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ORO: il barometro settimanale

Scritto il alle 14:54 da Danilo DT

Gli avvenimenti più importanti della settimana

L’oro ha aperto la settimana a $1.781,10 e ha chiuso venerdi a $1.754,50.

Questa settimana il prezzo del metallo giallo ha  continuato a mantenersi costantemente sotto la soglia psicologica di $1.800,00 all’oncia. Nel breve termine non si riscontrano fattori acceleranti in grado di sviluppare un movimento di rottura di detta soglia.

Al Comex di New York i contratti futures per consegna Dicembre 2012 prezzano a $1.759,70 all’oncia, in ribasso dell’1,19% questa settimana. Il contratto futures per consegna Dicembre inerente l’argento e’ quotato a $33,669 in ribasso del 2,61% questa settimana.

A livello tecnico, le quotazioni dell’oro mostrano un modello di consolidamento prevalentemente orizzontale del prezzo (continuation pattern), che si sviluppa all’interno del canale compreso tra i $1.740,00 e i $1.780,00. Segnala una pausa, che si presume intatta.

Un analista di Commerzbank ha commentato la settimana come segue: “settimana caratterizzata da bassi volumi di scambi, prese di profitti, forti spinte ribassiste e rischi di riduzione della domanda di metallo giallo fisico gia’ scontate dagli operatori in relazione agli scioperi in Sudafrica. Alcuni fondi ETF e investitori finanziari orientati al profitto di breve termine (short term oriented financial investors) hanno realizzato prese di beneficio, mettendo sotto forte  pressione il prezzo dell’oro“.

Lo stesso analista di Commerzbank ha comunque commentato che “non vede rischi significativi di ulteriori ribassi nei prezzi dell’oro nel lungo termine a causa delle politiche ultra-espansive messe in atto dalle maggiori Banche Centrali mondiali che causeranno la svalutazione di quasi tutte le valute mondiali“.

Bob Haberkon, senior commodities broker presso RJO Futures, riferisce di essere neutrale riguardo il prezzo dell’oro previsto per la possima settimana, prevedendo una quotazione tra i $1.760 e i $1.780. “Dopo le elezioni presidenziali americane, il clima potrebbe cambiare radicalmente. Il focus degli operatori sara’ orientato sul “fiscal cliff” e il tetto del debito (debt ceiling), e questi fattori faranno da catalizzatore rialzista per il prezzo dei metalli preziosi monetari“.

Il prezzo dell’oro, comunque,  rimane robusto contro l’Euro (1.364,50 l’oncia) e prossimo ai massimi rispetto alle principali valute (dollaro americano, sterlina britannica, Yen giapponese, franco svizzero, dollaro canadese, dollaro australiano, dollaro di Hong Kong, e Yuan cinese). L’India e la Cina si approssimano al periodo dell’anno con il piu’ alto consumo di metallo giallo; questo dovrebbe costituire un impulso rialzista al mercato fisico.

I prezzi del metallo giallo, come gia’ accennato sopra,  potrebbero rimanere contenuti sino dopo le elezioni presidenziali in USA. Subito dopo queste, i metalli preziosi monetari (oro e argento) dovrebbero risalire in modo rapido, entrando in modo definitivo in una fase “toro” di lungo periodo.

Nell’ultimo decennio, durante le fasi delle Presidenziali USA, il prezzo dell’oro ha teso a sottoperformare rispetto ad altri periodi dell’anno (ci riferiamo al mese di Ottobre). Nel 2004 (secondo mandato di George Walker Bush), il mese di Ottobre registro’ un guadagno che annualizzato sarebbe ammontato al 4,7%; nel 2008 (primo mandato di Barack Obama) registro’ un guadagno che annualizzato sarebbe stato del 5%, contro una media rialzista annua del 17% (analisi in dollari americani e percentuale calcolata dal 2000 ad oggi).

Dopo il periodo delle elezioni, nell’anno successivo al 2004 (nel 2005), abbiamo registrato una performance del metallo giallo del 22% (su base annua);  nel 2009, il ritorno in termini di profitti annuali fu pari al 25%. Se le condizioni economiche, comunque,  dovessero continuare a deteriorarsi, anche il mercato dell’oro potrebbe essere preda di una crescita della volatilita’ pur mantenendosi in modo vigoroso all’interno della fase “toro”.

Una Guerra in Atto

Influenti analisti finanziari del settore dei metalli preziosi, come John Embry,James Turk e Dan Norcini concordano sul fatto che attorno alle quotazioni del metallo giallo si stia dispiegando, da tre settimane a questa parte, un serrato confronto tra gli acquirenti di oro fisico (Banche Centrali dell’Estremo Oriente, con in testa la Banca Centra della Cina) e speculatori sull’oro cartaceo (paper gold); questi ultimi sono identificabili come swap dealers commercial traders (grandi istituzioni finanziari e commerciali.

