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ITALIA: competitività, economia reale e crescita economica
GUEST POST: uno sguardo oggettivo sul Bel Paese by Gaolin
Dopo tanto parlare di finanza, focalizziamoci un po’ sull’economia reale che riguarda l’Italia.
Il nostro DT, con il suo ottimo team e con i suoi appassionati collaboratori del blog, ci tiene quotidianamente bene aggiornati sugli accadimenti che si succedono nella nostra finanza nazionale inserita nel contesto globalizzato, con grande competenza, obiettività e realismo.
I miei post di solito affrontano la realtà economica da un osservatorio diverso, quello di chi opera da sempre nell’economia reale, fatta di gestione di strategie d’impresa, di risorse umane, di investimenti in tecnologie produttive, di ricerca di nuovi mercati, di nuovi prodotti, di finanza aziendale e, lo metto per ultimo, di competitività nel mercato globalizzato.
Da queste esperienze e da qualche fatto di vita vissuta in prima persona, cerco di presentare ai lettori di I&M delle interpretazioni delle vicende riguardanti l’economia reale italiana, emblematiche di ciò che è già successo, succede e purtroppo succederà nei prossimi anni nel nostro paese.
Questa volta lo spunto lo traggo da una visita che ho avuto modo di compiere la settimana scorsa presso un’azienda del settore alimentare. Settore ancora d’eccellenza del Made in Italy. Trattasi di un’impresa artigiana dove 2 soci con altri 12 dipendenti producono e commercializzano una fra le tante specialità che ingolosiscono i frequentatori di ristoranti italiani ed esteri. Il vendere un prodotto veramente “Made in Italy”, nel settore della ristorazione e del food in generale, è ancora oggi nel mondo un plus notevole, sempre più insidiato ma che ancora permette di spuntare sul mercato internazionale prezzi abbastanza remunerativi, grazie al fatto di essere, appunto, Made in Italy.
Ma potrà continuare ad essere sempre così? Vediamo.
Questi 2 signori erano abili cuochi. Un giorno decisero di cedere il loro ristorante, ben avviato in una bella città tedesca, per mettersi in proprio e cominciare a produrre su larga scala in Italia alcune delle specialità, allora vanto del loro locale. Gli affari sono andati bene, grazie alla loro tenace operosità, fatta di giornate di lavoro da 10-12 ore o più ancora oggi, sabati compresi, al loro talento, alla loro onestà. Evito di parlare di sacrifici, perché quando si lavora con passione li si fa volentieri. L’azienda è ora solida, il fatturato è cresciuto e sta crescendo ancora, non in Italia ma all’estero sì.
Si può dire tutto bene dunque.
Non proprio, perché il virus che ha contaminato l’Italia, ovvero la perdita di competitività del suo sistema produttivo nello scacchiere internazionale sta minando il conto economico della loro azienda. Finora hanno cercato di mantenersi competitivi approvvigionandosi per la materia prima dall’estero, o meglio da paesi low-cost, mentre prima era tutto in Italia ma anche questo ormai non basta più e quindi, udite, udite, stanno attrezzandosi per una delocalizzazione della loro impresa, per il momento parziale. Hanno costituito lo scorso anno una società all’estero con un loro fornitore, ubicato in un paese low-cost e hanno iniziato a produrre lì per il mercato locale, oggi ancora molto modesto, gli stessi prodotti, con tecnologie dove la manualità la fa da padrona.
Questi 2 signori hanno preso recentemente 2 decisioni molto importanti per il futuro della loro azienda e direi molto avvedute.
Prima decisione
In Italia hanno deciso di fare quello che tutti dicono di fare, anche chi non sa cosa vuol dire, ovvero di ammodernare gli impianti in Italia, automatizzando ancora di più il processo, per produrre di più con lo stesso personale, o magari con qualcuno in meno, cosa più probabile.
Seconda decisione
Hanno deciso che gli impianti vecchi non saranno dismessi ma saranno delocalizzati. Cioè spediti e installati presso la società nel paese low-cost a cui sarà lasciato il mercato emergente dei paesi dell’est europeo, Russia compresa.
