Italia: economia in crisi. E le soluzioni mancano.

Scritto il alle 14:44 da gaolin@finanza

Guest post: la nostra economia sta morendo, le fabbriche chiudono e si fatica a vedere un futuro. Cosa occorre fare? Innanzitutto guardiamo alla Globalizzazione e all’Euro

Visto che di questi tempi sono più in Italia che altrove e quindi posso seguire quanto vi accade meglio di altri periodi, ne dico alcune delle mie, che poi sono sempre quelle. Mentre governo, parti sociali e commentatori vari sono a celebrare il quasi raggiunto accordo sulla riforma della legge sul lavoro esprimo in merito un mio commento:

“a prescindere dalla validità o meno delle intese trovate, o che si troveranno ancora più avanti, penso che in pratica si è tratti di un tentativo di trovare il modo per fare nozze con i fichi secchi”

Come si può altrimenti definire questa sequela di riunioni allargate se non si pone come primo comandamento da non scordare mai che:

“per spartire la TORTA e poi mangiarla, bisogna che ci sia qualcuno che la TORTA la fa”

A me pare che questa ovvietà non sia ben chiara, quando sento esprimersi i nostri governanti e le varie controparti nei vari dibattiti e dichiarazioni.

Certo, le enunciazioni generiche sulla necessità di creare posti di lavoro, su come tutelarlo si sprecano. Come pure le idee, su come ci si potrebbe inventare un lavoro, abbondano nelle menti di coloro che non sanno neppure cosa vuol dire lavorare ma, alla fine, ci vogliamo rendere conto che la fabbrica Italia sta chiudendo? Ma dobbiamo proprio aspettare di fare la fine della Grecia per capirlo?

Dobbiamo aspettare altri segnali, dati, statistiche, che arrivano inevitabilmente a fatti e accadimenti già avvenuti, per accorgerci che è quanto sta succedendo? Eppure basta andare a bersi un bicchiere in osteria o prendere un caffè al bar per sentirne di ogni colore o, ancora, andare al ristorante e chiedere al titolare come sta andando il giro.

Se non basta si può fare qualche piccolo sondaggio presso le associazioni imprenditoriali per sentire che aria tira. Se non basta ancora si può chiedere alle banche che operano sul territorio come e quanto si sta deteriorando la qualità del credito, come stanno aumentando le sofferenze, come stanno calando gli impieghi virtuosi delle banche, ovvero: come vanno le anticipazioni sui crediti a breve, che sono il primo segnale dell’andamento del fatturato nelle aziende oppure le domande di finanziamento, per sostenere gli investimenti produttivi, che sono il termometro della tendenza futura Se non basta ancora si può fare i raffinati e andare a spulciare fra i dati economici, collegati all’economia reale, di cui c’è abbondanza, come:

• consumi di carburante per autotrazione
• andamento dei pedaggi autostradali
• consumi energetici in generale

Se poi si vuol fare i dotti, si può andare a cercare i macrodati quali andamento occupazionale, creazione e chiusure di imprese, andamento dell’import-export, bilancia dei pagamenti, ecc. Chiunque deve decidere sulle sorti del nostro paese e facesse questo percorso, magari per intero, ovvero cominciando dal bar, non dalla buvette di Montecitorio, ne uscirebbe con uno sconforto tale da esclamare a gran voce:

“Mi pare che qui siamo proprio fritti”

Temo però che ci sia ancora tanta resistenza a voler capire. I più, che ci governano, tendono a mettere la testa sotto la sabbia, a sperare che arrivi la ripresa per grazia ricevuta, ad ascoltare qualche guru che li rassicura con qualche previsione ottimistica, a cogliere qualche macchia di azzurro nel cielo che minaccia tempesta e, in fondo, a cercare di salvaguardare i loro interessi personali, insieme a quelli delle caste che li sorreggono.

E allora che si può fare?

Tante potrebbero essere le idee ma alla base di ogni azione, specie di governo di un paese, ci dovrebbe essere la consapevolezza, l’onestà, la lungimiranza e il rigore. Il tutto mirato alla costruzione e alla spartizione della TORTA prima citata.

