Trading e tradership

Scritto il alle 16:16 da gremlin

Innanzitutto inutile pensare di far soldi col trading con un approccio casuale e istintivo. Occorre invece metodo, strategie, tecnica, obiettivi e una condizione psicologica idonea. Un buon trader non è colui che fa il colpaccio azzeccando un trend importante ma è colui che guadagna sempre e con regolarità.

Metodo e non improvvisazione
Non ci si improvvisa trader e nemmeno si nasce trader: invece lo si diventa, con lo studio, la passione, l’esperienza, il continuo aggiornamento, e soprattutto con la definizione e rispetto di proprie regole operative e comportamentali che il trader deve assolutamente darsi. Il trading è fortemente condizionato dalla psicologia individuale per cui il controllo dell’emotività e l’autodisciplina sono fondamentali per essere un buon trader.
Chi svolge un lavoro continuativo di altra natura non potrà mai diventare un buon trader perché occorre dedicare del tempo, tanto tempo… Sicuramente si può fare trading anche con poco tempo a disposizione e con poca applicazione, ma non si potrà guadagnare sempre e con regolarità. Il trading non è pura scommessa; al tavolo della roulette ci si può sedere senza aver studiato, il trading invece non può essere preso così alla leggera. Trading significa speculare ma senza danneggiare il prossimo, si può danneggiare solo se stessi, il trader non è un malfattore.
Il trading è a tutti gli effetti un’attività intellettuale, è un lavoro vero impegnativo e stressante; consiste nell’individuare quegli strumenti finanziari che in un dato momento è meglio comprare o vendere al fine di ottenere un profitto lucrando sulla differenza fra prezzo di acquisto e vendita. Il lucrare sulla differenza non è un atto ignobile come non sono ignobili le transazioni commerciali.

Controllo del rischio
Un buon trader valuta il mercato, costruisce una strategia e prima di operare vuole aver individuato una condizione di mercato che gli offre il massimo delle probabilità per ottenere un guadagno (cioè azzeccare il trend).
Il buon trader sa che deve valutare il rischio che si prende, quindi lo definisce, lo quantifica e mette in atto le tecniche per gestirlo quando serve. Ecco perchè tutti i trade che vengono qui proposti sono accompagnati da un razionale, da una stima del rischio e da un piano per proteggere le posizioni aperte.
Un buon trader sa che una previsione di borsa è solo una stima o meglio un’ipotesi e quindi non è una certezza. Nessuno conosce il futuro, tanto meno un trader. E’ per questo che bisogna imparare tante cose e la più importante in assoluto è la gestione del rischio. Comprare un titolo azionario o un etf o un future è molto facile, il difficile viene quando si dovrebbe venderlo in perdita. E perchè si dovrebbe venderlo in perdita?

Psicologia della perdita e regole
Ci sono due ottime ragioni per chiudere una posizione in perdita:
– primo, perchè se andiamo in perdita è evidente che siamo dalla parte sbagliata del trend (e allora è meglio chiedersi quali sono le basi logico-razionali che ci inducono a mantenere una posizione in perdita prolungata e/o progressiva)
– secondo, per impedire che una perdita piccola diventi grossa (money management, cioè gestione del rischio)
Queste sono due semplici regole ma basilari – riconoscere che si è dalla parte sbagliata e tagliare le perdite – che però vengono quasi sempre disattese da chi si improvvisa trader o investitore. E chi non conosce o non sa rispettare queste regole non sta facendo trading ma scommessa d’azzardo: lui, l’improvvisato, spera che il mercato sia benevolo e ritorni a correre nella direzione “giusta”. Questo è il “trading della speranza” e noi facciamo di tutto per contrastarlo.
Purtroppo la psicologia individuale gioca un ruolo determinante nelle scelte operative e quindi condiziona i risultati. Non si vende in perdita perchè si spera che la fortuna torni a favorirci ma soprattutto non si vende perchè sarebbe come ammettere di aver sbagliato e non si saprebbe nemmeno reagire per recuperare la perdita.
Questa mentalità è assolutamente deleteria, il trading non lo si approccia così. Il trading della speranza lo si sconfigge con regole e comportamenti disciplinati, ci vuole “tradership”.
Per fare un buon trading occorre rimuovere timori e insicurezze; prima ancora di capire cosa è una divergenza negativa sul MACD occorre accertarsi che non ci siano divergenze psico-attitudinali in noi stessi. Prima di conoscere le previsioni degli esperti occorre conoscere se stessi.
Vivere con frustrazione la chiusura in perdita di una posizione significa non aver capito che la gestione del rischio è fattore di sopravvivenza e che per sopravvivere occorre tagliare le perdite. Raggiunta questa consapevolezza allora ci si può anche dedicare alla scoperta delle tecniche di gestione del rischio partendo dalla dibattutissima questione sul dove mettere lo stop loss.

