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Decrescita: utopia dei grillini o opportunità?
GUEST POST: quando si inizierà a parlare di crescita economica vera?
Dopo il boom di Grillo e del Movimento 5 Stelle (M5S), si comincia a sentire in giro una parola che suona strano: Decrescita. Il M5S propone un nuovo modello di società e di sviluppo, che non si dovrebbe più basare sulla misura del PIL (Prodotto Interno Lordo), ma sul BIL (Benessere Interno Lordo).
Cosa significa Decrescita? A cosa si ispira il Movimento 5 Stelle?
Per aiutarci a capire la teoria, utilizzo la pratica applicata al mio settore, quello agricolo-
alimentare. Secondo uno studio commissionato dalla FAO (Global Food Losses and Food Waste), circa un terzo del cibo prodotto ogni anno per il consumo umano – grosso modo 1,3 miliardi di tonnellate – va perduto o sprecato. Ogni anno i consumatori dei paesi ricchi sprecano quasi la stessa quantità di cibo (222 milioni di tonnellate) dell’intera produzione alimentare netta dell’Africa sub-sahariana (230 milioni di tonnellate). In aggiunta, la situazione dei produttori europei è dichiarata ormai insostenibile e ogni anno, puntualmente, si decide per esempio la distruzione di massa di pesche o degli agrumi in Sicilia, mentre i produttori francesi manifestano il loro malcontento distruggendo i carichi di frutta importati a prezzi irrisori dalla Spagna (source). Nel frattempo i media ci raccontano che dobbiamo andare avanti con la ricerca sugli OGM per creare specie più produttive, al fine di sfamare tutta la popolazione mondiale! La verità forse è altrove: siamo nel bel mezzo di una fase storica di sovrapproduzione di merci che non riesce ad essere assorbita dalla domanda, perché aumenta la produttività degli impianti e diminuisce la capacità di spesa delle popolazioni “ricche”.
In 40 anni, il PIL aumenta del 350%, la popolazione del 16.5%, gli occupati dello 0.5%
Dal 1960 al 1998 in Italia, il Prodotto Interno Lordo (cioè l’indice internazionale che misura l’entità in valore dello scambio di merci all’interno di un paese) si è più che triplicato, passando da circa 424 mila miliardi di lire a circa 1 milione e mezzo di miliardi di lire. Nello stesso periodo la popolazione è cresciuta da 48.967.000 a 57.040.000 abitanti, con un incremento del 16.5%. Il numero degli occupati però, è rimasto costantemente intorno ai 20 milioni (erano 20.330.000 nel 1960 e 20.435.000 nel 1998). Una crescita così rilevante non solo non ha fatto crescere l’occupazione in valori assoluti, ma l’ha fatta diminuire in percentuale, dal 41.5% al 35.8% della popolazione (Maurizio Pallante – La Felicità Sostenibile – Rizzoli 2009). Ma dove voglio andare a parare con questo ragionamento pindarico tra sprechi alimentari, consumi, PIL e disoccupazione? E’ la dimostrazione di quello che stiamo vivendo in questo periodo: il fallimento del sistema capitalista-consumistico della produttività a tutti i costi. Consumate! Comprate cose inutili, buttate via quelle vecchie, andate al supermercato….e fate aumentare il PIL! Il PIL e l’economia finalizzata alla crescita hanno portato alla sovrapproduzione di beni, all’abbassamento delle remunerazioni, abbattimento di costi e salari, aumento dello spreco di risorse. Ma soprattutto, spostamento della ricchezza dai più ai pochi e, non meno importante, al peggioramento della qualità, sia dei beni che dello stile di vita. Tutto ciò grazie alla spinta al ricorso al credito che ha fatto indebitare le famiglie. Ci hanno “insegnato” a vivere al di sopra delle reali possibilità.
