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La crisi economica italiana è strutturale? Come uscirne? Terza parte
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3. CREDITO ALLE FAMIGLIE E IMPRESE
Entro subito in tema riportando la domanda (question time) posta al Ministro dell’economia e delle finanze nella seduta camerale dello scorso 5 giugno ([20]) riguardo all’uso che hanno fatto le banche italiane dei prestiti concessi dalla BCE con le due operazioni di LTRO:
Tra il dicembre 2011 e il febbraio 2012, cioè esattamente nella fase congiunturale nel corso della quale la crisi finanziaria diventava sempre più una crisi economica, che toccava cioè l’economia reale e non solo la movimentazione dei flussi della finanza, la Banca centrale europea ha disposto due finanziamenti straordinari a favore del sistema bancario per iniettare nuova liquidità in misura superiore a 1.000 miliardi di euro. Una parte consistente di queste risorse, pari a circa 140 miliardi di euro, è stata convogliata nel corso del 2012 all’interno del circuito bancario nazionale italiano; faccio riferimento alla disponibilità di 24 miliardi di euro utilizzati da Banca Intesa, alla disponibilità di 10 miliardi utilizzati da Monte dei Paschi di Siena.
Questi soldi sono stati indirizzati dalla Banca centrale europea esattamente con l’intento di sostenere l’economia reale, cioè le famiglie e le imprese, e non già viceversa di sostenere le risorse e le casse delle banche. Ad oggi non abbiamo ancora avuto contezza di quante di quelle risorse che sono entrate nelle casse delle banche italiane siano effettivamente state convogliate a sostenere le necessità di imprese e famiglie e quante invece siano state mantenute all’interno delle banche.
La risposta del Ministro Saccomanni:
Riguardo alla sua domanda, premetto che la tensione sui mercati dei debiti sovrani, aggravatasi a partire dal 2011, ha determinato una pressione crescente per il settore bancario europeo, in particolare in termini di accesso ai mercati di finanziamento a lungo e medio termine. L’8 dicembre 2011, la BCE ha dichiarato che avrebbe erogato alle banche dell’area dell’euro finanziamenti a tre anni, mediante due operazioni straordinarie di rifinanziamento più a lungo termine, con piena aggiudicazione degli importi richiesti il 21 dicembre 2011 ed il 29 febbraio 2012.
Come ella ha ricordato, l’importo complessivamente erogato al sistema bancario europeo attraverso queste due operazioni è stato pari a circa 1.019 miliardi di euro. I finanziamenti erogati dalla BCE agli istituti di credito italiani nelle due operazioni sono stati rispettivamente pari a 116 e a 139 miliardi. Tuttavia, tenuto conto della minore domanda di altre operazione a più breve termine, l’immissione netta di liquidità è stata pari a circa 60 e 80 miliardi nelle due operazioni. L’obiettivo principale era quello di ripristinare l’accesso alle fonti di finanziamento a medio e lungo termine da parte delle banche, ristabilendo le condizioni di liquidità ottimali, indispensabili per l’esecuzione della politica monetaria. In effetti, a seguito di tali operazioni, la liquidità immessa dall’eurosistema è aumentata considerevolmente, allentando le tensioni sui tassi di interesse di mercato, con riflessi positivi sul costo del credito alla clientela bancaria. Gli intermediari hanno sostituito la raccolta all’ingrosso con il rifinanziamento presso l’eurosistema, investendo parte dei fondi nei finanziamenti all’economia e, in parte, in titoli di Stato. La liquidità generata dalle due operazioni di rifinanziamento a tre anni ha comportato un pari aumento di fondi detenuti dalle banche sulla deposit facility presso l’eurosistema. Si è, pertanto, registrato un effetto positivo, che ha permesso il ripristino delle transazioni, il funzionamento dei mercati e, in prospettiva, la creazione dei presupposti per la rimozione degli ostacoli alla normalizzazione delle condizioni di offerta del credito.
È indubbio che le attuali condizioni di accesso al credito da parte delle famiglie e delle imprese non sono facili, tuttavia ciò è dovuto anche al quadro macroeconomico e all’andamento congiunturale che ha avuto un impatto negativo sulla domanda di credito e ha peggiorato la percezione del rischio da parte delle banche.
Va, peraltro, evidenziato che il sistema bancario italiano opera con un rapporto impieghi-depositi pari al 120 per cento. In assenza delle azioni intraprese dalla BCE, a fronte dell’inaridimento del mercato finanziario internazionale, la restrizione creditizia sarebbe stata di gran lunga superiore per le famiglie e le imprese.
