Personal Income: dati e verità sui redditi personali

Scritto il alle 19:10 da mattacchiuz

Per ragioni collegate alla mia pigrizia, questo articolo esce con 1 giorno di ritardo. Grazie al cielo i dati di cui si parla sono mensili, quindi rimane valido per altri 28 giorni.

La giornata di ieri è stata davvero ricca di nuovi dati. Alcuni in qualche modo già scontati dal mercato e prevedili razionalmente, come l’ennesimo crollo nelle vendite di abitazioni nuove; altri invece inaspettati e deludenti, come ha indicato il -3.3% mostrato dal rapporto sui nuovi ordini di beni durevoli, o inaspettati e incredibilmente positivi, come la forte riduzione nelle nuove richieste di sussidi di disoccupazione. C’è poi stata l’incrollabile fiducia dal Michigan, la quale, più che inaspettatamente direi sorprendentemente, ha segnato un passo avanti salendo di qualche gradino il sentiero della speranza. E certamente non poteva essere il contrario… . Tanto per proporvi il suono di un’altra campana, vi inserisco sotto il raffronto grafico tra questa di fiducia, e la sfiducia invece descritta dall’ABC Consumer Comfort Index.

Al di la delle differenze tra i due indici, e sottolineando l’estrema volatilità della fiducia del Michigan, le due campane sembrano scandire il medesimo ritmo pur se talvolta una delle tue stona. Visto che poi l’ABC CCI è pure settimanale, mi aspetto che esso faccia da anticipatore rispetto all’altra fiducia, e quindi, finché esso non darà chiari segnali di miglioramento, è più che lecito supporre che anche la fiducia universitaria permanga vicina agli attuali livelli di depressione. In ogni caso devo ammettere che mi ha sorpreso e non poco una lettura così “positiva” come quella di ieri, ma si sa, gli altri, si chiamano ABC… e se conoscono l’alfabeto, non è detto che padroneggino anche la matematica immaginaria ( nel senso di numeri complessi ).

Comunque non di questo volevo parlarvi. Ieri il Census ha anche pubblicato il suo rapporto mensile focalizzato sui redditi personali. Ovviamente, e vista la potente ripresa in corso, non si poteva che registrare l’ennesima crescita dell’ammontare nominale delle entrate personali, pari al 0.46% in più rispetto al mese scorso. Ma come diceva bene il nostro Bergasim, dietro a questi numeri si nasconde una ripresa economica sui generis. La tabella sotto, che avevo già postato qualche mese fa, svela tutto ciò che serve per capire la sostenibilità di questo strombazzato risveglio del ciclo economico.

Stavolta non voglio focalizzarmi sui dati di breve, piuttosto invece mi concentrerò sulla tendenza di medio e poi di lungo. Prenderò come primo riferimento un periodo temporale pari a due anni, per poi invece dedicarmi a orizzonti decisamente più lunghi.

Considerando il biennio che ha come estremo inferiore il mese di ottobre 2008 e come estremo superiore il mese di ottobre 2010, i redditi personali degli americani hanno guadagnato 241.9 miliardi di dollari. Tuttavia è abbastanza inquietante il fatto che in questi due anni, il contributo alla crescita del reddito aggregato fornito dai salari sia negativo di 79 miliardi di dollari. Particolarmente alto risulta la decrescita nei salari del settore privato, che perdono 102 miliardi. Tuttavia, il danno inferto alla quantità aggregata viene interamente tamponato sia dalla generosità governativa, che addiziona 23.1 miliardi, sia dai supplementi alla busta paga ( assicurazioni sanitarie etc… ) cresciuti, come non mai nella storia, di 77.2 miliardi di dollari… . Positivo al fine del calcolo dei redditi personali è anche il contributo fornito dalla rendite provenienti dagli affitti, che con un 51.4 miliardi di dollari in più segnalano tuttavia una deterioramento significativo del mercato immobiliare. Non potendosi permettere la casa di proprietà, molte persone sono state costrette a ricorrere a dimore in affitto, e ciò spiega l’incremento di questa particolare voce. Ma ciò che ha davvero collaborato  nel disegnare una situazione complessiva falsamente positiva, sono stati sia quelli che chiamerei meccanismi di tenuta sociale, che nel giro di due anni hanno costretto il governo a sborsare 428.3 miliardi di dollari in più, sia la forte riduzione delle tasse personali pari a 274.2 miliardi di dollari a cui l’erario ha dovuto rinunciare. Risultano invece particolarmente negativi i redditi in qualche modo legati agli strumenti finanziari: -196.6 miliardi di dollari. La pressione verso lo 0 che la FED ha imposto ai tassi di interesse, ha avuto naturali ripercussioni sull’ammontare degli interessi che gli investitori percepiscono, facendoli scendere di 127.9 miliardi di dollari. Stessa sorte tocca ai dividendi, che vengono più che limati di 68.7 miliardi di dollari.