Per i politici contano solo i consumi
Molti imprenditori di sicuro rabbrividiscono a queste parole; “ma come?…bisogna produrre di meno?…comprare di meno?…. come facciamo profitto?… come creiamo posti di lavoro?” Bè finora il sistema capitalista-consumistico (così come quello comunista-statalista) ha prodotto benessere e occupazione solo nel breve termine (e a discapito della maggioranza della popolazione dei paesi sottosviluppati e sfruttati!). Ormai l’innovazione tecnologica e la standardizzazione dei prodotti (anche dei cibi industriali) permettono di aumentare sempre di più la produzione oraria di un bene (omologato, standard, e spesso privato della propria naturalezza o utilità) diminuendo drasticamente la manodopera e quindi anche i costi per le aziende. Risultato: mercati inondati di prodotti a basso costo da aziende che si scontrano a chi fa il prezzo più basso; così si arricchisce la Grande Distribuzione, a discapito dei piccoli produttori che soccombono. Di conseguenza si ottiene: taglio dei costi, disoccupazione e diminuzione della qualità dei prodotti. Unico vantaggio (effimero): il prezzo più basso dei beni di consumo, però a fronte di una scarsa qualità e ripercussioni sullo stile di vita e molto spesso sulla salute.
La possibile soluzione? A sentire politici ed economisti di tutto il mondo l’unica cantilena proposta è: “stimoli alla crescita, incentivi al consumo, indebitamento ecc. ecc.”….. ma pur continuando a stimolare questa economia ormai satura, a chi li vendiamo tutti questi prodotti in eccedenza e quindi inutili? Ai cinesi? Per battere la loro concorrenza dovremmo lavorare alle loro stesse condizioni (bassi salari, zero sicurezza, non rispetto delle norme ambientali ecc.), quindi tornare nel medioevo della storia industriale! E comunque non ce la faremmo mai, perché tra prodotti di largo consumo americani, europei, cinesi, indiani, potremmo riempire il mondo ed esportarli nello spazio a paghi 1 e prendi 3, se fosse possibile.
Il ruolo fondamentale delle piccole imprese
Ci sarebbe un’altra strada, quella suggerita da Serge Latouche, economista francese che ha teorizzato il modello della Decrescita: buttare via tutte le teorie fallite sulla produttività ad ogni costo e sfruttare le innovazioni tecnologiche per fare prodotti più utili e salutari; in modo da produrre meno, pagare il giusto, guadagnare in salute e remunerare i produttori. In tal modo un’azienda non deve essere costretta a ingigantirsi (indebitandosi pesantemente) per fabbricare tonnellate di prodotti che non sa come vendere; cioè il risultato di quello che ci insegnano nelle aule delle università: mi indebito, divento grande, risparmio sui costi delle materie prime, sfrutto le economie di scala e vendo a prezzo più basso. E ritorniamo lì, dove ci scontreremo con un altro che venderà ancora più pezzi a un prezzo più basso del mio, e io sarò fuori. Solo che la capacità di consumo della gente non è infinita.
E allora, qual’è la soluzione? Allora filiera corta, mercati e produttori locali, tante piccole aziende artigianali e quindi più occupazione; tutto questo non significa tornare indietro, non innovare, tornare alle lavorazioni manuali. In Italia le piccole e medie imprese rappresentano (forse rappresentavano? ) la struttura portante del sistema economico e produttivo: su oltre 4,4 milioni di imprese, il 99,9% è, infatti, costituito da PMI; di queste, la quasi totalità (il 94,6%) rientra nella dimensione di micro impresa (con meno di 10 addetti), mentre le imprese di taglia media (da 50 a 249 addetti) sono appena lo 0,5% del totale (Elaborazioni su dati EUROSTAT, anno 2008). E il loro contributo in termini di occupazione è rilevante:
l’81,7% degli addetti è, infatti, occupato nelle PMI (le micro imprese da sole occupano il 48% del totale degli addetti). Secondo i dati EUROSTAT tutta l’Europa ha una struttura fortemente incentrata sulle PMI: il 99,8% delle imprese europee ha meno di 249 addetti ed assorbe il 67,4% dell’occupazione; il 91,8% di esse ha meno di 10 addetti (dati 2008). La stessa Comunità Europea ha riconosciuto il ruolo centrale delle imprese di minore dimensione nell’ambito dell’economia europea, e nel 2008 ha emanato la Comunicazione “Pensare anzitutto in piccolo”, lo “Small Business Act” per l’Europa”, che promuove un articolato quadro di interventi con l’obiettivo di migliorare il contesto giuridico, economico ed amministrativo delle PMI nell’intera Ue. La UE vuole in pratica attuare il documento stilato nel 2010 “Europa 2020 – una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, cioè promuovere un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale.
