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CRISI ECONOMICA: UN IMPORTANTE PUNTO DI VISTA
Durante le mie giornate lavorative, tra una visita ad Intermarket & More e l’altra, giornate incentrate sull’analisi dei mercati e sulla gestione di alcune importanti posizioni, mi capita di leggere un sacco di report.
Tra i tanti report che mi capitano tra le mani, mi è capitato di leggere recentemente una newsletter di uno dei più lucidi analisti di macroeconomia che il nostro Bel Paese ci fornisce. IL suo nome è Alessandro Fugnoli , brillante analista che io ho conosciuto tanto tempo fa, quando ancora non lavorava all’Abaxbank .
La newsletter che il Dott. Fugnoli ha scritto in data 22 gennaio 2009 fotografa secondo me in modo ideale una situazione assolutamente difficile e confusionaria.
In questa sede vi propongo lo scritto in originale.
OSSIMORI (by Alessandro Fugnoli, analista di Abaxbank)
Se c’è una cosa che non manca al mondo in questo momento sono i problemi. Bisogna contenere la caduta libera dell’economia globale. Bisogna nello stesso tempo trovare i soldi per sistemare la voragine dei conti delle banche. Il tutto deve avvenire nel contesto di un problema ancora più grande (anche se meno discusso), quello della definizione di una nuova architettura finanziaria ed economica del mondo, che non è un tema astratto per convegni in località amene ma il concretissimo problema di come far crescere il mondo se il cliente principale dell’Asia e dell’Europa, ovvero gli Stati Uniti, decide di mettersi a risparmiare. Capita però, in questo periodo, che i problemi già di loro enormi e numerosi, vengano duplicati nella testa dei mercati. Succede ad esempio che la mattina si senta parlare in modo apparentemente convicente dell’inevitabile crollo dell’euro, valuta impossibile di un’unione cervellotica e sgangherata in cui coesistono malamente virtuosi e lazzaroni, e il pomeriggio, con l’altra metà del cervello, si discuta sconsolati dell’inevitabile crollo del dollaro, valuta che dovrà essere stampata in quantità tali da finanziare giganteschi pacchetti fiscali, enormi acquisti di asset tossici di banche, la ripresa del mondo (attraverso il disavanzo delle partite correnti), il sempre più incontrollabile disavanzo sanitario e il sempre più inquietante disavanzo pensionistico. Verso sera, sia pure stanchi e affranti dai mercati avversi, capita di accorgersi che l’euro e il dollaro non possono crollare contemporaneamente nel loro rapporto reciproco. Non si può andare sotto la parità, come cominciano a dire alcuni, e al tempo stesso prepararsi a spingersi oltre 1.60, verso l’ignoto, come dicono altri (con una dispersione tra le stime assai notevole).
Già Einstein aveva intuito, elaborando la teoria della relatività, che se l’euro e il dollaro crollano verso il nulla a uguale velocità, in realtà si vedono immobili l’uno verso l’altro. Rispondono il giorno dopo quelli che la sanno lunga. Costoro fanno notare che dollaro ed euro stanno per crollare insieme rispetto all’oro, o ai prezzi degli asset, o ai prezzi al consumo. L’oro però è mmobile, gli asset scendono e i prezzi si avviano verso quella che i dottori sottili della Bce, non volendo sentire parlare di deflazione, chiamano inflazione negativa. La deflazione, dal canto suo, viene temuta la mattina come male assoluto, mentre nel pomeriggio si teme l’iperinflazione come male relativo, ma grave assai. Al momento, fortunatamente, non c’è né l’una né l’altra. Se poi dovesse essere così vero che l’America sta reflazionando massicciamente, il Regno Unito è pronto a farlo e l’Europa farà lo stesso fra non molto con il suo consueto ritardo, allora non dovremmo preoccuparci più di tanto di precipitare nella depressione. O un problema o l’altro. In realtà per il momento, come dice Stephen Roach di Morgan Stanley commentando uno studio di Morgan Stanley che dice che l’espansione monetaria è iniziata, “bisogna prendere la lente d’ingrandimento per accorgersene”.