Per concludere, questa prima parte, aggiungo solo che la situazione appena esibita descrive i sintomi di un’economia particolarmente debole, nella quale, nonostante le dichiarazioni fiduciose degli organismi di propaganda statale, l’unica cosa che la mantiene in piede rimane l’indiscriminato intervento governativo e la fiducia, forse motivata, del mondo intero in quella che potrebbe a ragione essere definita la merce più preziosa: il dollaro.

Ma abbandoniamo ora anche il medio periodo e andiamo a vedere cosa è accaduto negli States in mezzo secolo. Vediamo come siano cambiati la composizione e il peso che le varie voci che compongono i redditi personali hanno nell’aggregato finale.

linee rosse lettura a destra, linee blu lettura a sinistra

Nel grafico sopra, ho riportato quelle che sono le principali voci dei redditi personali in rapporto al GDP. So bene che una simile operazione non è propriamente canonica, tuttavia credo essa evidenzi i profondi cambiamenti che ci sono stati nell’economia americana.

In ogni caso, come è possibile apprezzare anche con uno sguardo veloce al grafico, si nota subito il crollo che hanno subito i salari aggregati ( ho sommato, per eccesso, anche i supplementi alla busta paga, anche se sarebbe parzialmente scorretto – linea rossa -) rispetto alla crescita del GDP, ritracciando ai livelli visti negli anni 60. Dal 51% e poco più del 2000, ora i salari contano meno del 47% sull’intero GDP. Ciò che invece ha contribuito più che sensibilmente all’espansione economica statunitense è la crescita davvero straordinaria degli ammortizzatori sociali, passati da circa il 5% del GDP di 50 anni fa al 16% del mese scorso. Accanto all’assistenzialismo governativo, fondamentale è risultato essere anche l’apporto dei redditi finanziari, i quali dal 7% sono cresciuti a circa il 14% del GDP. Risulta invece stabile la percentuale fornita dagli stipendiati governativi, i salari dei quali, nonostante siano passati dagli 8 milioni degli anni 60 ai 22 milioni attuali ( sono triplicati a fronte di un numero complessivo di lavoratori a mala pena duplicati ), contribuiscono tra il 10% e l’8% del GDP. Badate che ho scorporato i dati in merito agli “ammortizzati socialmente” e agli impiegati in posti pubblici. Prima di concludere, vorrei farvi riflettere su una “forbice”.

In questo grafico ho voluto conservare la scala, pur se ovviamente i livelli di partenza delle percentuali riportate sull’asse di destra e quello di sinistra sono diversi. In ogni caso le percentuali rimangono sempre relative al GDP. Ciò che voglio mostrare è come alla creazione del GDP del paese dei consumatori per antonomasia risulti fondamentale con sempre maggior importanza il sostegno governativo “a perdere”. Sostegno che tuttavia è ottenuto non da fondi garantiti da un qualche equilibrio fiscale o altro, bensì assicurati solo dalla straordinaria capacità di quel paese di piazzare debito sempre e comunque, senza doverne pagare pure troppo gli interessi. Se la cosa può funzionare ancora per un po’, prima o poi anche gli States dovranno fare i conti con la realtà e non solo con le voci inserite nei libri contabili.

Per questa settimana è tutto, buon weekend a tutti, e speriamo che lunedì mattina ci siano ancora tutti gli stati europei… che nessuno nel frattempo sia … affondato 🙂 confido nella nostra potente banca centrale.

Mattacchiuz



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DT

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4 commenti Commenta
Scritto il 26 Novembre 2010 at 19:21

grande articolo matta! veramente!

paolo41
Scritto il 26 Novembre 2010 at 21:02

Mat, 10 e lode con abbraccio accademico….. conferma che le grandi multinazionali che hanno portato i posti di lavoro all’estero hanno aiutato il popolo americano…… ad indebitarsi….. naturalmente con la costante, pervicace e collaterale azione delle banche che, pur di realizzare i famigerati bonus, hanno messo sulla griglia decine di milioni di disgraziati…..
Mi sento dentro la voglia di dire BASTAAAAAAA!!!!!!!….., tanto più se penso a quello che è stato fatto anche in casa nostra in termini di deindustrializzazione del paese…..
Meno male che è venerdì e …. si stacca…..

amensa
Scritto il 26 Novembre 2010 at 21:55

matta hai fatto un lavoro grandioso !! complimenti sottolineato 3 volte. e quoto pure paolo41.
ti riconosco il grande merito, per una persona ch evive di finanza, di ricordarti ch ei numeri non sono astratti, ma dietro ad ogni unità c’è un uomo in carne ed ossa ( e tante amarezze ).
bravo , ancora una volta.

mattacchiuz
Scritto il 27 Novembre 2010 at 09:50

grazie ragazzi!! 🙂

in realtà ci sarebbe ancora molto su cui discutere. ma certe volte è meglio tralasciare… 🙂

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