La terza via, quella delle Comunità e dell’autoconsumo
Una certa parte d’Italia l’ha dimostrato da tempo: la forza trainante è la piccola media impresa artigianale che con i prodotti di qualità (non concorrenziali e non imitabili!) riesce a galleggiare sulle macerie che il “vecchio sistema” ci sta lasciando. E dalla mia piccola esperienza con le piccole imprese alimentari, posso testimoniare come nel lungo termine, il prodotto artigianale, talvolta innovativo (e la riscoperta della tradizione e delle peculiarità naturali è spesso un’innovazione!), permette di lavorare la quantità necessaria da vendere, con alta qualità, prezzo giusto e remunerativo: insomma piccoli, bravi e duraturi. Si chiama sviluppo sostenibile, si conserva la qualità, il territorio e l’occupazione. Vedi gli ipermercati che per 30 anni hanno fatto chiudere tante botteghe per dare lavoro a 800 euro al mese.Ora molti di quegli ipermercati in Italia (nonostante le dimensioni efficienti, prezzi bassi, le offerte e gli stipendi da ricatto) stanno chiudendo.
Carrefour e altri marchi esteri si stanno ritirando dall’Italia, lasciando capannoni abbandonati, e gli ex dipendenti fuori a protestare, con buona pace dei finanziamenti pubblici ricevuti. In compenso, nei paesi e nelle città, stanno tornando a nascere negozi di prossimità e aziende agricole in filiera corta che riportano tanti giovani nell’agricoltura. Alla base di ciò è necessario un comportamento maggiormente consapevole dei consumatori, che in un certo senso, “aiutati” dalla recessione, consumeranno meno ma meglio, magari unendosi in gruppi di acquisto solidale (GAS).
Questo quadro farà certamente soccombere le grandi aziende che fanno enormi volumi di produzione a costi bassi; ma come dimostrato, non sono le grandi aziende che creano il grosso dell’occupazione (al contrario di quello che politici, finanzieri e sindacalisti ci fanno credere). Questa sembra la strada, e quando questa crisi epocale spingerà le famiglie (come già sta succedendo anche in America) all’auto-produzione, a coltivare l’orto in città o sul balcone o a farsi il pane in casa, a comprare meno cibo ma con maggiore attenzione alla qualità e alla salute, allora ci accorgeremo di essere dentro al cambiamento. Il dibattito sulla decrescita è appena cominciato, con divergenze di punti di vista. Per approfondire:
La descrescita di Grillo è religione, non economia;
Decrescita e paesi poveri, un controsenso?
E voi, cosa ne pensate? Solo utopia o reale possibilità?
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condivido la premessa…sovrapproduzione come problema alla base della crisi…ma non la soluzione..che soluzione non è…il sistema capitalistico è efficiente a livello produttivo piu’ di chiunque altro (è la competizione che stimola l’ingegno non dimentichiamolo)..quello che è in crisi è il modello “di distribuzione” della ricchezza….se l’impiegato della carrefour guadagna solo 800 euro si puo’ stabilire che abbia diritto ad una tessere alimentare con la quale “consumare prodotti che andrebbero altrimenti distrutti” per se e per la famiglia (piuttosto che rimanere single potrebbe mettere al mondo 3 pargoli sentendosi “coccolato dal sistema)….stessa cosa vale per gli operai …agevolazioni e tessere per dare piu’ ricchezza alle loro famiglie…la decrescita determinerebbe un forte calo dell’impegno a creare …molti imprenditori si siederebbero e vivrebbero di rendita (decrescita = non competizione=prezzi al galoppo)…il mondo è ricco abbiamo bisogno di tanti figli e fiducia..c’è tantissima gente che non si sente appagata da quello che ha ma non puo’…iniziamo da questi
E’ che c’è un reflusso assurdo di pauperismo, e l’influsso del nuovo Papa, simpatico ed empatico, non va nella direzione giusta.
Ci si sono sgonfiate le palle, dobbiamo rimettere in moto l’edonismo e la volgia di migliorare la qualità della nostra vita e di quella dei nostri figli, e farli, i figli, qui in europa dove la popolazione, senza immigrazione, è in declino.