La replica del deputato che aveva posto la domanda (non ne riporto volutamente il nome e l’appartenenza politica perché esula dal mio intento di trattazione dell’argomento):
Devo dire che lei conferma tutte le peggiori premesse, nel senso che sostanzialmente ci conferma come queste risorse siano state utilizzate solo e soltanto dal sistema bancario per mettere in sicurezza se stesso e che nulla sia arrivato a beneficio delle imprese e delle famiglie.
Ma, per motivare la mia insoddisfazione, farò riferimento alle parole citate quattro giorni fa dal governatore della Banca d’Italia, ente che, peraltro, le dovrebbe essere abbastanza noto, essendo lei stato il direttore generale della Banca d’Italia fino al 28 aprile scorso. Il governatore della Banca d’Italia, dopo aver sostenuto, leggo testualmente dalle sue considerazioni finali: «abbiamo mirato, prima di tutto, a sostenere la liquidità delle banche che, nell’area dell’euro, più che altrove, svolgono un ruolo preminente nel finanziamento dell’economia», cioè di fatto confermando quello che ha detto lei, nelle pagine successive, ha affermato, commentando la negatività delle proiezioni economiche del sistema nazionale: «Hanno inciso di più, per circa due punti, gli effetti della crisi di liquidità sul costo e sulla disponibilità del credito per il settore privato (…). Le prospettive della domanda interna dipendono anche dalle condizioni di accesso al credito. I prestiti alle imprese hanno rallentato nettamente (…). Sono diminuiti (…) anche i prestiti alle famiglie». Ora, sulla mancanza di questi prestiti, ove già non ci fosse il problema della disponibilità finanziaria, c’è anche un tema di costo perché – ricorda sempre il governatore della banca d’Italia – pochi giorni fa la banca centrale ha ulteriormente ribassato il costo del denaro, portandolo allo 0,50, il minimo storico.
Le voglio ricordare una cosa che lei conosce bene perché, come ho ricordato, lei era il direttore generale della Banca d’Italia: il 26 marzo la Banca d’Italia – quindi lei, direttore generale – ha emesso un comunicato stampa in cui venivano comunicati i tassi effettivi globali medi, rilevati ai sensi della legge n. 108 del 1996. Cito, solo per esempio e per brevità: nell’apertura di credito in conto corrente, la soglia oltre la quale si considera il riferimento all’usura è del 18,2375. Negli scoperti senza affidamento, il 23,85 e così via.
Se le banche hanno la facoltà di comperare il denaro allo 0,50 per cento, vogliamo dire che se questi soldi vengono dati alle imprese e alle famiglie al 18,2, al 23,85, al 19,32 per cento, c’è qualcosa che non va ? Che c’è qualche cosa che funziona al limite dello strozzinaggio, al limite dello sfruttamento, al limite – lo dica lei, come vuole – comunque della delinquenza.
Crediti alle imprese
L’ultimo bollettino economico della Banca d’Italia ([21] descrive così la situazione del credito alle imprese:
Si accentuano le difficoltà di finanziamento, soprattutto per le piccole imprese.
I prestiti bancari alle imprese, al netto delle sofferenze e dei pronti contro termine, hanno continuato a diminuire, sia per le aziende medio-grandi sia per quelle di piccole dimensioni.
Un grafico storico evidenza chiaramente la situazione ([21]):
Sulla difficoltà delle imprese piccole a trovare finanziamenti aggiunge:
Queste ultime tuttavia risentono di una minore capacità di accesso a fonti di finanziamento alternative, quali il mercato obbligazionario; fronteggiano inoltre un maggior costo del credito bancario: la differenza fra il tasso di interesse sui prestiti di ammontare inferiore a 250.000 euro, che approssima il costo del credito per le piccole imprese, e quello sui finanziamenti di ammontare superiore si è attestato a 180 punti base in febbraio, circa 60 in più rispetto ai livelli prevalenti prima dell’acuirsi della crisi nel mercato del debito sovrano.
Anche nello studio sull’accesso al credito delle imprese italiane, realizzato dall’Unioncamere ([22]) si giunge alla stessa conclusione:
Rispetto a giugno 2011, inoltre, sono le imprese con meno di 20 addetti a registrare la flessione più sostenuta dei prestiti (-5,1% a fronte del -3,7% di quelle con 20 addetti ed oltre), evidenziando una maggiore capacità di tenuta delle imprese più strutturate in questa fase congiunturale negativa.