Lo “scontro” avviene all’interno del corridoio di prezzo compreso tra i $1.735,00 e i $1.800,00. Di riflesso, le quotazioni dell’argento, seguono un andamento identico a quello dell’oro. A causa dei limiti strutturali sul lato dell’offerta di metallo giallo (cosi’ come dell’argento), il confronto potrebbe rivelarsi disastroso per gli speculatori ribassisti sull’oro cartaceo. A un eventuale repentino rialzo della domanda di oro fisico, questi sarebbero esposti a significative perdite, avendo aperto un numero enorme di posizioni “short”  (vendita) che saranno costretti a chiudere (in perdita) sui mercati futures.

Durante una breve intervista a Bloomberg Business WeekFrank Holmes, Amministratore Delegato di U.S. Global Investors Inc., ha dichiarato che il prezzo dell’oro potrebbe facilmente superare i $2.000,00 l’oncia solo per il fatto che la psicologia dei partecipanti al mercato e’ affascinata dai grandi numeri.

Holmes ha sorriso ironicamente alla domanda di Guy Johnson il quale chiedeva dove sarebbe, in quel caso, finito il prezzo del dollaro. “Svalutato” ha risposto serafico, come del resto saranno soggette a un lungo processo di  svalutazione (debasement) tutte le altre valute principali mondiali. Holmes ha inoltre dichiarato che ritiene che le quotazioni dell’oro non siano arrivate neppure a meta’ del suo Super-Ciclo rialzista.

La Banca Centrale della Cina (PBOC) ha varato in settimana un allentamento monetario (quantitative easing) per 265 miliardi di Yuan (pari a 42,10 miliardi di dollari), tramite un’operazione di Pronti Contro Termine (Reverse Repo). Gli analisti si attendo, inoltre, un taglio dei tassi di 25 punti base.

Shock nei prezzi

In settimana il Rial Iraniano ha subito un altro drammatico calo nei confronti del dollaro americano; il suo valore ha perso il 23% contro il biglietto verde!

Sui siti economici del paese degli Ayatollah sono stati rimossi i cambi di mercato tra il Rial e il dollaro USA. Il Governo ha fissato detto cambio pari a 28.500 Rials per un dollaro. Questa mossa non puo’ evitare l’iper-svalutazione del Rial.

Nell’arco di qualche giorno le monete d’oro “vecchio conio”, scambate a 13 milioni di Rial a moneta, sono passate a un prezzo di 16 milioni a moneta. 

L’Agenzia di Rating Statunitense, Standard & Poor’s, ha declassato il merito di credito della Spagna portandolo a BBB- (un gradino sopra la categoria ritenuta “junk” ovvero “spazzatura”). In Grecia, l’Ufficio Nazionale Statistiche, ELSTAT, ha diffuso il dato relativo alla percentuale della disoccupazione del mese di luglio: essa ha toccato il 25,10% in drammatica ascesa rispetto al mese precedente (+1,3%). Si tratta del trentacinquesimo mese di fila di continuo aumento del tasso di disoccupazione. Alcuni economisti, riguardo alla situazione della Grecia non parlano ragionando piu’ in termini di “depressione economica”, ma addirittura di “decesso economico”.

Il Fondo Monetario Internazionale ha tagliato le stime sulla crescita dell’Italia. Gli economisti del FMI prevedono una contrazione dell’economia italiana pari al 2,3% per quest’anno e dello 0,7% per l’anno prossimo. Anche per la Spagna le previsioni di crescita sono negative (-1,5% quest’anno e -1,3% l’anno prossimo). Sempre secondo il FMI, il debito pubblico italiano continuera’ a crescere dal 126,3% di quest’anno al 127,8% dell’anno prossimo.

Aumentano le pressioni inflazionistiche negli USA. I prezzi alla produzione (Producer Price Index) sono aumentati dell’1,1% in settembre. Lo ha comunicato venerdi’ 12 ottobre  il Dipartimento del Commercio. I prezzi dei prodotti energetici sono aumentati del 4,7% quelli dei prodotti alimentari dello 0,2%. L’indice “core” – che esclude alimentari ed energia – e’ rimasto stabile. Negli ultimi 12 mesi i prezzi alla produzione sono cresciuti del 2,1%.

Il FMI vede nero anche per la crescita mondiale; sono riviste al ribasso le previsioni (al 3,3% quest’anno e al 3,6$ per l’anno prossimo). Il FMI attende le mosse degli USA; senza un accordo per eliminare il “fiscal cliff” (il “precipizio fiscale”) si produrrebbero tagli di spesa e aumenti d’imposte. Se il termine per gli incentivi fiscali varati dal Governo Bush (pari a 607 miliardi di dollari) entrasse in vigore il primo giorno del 2013, senza alcuna gradualita’, gli USA cadrebbero velocemente in una pesantissima fase recessiva.