Guadagni e perdite, guerra e battaglie
Un sano approccio al trading deve contemplare che la chiusura in perdita del 60% delle posizioni è un ottimo risultato; quindi è meglio darsi un obiettivo più realistico: 80% all‘inizio e 70% quando si è capito come funziona lo stop loss. Non è un controsenso se ragioniamo con la metafora che ciò conta è vincere la guerra e quindi è possibile perdere qualche battaglia.
Occorre capire che quello che conta è il risultato finale: i guadagni dei trade positivi devono superare le perdite degli altri trade, quindi 8 trade perdenti per un totale di mille euro ben vengano se con gli altri due trade guadagno duemila euro: questa è la mentalità che bisogna acquisire e lo spirito con cui si deve affrontare il trading.
E’ così fondamentale questo comportamento che lo ripetiamo: il buon trader sa limitare le perdite; non si fa travolgere dal mercato, stoppa la posizione perdente per tempo.
E se non si ha tempo per intervenire o tempo per monitorare le posizioni o tempo per studiare se stessi e la materia, allora meglio non fare trading.
Noi internauti della finanza siamo bombardati da banner che ci prospettano il trading part-time è facile e bello, che la signora Maria guadagna un sacco col forex, eccetera. Vi prego e vi scongiuro, non ascoltate le sirene del naufragio.

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14 commenti Commenta
alcala
Scritto il 26 Marzo 2012 at 17:40

Sono in parziale disaccordo su alcune cose: secondo me non tutti possono diventare trader.
La componente psicologica la puoi anche capire razionalmente, ma se il tuo carattere è emotivo finirai per farti travolgere dalle tue emozioni.
L’altra cosa invece riguarda il tempo da decidarci: è ovvio che bisogna studiare ma si può effettuare un trading in base al tempo a disposizione: io ad esempio ho tempo 1-2 sere a settimana per guardare i grafici…quindi faccio trading basandomi su candele e grafici settimanali o su cicli lunghi. Tra l’altro non avere sempre le quotazioni davanti mi aiuta per la gestione dell’emotività. Certo così non potrà mai diventare un lavoro primario….

apprendista
Scritto il 26 Marzo 2012 at 20:20

Buongiorno mi sono registrato da poco e mi sono stati consigliati i portafogli compass in che maniera se ne puo’ usufruire? immagino vi sia un costo per l’abbonamento?
Grazie se vorrete rispondermi.

lampo
Scritto il 26 Marzo 2012 at 20:42

Ben detto Gremlin 😉
Aggiungo alle due motivazioni che hai elencato sul perché chiudere una posizione in perdita anche questa:
– perché quella porzione di capitale, derivante dalla vendita della posizione in perdita, viene reso immediatamente disponibile per l’apertura (con eventuale integrazione in base alla liquidità del portafoglio) di una nuova posizione, potenzialmente profittevole;
– dalla precedente si deduce che l’immobilizzo a lungo termine in una posizione in perdita di parte del capitale per fare trading aumenta la possibilità di chiudere in perdita l’intero portafoglio (visto che si perdono anche nuove potenziali occasioni).

Quest’ultimo aspetto però non vuol dire che bisogna fare tantissime transazioni in un anno (la panacea delle banche, broker, emittenti, società di borsa, ecc … che si ingrassano di commissioni e del differenziale di spread tra denaro e lettera).

Bisogna farne quel giusto quantitativo, in base al tempo che si ha a disposizione per studiare e scovare potenziali acquisti profittevoli… avendo la freddezza di lasciare inattivo (magari in un conto di deposito o altro che garantisca un minimo di remunerazione) il resto che non si ha il tempo per investire o di cui non si è trovato ancora la destinazione propizia.

E’ ovvio che in tutto questo ci viole molta disciplina: fare trading non vuol dire scommettere e giocare sempre… vuol dire anche avere il coraggio di stare fuori… quando si pensa di avere le probabilità a sfavore.

La conoscenza, che determina una presa di coscienza costante con il mercato e le variabili che possono incidere sulle posizioni aperte, aumenta la probabilità di trading profittevole.