Abbiamo tutto tranne gli stimoli per rimetterci in pista .
ci vuole coraggio e DETERMINAZIONE e dobbiamo togliere il potere da quel 0,1% di indivitui che possiedono il 60% del mondo e che fanno di tutto perchè tutto continui così, perchè se tutto continua così loro sono come un buco nero che attira tutto e diventa sempre più grande e più diventa grande e più attira tutto fino alla distruzione finale.
E questa rivoluzione non la può fare il popolo diseredato, la deve fare la classe medio alta, quella che sta soffrendo questa violenta forza di aspirazione della ricchezza , che i nullatenenti e gli schiavi non hanno nulla da perdere.
Questa che si deve combattere è la guerra del 0.1% straricco, il superturbocapitalismo, contro il 30% benestante produttivo e borghese.
Se il 30% vincerà la guerra ci potrà essere una fase di crescita e redistribuzione attraverso le opportunità di lavoro, se lo 0,1% vincerà ci sarà la catastrofe mondiale dell’economia che imploderà in un assurdo buco nero.
Se il restante 70% dell opolazione capisse questo si schiererebbe correttamente verso un impostazione sociale di mercato attiva e proattiva, invece la parte meno ricca della popolazione vede nel vicino benestante il suo primo nemico eil primo soggetto da espropriare, ma non hanno capito la direzione dei flussi economici.
Non sono d’accordo con chi dice ke oggi c’è sperequazione di ricchezza esagerata…dati alla mano questa è l’epoca in tutta la storia dell’uomo con minore sperequazione tra i più ricchi e i più poveri…non vedo poi come si possa pensare che se la crescita non porta occupazione, la possa portare la decrescita…parafrasando Totò: se la ricchezza non da la felicità, figuriamoci la miseria! Sono invece d’accordo sul fatto che bisognerebbe vivere una vita più semplice e in linea con le proprie possibilità, vale a dire se non ho denaro non ha senso comprarsi un Suv, o fare un mutuo di 50 anni x la casa o fare una festa di nozze come se fossimo i reali di Inghilterra…si tratta di buon senso non di decrescita,facendo sacrifici e smettendola di pretendere tutto dallo stato e di dire ke il sistema è marcio e bisogna cambiare tutto, come dicono i grillini…bisogna cercare di risolvere i problemi ke abbiamo, non vaneggiare di modelli e società ideali…
negli usa come distribuzione dei redditi siamo a livelli di fine 800 e non lo dico io
LA COSCIENZA DI UN LIBERAL P.KRUGMAN
oppure
http://advisorperspectives.com/dshort/updates/Household-Income-Distribution.ph
Da ragazzo vestivo molto peggio degli immigrati che chiedono praticamente la carità con la scusa di vendere qualche oggetto, alle mense della Caritas o equivalenti si mangia enormemente meglio di allora, le auto praticamente non esistevano e la bicicletta era un lusso. Di cosa devo aver paura? pensate che ritorneremo a quei tempi? Anzi se devo essere sincero ho un po’ di nostalgia.
Morale: stati tranquilli, non tutti i mali vengono per nuocere.
Questa che si deve combattere è la guerra del 0.1% straricco, il superturbocapitalismo, contro il 30% benestante produttivo e borghese.
Concordo. Però me lo trovi il leader che porta al sacrosanto scontro?
Non confondiamo la condizione psicologica pauperistico-sfigatistica di “ciclo” e di crisi sistemica con la spinta formidabile che l’umanità deve avere per lo sviluppo delle forze produttive, la riduzione del tempo di lavoro con l’aumento della produttività del lavoro, delle conoscenze scientifiche e lo sviluppo di tecnologie.
Oltre a quello che abbiamo da fare qui, c’è un universo intero da esplorare regà e forse più di uno.
Anche nella vita dei nostri compagni di viaggio, le altre specie animali, chi si ferma è perduto.
Se riusciamo a sviluppare, razionalizzare etc. potremmo rinunciare o smettere di accoppare i nostri compagni di viaggio.
E’ il meccanismo socio economico che non funziona ma se guardiamo al passato, come abbiamo già fatto col capitalismo e il suo l’enorme sviluppo delle forze produttive, le sue libertà borghesi, ci inventeremo qualcosa di meglio…
Personalmente non credo, come pensano altri, che il capitalismo abbia terminato la sua capacità oggettiva di sviluppare le forze produttive e che ci vorrà ancora del tempo prima di giungere al suo superamento.
