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Banche: rubinetti chiusi, rallenta la concessione del credito
Diventa difficile negare l’evidenza. Il credit crunch resta tranquillamente una realtà con cui si è costretti a convivere.
Siamo stati anche un po’ contestati quando ho accennato all’ipotesi “growth compact”. Oggi si parla addirittura di possibile “piano Marshall”, un piano indirizzato tutto alla crescita economica. Anche perché, come detto 1000 volte, senza un intervento deciso e concreto l’economia dell’Eurozona è destinata a soccombere. Certo, la Germania non sarà facile da convincere, ma ormai anche Berlino si sta rendendo conto che progressivamente sta restando sola.
Le banche centrali come detto si stanno impegnando, si sono impegnate e sicuramente tanto faranno ancora per sostenere economia, mercati e crescita. Ma senza interventi strutturali, tutto rischia di diventare inutili. Ma se le banche centrali fanno molto, ben poco fanno le banche tradizionali.
Si legge da diverse parti che la situazione del credito sta migliorando. Sarà vero? A scanso di equivoci, in attesa del “growth compact”, vi lascio questo grafico. In arancio la massa monetaria. In blu la concessione dei prestiti privati concessi dal canale bancario.
Occorre aggiungere altro?
Anzi si… aggiungo questo… Una lettera di un amico lettore…
Impresa edile operante sul territorio locale Ferrara e prov. 5 dipendenti operante dal 1977. Fatturato medio degli ultimi 5 anni circa 2.000.000€ Autofinanziamento sino all’avvento dell’Euro; di seguito droga da parte di banche.
Negli ultimi due anni, per supportare le difficoltà di liquidità derivanti dalla chiusura di posizioni affidatarie, dalla difficoltà intrinseca di trovare lavoro (remunerativo!) e dalla necessità di avere un RATING sufficente per avere credito, abbiamo finanziato l’azienda con due aumenti di capitale, tirando fuori di tasca ns. quanto potevamo per rilanciare l’azienda.
Attualmente siamo in difficoltà di liquidità (come il 95% delle imprese del ns. settore che nn sono in odore di criminalità!) anche per due motivi contingenti:
– abbiamo in corso di costruzione un immobile x una azienda agricola (600.000€), la quale nn riesce a pagarci xchè a sua volta attende il pagamento da parte di ente statale (ISMEA) relativo alla vendita di 15 ettari di terreno; attualmente abbiamo fatto 350.000€ di lavoro, pagati 130.000€. Ultimo sal pagato novembre 2011.
Per di più, il ritardo sui pagamenti ci ha messo in difficoltà con le banche, nn rispettando i tempi di anticipo concordati, con conseguenti segnalazioni in Centrale Rischi e richiami e minacce di rientri.
Una di queste si è strasformata nel breve tempo in realtà: Carige, pur nn essendo la banca con la quale abbiamo specifici problemi, ci ha chiesto il rientro immediato, con conseguente blocco dell’operatività sul c/c (affidato per 100.000, utilizzato per 60.000)
– abbiamo in corso di progettazione un intervento modesto (una bifamiliare ed una monofamiliare) valore commerciale 750.000€. Non abbiamo invenduto pregresso. Abbiamo già sottoscritto per ognuno degli immobili sopracitati regolare contratto di compravendita preliminare ma…. nn troviamo nessuna banca disposta a finanziare l’intervento!! Il settore è considerato troppo a rischio e la ns. posizione è segnalata!
Ho 49 anni e logicamente nn sono mai stato al fronte, ma alzarsi ogni mattina con le difficoltà contingenti nn credo sia molto diverso dallo stato d’animo che avevano i fanti quando si recavano in trincea, coltello fra i denti, a difendere la loro vita, le loro famiglie e la loro terra.
Con stima.
L.R.
Stop.
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DT
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…ovviamente tra tanta abbondanza qualcosa cadeva anche per il piccolo imprenditore di Ferrara cui va tutta la mia stima e simpatia… non milioni e milioni magari ma abbastanza x tirare avanti.
PIccolo OFF TOPIC:
Ammetto che tra i tanti commentatori ed emeriti economisti ascoltati negli ultimi anni, ci sono due personaggi che considero come i veri studiosi della crisi. Si tratta di Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff. Recentemente questi due illustri personaggi, assieme al marito di Carmen, Vincent Reinhart, hanno pubblicato un articolo sul
Sito del National Bureau of Economic Research che è il furtto della loro ennesima ricerca. Ed ecco il risultato, che va a confermare pienamente lo scenario più volte anticipato in passato che ormai è diventato realtà.
Secondo le loro indagini, quando un paese supera il 90% del rapporto debito/PIL si mette in una condizione di profonda difficoltà economica e per risalire la china, occorrerà una profonda politica di austerity che obbligherà a non meno di 20 anni (dicasi 20 anni) di contrazione economica (bassa crescita economica con bassa inflazione, definiamola anche giapponesizzazione se preferite) e conseguente repressione finanziaria (ovvero costrizione dei risparmi privati in investimenti con tassi di interessi al di sotto dell’inflazione reale).
Ovviamente l’Italia è il primo tra gli stati chiamati in causa. Ma non temete, siamo in buona compagnia.
“The long-term risks of high debt are real,” they wrote. “Growth effects are significant” even when debtor nations are able to borrow “at relatively low real interest rates.”
In spite of those dangers, the economists said they are not advocating rapid reductions in government debt at times of “extremely weak growth and high unemployment.”
Beh, direi che il quadro…quadra.
Ricordatevi anche questo post…
Io avevo letto molto tempo fa (non mi ricordo la fonte purtroppo) che qualcuno sosteneva, con le sue ricerche economiche simili, anche una percentuale più bassa: il 60-70%. Ciò è dovuto all’enormità di risorse che viene indirizzata al pagamento degli interessi del debito pubblico. Ovviamente dipende molto dal tasso di rifinanziamento di tale debito pubblico sul mercato e dalla lunghezza temporale delle scadenze e del rinnovo.
Purtroppo anche in questo siamo molto mal messi, anche se come dici tu, in buona compagnia.
Ah i bei tempi andati quando le banche nostrane finanziavano Gnutti e Colaninno, Zalesky e Zunino, Parmalat e Cirio… quella era crescita… beh almeno li abbiamo vissuti… anni d’oro !