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ORO: il barometro settimanale (02-04-2013)

Scritto il alle 13:11 da Roy Reale

GUEST POST: Gli avvenimenti più importanti della settimana e il ruolo dell’oro nei portafogli di investimento e delle banche centrali.

Archiviato il primo trimestre di quest’anno dell’oro con un rialzo del 3,7% contro lo yen giapponese e del 2,6% contro la sterlina inglese; segnaliamo, invece, un ribasso del metallo giallo nei confronti del dollaro americano, esattamente del 4,3% e dell’1,4% contro l’Euro.  Settimana finanziaria corta quella appena trascorsa; i mercati statunitensi e della Gran Bretagna erano chiusi venerdi per il Good Friday.

George Gero, Vice Presidente di RBC Capital Market Global Futures e strategist per il mercato dei metalli preziosi, ha affermato che i fondi ETF, a livello globale, nel primo trimestre dell’anno hanno approfittato per realizzare importanti prese di profitto dopo dodici anni di mercato toro sui preziosi. Gero ha aggiunto che nel prossimo trimestre, considerati i prezzi a sconto di oro e argento (bargain basement prices), gli ETF potrebbero di nuovo aggredire il mercato con acquisti imponenti, pertanto rimane positivo su entrambi i metalli.

Frank Lesh, broker di FuturePath, considera l’attuale situazione dei prezzi dei preziosi “frustrante”. Lesh durante un’intervista ha affermato che l’oro ha tentato l’assalto alla resistenza posta a $1.620,00 e non l’ha conseguita, pertanto ritiene che anche il prossimo mese il metallo giallo non si discosti dai movimenti laterali che hanno caratterizzato il mercato nel trimestre trascorso.

A livello storico-statistico il mese di aprile non risulta particolarmente favorevole per i metalli preziosi e neppure per i mercati azionari, specialmente quello statunitense.  Al di la del ricorso storico e statistico (che comunque non e’ necessariamente costretto a ripetersi) non possiamo pero’ assolutamente escludere che i prezzi di oro e argento non siano improntati al rialzo in vista del prossimo mese. Il caos economico e finanziario dell’Eurozona e’ tutt’altro che risolto. Inoltre la crisi politica in Italia potrebbe fungere da detonatore per un ulteriore rialzo nei prezzi grazie allo status di bene rifugio e porto sicuro (safe haven) di cui storicamente beneficiano i metalli preziosi monetari.

Questa settimana il focus degli operatori si e’ indirizzato all’accordo per il “salvataggio” di Cipro. Il Governo Sovranazionale Finanziario (la Troika) ha “concesso” al Governo di non tassare i conti correnti bancari sotto i 100 mila Euro. L’intesa poggia su due pilastri: prestiti internazionali per 10 miliardi di Euro e una pesante ristrutturazione di due istituti di credito.  La Laiki Bank sara’ trasformata in una “bad bank” e i depositi fino a 100 mila Euro saranno trasferiti alla Bank of Cyprus. Azionisti, obbligazionisti e depositanti con conti superiori a 100 mila Euro saranno chiamati a contribuire alla liquidazione coatta dell’istituto bancario, con una perdita potenziale di oltre 4,2 miliardi di Euro.

 Bank of Cyprus sara’ ricapitalizzata utilizzando i conti superiori a 100 mila Euro in modo tale da riportare il capitale al 9% degli attivi (come richiedono le regole di Basilea).  E’ stato sventato il tentativo di esproprio dei piccoli correntisti (sotto i 100 mila Euro). La settimana scorsa la Troika aveva “imposto” al Governo Sovrano Cipriota di tassare anche questi conti al 6,75%. Con la grave crisi di Cipro si e’ aperto un nuovo capitolo a livello “giuridico” nell’Eurozona: i correntisti di banche con somme depositate sopra i 100 mila euro sono equiparati agli “azionisti” e quindi soggetti al rischio di fallimento della banca.

Tali conti correnti sono ormai considerati forme di “investimento” (investimento ad alto rischio); non possono essere piu’ considerati depositi in custodia,  anche se nessuna norma a livello Europeo e’ stata mai emanata in questo senso. La Troika ha dato inizio a un “vulnus” giuridico di cui ancora la maggior parte degli investitori non ne ha compreso la portata. Il Presidente dell’Eurogruppo (componente della Troika) Jeroen Dijsselbloem, ha affermato che il caso di Cipro potrebbe fare addirittura da “apripista” per altre ristrutturazioni bancarie in Europa.

Dopo il “salvataggio” di Cipro l’Euro ha continuato a indebolirsi contro il dollaro americano segno di un inizio di deflusso di capitali dall’Eurozona. E’ possibile che il peggio debba ancora arrivare. Quando il ceto medio alto europeo (upper class) si rendera’ definitivamente conto che i propri risparmi detenuti nelle banche dell’Eurozona saranno passibili di confisca o utilizzati per ristrutturazioni fallimentari delle stesse istituzioni finanziarie, comincera’ un vero deflusso verso altre aree valutarie e soprattutto verso assets fisici, come oro e argento.  I risparmiatori devono preoccuparsi, oltre a eventuali espropri e confische dei propri risparmi depositati nelle banche, anche dell’erosione degli stessi a causa delle spinte inflazionistiche.  La Fed di Saint Louis ha pubblicato uno studio corredato da due grafici nei quali si evidenziano i rapporti tra la redditivita’ del contante (return on cash) comparato all’indice dei prezzi al consumo (consumer price index) e la redditivita’ dell’oro, sempre comparata all’indice dei prezzi al consumo.