Invece che si fa?

Una gran confusione, dove le anzidette virtù sono in tutti i modi contrastate da insipienza diffusa, arroganza del potere, interessi personali, avidità, visioni a brevissimo termine e rigore lasciato ai posteri, ovvero alle generazioni future. E’ vero che il mondo è sempre andato avanti più o meno così ma il problema più grave oggi è che, senza tanto clamore, stiamo assistendo nel nostro occidente al progressivo e per il momento inesorabile declino del sistema industriale produttivo manifatturiero.

La domanda cruciale quindi è: ma come può essere possibile creare questa benedetta TORTA se ci rassegniamo al declino industriale, come in occidente si sta in pratica ancora facendo, e quindi precludendoci ogni possibilità di ripresa e sviluppo, per cui tutti i discorsi su lavoro e art.18 diventano vuoti e con poco senso? Qui è il caso di riparlare di 2 temi cruciali cha hanno profondamente influenzato le economie mondiali in questo decorso decennio. La GLOBALIZZAZIONE e l’EURO

La GLOBALIZZAZIONE

Non si vuole capire che la grande ma per me ultra sciagurata idea, di spostare interi settori di economia reale dal nostro occidente verso il terzo mondo, di spostare il lavoro vero dall’occidente verso l’oriente, pretendendo di poterlo controllare con la forza della propria finanza, del proprio know-how, della propria cultura, erroneamente giudicata superiore, è per l’occidente un fallimento colossale tutt’ora in corso, che rischia di essere irreversibile. Se vi era l’idea che, attraverso il controllo planetario della finanza, si potesse controllare anche un paese come la Cina che, non dimentichiamolo mai, ha 1.350.000.000 abitanti e una classe dirigente che sa ben fare gli interessi del proprio paese, è il caso di ammettere di avere completamente sbagliato visione e da subito agire di conseguenza.

L’oligarchia finanziaria globale non la pensa così però. Pensa ancora di essere in grado di controllare tutto. Chi fa attenzione a quanto si afferma come premessa di ogni riunione dei vari vertici economici, mi riferisco ai G7, G8, G20 o G2 (USA+Cina), potrà notare che non manca mai la riaffermazione del principio che il libero commercio, magari senza regole, è il toccasana per l’economia globale. Non importa poi chi, come paese, ci guadagna o ci rimette e, soprattutto, quali distorsioni provoca negli assetti dell’economia globalizzata a loro tanto cara.

L’EURO

Poi c’è il discorso EURO, nato dalle stesse menti che hanno inventato la globalizzazione, diventata selvaggia. Avere messo insieme e accumunato i destini di popoli tanto diversi, come sono i greci e i tedeschi, per fare un esempio, dando loro in tasca la stessa moneta è stato un errore clamoroso, colossale, scellerato.

Ammettiamolo. Il pateracchio dovrebbe ormai essere sotto gli occhi di tutti. Paesi ormai già falliti per esserci entrati, altri che seguiranno a ruota, prima o poi, malgrado la buona volontà dei nostri 2 Big Mario. In generale un diffuso senso di smarrimento e di insicurezza sul futuro, che ha sostituito la certezza del domani migliore che aveva accompagnato la nascita della moneta unica. Oggi l’Euro si sta rivelando una camicia di forza, un’ingessatura sempre più rigida, un cappio al collo sempre più stretto, specie per i paesi come l’Italia che, privilegio suo, avrebbe ancora la possibilità di far riprendere la propria economia reale, se ne uscissimo subito.

Invece no, si continua a dire che l’EURO va salvato così com’è, perché altrimenti sarebbe peggio. Perché se si dissolvesse sarebbe un cataclisma per tutti. Non si dice bene che lo sarebbe soprattutto per la finanza e per le sue rendite a cui non intende rinunciare, a costo di morire lei assieme a tutti i filistei.