Il vero problema che vedo è arrivarci… al superamento.
E’ implicito nel ciclo lungo di sistema, nelle crisi di sovrapproduzione, di scorretta allocazione delle risorse a mezzo “mercato”, nei momenti in cui necessita di allargare la sua base produttiva, il conflitto…
Non credo neanche io che la Decrescita nuda e cruda sia la soluzione. Ma può essere un’occasione per riprendere in mano la propria vita, non vivere per lavorare, ma lavorare per vivere, senza per forza inseguire tutti i bisogni
http://www.scienziatodelcibo.it/
Per me vivere al di sopra delle nostre possibilità significa fare spesso una vita che poi non piace tanto, perchè non vogliamo rinunciare a qualcosa. Essere costretti a lavorare troppo (fare straordinari, inseguire contratti, vendite ecc.) per potersi permettere qualcosa di cui se ne potrebbe fare a meno. Soprattutto, il sistema ci costringe a lavorare tanto, a non avere orari, per non poterci dedicare alle attività “non profit”, come potrebbe essere dedicarsi alla politica o al sociale, per la sola passione.
E poi seguire le politiche della decrescita non significa che tutti per forza debbano applicarla. Se io ho spirito imprenditoriale e voglio di più, nessuno mi dovrebbe impedire di farlo. Ma se uno invece di fare lo schiavo si accontenta di una vita con meno soldi, ma più libera deve essere libero di farlo. non per questo diminuisce il pil
Di “leader” duri e puri, di sette è settari, di élite con “la coscienza di classe” detentrici della vera verità da propinare alla “classe” o al corpo sociale ne abbiamo avuti già abbastanza… se ci sarà una via, sarà un’altra, abbiamo tutti, nessuno escluso, già dato…
Con idee diverse anche qui, credo senza esserne pienamente consapevoli… la stiamo già percorrendo.
E’ questo il problema. La classe media non riesce quasi mai a trovare coesione mentre lo 0,1% è automaticamente coeso per coincidenza di interessi, il restante 70% …lasciamo perdere
ci stiamo facendo massacrare dall 0,1%
Si ma ragionare così non serve a nulla, gli obiettivi di lungo periodo vanno bene se si coniugano con risultati accettabili subito, nel lungo periodo io non ci sono e non ci saranno neanche i miei figli, non sono abbastanza lungimirante per preoccuparmi dei pronipoti.
Oggi sei libero solo se hai un certo reddito ed un certo capitale, non esiste essere liberi con pochi soldi, è un’utopia.
Inoltre le scelte non sono scalabili, non puoi “fare un po’ meno” o sei dentro o sei fuori !
sto conoscendo sempre più persone, della classe media, che invece di continuare ad affannarsi per mantenere il proprio status quo, scendono di un gradino e continuano comunque a fare una vita non da pezzenti, ma magari vivono in campagna, si coltivano l’orto, dedica più tempo alla famiglia e ciò che guadagna di meno, lo risparmia dalla spesa, da nidi, doposcuole e babysitter. C’è chi va meno al ristorante e impara a cucinarsi in casa cose sane e genuine e ne guadagna la salute.
Ti assicuro che è fattibile. Certo devi avere un reddito “normale”. E’ chiaro che un disoccupato o un cassintegrato sono già in decrescita forzata, loro non possono scegliere! Conosco un dipendente comunale che ha scelto il partime. Guadagna meno, ma trova il tempo per la famiglia e per tante altre attività piacevoli che gli portano pure reddito. La verità è che gli statali lo possono fare….. i privati, in Italia non possono scegliere. Pensa a quante donne, se potessero, sceglierebbero il part-time, ma nel privato ti chiedono solo di aumentare le ore per la crescita…questo è il problema!