Una tabella ([22]) evidenzia come tale calo sia distribuito a livello regionale:
Continua:
Appare innanzitutto evidente una maggiore capacità delle medie e grandi imprese di accedere al mercato del credito, un fattore legato alla più alta tendenza ad effettuare investimenti e ad una gestione finanziaria più complessa che richiede il supporto del sistema creditizio.
La quota dei finanziamenti concessi alle imprese con almeno 20 addetti raggiunge in Italia l’81,4% del totale erogato al sistema imprenditoriale, un valore particolarmente elevato che mette in luce la maggiore capacità di questi soggetti di rapportarsi con il sistema creditizio, considerato infatti che gli stessi rappresentano appena l’1,8% della compagine in termini numerici ed il 41,1% dal punto di vista occupazionale.
Un grafico esplicativo ([22]):
Comprendete bene quindi come il tema del credito alle piccole imprese sia estremamente legato a quello occupazionale.
Infatti non sono poche le imprese che sperimentano un peggioramento delle condizioni di accesso al credito ([23]):
Rammento quanto affermato dalla stessa Banca d’Italia in uno dei studi ([25]):
In presenza di una debole congiuntura economica, la disponibilità di finanziamenti esterni può risultare un fattore determinante per la crescita e, talvolta, per la sopravvivenza delle imprese.
Crediti alle famiglie.
Prometeia ha comunicato recentemente i risultati dell’Osservatorio sul credito al dettaglio ([24]):
Diminuiscono le erogazioni di credito al consumo (-11.7% nel 2012 e -5.9% nei primi tre mesi del 2013).
In forte riduzione le erogazioni di mutui immobiliari per acquisto di abitazioni (-47% nel 2012 e -16.8% nel primo trimestre 2013).
Peggiora la qualità del credito, sia per i mutui sia per il credito al consumo.
Prospettive di lieve crescita del mercato del credito alle famiglie solo a partire dal 2014.
Vorrei soffermarmi sui dati legati ai due settori che abbiamo analizzato nelle precedenti puntate (automobilistico ed immobiliare):
I finanziamenti finalizzati ad acquisti di autoveicoli e motocicli chiudono il 2012 con un forte calo dei flussi erogati (-18%), che si attenua nel primo trimestre 2013 (-4.4%) seguendo l’andamento delle immatricolazioni a uso privato.
Il mercato dei mutui immobiliari alle famiglie consumatrici chiude il 2012 con volumi più che dimezzati rispetto all’anno precedente con i mutui per acquisto che fanno segnare una contrazione del -47%, e la componente degli “altri mutui” che registra un calo ancora più accentuato, pari a -70.7%. Il marcato trend negativo degli “altri mutui” è dovuto essenzialmente al crollo delle surroghe e delle sostituzioni, che sono state penalizzate dall’aumento degli spread applicati alle nuove erogazioni che le ha rese, di fatto, non più vantaggiose per le famiglie. Nel primo trimestre del 2013, tuttavia, le erogazioni di mutui immobiliari alle famiglie consumatrici riescono a contenere il calo, sia nella componente dei mutui d’acquisto (-16.8% rispetto allo stesso periodo del 2012), sia soprattutto in quella degli “altri mutui” (-12.8%).
Questo grafico ([21]) evidenzia la continuazione del calo dei mutui e il TAEG offerto alle famiglie sui prestiti contratti per il credito al consumo:
Avete notato come, anche se le banche hanno ricevuto soldi a buon mercato dalla BCE, il TAEG offerto alla clientela sui prestiti al consumo sia sostanzialmente invariato?
Infine è interessante notare, come stimato dalla stessa Prometeia ([26]), una previsione di ritorno in utile per i principali gruppi bancari italiani… mentre i rubinetti del credito non si riapriranno tanto facilmente:
– utili di sistema in modesta ripresa dal 2013: in tre anni (dal 2013 al 2015) il settore realizzerà circa 21 miliardi di utili, un terzo degli oltre 61 miliardi del triennio 2005-2007;
– al netto della componente delle sofferenze, il credito a famiglie e alle imprese si ridurrà anche nel 2013 (-1.9%) e tornerà a crescere solo nei due anni successivi (+2% nel 2015);
accompagnato da un peggioramento della qualità del credito:
– peggioramento della qualità del credito per tutti i settori e soprattutto quello delle imprese, con un flusso di rettifiche su crediti ancora elevato: 48 miliardi di euro cumulati nel triennio di previsione.
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Buona riflessione e alla prossima puntata…
Lampo
Nota: si prega di leggere la premessa a questa serie di post.