Invece bisognerebbe proprio partire da da qui. L’area EURO va rivista, qualche paese ci potrà restare, molti altri no. L’Italia certamente no, se vuole far riprendere la propria economia reale e salvarsi.

Gaolin

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24 commenti Commenta
anonimocds
Scritto il 19 Marzo 2012 at 16:31

eppure “i ristorantisono pieni”….
…coem dice un mio amico c’é ancora troppa gente obesa per strada.
E – forse – ha ragione lui.

Un Paese che non permette a un motore di ricerca di dare risposte cercando la parola “FERRARI” per questioni di cronaca locale… mi spaventa da un lato e mi lascia perplesso. Senza dubitare che cresceranno assai piú degli altri Paesi (Teoria della Crescita di Robert Solow…studi degli Anni 50…ci ha vinto un Nobel) ma ricordando che il reddito MEDIO é di 5.000-6.000 EUR (certo moltiplicato per 1.35 miliardi… il che vuol dire che ci saranno 2 Italie gia’ in classe medio borgese o alta …9% della popolazione): grandi opportunitá per chi ha un knowhow e prodotti da esportare! Germania in primis…Italia in secundis (magari come fornitore delle aziende tedesche).
Certo se vogliamo fare scarpe e maglioncini… beh a parte la nicchia abbiamo perso in partenza.

paolo41
Scritto il 19 Marzo 2012 at 17:04

bellissima sintesi !!! …è pensare che intorno al tavolo dove discutono, perdendo tempo, della riforma del lavoro ci sono fra Confindustria, Sindacati e Governo quelli che dovrebbero teoricamente essere le più “belle” teste interessate a pianificare il futuro del nostro paese……incluso il superministro Passera che viene dalla banca più importante italiana…..

7voice
Scritto il 19 Marzo 2012 at 17:17

ah ah ah è chi sarebbero questi che discutono attorno al tavolo ? una banda di parassiti , ex banchieri ,sindacalisti che prendono soldi dalle bustre paghe di gente che i soldi sE li è faticati! per non parlare di pseudo industriali , che hanno fatto del finanziamento a fondo perduto il loro sostentamento ! SONO UNA MASSA DI FALLITI CHE DOVREBBERO ESSERE PRESI A CALCI NEL DERATANO !

paolo41
Scritto il 19 Marzo 2012 at 17:32

….leggevo ieri che anche la Ducati passerà di mano ad un’azienda asiatica; ti dò tre anni e sarà trasferita anche la produzione…. credo che in Ducati ci siano un paio di migliaia di addetti…

kry
Scritto il 19 Marzo 2012 at 17:48

paolo41,

Non è detto, se fra tre anni siamo ai passi della grecia gli stipendi saranno piu bassi (da fame) e non ci sarà più bisogna di delocalizzare.

john_ludd
Scritto il 19 Marzo 2012 at 19:28

paolo41,

Sui giornali danno x certo l’acquisto di Ducati da parte di Audi (cioè WW)

yaldus
Scritto il 19 Marzo 2012 at 19:47

Ottimo pezzo di Gaolin! Lo abbiamo già detto, proprio in questo blog, che siamo imprigionati in questa soffocante “bolla politica” che ha completamente accecato la nostra classe dirigente !
Fanno di tutto per non diminuire la spesa pubblica, aspettando incoscienti, lo spaventoso schianto del titanic Italia! Sembra proprio un incubo.

gainhunter
Scritto il 19 Marzo 2012 at 20:52

Concordo sul fatto che l’euro e la globalizzazione siano le principali cause del ridimensionamento dell’economia italiana degli ultimi anni, e anche che chi pensa che sia sufficiente riformare il lavoro per rilanciare l’economia sbaglia.