http://www.scienziatodelcibo.it/
ihavenodream@finanza: Non sono d’accordo con chi dice ke oggi c’è sperequazione di ricchezza esagerata
i dati..quali dati?in base ai dati che prediamo in considerazione otteniamo risultati diversi.prendiamo i paesi in via di sviluppo. è anche vero che è nata una classe media in molti paesi che inizia ad avere un potere d’acquisto comparabile ai paesi sviluppati, ma tra i due estremi la distanza si è allontanata, potrei farti vedere delle fotografie,ricchezza opulenta che è esplosa negli ultimi anni con supergrattacieli, e le capanne di palo sempre uguali. e da noi che dire della differenza tra le remunerazioni e liquidazioni miliardarie degl ammininistratori delegati delle banche con gli esodati che stanno in fila delle banche medesime? anni fa si parlava dell’appiattimento a causa della contingenza, paragonando gli stipendi di un operaio di fronte agli insegnnti, e ora abbiamo una moltitudine di insegnanti precari,si potrebbe continuare, non abbiamo bisogno del supporto delle statistiche
tengobotta@finanza: La verità è che gli statali lo possono fare…
tengobotta@finanza:
ilcuculo@finanza,sto conoscendo sempre più persone, della classe media, che invece di continuare ad affannarsi per mantenere il proprio status quo, scendono di un gradino e continuano comunque a fare una vita non da pezzenti, ma magari vivono in campagna, si coltivano l’orto, dedica più tempo alla famiglia e ciò che guadagna di meno, lo risparmia dalla spesa, da nidi, doposcuole e babysitter. C’è chi va meno al ristorante e impara a cucinarsi in casa cose sane e genuine e ne guadagna la salute.
Ti assicuro che è fattibile. Certo devi avere un reddito “normale”. E’ chiaro che un disoccupato o un cassintegrato sono già in decrescita forzata, loro non possono scegliere! Conosco un dipendente comunale che ha scelto il partime. Guadagna meno, ma trova il tempo per la famiglia e per tante altre attività piacevoli che gli portano pure reddito. La verità è che gli statali lo possono fare….. i privati, in Italia non possono scegliere. Pensa a quante donne, se potessero, sceglierebbero il part-time, ma nel privato ti chiedono solo di aumentare le ore per la crescita…questo è il problema!
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falso, nella pa sono state promulgate norme che limitano il part-time, prima di aprire la bocca, informarsi
Mi dispiace, scrivo sul serio, ma la “classe media” è destinata a scomparire all’interno del processo di accumulazione e di concentrazione del capitale. Oltre al lato strettamente economico esiste anche quello politico, la gestione della attuale crisi è fatta nell’esclusivo interesse non dello 0,1 ma dello 0,01 o meno ancora. Il trasferimento di reddito e capitale è anche dalle PMI, lo è già da prima dell’inizio crisi, come lo è dal lavoro autonomo e professionale tradizionale. Con la crisi, dato che il comando è loro e la politica economica è la loro, salvano la loro baracca finanziaria e multinazionale globale…
Alla fine di questa crisi, se non ci sarà un superamento di questo sistema, la concentrazione del capitale sarà ancora più elevata e la classe media… arrivederci e grazie. La conseguenza sarà anche nell’espressione politica. Il fondamento della democrazia borghese è il capitale distribuito e un gran numero di soggetti e forze sociali che trovano nella democrazia parlamentare la mediazione degli interessi. Per chi aveva occhi per guardare, la perdita di realtà delle democrazie occidentali, partendo proprio dagli US, era visibile da più decenni.
L’europa è il caso più clamoroso. Semplicemente la democrazia nelle cosiddette istituzioni europee, non esiste. Il parlamento europeo è una foglia di fico molto costosa e i governi ex-nazionali sono diventati una barzelletta che ricicla per “il pubblico” con la propaganda decisioni già prese. Sono cose solari le vediamo tutti giorni.
i bisogni sono solo il frutto che questa societò ci impone perchè così si consuma.
Ma siamo sicuri che oggi si è più felici di 50 anni fa?
la gente non è mai stata così sola come adesso. i rapporti interpersonali non esistono più. non si conosce il vicino del pianerottolo. questa è una società che non ha futuro e la decrescita deve cominciare con la decrescita dell’egoismo personale per riprendere le relazioni interpersonali che sono state volutamente sacrificate al dio denaro
non sono aggiornato sulle nuove norme della PA, purtroppo non ne faccio parte, ho solo fatto l’esempio di una persona che conosco e che fa part-time
Probabilmente è necessaria una guerra combattuta sul campo di battaglia e non sulle piazze finanziarie, con bombe e macerie fumanti, e nemici impiccati ai lampioni.
