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TAYLOR RULE: tassi, disoccupazione ed inflazione
Vi sarà successo probabilmente di vedere sui giornali, parlando di macroeconomia, recessione e di crisi dei mercati, qualche articolo che ha a che fare con la Taylor Rule.
Ma cosa è la Taylor Rule?
In fondo non è niente più che una banale equazione che incrocia il tasso di disoccupazione e il tasso di inflazione. Questa equazione, creata nel 1993 da John Taylor, ha come obiettivo quello di creare dei segnali nel caso in cui la politica monetaria non fosse allineata correttamente all’attività economica e, appunto, all’andamento dei prezzi.
Quindi possiamo sintetizzare, come elementi facenti parte della Taylor Rule:
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-tasso inflazione
-tasso disoccupazione
-tassi di interesse
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Dal punto di vista operativo, quindi, andando sul pratico, quando la crescita economica galoppa (con bassa disoccupazione) e l’inflazione aumenta, allora la Taylor Rule dovrebbe lanciare il segnale e invitare le banche centrali ad alzare i tassi per evitare un surriscaldamento dell’economia.
Viceversa (e veniamo ai giorni nostri), la Taylor Rule inviterà le banche centrali ad abbassare i tassi quando invece aumenta la disoccupazione e diminuisce l’inflazione (o ancor peggio, si cade in deflazione). Quindi capite che la Taylor Rule può essere utilizzata dai Governi anche per evitare alcuni scenari, come quello deflattivo, intervenendo anticipatamente in caso di segnali operativi da parte del Modello di Taylor.
E tanto per continuare l’excursus culturale (oggi farò felici coloro che mi ritengono un analista tecnico puro..) è stato proprio il Giappone uno dei paesi che nei primi anni del nuovo millennio ha fatto ricorso alla Taylor Rule per evitare quanto possibile la deflazione
Quindi, a questo punto, dobbiamo porci la domanda. La Politica Monetaria americana, con tassi che ormai si avvicinano allo zero, è in linea con la Taylor Rule?
Fed fedele alla Taylor Rule, da sempre
Clicca per ingrandire – Charts by Bloomberg
Come sempre per fare certe affermazioni bisogna documentarle.
Ed ecco qui sopra il grafico che è esplicativo.
Secondo il modello della Taylor Rule, in quest’analisi tratta come sempre (o quasi) da Bloomberg, notiamo che la differenza tra il tasso FED attuale e la cosiddetta Stima di Taylor è pari solo allo 0.05%. Un’inezia.
E vi dirò di più. Se guardate il grafico a fianco, noterete che nella storia, dagli anni ’90, nelle fasi di recessione, la Taylor Rule è sempre stata molto vicina ai tassi FED. E quindi direi che la FED molto probabilmente utilizza attivamente questo modello per meglio gestire la politica monetaria.
Poi, come tutte le cose, ci saranno i pro ed i contro. Ma in passato questo modello è già stato utilizzato, non solo dal Giappone, ma anche in modo magari più “discreto” dalla stessa Banca Centrale Americana.
Può la Taylor Rule diventare negativa?
Clicca per ingrandire – Chart by Bloomberg
Ma a questo punto poniamoci una domanda molto interessante.
Ma cosa succede se la Taylor Rule diventa negativa?
Ovviamente questo scenario prevede tassi pari a zero. Ma oltre il tasso zero è difficile andare. Quindi… che si può fare? La soluzione c’è. La manovra espansiva è…proprio quella a cui ci stanno abituando i governi in queste ultime settimane. Come vuole il famoso modello di Friedman, occorre stampare carta. A josa. Ed è proprio quello che sta accadendo dora e che accadrà in futuro. Infatti le stime della Taylor Rule ci dicono che nei prossimi mesi il modello passerà in negativo. E quindi non ci saranno alternative. E a quel punto , inevitabilmente, lo spread tra il modello ed i tassi FED si allargherà.
Signori, mi sa che ne vedremo ancora delle belle.
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