Ribadisco però i miei dubbi:
1) Supponiamo che l’Italia decida di uscire dall’euro: chi dovrebbe portarla fuori in modo ordinato?
2) Il problema è l’euro moneta troppo forte oppure l’Europa con i suoi vincoli? E’ fattibile l’uscita dall’Europa mantenendo l’euro o una moneta euro-pegged?
3) Se l’Italia esce dall’euro e torna alla lira, chi ci guadagna e chi ci perde? Gli esportatori di certo ci guadagnano, i disoccupati forse, risparmiatori e lavoratori probabilmente ci perdono (inflazione, costi energetici), le banche sicuramente perdono e di conseguenza le imprese (ulteriore credit crunch)
4) In un ciclo causa-effetto, eliminando la causa si eliminano anche gli effetti futuri (dal momento in cui si è eliminata la causa), ma non quelli già prodotti. L’euro è ancora oggi il tappo alla crescita economica dell’Italia?
5) L’Italia è un forte partner commerciale della Germania. Quali conseguenze avrà l’uscita dell’Italia dall’euro sulle imprese che lavorano con l’Europa?
6) Il concorrente principale dell’Italia è la Cina, oppure la Germania? Se è la Cina, è sufficiente uscire dall’euro per farle concorrenza, oppure dobbiamo anche schiavizzarci e inquinarci come loro?

andrea.mensa
Scritto il 19 Marzo 2012 at 20:59

bravo Gaolin, mi pare di aver già scritto qualche decina di volte che la ricchezza sono i beni reali, e non il denaro che invece è solo un mezzo per scambiarla. Ora chiamiamoli pure “torta” ma l’involuzione di un paese lo vedi anche all’interno…. quando una zucchina passa di mano 5-8 volte tra il produttore e il consumatore, e ad ogni passaggio aumenta di prezzo ( non di valore, ma di prezzo) allora significa anche che, se il contadino si stufa di lavorare, produrre e guadagnare quanto non gli basta per ricomprarsi in negozio cosa produce, probabilmente si stuferà di produrre quella zucchina ( o ne produrrà solo quante bastano per se) e così coloro che vivevano su tutti quei passaggi moriranno di fame. Ecco allora che compare una variabile in più nelle definizioni dei passaggi, oltre a quelli necessari, ci saranno quelli strumentali, che ,se anche apparentemente portano dei vantaggi, un vantaggio globalmente maggiore si avrebbe se non ci fosse. Questo credo, che in un paese come il nostro, dovrebbe esser sempre più preso in considerazione.

andrea.mensa
Scritto il 19 Marzo 2012 at 21:10

gainhunter,

io credo che il problema dell’EURO però sia un problema creato per nascondere il vero problema. Vero che delle belle svalutazioni competitive avrebbero risolto parte dei problemi, ma esse funzionano fintantochè si punta sull’esportazione, e quindi vi sono paesi importatori. Quando cominciano a scarseggiare gli importatori, l’inflazione da svalutazione, non risolve più nulla, se non spostare violentemente ricchezza monetaria all’interno del paese stesso, con conseguenti scoppi sociali.
direi che dovremmo smettere di ragionare con il “questo ha sempre funzionato” e cominciare invece a cercare di capire realmente PERCHE’ ha funzionato sinora, quali erano le condizioni “ambientali” che permettevano che funzionasse. ricordandosi che esiste SEMPRE una prima volta a tutto, non sono sicuro che la redistribuzione che potrebbe operare oggi, una svalutazione, non farebbe saltare quell’accordo sociale che funziona ormai da tanti anni.
e qui si vede la pochezza politica, che invece potrebbe operare quelle redistribuzioni della ricchezza prodotta, con vantaggi simili a quelli ch ele svalutazioni creavano nel passato, ma senza i loro inconvenienti.
per cui torniamo al punto…. la responsabilità maggiore è della politica.

andrea.mensa
Scritto il 19 Marzo 2012 at 21:18

così, tanto per fare un esercizio intellettuale…. ve lo immaginate cosa vorrebbe dire per quel 20% di popolazione che già oggi non arriva alla 4° settimana, una svalutazione che tagliasse ulteriormente le poche risorse di cui dispongono ? non sarebbe molto meglio andare a prendere risorse alle varie Severino portando le aliquote marginali massime anche al 90 %? quando fatturando 3000€ all’ora, glie ne restassero in tasca 300, non sarebbe già anche troppo ?