Il periodo di riferimento preso in considerazione riguarda gli ultimi dieci anni. Per redditivita’ del contante (return on cash) si intende la redditivita’ di conti correnti, certificati di deposito, depositi a termine ecc… ovvero tutte quelle forme di custodia del contante che i risparmiatori affidano alle istituzioni finanziarie.  Come potete constatare, dal primo grafico si evince chiaramente che negli ultimi dieci anni l’indice dei prezzi al consumo (in rosso) supera di gran lunga la redditivita’ del contante (return on cash). Cio’ sta a significare che i depositanti hanno visto costantemente erodersi nel tempo il valore del proprio capitale.

Contrariamente, come potete vedere dal secondo grafico, coloro i quali hanno conservato i propri risparmi nella valuta oro hanno visto i loro rendimenti (return on gold – esposti in azzurro nel grafico) sopravanzare regolarmente (tranne brevissimi intervalli di tempo) l’indice dei prezzi al consumo.

Questo a ulteriore prova della funzione di “riserva di valore” (store of wealth) del metallo giallo, rispetto alla conservazione dei propri risparmi sotto forma di contante investito in depositi bancari.

Gli italiani contrari alla vendita delle proprie riserve auree

Da un’indagine condotta dall’istituto demoscopico Ipsos Mori per conto del World Gold Council e’ stato rilevato che la maggioranza degli italiani (privati cittadini e imprenditori) e’ contraria alla vendita delle riserve d’oro nazionali al fine di ridurre il Debito Pubblico. Piu’ della meta’ degli intervistati comunque, ritiene valida l’opzione di utilizzare le riserve auree a titolo di “collaterale” all’atto dell’emissione di titoli di Stato, al fine di ridurre il costo degli interessi (cedole) da corrispondere sugli stessi, e quindi ridurre i costi di rifinanziamento del debito pubblico.

“L’Italia detiene piu’ di 2.000 tonnellate d’oro a titolo di riserva ma noi riteniamo che l’alienazione delle stesse non sia la risoluzione al problema del debito pubblico” ha affermato Natalie Dempster, responsabile del sondaggio commissionato dal World Gold Council. “Anche il campione degli intervistati e’ contrario alla vendita delle riserve; esso preferirebbe in alternativa, utilizzarle in modo piu’ proficuo, per esempio impiegandole come garanzia sottostante per l’emissione dei titoli di stato”. Il World Gold Council aveva proposto tale soluzione per i paesi in difficolta’ con la gestione dei propri debiti pubblici, come per esempio il Portogallo e l’Italia. Anche studi accademici hanno confermato il potenziale di riduzione dei tassi d’interesse sui titoli del debito nel caso il metallo giallo fosse utilizzato a garanzia nell’emissione di nuovi bonds pubblici.

L’indagine e’ stata condotta a febbraio di quest’anno prendendo in considerazione un campione rappresentativo di 1.009 cittadini di eta’ compresa tra i 16 e i 70 anni. In merito alla questione della facolta’ dello Stato italiano di emettere titoli di debito pubblico “patrocinati” da collaterale costituito da oro ci permettiamo di porre una domanda. A livello giuridico, a chi appartengono le riserve auree custodite da Bankitalia? Allo Stato italiano, ovvero in democrazia al popolo sovrano, oppure al sistema finanziario  il quale e’ diretto azionista di Bankitalia?

E dove esattamente esse sono ubicate? Due questioni tutt’altro che risolte, cui la grande stampa italiana sussidiata dallo Stato e partecipata dal grande capitale finanziario non ha mai dato risposta.

Riccardo G. – Deshgold

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1 commento Commenta
andrea4891
Scritto il 2 Aprile 2013 at 13:36

finalmente uno che fa la domanda che mi piace: le 2’000 tonnellate di Bankitalia dove stanno? a Roma? (non ci credo) chi le ha “contate” e “controllate”? quando, l’ultima volta? quante di queste tonnellate sono già impegnate a garanzia di qualche prestito?

oppure gran parte delle 2’000 tonnellate “dovrebbero essere conservate” all’estero, probabilmente alla FED di NY, anche lì impegnate a garanzia di vecchi e dimenticati prestiti non restituiti ??

ma se anche queste tonnellate (in America) fossero libere da ipoteche, quanto tempo ci impiegheremmo a rimpatriarle, visto che la Germania (che è la Germania) prevede di dover penare per 7 anni ??

I sondaggi di I&M

VEDO PREVEDO STRAVEDO tra 10 anni!

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