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La crisi di fiducia

Scritto il alle 11:52 da Danilo DT

In questi giorni tutti avrete avuto modo di vedere che le borse, su scala globale, stanno scendendo. E fin qui nulla di strano. Non possiamo nemmeno dire che il ribasso è arrivato come un fulmine a ciel sereno, in quanto ne sto parlando ormai da settimane. Ma la cosa che sicuramente merita di essere analizzata è un’altra. Tra i vari settori, possiamo dire che il ribasso è abbastanza generalizzato. Però c’è un settore su scala globale che sta veramente patendo le pene dell’inferno. E questo settore è quello finanziario, con le grosse banche americane in testa, banche che, per via della globalizzazione, non fanno altro che trascinare al ribasso anche gli altri istituti di credito non USA, quali ad esempio Unicredit e Intesa SanPaolo per far due nomi, che alla fine della fiera dovrebbero avere un’esposizione sui subprime decisamente limitata. Ma cosa sta succedendo alle banche USA?

Politica antidollarista

Ormai il mercato parla chiaro, o per meglio dire sono i dati a spiegare cosa sta succedendo. E i dati sono purtroppo quelli che noi sospettavano in tempi un po’ meno sospetti (scusate il gioco di parole). Ne sono la provai vari post scritti che ritroverete qui a fianco, cliccando qui. Possiamo classificare questa fase di mercato come la più classica crisi di fiducia. Sembra che il mercato ce l’abbia a morte con gli USA e addirittura mi sento di dire che si è instaurata una dinamica anti-dollarista che sembra non conoscere pause di sorta. Il Dollar Index subisce quasi delle violenze estreme. E’ nata una guerra che ha come basi un principio che troppo spesso è stato trascurato dal sistema finanziario a stelle e strisce. L’etica. Si inizia a parlare nelle sale operative di sell off sull’area dollaro, ma non solo sulla valuta, anche sugli assets….

E i primi ad essere massacrati, sui mercati finanziari, sono proprio i titoli bancari, e non a caso. Le banche sono quelle che alla fine della fiera comandano il mercato. Hanno montato delle operazioni che hanno dello squallido. E così ora, piovono downgrading da tutte le parti. Bilanci fasulli, subprime, derivati… tutto per gonfiare i bilanci, tutto per fare soldi, tutto per spennare la gente. Ma ora la gente è stufa.

Mr. Smith apre gli occhi…

Finora Mr. Smith è stato sempre molto sensibile alle belle parole distribuite dalla FED e da Bush nelle varie occasioni. D’altronde lui sapeva bene che partiva con un vantaggio su scala globale. E questo vantaggio era quello di essere americano. Una presunzione che ora sta pagando amaramente. La sua valuta sta crollando, e lui si sta impoverendo nei confronti di tutti gli altri cittadini del globo. E proprio i cinesi (appena posso posterò qualcosa sulla nuova grande correlazione tra il Dollar Index, lo Yuan e l’Euro) stanno conquistando posizioni importanti proprio a scapito di Mr. Smith. Ma c’è di più. Ora Mr. Smith ha capito che lo stanno prendendo in giro. E a dargli questa convinzione ha contribuito il dato comunicato ieri al mercato.

I colossi finanziari di Wall Street pagheranno ben 38 miliardi di $ di bonus, per una media calcolata a 200mila dollari per dipendente. Ripeto: 200.000 dollari per dipendente! Ma vi rendete conto? Questa notizia è il compendio di un capitalismo che sa appunto di marcio: non si possono pagare somme simili, bruciando la cassa di queste società. Il problema dunque è strutturale: le pratiche capitalistiche USA, evidentemente consentono l’elargizione di simili bonus, a danno degli azionisti di queste banche, che alla lunga saranno costretti a pagare di tasca propria la ricapitalizzazione bancaria attraverso gli aumenti di capitale, qualora la situazione dei mercati finanziari dovesse peggiorare ulteriormente. Quindi Mr. Smith si sta arrabbiando. E come Mr. Smith, acnhe il resto del mondo prende coscieza di una serie di situazioni insostenibili, eticamente ed economicamente.

Il problema è che fino a qualche tempo fa, l’economia USA sembrava una macchina da guerra, guidata da dei luminari che riuscivano a creare ricchezza e valore in tutte le situazioni. Questo ovviamente sulla carta. Ma ora si scopre che la stessa economia USA si poggia su delle basi di cristallo, che il fumo che aleggia è tanto e che l’arrosto invece è tutto bruciato. Si scopre che forse ci hanno preso in giro per anni e che tutto quello che ci hanno detto non era come dicevano. Vabbè, non vado oltre perché sennò poi passo dalla parte del torto. Chiudo solo con questo: ritengo che la credibilità di costruisca con tanta pazienza e tanto tempo. Ora, gli Usa, questa credibilità l’hanno persa. E difficilmente riusciranno a riacquistarla velocemente.

 

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