perplessa
Scritto il 19 Marzo 2012 at 21:39

kry@finanza,

indubbiamente è questo uno degli obiettivi, quando si parla di competività.se no di cosa stanno parlando?

perplessa
Scritto il 19 Marzo 2012 at 22:08

gainhunter,

in passato ero a favore ell’euro, perchè speravo in un’integrazione politico -sociale che non si è realizzata. quest’europa monca che hanno realizzato non mi sta bene. mi sono posta il quesito cosa ci rimetterei come risparmiatore se in questo momento l’Italia uscisse. di sicuro un sacco di soldi. Cosa ne sarebbe del mio conto in banca?Quante lire mi darebbero in cambio dei miei euro? non so se è ancora attendibile l’ipotesi di Nomura, o è cambiata in seguito alla rivalutazione dei ns. titoli di stato.quanto varrebbe il mio stipendio, la mia futura pensione, il valore di casa mia, se si tornasse alla lira, rispetto al dollaro, e quanto gli stessi elementi per un tedesco?

gainhunter
Scritto il 20 Marzo 2012 at 07:06

andrea.mensa@finanza,

La redistribuzione della ricchezza può essere un modo per rilanciare l’economia italiana perchè stimola consumi e investimenti; andrebbe abbinata a provvedimenti finalizzati a far sì che si consumino prodotti italiani e si investa in Italia.

perplessa@finanza,

Sono tutti dubbi che si porrebbero tutti gli italiani, e se la fiducia è un fattore fondamentale per l’economia non oso immaginare dove finirebbe la fiducia degli italiani qualora si prospettasse una possibilità concreta di uscire dall’euro.

@gaolin e i sostenitori dell’uscita dall’euro oggi,
concordo che non bisognava neanche farlo l’euro (sono sempre stato scettico sulla questione e ritengo che l’euro/Europa sia stata una grande fregatura), ma mi sembra di aver posto delle questioni che non possono essere sottovalutate. Ci vogliamo ragionare? Vogliamo provare a ragionare anche sull’ipotesi di lasciare l’UE per avere le mani più libere ma mantenere l’euro come moneta? Tra l’altro siamo a 1.32 contro il dollaro. A quale cambio deve scendere l’euro per far riprendere il settore manifatturiero?

lampo
Scritto il 20 Marzo 2012 at 07:42

Gaolin ottima sintesi e descrizione della situazione.

Credo però che la consapevolezza della delicata situazione in cui ci siamo infilati stia aumentando sia tra gli operatori economici (che la vivono in prima persona) che tra gli italiani (che quasi tutti oramai hanno un parente o conoscente in cassa integrazione… senza prospettive future).

Spero solo che l’aumento del bisogno di uscire da questa situazione aiuti gli italiani a dipanarsi da questa spirale economica ed industriale negativa… e idee per ricreare progressivamente “la torta” che descrivevi.

D’altronde siamo un popolo che da’ il meglio di sé… proprio nelle situazioni di maggiore difficoltà.
Chissà se lo siamo ancora!

Scritto il 20 Marzo 2012 at 09:02

lampo,

Ehilà Lampo! Tutto ok? 🙂

gaolin
Scritto il 20 Marzo 2012 at 11:10

gainhunter,

Dici bene che un’uscita dall’Euro costituisce un’incognita gravida di incertezze, incognite e pericoli.
D’altra parte la situazione della competizione economica internazionale vede l’Italia con 2 svantaggi ENORMI.
Uno è essere nell’Euro, la cui parità monetaria, rispetto alle altre valute, è determinata dalla forza dell’economia tedesca che ha costi di produzionee del sistema paese complessivamente inferiori ai nostri.
Secondo e più importante è il valore del RMB cinese. La People Bank of China ogni santo giorno, escluso sabato e domenica per ironia, lavora per tenere assurdamente basso il suo cambio rispetto al USD e di conseguenza rispetto a tutt ele altre valute.
Ciò determina la messa fuori mercato di tutte le economie che non sono in grado di proteggersi in qualche modo. Quella italiana è fra queste, anzi è una di quelle maggiormente colpite.
Se non capiamo almeno questo, la strada dell’uscita dall’Euro per l’Italia è segnata comunque, è solo questione di tempo, poco ormai.
In questo caso sarà ancora più catastrofica.