Tornando brevemente all’euro, prima di passare all’Asia, fa un certo effetto vedere il mercato scommettere con grinta sulla fuoruscita dei deboli dall’euro e leggere che la debole Islanda e la debole Danimarca anelano ardentemente ad entrarvi il prima possibile. Pare dunque che l’euro faccia malissimo ma anche benissimo ai deboli. In realtà, come nota Goldman Sachs, non è vero che negli anni si sia creato un disallineamento reale (tipo inflazione alta tra i deboli e bassa tra i forti, oppure produttività in crescita differenziata). Il disavanzo delle partite correnti dei mediterranei è dovuto al disavanzo pubblico, non a una minore competitività. La soluzione, quindi, è ridurre il deficit, non svalutare. L’Asia. Sta facendo discutere una tesi del brillante Albert Edwards di Société Générale, da anni teorico della deflazione globale. Edwards sostiene che dobbiamo cominciare a preoccuparci dell’implosione imminente della Cina. La caduta delle esportazioni porta in rapida sequenza alla fine della crescita, all’esplosione della disoccupazione, al malcontento sociale e, alla fine, alla caduta del regime. Prima di cadere, tuttavia, la Cina svaluterà. L’America risponderà alzando barriere doganali e avremo così, con il protezionismo, l’ultimo tassello mancante per completare il quadretto da anni Trenta che stiamo tutti dipingendo. E’ curioso e interessante, per inciso, che nel libro di George Friedman di Stratfor, The Next 100 Years (uscirà a giorni), si sostenga che nel 2050 la Cina sarà esplosa e che la potenza eurasiatica dominante sarà la Turchia. Questo sì che è pensare fuori dagli schemi. Tornando all’export cinese, si può osservare che è vero che sta contraendosi, ma questo è vero anche per l’export europeo e per l’export americano, per non parlare dell’Opec. Questo accade, naturalmente, perché l’import di tutti quanti sta riducendosi. I saldi tra import ed export, tuttavia, alla fine rimangono abbastanza costanti. Il disavanzo delle partite correnti americano è da qualche tempo al 4.5 per cento del Pil e dovrebbe rimanere su questi livelli nei prossimi due anni. Quello europeo è in pareggio e cercherà di rimanervi. Opec ed emergenti avranno un deterioramento marcato della loro posizione, ma la Cina dovrebbe mantenere un forte attivo. Ovvero, in altri termini, dovrebbe continuare ad accumulare dollari (e qualche euro).
Fino ad oggi la Cina è riuscita a rallentare la rivalutazione del renminbi acquistando dollari. Che cosa dovrebbe fare se volesse svalutare? Dovrebbe acquistare ancora più dollari (e titoli americani del Tesoro). Ma che ne sarebbe del crollo del dollaro? Che ne sarebbe del crollo dei T-Bond? E come sta comportandosi di fatto il renminbi? E’ immobile verso dollaro.
Sintetizzando, dollaro, euro e renminbi stanno tutti crollando negli incubi ricorrenti del mercato e stanno rimanendo fermi o in range nella realtà. Chi scende sono gli emergenti e chi sale è lo yen, non certo per i pessimi fondamentali, ma per il continuo smontaggio delle operazioni di carry.
Venendo al quadro generale, entro tre settimane avremo contemporaneamente l’approvazione del nuovo pacchetto fiscale americano (già nota e in una certa misura scontata dai mercati) e la definizione del nuovo piano organico per le banche (con bad bank o garanzie pubbliche sugli asset tossici). Questo piano non è ancora scontato nei prezzi. I soldi non saranno molti (dovrà intervenire l’Fdic e forse la Fed lo finanzierà se supererà le oppposizioni interne) e ci vorrà un miracolo d’intelligenza per utilizzarli con il massimo di leva possibile. La situazione macro è terribile, gli utili sono orribili (ma non tutti) e le quotazioni sono solo equilibrate, non stracciate come appaiono. Il flusso di notizie di policy da una parte e le condizioni di sentiment molto negative potrebbero però sostenere i corsi azionari e creare un piccolo bear market rally. Senza farsi illusioni.
Alessandro Fugnoli
Beh, che dire…chapeau… opinioni condivise dal sottoscritto.
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