Varato il Meccanismo Europeo di Stabilita’ (ESM)

Dopo un lungo processo di ratifiche nazionali, Lunedi’ è stato varato il Meccanismo Europeo di Stabilita’ con sede in Lussemburgo. Gli Stati azionisti sono i diciassette componenti che adottano la moneta comune, l’Euro. L’Agenzia di Rating europea Fitch ha assegnato al fondo la tripla A: la statunitense Moody’s Investors Service ha attribuito la tripla A all’ESM ma con outlook negativo. Elenchiamo brevemente le principali peculiarita’ del Fondo:

* sara’ un’istituzione permanente in sostituzione del precedente EFSF; per un certo periodo di tempo opereranno contemporaneamente; 

* entro due settimane sara’ dotato di 100 miliardi che dovranno arrivare, entro il 2014, a 500. Fino ad allora la differenza sara’ coperta dal fondo EFSF; 

* il fondo potra’ emettere obbligazioni sul mercato e finanziare i paesi in crisi; 

* il capitale totale dovra’ essere di 700 miliardi. I Governi aderenti dovranno contribuire con 80 miliardi, obbligandosi a integrare la differenza (620 miliardi) in caso di necessita’; 

* il Fondo avra’ la funzione di acquistare titoli di debito degli stati in difficolta’, in via principale durante le aste di emissione; potra’ anche ricapitalizzare le banche e le istituzioni finanziarie; 

* gli aiuti agli stati saranno condizionati alla messa in atto di misure di rigore del fabbisogno statale, con una miscela di tagli alla spesa e aumenti fiscali. 

 

Per quanto concerne i debiti bancari si registra un’opposizione da parte della Germania dell’Olanda e della Finlandia per evitare che il fondo ESM si sobbarchi i debiti contratti prima della centralizzazione della vigilanza bancaria (i cosiddetti “legacy assets”). Se passasse la linea di queste tre nazioni il Governo di Madrid dovrebbe chiedere aiuto diretto all’ESM per il salvataggio (bailout) del proprio sistema finanziario.

Nonostante il varo del fondo ESM nell’Eurozona si e’ stabilito un circolo vizioso; i capitali continuano a defluire dai paesi periferici prendendo la strada che conduce verso i paesi del Nord Europa (Germania, Finlandia, Olanda). Questo comporta un innalzamento dei rendimenti dei titoli di stato dei primi, e viceversa, un abbassamento dei rendimenti per i secondi.

La riduzione del “gap” tra i rendimenti dei paesi periferici e quelli del Nord Europoa passa anche (o forse soprattutto) per la progressiva eliminazione degli squilibri derivanti dalla bilancia delle partite correnti (ovvero i differenziali che intercorrono tra i flussi in importazione ed esportazione tra i componenti stessi dell’Eurozona). Alcuni paesi, come la Germania, hanno accumulato un surplus strutturale; parallelamente, i paesi dell’area mediterranea soffrono di costanti disavanzi nelle rispettive bilance delle partite correnti.

I paesi con disavanzi sistematici vedono da anni contrarsi il loro PIL a causa dell’eccesso di importazioni: il calo del Prodotto Interno Lordo si riflette negativamente sulle entrate fiscali. La conseguenza diretta e’ un minore gettito nelle entrate dello Stato che causa un’espansione dei deficit e debiti pubblici. Le nazioni del Nord Europa, in assenza di qualsivoglia politica riequilibratrice della bilancia dei pagamenti della Zona Euro, continuano ad attirare capitali e ad accumulare crediti verso i paesi periferici.

Puntare solo sugli aspetti contabili (tassi, spread, deficit) senza incidere sugli scompensi della bilancia dei pagamenti, non potra’ che condurre la crisi a un avvitamento su se stessa. Le politiche di austerita’ (criticate anche dal Fondo Monetario Internazionale di Christine Lagarde)  messe in atto nei paesi periferici esacerbano la situazione; infatti, l’aumento della pressione fiscale (in assenza di aumento generale della produttivita’ e della domanda interna), comporta un drenaggio di capitali dal settore produttivo della societa’ aggravando la crisi economica.