La mia tesi di laurea, parecchi anni fa, fu proprio su Malthus. E Latouche a mio avviso non fa che ripresentare le tesi di allora un pò riviste. L’unica differenza è che non parla di astinenza sessuale per gli indigenti.
Trovo interessante l’articolo http://www.centroeinaudi.it/articoli/commenti-economiacentroeinaudiit-98/1440-la-de-crescita.html e concordo sulle conclusioni: un atteggiamento come quello proposto da Latouche e da altri teorici della de-crescita non è verificabile: l’unico modo per vedere se funziona o no è metterlo alla prova ed aspettarne gli esiti. Con una sorta di atteggiamento messinaico che infatti sempre più si sta diffondendo.
Tuttavia io questo atteggiamento non posso accettarlo nè per me nè per i miei figli: anche perchè per la prima volta sto assistendo ad un minimo, ripeto minimo, movimento di de-crescita in un paese: l’Italia. Ma quanto sta costando in termini di sofferenze questa de-crescita dll’1/2%? E che cosa succederebbe con una de-crescita del 20/30 %? Chi la pagherebbe? La povera gente oppure quelli che già partono da posizioni di privilegio? A quel punto le soluzioni sarebbero solo due: o una dittatura di alcuni poveri, tipo Fattoria delgi animali di Orwell, su tutto il resto o una dittatura dei ricchi su tutti gli altri.
Sul problema delle risorse già nel 1974 a Roma, nella conferenza sull’alimentazione, si prospettavano scenari apocalittici che non ci sono stati. Il che non significa che le risorse siano illimitate: significa che lanciare allarmi da fine del mondo rischia di creare assuefazione e quindi disinteresse.
Si potrebbe andare avanti a lungo: di mio presterei più attenzione a questioni tipo la tassazione: perchè non modulare le tasse ad esempio sull’ambiente? Perchè non modularle sui consumi?
Prospettare la fine del mondo tra non si quanto lascia alla fine indifferenti: far pagare subito tasse molto alte su un SUV sgravando auto elettriche invece avrebbe ripercussioni immediate.
Le politiche fiscali dei paesi hanno determinato spesso le loro sorti molto di più di quanto abbiano fatto le guerre che qualcuno anche in questo sito sembra auspicare. Noi il fisco lo viviamo solo in termini quantitativi: è troppo, è al 44,3% ma poteva essere al 45,3% e così via. Perchè non utilizzarlo in termini qualitativi?
Questa, caro Dream, credo sia una strada molto meno pericolosa e molto più proficua.
Guardate che è una tecnica di propaganda e non è quello che qualsiasi persona sensata desidera e cioè un uso razionale ed efficiente uso delle risorse e dei prodotti, cosa abbastanza incompatibile con la dinamica complessiva del sistema in cui il ragionamento del profitto a breve è ormai prevalente anche se si associa con strategie di medio e lungo termine. Il caso del disastro petrolifero nel Golfo del Messico ne è un esempio insieme alle successive necessità di pareggiare le perdite anche vicino a noi… Nessun imprenditore tradizionale che non ragiona solo davanti ad un grafico per prendere una decisione, avrebbe corso un rischio simile… un “manager” sì, non avrebbe nemmeno valutato correttamente i rischi.
Quello che cercano di far passare è una logica pauperistica spacciata per ecologica usando anche moltissimi soggetti o meglio oggetti, in buona fede. La capacità produttiva per ora lavorata è cresciuta enormemente grazie alle nuove tecnologie e alle tecniche di organizzazione del lavoro.
La robotica, ormai, la farà sempre più da padrona a tutti i livelli di produzione.
Stanno solo cercando di far passare una condizione di riduzione del tenore di vita, abbasandolo e adeguandolo ai livelli più bassi. E’ un trasferimento di reddito, oltre che di capitali, verso lo 0,01 o meno che spera di salvare il fasullo della finanza creativa con capitali veri.
Esiste un problema colossale di redistribuzione del reddito e dei capitali. Avviene l’inverso.
