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Tassi negativi e banche: istruzioni per l’uso dal GIAPPONE
I tassi negativi sono amici della crescita economica? Ne abbiamo parlato negli ultimi post. NO.
I tassi negativi riescono a generare reflazione? E’ tutto da dimostrare anche è indiscutibile l’effetto sul prezzo degli asset, che si gonfiano generando ricchezza artificale. Ma questo meccanismo può durare all’infinito? Direi proprio di no.
La debolezza del Nikkei serva da esempio anche alla BCE. La BOJ mette in ansia i mercati. C’è chi teme un taglio del QQE, ma c’è anche il timore che il 21 settembre, la stessa BOJ voglia ulteriormente tagliare i tassi di interesse, portandoli in territorio ulteriormente negativo, il che sarebbe penalizzante per la redditività delle banche. Questo è uno dei grossi problemi che purtroppo pendono anche sulla testa del FTSEMIB, un listino enormemente esposto sui finanziari in un periodo di tassi sempre più bassi.
Bilancio BOJ vs Nikkei
Quindi, quanto sta succedendo in Giappone deve servire anche come insegnamento per l’investitore europeo. Eventuali nuove manovre sui tassi di interesse di Mario Draghi, potrebbero essere molto difficili da digerire per il nostro FTSEMIB. Essendo un listino composto da una preponderanza di banche, resterebbe subito colpito anche dalla speculazione che andrebbe ad accanirsi (per l’ennesima volta) sulla borsa italiana.
Tassi negativi significa banche in difficoltà. Questo Draghi lo deve capire molto bene. E’ uno dei tanti effetti negativi della politica monetaria in atto. Magari altri paesi potrebbero subirne conseguenze più limitate. Noi invece, con tutti i problemi che già abbiamo nel nostro sistema finanziario, non necessitiamo certo di una nuova zappata sui piedi che ci verrebbe data proprio dalla stessa BCE.
Topix vs Topix banks
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