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USA: il costo del lavoro decolla. Segnale forte in vista della FED

Scritto il alle 14:49 da Danilo DT

lavoro-disoccupazione-occupazione-italia

Gli elementi che possono spingere la FED ad aumentare i tassi di interesse sono veramente molteplici. Nei giorni scorsi vi ho parlato dei tre elementi fondamentali da valutare per poter prevedere un eventuale rialzo dei tassi a settembre.
CLICCANDO QUI leggerete quali sono i 3 dati macroeconomici di cui vi sto parlando.
A questi ce n’è uno che, personalmente, mi sorprende non poco ed è altrettanto fondamentale, ovvero il dato sul costo unitario del lavoro.

Come ben sapete, l’occupazione è uno dei parametri fondamentali per poter valutare l’andamento dell’inflazione. Quando aumenta il numero di occupati, tendenzialmente ci saranno più consumi e quindi più inflazione. Oppure, anche nell’ipotesi in cui il numero di occupati rimane fermo, influisce non poco il costo del lavoro. Se infatti gli stipendi aumentano, l’effetto sarebbe sempre e comunque inflattivo.
Bene, il dato di oggi pomeriggio è veramente sorprendente.

dati-lavoro-usa

Il dato sul costo unitario del lavoro è praticamente RADDOPPIATO nel secondo trimestre 2016.

Unit labor costs in the U.S. rose more-than-expected in the last quarter, official data showed on Thursday. In a report, Bureau of Labor Statistics said that U.S. unit labor costs rose to a seasonally adjusted 4.3%, from 2.0% in the preceding quarter. Analysts had expected U.S. unit labor costs to rise to 2.1% in the last quarter. (Source

United States Unit Labor Costs QoQ

Segnale non da sottovalutare in ottica rialzo tassi della FED

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Danilo DT

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5 commenti Commenta
ob1KnoB
Scritto il 1 Settembre 2016 at 15:25

ocio. Il dato è figlio della diminuzione della produttività non dell’aumento degli stipendi…..
Se l’output di produzione non aumenta più della somma del costo del lavoro non necessariamente è un segnale di salute. quindi se assumi un barista devi fare tanti caffe’ in più almeno per pagarlo o il tuo bar ci rimette. Almeno che non lo paghi con i caffe’ e i panini che non hai venduto. Alla peggio un occupato in più anche se nervoso e obeso.

Scritto il 1 Settembre 2016 at 15:35

ob1­K­noB@fi­nan­zaon­li­ne,

Il tuo ragionamento non fa una grinza anche se il tutto secondo me diventa ancora più preoccupante.
Infatti quanto dici è corretto e lo condivido, nma ce’è una cosa che mi lascia interdetto, ovvero lo scostamento del dato dalle attese.
E’ raddoppiato. Non ti pare un po’ tantino rispetto alle attese? Potrebbe essere quindi che
A) diminuisce la produttività (negativo perchè testimonia il fatto che FORSE siamo a fine ciclo)
b) l’inflazione rischia di salire

Quindi si alzano i tassi in fase di frenata economica. Wow…

sylvester59
Scritto il 1 Settembre 2016 at 15:47

Da­ni­lo DT,
Alla fine la nonnina non alzerà a settembre i tassi per opportunità politiche, coglierà PER SBAGLIO nel segno e verrà osannata nei secoli a venire per la sua lungimiranza 🙂

ob1KnoB
Scritto il 1 Settembre 2016 at 16:18

Le scorte sono a livelli max da anni. Naturale attendersi un rientro di quei valori a breve. Non tanto per il costo finanziario degli immobilizzi quanto per il rischio reale di obsolescenza. Poi al netto di annualizzazioni, destagionalizzazioni, arrotondamenti, rischi statistici etc etc le stime servono alla politica e non all’economia reale. Altro fenomeno da ‘pesare’ adeguatamente: circa il 40/50% dell’incremento del gdp USA degli ultimi anni è da ricondurre all’introduzione dell’Obamacare….non un buon viatico per la disponibilità al consumo…vedere per credere:http://www.bea.gov/iTable/iTable.cfm?reqid=9&step=1&acrdn=2#reqid=9&step=3&isuri=1&903=66.
Pero’!

paolo41
Scritto il 1 Settembre 2016 at 22:10

ob1KnoB@finanzaonline,

giustamente come hai sottolineato ci sono stati cali di produzione e di vendita sia nel settore auto che in quello della grande distribuzione e il fatturato ( su cui percentualmente è riferito il costo del lavoro) è sensibilmente diminuito. L’ultima è di Walmart che manda a casa più di 7000 persone chiudendo vari centri.

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