Chi non ci farebbe la firma su di un pò di banche territoriali, non quotate, ben capitalizzate e che fanno il loro lavoro di banche accanto ad imprese, lavoro etc. Non parliamo poi della moneta… Questo è il passato, il sistema sta andando in un’altra direzione.
leggiti questo articolo:
http://www.lastampa.it/2012/10/16/societa/ecco-la-lista-dei-piu-ricchi-della-storia-il-primo-e-un-maliano-gheddafi-ottavo-hygDrqlYgtqTSLiX0n5QeJ/pagina.html
non sono congetture sono dati! I ricchi oggi sono molto meno ricchi che in passato…la società moderna è quella con meno sperequazione nella storia dell’umanità, anche l’economia è molto piu’ stabile, leggi e guarda i grafici del capitolo 8 di Stocks for the long run del Prof J. Siegel, edizione 2010…dimostra in modo incontrovertibile che la variazione della produzione industriale e del PIL è oggi molto meno contenuta che un secolo fa…quello che è invece molto meno contenuto oggi è la disinformazione, che i mezzi di comunicazione d massa diffondono a ritmi impressionanti in ogni angolo del globo…
Chissà che lavoro fai? qual’è il tua attuale status sociale e tenore di reddito, sarei curioso di sapere.
refuso: “la variazione della produzione industriale e del PIL è oggi molto PIU’ contenuta che un secolo fa”…
che i mezzi di comunicazione d massa diffondono a ritmi impressionanti in ogni angolo del globo…
Per l’appunto per raccontarci che va tutto bene non il contrario, comunque qui non ha senso parlare ed io non ho tempo di dimostrarti il contrario.
Non vedo quale sia l’attinenza con la nostra condizione personale….
Il punto di vista di partenza, un abbiente vede le cose in maniera diversa da un nulla tenente o no?
Se tu appartenessi ad una casta o all’aristocrazia che visione di base avresti del mondo attuale?
E se al contrario fossi un impiegato od un operaio ne avresti la stessa visione?.
bergasim:
manuel.finanza@finanza,a seguire cosa?
E piu arduo e dificile mantenere il valore di quello che uno ha lavorando
percio e meglio accontetarsi di quello che ha oggi senza faticare per incrementarlo
e cercando di vivere assaporando quello che gli da ogni singolo giorno
No, sbagliato, i giudizi devono prescindere dalla propria condizione o situazione contingente, devono basarsi su fatti oggettivi, se no non sono giudizi, ma pre-giudizi…
tengobotta@finanza,
in questo sito http://www.sivempveneto.it/vedi-tutte/1799-pubblico-impiego-revoca-part-time-primi-effetti-della-riforma-brunetta.html
cita:
Con l’entrata il vigore dell’art. 16 della legge n. 183/10 alle pubbliche amministrazioni è attribuito il potere di sottoporre a nuove valutazioni i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, già adottati prima del D.L. n. 112/08, senza che sia richiesto un particolare obbligo di motivazione formale ogniqualvolta siano stati osservati i principi di correttezza e buona fede. In altre parole, ribaltando quanto deciso in precedenza dal Tribunale, a parere del collegio la P.A. può revocare l’orario di lavoro part-time già concesso, in presenza di un reale pregiudizio alla funzionalità dell’ufficio in cui è incardinato il lavoratore, derivante dalla ridotta durata della prestazione lavorativa di quest’ultimo.
in poche parole l’amministrazione può revocare il part time concesso in precedenza, da quanto mi risulta, in molti posti di lavoro è stato fatto, in maniera unilaterale
comunque il part -time non è una bazza, personalmente ho fatto un periodo di lavoro a tempo parziale all’84%, dal 2004 al 2007, perchè dopo aver accudito per 7 anni anni i genitori dementi, credevo mi venisse un’infarto, a causa dello stress. non potevo richiedere un lavoro a tempo parziale superiore(p.es. al 50)perchè altrimenti non avrei potuto avere i soldi per mangiare. a causa di quel periodo sono retrocessa per avanzamenti di carriera, inutile il ricorso per pari opprtunità, nonostate un analogo ricorso sia stato vinto da alcune dipendenti di un istituto di credito italiano, e a quello avevo fatto riferimento per il mio ricorso. la commissione per le pari opportunità non esiste più, e il ricorso si è perso nei meandri della burocrazia. questa è la mericrocrazia in italia.
– Ci hanno “insegnato” a vivere al di sopra delle reali possibilità. –
E questa è la domanda che mi sono sempre fatto : Come si calcolano e si definiscono le
“reali possibilità”
Io non ho trovato ancora nessuno che fosse interessato a provare a rispondere a questa domanda.