lukeof
Scritto il 20 Marzo 2012 at 13:34

gaolin@finanza,

Mi pare pero’ di capire che esista un problema “oggettivo” di fondo che esula anche dalla ns. partecipazione all’Euro. Ovverossia che “anche” uscendo all’Euro (con tutti gli sconquassi che se ne determinerebbero) l’impossibilità di porre dazi doganali alle merci cinesi rimarrebbe comunque.

Quindi non so se nel rapporto costi/benefici una “svalutazione competitiva” della ns. eventuale nuova moneta ci porterebbe ad una rinnovata competitività rispetto al pianeta Cina stante il fatto che la valuta cinese continua a rimanere anormalmente sottoquotata. La differenza “specifica” non credo possa essere colmata da una svalutazione. E’ vero che si tratterebbe in ogni caso di una “boccata d’ossigeno”, ma non so se la situazione piu’ o meno catastrofica in cui ci troveremmo uscendo dall’Euro (sopratutto per quanto attiene al debito privato, che ricordo è a rischio valuta contraente e non banca e quindi rimarrebbe denominato in Euro) potrebbe controbilanciare in negativo i benefici apportati dall’uscita. Non è uno scherzo uscire dalla moneta unica.

john_ludd
Scritto il 20 Marzo 2012 at 14:12

gaolin@finanza,

Scrivi:

“Uno è essere nell’Euro, la cui parità monetaria, rispetto alle altre valute, è determinata dalla forza dell’economia tedesca che ha costi di produzionee del sistema paese complessivamente inferiori ai nostri.”

Supponendo che sia vero dovresti però scrivere anche perchè i tedeschi sono più competitivi e se questo cambierebbe e x quanto se l’Italia tornasse alle svalutazioni competitive. Ho purtroppo abbastanza anni x ricordarmi l’antica tattica. Funzionava x un paio di anni, qualche imprenditore piccolo o grande faceva cassa (in valuta pregiata estera che lasciava sul posto) e i lavoratori si impoverivano. Poi non funzionava più e si ricominciava con politici di tutti i colori a difendere questo tipo di azione che ritengo scellerata. Quindi perchè la Germania sì (e la Svezia e la Danimarca dove esistono stati sociali costosi) e l’Italia no ? Perchè la risposta è qui. Altrimenti il paese più competitivo del mondo sarebbe semplicemente quello dove si paga meno il lavoro. Però non è così.

gainhunter
Scritto il 20 Marzo 2012 at 19:47

gaolin@finanza,

Scusa, ma non capisco una cosa: la manifattura italiana per produrre consuma energia, e l’Italia importa molta energia perchè quella che produce oggi non è sufficiente. Se l’Italia svaluta la lira in realtà aumenta i costi di produzione dovuti al consumo di energia, quindi c’è la concreta possibilità che i vantaggi dati dal “dumping” italiano (perchè per contrastare il dumping cinese l’Italia deve iniziare a fare dumping anche lei…) siano compensati dal maggiore costo energetico, col risultato che il debito aumenta, le partnership con i paesi UE saltano e la competitività che dovrebbe rilanciare il solo settore export resta solo un sogno.
Sono farneticazioni?

