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La battaglia di Mario Draghi (persa in partenza)

Scritto il alle 10:25 da Danilo DT

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La guerra di Mario Draghi continua. Il suo mandato, ricordiamolo, ha un obiettivo principale che NON è la crescita economica, ma è il monitoraggio del tasso inflazione. E se un’inflazione galoppante rappresenta ovviamente un pericolo, anche un’eccessiva disinflazione o ancor peggio la deflazione, non sono da meno.
Il target resta sempre il 2%, ma al momento poterlo raggiungere sembra ancora molto difficile. La cosa interessante è comunque notare che la guerra di Draghi è poi quella che più di tutte può aiutare il mercato azionario.
Prendiamo il nostro piccolo benchmark per tastare il polso all’inflazione prevista, ovvero il famoso inflation swap 5y5y, ovvero il tasso inflazione che, tra 5 anni , sarà previsto per i 5 anni successivi.

Confronto tra inflazione attesa in Eurozona e DAX

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Come potete notare, quando l’inflazione attesa aumenta si trascina dietro anche i mercati azionari. Il motivo è semplice. Se aumenta l’inflazione significa che la politica monetaria espansiva funziona, che la moneta circola, che quindi le cosa vanno meglio…

(AGI)  – Intervista a Mario Draghi: “Se ci convinceremo che il nostro obiettivo di inflazione a medio termine e’ a rischio – afferma Draghi – intraprenderemo tutte le azioni necessarie”. La previsione e’ che l’inflazione “resti vicino allo zero, anche negativa, almeno fino all’inizio del 2016”.

Tutte le azioni necessarie? Eh, caro Mario, inutile negare, pure tu sei convinto del fatto che il QE in certi contesti, serve a poco. E difatti tu stesso sai benissimo che il vero problema per la BCE resta il petrolio, troppo basso per poter sperare in un tasso inflazione pari al 2%.
E’ impressionante infatti notare la correlazione tra il suddetto tasso inflazione previsionale e lo stesso petrolio. Tale correlazione, fino all’anno scorso, era pari a circa il 30%. Oggi invece sfiora l’80%, una correlazione praticamente totale.

Grafico: paragone tra prezzo petrolio e inflazione prevista

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E cosa può fare Mario Draghi per far aumentare il prezzo del petrolio? Ben poco, in verità. Draghi subisce in silenzio sia l’altalena dei consumi e delle scorte, sia la politica dell’OPEC che sta cercando di pilotarne il prezzo secondo le sue esigenze.

Intanto però è inutile negare il fatto che lo sforzo del QE ha comunque un prezzo. E allo stesso tempo è chiaro che la ripresa, alla fine, è condizionata da fattori esogeni. Certo, la politica monetaria comprime il cross EUR USD al tappeto, aiutando il nostro export. Ma questo è un vero segnale di ripresa? In altri termini, è giusto festeggiare per il ritorno della ripresa economica quando si scopre che è fortemente condiizonata dagli stimoli monetari e dal cross EUR USD vantaggioso?

L’unica cosa che invece è certa, visibile, indiscutibile e chiarissima è quest’altra analisi che mette a confronto il rapporto debito/PIL di tre paesi dell’area Mediterranea, nella fattispecie Italia, Portogallo e Spagna.

PIIGS-debito-italia-spagna-portogallo

Il grafico è chiarissimo, la tendenza anche, e questi numeri non me li sono certo inventati.
Sempre più certo che la Bce sta combattendo una battaglia persa in partenza.

Riproduzione riservata

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Danilo DT

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