Per questo non avere tempo per seguire i propri investimenti, a meno che ci sia qualcuno che vi consigli la maggior parte delle volte correttamente (molto difficile a trovare) e soprattutto vi dica quando uscire, dopo avervi dato il consiglio (aspetto FONDAMENTALE), significa SICURAMENTE SEPARARSI DAL PROPRIO DENARO.

gremlin
Scritto il 26 Marzo 2012 at 22:06

alcala@finanzaonline,

ottimo, l’importante sono i risultati; se sei soddisfatto di quello che ottieni continua così e tieni a bada l’avidità: l’avidità è un rampicante parasssita che prospera quando cresce la propria autostima

gremlin
Scritto il 26 Marzo 2012 at 22:08

apprendista@finanza,

grazie per esserti registrato, fra una paio di giorni forniremo tutte le indicazioni per abbonarsi a C&M, continua seguirci!

gremlin
Scritto il 26 Marzo 2012 at 22:14

lampo,

😀
condivido e sottolineo quanto sia fondamentale l’EXIT STRATEGY che nel trading stretto va sotto il nome di TAKE PROFIT o nei casi più disgraziati STOP LOSS :mrgreen:
tutti i consulenti danno consigli d’acquisto (apertura di posizione, quasi sempre solo long), ben pochi invece hanno il coraggio di far chiudere al cliente una posizione in perdita, e allora si sono inventati la disastrosa tecnica del MEDIARE (e così continuano a far aprire nuovi posizioni contro trend)…

lampo
Scritto il 26 Marzo 2012 at 22:38

gremlin,

Ancora qualche mese di sviluppo… e poi spero di riuscire a spiegare in qualche post più pratico e tecnico alcune metodologie da utilizzare per individuare il trend… con possibilmente un po’ di anticipo… e soprattutto senza dover mediare.
Ovviamente su frame giornaliero.
Vediamo se sarò all’altezza… di non farlo rimanere solo un proposito 😉

lampo
Scritto il 26 Marzo 2012 at 22:39

Per frame giornaliero, intendevo con quotazioni di fine giornata… quindi su periodi più lunghi (qualche giorno o meglio settimana).

ottofranz
Scritto il 27 Marzo 2012 at 00:00

Guardacaso ci pensavo proprio oggi.

Credo che il periodo della mia esistenza che ho dedicato al trading ,sia stato coincidente con la peggiore mia qualità della vita.

E tenete presente che ha coinciso con ottime performance, con tutta probabilità dovute al fattore C.

Scritto il 27 Marzo 2012 at 08:59

Mi associo a Ottofranz….

fabio1
Scritto il 27 Marzo 2012 at 09:47

Gremlin, mi congratulo con te per questo ottimo post.
Sono d’accordo (anche per dolorosa esperienza…) e, come testimoniato anche da altri amici del blog, prima di inventarsi “trader” bisogna STUDIARE E SPERIMENTARE, con umiltà.
A chi vuole iniziare, consiglio vivamente di provare solo “sulla carta” per qualche mese e solo dopo aver trovato il trading system giusto, applicarlo alla lettera con soldi veri.
E’ capitato a tanti azzeccare qualche operazione all’inizio e, poi, montarsi la testa credendo che il trading sia facile: NON E’ COSI’!.
Il trading è molto interessante, ma ci vuole tempo per capire le dinamiche dei mercati e, in definitiva, trovare un trading system profittevole.
Ma anche qualndo lo si è trovato non è sufficiente: bisogna lavorare su sè stessi per imparare la DISCIPLINA per applicarlo in maniera fredda e meccanica. Solo così il portafglio crescerà. Lasciandosi trasportare, invece, dall’emotività e dall’improvvisazione, si andrà in rosso sicuramente.

gremlin
Scritto il 27 Marzo 2012 at 09:59

fabio1@finanza,

😀

lukeof
Scritto il 27 Marzo 2012 at 10:02

Diversi anni fa un operatore in derivati (degno di fede) mi disse che uno “bravo” in quel mercato era semplicemente chi azzeccava il 60% e sbagliava il 40%. E che era quella differenza a renderlo bravo, non la percentuale o quanto ci aveva guadagnato o perso dalla transazione X o Y.

gremlin
Scritto il 27 Marzo 2012 at 10:24

lukeof@finanza,


dalle tue parole io capisco che tu apprezzi quell’operatore che sostiene che l’importante è partecipare e non guadagnare; se io azzecco il 60% e incasso mille e poi sbaglio il 40% e perdo duemila sono bravo: è questa la tesi che condividi?

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