Un’alternativa, visto che il problema non è solo l’euro, e che l’euro tutto sommato sta scendendo, è questa: si prendono tutte le norme UE e gli accordi WTO che non ci vanno bene, si va nelle rispettive sedi e gli si dice: “Signori, o si cambia questo e quest’altro oppure noi ce ne andiamo, semplicemente perchè l’Italia non può fallire in nome dell’UE o del WTO”, mantenendo l’euro e rispettando le regole che ci piacciono.
Sarebbe ancora meglio accordarsi con altri paesi che hanno gli stessi interessi dell’Italia e ribaltare la maggioranza tedesca in sede UE (visto che è la Germania che ha i maggiori interessi in Cina), in modo da mettere dazi e attivare politiche protezioniste. L’ho già scritto più volte, i costruttori europei di automobili si sono salvati 20 anni fa grazie al contingentamento, e l’UE ci ha guadagnato tante belle fabbrichette nuove in Europa.
E’ fantascientifica l’ipotesi di rimettere le dogane e bloccare tutto il made in China che supera un certo quantitativo?

gaolin
Scritto il 20 Marzo 2012 at 19:51

lukeof@finanza,

john_ludd@finanza,

In poche righe di commento non è possibile fare un discorso compiuto.
Il problema della competitività dell’economia italiana ormai decaduta ha varie cause, in buona parte endemiche.
Sta di fatto che adesso è così e bisogna fare qualcosa per ripristinarla.
Con provvedimenti che potrebbero avere qualche effetto fra 4-5 anni non basta, anche perchè gli altri non stanno fermi ad aspettare che le nostre terapie curino la malata Italia.
Qui ci vuole una cura shock che dovrebbe essere un mix di svalutazione, non eccessiva circa 15-20%, di contenimento dei costi della spesa pubblica, in particolare quella improduttiva e clientelare, ad esempio con un haircut del costo del personale delle amministrazioni statali medio del 20-25% e una dose da cavallo di sana gestione del pubblico denaro dove chi esercita il malaffare viene moralmente e praticamente espulso da ogni possibilità di nuocere in futuro.
Se ce la facessimo a fare ciò, l’ormai famoso spread con il bund tedesco andrebbe a zero.
Purtroppo credo si tratti di un sogno.

Il discorso Cina invece andrebbe preso in altro modo, iniziando a capire bene il fenomeno Cina che è un paese troppo diverso dall’occidente. Finchè lo giudichiamo e lo valutiamo secondo i nostri parametri non andremo da nessuna parte e la Cina vincerà, malgrado le loro immani bolle.

gaolin
Scritto il 20 Marzo 2012 at 20:17

gainhunter,

La componente energia è certamente un costo importante ma non decisivo nella gran parte dei settori manifatturieri.
Il discorso dazi è arcicomplicato da gestire in comune con altri stati.
Più importante di tutto è il controllo della parità monetaria che ci può essere solo con una moneta sovrana.
La Cina lo sa talmente bene che mai e poi mai lascerà che la nostra finanza possa entrare in Cina e compiere i disastri che sappiamo.
I cinesi nella finanza sono capaci di farne altri ma per conto loro. In ogni caso ben legati ai beni reali.

gainhunter
Scritto il 20 Marzo 2012 at 20:43

gaolin@finanza: Il discorso dazi è arcicomplicato da gestire in comune con altri stati.

Invece come la vedi l’uscita dall’UE e dal WTO ma non dall’euro, e l’adozione di dazi (a livello nazionale) variabili in funzione del cambio, in modo da avere di fatto un cambio 1:1 con il renmimbi e allo stesso tempo un cambio 1:1 con l’euro?
Voglio dire, se è il renmimbi che è fuori logica, perchè dobbiamo “sputtanare” i rapporti con “tutto il mondo ex-Cina” per correre dietro alla Cina? Mi suona un po’ come la gara a chi stampa di più delle banche centrali…

ob1KnoB
Scritto il 21 Marzo 2012 at 10:33

Ho un amico. Mi sorprende sempre per la sua geniale follia. No logo ante-litteram e visionario ed ha una sua filosofia:

Libera circolazione alle idee (no copyright) no alla libera circolazione delle merci.
No alla pubblicita’.
No alla concentrazione di ricchezze (limiti alla trasmissione tra generazioni).

wto, evasione fiscale, art18 (?), non sono espressione dello stesso meccanismo di concorrenza sleale?

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