Se non si attueranno politiche comunitarie dirette a colmare questo divario, la crisi dell’Eurozona sara’ destinata ad aggravarsi. Il fondo ESM e la BCE sono organismi che non hanno come obiettivo la riduzione degli squilibri strutturali nella bilancia dei pagamenti dell’Eurozona. Essi possono trasformarsi in “prestatori di ultima istanza” (lenders of last resort) ed evitare che momentanei shock di mercato trasformino le crisi di liquidita’ in crisi di solvibilita’. In assenza di un accordo intercomunitario tra gli aderenti dell’Area Euro, sia il fondo ESM che la BCE potranno fare ben poco per risanare questo divario.

Per approfondimenti circa la tematica degli squilibri di struttura della bilancia dei pagamenti dell’Eurozona, puoi cliccare su questo link.

Ron Paul: la FED sta devastando l’economia statunitense 

Il membro della Camera dei Rappresentanti USA, Ron Paul, ha pubblicamente accusato la FED di devastare l’economia statunitense tramite la manipolazione dei tassi ufficiali di riferimento e con allentamenti monetari (quantitative easing) che avranno come effetto la distruzione del potere d’acquisto; provvedimenti che trascineranno gli Stati Uniti verso una gigantesca crisi finanziaria.

Traduciamo quanto ha comunicato via web da Ron Paul:

Uno dei miti piu’ duri a morire e’ che questo paese ha un mercato libero, quando in realta’, da dietro le quinte e’ il Governo che tira le fila. Ma un esempio ancora piu’ calzante puo’ essere rintracciato nella manipolazione dei tassi d’interesse operata dalla Federal Reserve.” 

“La FED interferisce nei tassi d’interesse da anni a questa parte, ma mai in modo cosi’ aggressivo come negli ultimi tempi, da quando ha cominciato a varare le sue politiche di quantitative easing. Bernanke ha dichiarato pubblicamente che la Fed, non solo intende abbassare i tassi di rendimento dei Titoli del Tesoro ma intende abbassare anche i tassi sui mutui, sulle obbligazioni societarie e altri tassi d’interesse. I mercati hanno festeggiato a queste parole: si attendono la creazione di migliaia di miliardi di dollari che alimenteranno direttamente Wall Street.” 

“Se la domanda di beni di consumo, di beni mobili e immobili ristagna, e se l’offerta ristagna, e’ deleterio continuare a erogare credito (che in realta’ e’ debito da restituire con interessi), per modelli  di vita orientati al credito al consumo diretti solo a gratificare i bisogni presenti a discapito della produttivita’ e del benessere futuro. Le risorse dovrebbero essere orientate in opere produttive in un regime di vero libero mercato dove i tassi d’interesse sono determinati dal  libero gioco della domanda e dell’offerta. Bisogna svincolare tutte le risorse che possono essere destinate a uso produttivo che stimolino la domanda reale di beni, non bolle speculative”. 

“Un altro effetto delle iniezioni di credito nel sistema e’ l’aumento dei prezzi. Piu’ denaro e’ immesso nel sistema senza una contropartita produttiva piu’ si attiva la dinamica negativa dell’aumento dei prezzi. Wall Street e il sistema bancario ottengono l’uso del nuovo credito prima che i prezzi salgano: la popolazione, al contrario, vede i prezzi salire prima di essere in grado di sfruttare la nuova creazione di credito. Il potere d’acquisto del dollaro e’ eroso e il tenore di vita del popolo americano si contrae.” 

“Oggi noi viviamo non in un sistema di libero mercato ma in un’economia “mista”, caratterizzata da una miscela letale di corporativismo, di vera e propria pianificazione centrale in alcuni settori, e vestigia del vecchio sistema del libero mercato. Ogni infusione di nuovo credito da parte della Fed distorce la struttura dell’economia, danneggia il ruolo dei tassi d’interesse che dovrebbe essere determinato dal  gioco della domanda e dell’offerta, erode il potere d’acquisto del dollaro.

La Fed e i politici che le reggono il sacco si considerano guru e saggi nella gestione dell’economia: la verita’ e’ che ogni loro azione si traduce in una distorsione economica e devastazione monetaria.

Puoi ascoltare direttamente il comunicato via web di Ron Paul, cliccando su questo link.

Riccardo G. – Deshgold

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1 commento Commenta
gaolin
Scritto il 15 Ottobre 2012 at 12:06

Post veramente interessante e istruttivo per tutti.
Da leggere e meditarci sopra bene, parola per parola, è la parte che segue la frase:

La riduzione del “gap” tra i rendimenti dei paesi periferici e quelli del Nord Europa passa anche (o forse soprattutto) per la progressiva eliminazione degli squilibri derivanti dalla bilancia delle partite correnti (ovvero i differenziali che intercorrono tra i flussi in importazione ed esportazione tra i componenti stessi dell’Eurozona).

Purtroppo gli oligarchi e capoccia della EU non hanno interesse a ben capire questi discorsi e quindi avanti così, fino al disastro che vorrebbero evitare.

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