare in futuro, e in modalita’ altamente esponenziale).
Il punto di non ritorno
Il debito pubblico degli Stati Uniti (altro fattore rialzista per il metallo giallo), sembra ormai aver raggiunto il “punto di non ritorno, con un aumento dello stesso che non conosce piu’ alcun freno. Il debito pubblico americano, con l’innalzamento del tetto del debito (debt ceiling), ha superato la soglia psicologica dei 17 trilioni di dollari. Tale debito, nei giorni scorsi ha toccato un nuovo record: un aumento giornaliero di $328 miliardi di dollari, surclassando il record precedente pari a $238 miliardi in un giorno.
Sotto la Presidenza di George W. Bush, il debito pubblico tocco’ i 10 trilioni di dollari americani: durante gli 8 anni di Obama, il debito pubblico potrebbe (ed e’ avviato) a toccare i 20 trilioni di dollari (un aumento di 10 trilioni in soli 8 anni!). Ci sono voluti ben 224 anni e 43 Presidenti (dal 1789 al 2008) affinche’ il debito pubblico USA, raggiungesse i 9 trilioni di dollari. Barack Obama, in due mandati presidenziali, ha surclassato ogni record, piu’ che raddoppiando il debito pubblico in appena otto anni (pari a due mandati Presidenziali).
Le dinamiche del debito pubblico in atto, ci suggeriscono che entro la fine del secondo mandato (2016), il debito pubblico USA avra’ raggiunto i $20 trilioni di dollari.
La fine del dollaro non e’ questione di se, ma di quando.
L’indebolimento della valuta USA sta spingendo la Cina (maggiore detentrice di titoli del debito a stelle e strisce) a un accumulo straordinario di oro al fine di compensare le perdite valutarie sugli assets detenuti in dollari e per rafforzare lo yuan, con la finalita’ di far divenire la valuta cinese moneta di riserva mondiale.
La Cina sta accumulando oro, al ritmo di 1700 tonnellate annue. Entro i prossimi 3 anni la Cina potrebbe accumulare ulteriori 5000 tonnellate di metallo giallo. Con ogni probabilita’, nei prossimi anni avremo una valuta di riserva mondiale alternativa al dollaro. Lo Yuan cinese. Una volta che il dollaro avra’ perso lo status privilegiato di valuta di riserva primaria, gli USA non saranno piu’ in grado di stampare dollari in modo indiscriminato come fanno attualmente.
A quel punto, gli Stati Uniti saranno costretti, giocoforza, ad innalzare in modo spaventoso la pressione fiscale per rientrare dal debito e a portare in alto i tassi d’interesse. Se non saranno in grado di fare cio’ (e non lo saranno, perche’ il combinato disposto di queste due azioni farebbero cadere in depressione economica gli USA), l’impero americano potrebbe collassare a causa dell’iperinflazione.
Ritornando sul fattore Cina, nuova potenza globale economica e finanziaria, vi mostriamo un grafico per evidenziarvi le tendenze globali in atto. Esso evidenzia le uscite (output) di oro dai fondi ETF e gli acquisti (input) di oro da parte della Cina, da gennaio ad agosto di quest’anno. Come potrai notare, l’output di oro degli ETF e’ piu’ che compensato dagli acquisti cinesi (il ritmo degli acquisti sono addirittura doppi rispetto ai deflussi degli ETF).
Di quante prove abbiamo ancora bisogno per comprendere l’enorme trasferimento di potere che sta avvenendo tra occidente e
oriente?
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Signor Pomata: “gli Stati Uniti SARANNO costretti ….” ….. ma possibile che ognuno abbia il verbo tra le mani e lo dispensi a destra e manca senza leggere? In italiano i tempi dei verbi hanno un significato ben preciso. Non possiamo escludere a priori una visione futura così come proposta nell’articolo anche proprio a partire dal Giappone se il piano di stampa senza ritegno dovesse miseramente fallire.
Aspettiamo al risposta dell’autore in merito. Intanto raccomadno sempre rispetto per il pensiero altrui. Intanto benvenuto Dottore.
Il mio commento non vuole essere aggressivo od offensivo verso il diverso pensiero, vuole solo sottolineare come ognuno abbia una propria verità che non è assoluta e che ognuno possa pensarla diversamente e possa anche sbagliare, ma questo non ci dà il diritto di svilire e travisare quanto scritto solo perché la si pensa diversamente.
Mi permetto: il concetto d’iperinflazione non è legato “gli Stati Uniti SARANNO costretti ….” ma per quanto segue “l’impero americano potrebbe collassare a causa dell’iperinflazione.” Non è una questione d’italiano è un storico/finanziaria legata al giappone in cui il mondo si sta indirizzando.
Danilo DT,
Questa volta non teniamo conto della forza delle banche centrali ? Pensi che questa volta sia diverso, il giappone ha superato 250 come rapporto def/pil mentre gli usa hanno appena superato i 100 per cui di strada ne hanno ancora da fare.
E’ una serie di “SE” e come tale penso vada presa. Estrapolare una parte di un discorso “futuribile” e dire guarda i grafici di oggi lascia il tempo che trova. Il discorso parte dalla perdita del dollaro dello status di valuta di riserva e quindi il tutto vada visto solo in quest’ottica.
signor pomata@finanzaonline:
Ma di che iperinflazione parli??
Deflazione fratello, chiamala col suo nome.
Tassi a zero per un decennio, se non sai di che parlo guardati il grafico del giappone.
Stammi bene
Come fai ad essere cosi sicuro che la strada sia quella del Giappone?
Pensavo avessi cambiato idea.
gennaroporcelli@finanza,
Sono in molti che lo pensano. Siamo in una debt-deflation e si aspetta il moment-minsky. Personalmente io preferisco un inflazione 5/7% annua.
Manca però una previsione sull’andamento del prezzo dell’oro in futuro. Se il passaggio dal dollaro allo yuan o a un paniere di valute fosse indolore non si dovrebbe necessariamente avere l’iperbolico aumento del prezzo che molti prospettano (3000 dollari all’oncia e più).
L’avevo capito Danilo DT, infatti rispondevo al commento di Kry 🙂
Se può interessare http://icebergfinanza.finanza.com/2013/10/30/euro-forte-euro-crash/
Se può interessare http://icebergfinanza.finanza.com/2013/10/30/euro-forte-euro-crash/
Ma di che iperinflazione parli??
Deflazione fratello, chiamala col suo nome.
Tassi a zero per un decennio, se non sai di che parlo guardati il grafico del giappone.
Stammi bene