Si vedrà nel prosieguo, come andranno le faccende. Molto probabilmente questi signori si accorgeranno che produrre fuori Italia, nei paesi low-cost, garantisce utili percentuali che in patria da tempo immemorabile abbiamo dimenticato. In un modo o nell’altro questa azienda continuerà prosperare ma per il paese Italia come andrà? Come è andata finora da circa 10 anni, in un crescendo rossiniano . Aziende che chiudono i battenti perché fallite o perché de localizzano. Di questo pernicioso fenomeno, della sua reale dimensione e soprattutto delle cause che lo provocano sembra che i commentatori dei vari talk show, dei maghetti della finanza, dei politici con pochissime esclusioni non vogliano parlare.
In questo periodo si parla tanto di crescita economica, come se fosse una questione di prendere dei provvedimenti di legge in un senso piuttosto che in un altro. Di liberalizzare, di tassare meglio, di far fare sacrifici a tutti, con qualche eccezione ovviamente, che poi saranno ripagati in futuro, quando l’economia si sarà ristrutturata a furia di chiacchiere e ottimismi fuori luogo.
Purtroppo non è, e non sarà così.
Da sempre lo sviluppo di una nazione è possibile quando le condizioni di competitività di in paese consentono alle sue forze più capaci e intraprendenti di sviluppare un business che consenta guadagni in grado di pagare gli investimenti in tecnologie produttive e know-how.
Mi sa dire qualcuno come farà un paese come l’Italia a crescere, o perlomeno a non decrescere
1. se si trova ad avere una pletora enorme di parassiti, alcuni enormemente strapagati, che gravano sull’economia reale, ovvero sui suoi costi?
2. se non esistono indirizzi chiari di politica industriale che ne favoriscano lo sviluppo nei settori, pochi ormai, dove il Made in Italy ha ancora un valore?
3. se, causa l’appartenenza all’EURO, all ‘ltalia non è consentito di azionare la valvola della svalutazione monetaria, per recuperare in un botto solo la competitività perduta?
4. se, piuttosto che prendere immediati e veramente drastici provvedimenti, che in qualche modo ridiano competitività al sistema produttivo italico, si preferisce parlare di un “Cresci Italia” costituito da provvedimenti che, per ben che vada, avranno modestissimi effetti solo nell’arco di 4- 5 anni?
Viene da ridere, anzi da piangere, assistere ai dibattiti televisivi, che poi formano l’opinione comune, dove tutti, a seconda del loro credo ideologico, danno delle ricette che vengono contraddette subito dagli altri. In effetti è proprio così, tutte le ricette che vengono proposte trovano facilmente controindicazioni o vengono smontate per la loro palese inefficacia, almeno nel breve termine.
Nel frattempo negli altri paesi, quelli emergenti soprattutto, ci si perde molto meno in chiacchiere senza costrutto e invece si procede a spron battuto a migliorare ancora di più la competitività delle rispettive economie, con investimenti enormi da noi impensabili sia nel privato che nel pubblico. Nessuno che ha il coraggio di dire e ammettere con forza che:
L’EURO HA ROVINATO L’ITALIA
Non perché di per sé era un male ma per come l’inadeguatezza dei politici italiani e della sua classe dirigente ha fatto perdere questa enorme opportunità, facendola diventare una calamità, una vera e propria sciagura per l’Italia. Purtroppo per l’Italia, quelli che hanno capito o che stanno capendo verso quale precipizio stiamo cadendo prendono i loro provvedimenti, come i 2 bravi imprenditori del food Made in Italy.
Gli altri a discutere accademicamente di crescita e sviluppo ma più che altro a tentare di tirare la coperta dalla propria parte, senza accorgersi che ogni giorno che passa diventa più corta. La finanza, con i suoi influenti esponenti, pensa che con qualche ulteriore tranche di LTRO low-cost si possa tirare avanti lo stesso ma non sarà così. Aumentare i propri debiti non è mai stata una soluzione, semmai il contrario.
Come sempre auguro lo stesso ai lettori di I&M.
Gaolin
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DT
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Non solo delocalizzare le imprese, ma anche i risparmi :-((
Dall’accordo fiscale che non c’è ancora alla “nuova fuga di capitali” verso il Ticino. Come si organizza la piazza finanziaria ticinese, quali le sfide e gli obiettivi, quanto pesano le difficoltà dell’Euro ?
http://info.rsi.ch/home/channels/informazione/info_on_line/2011/12/13–60-minuti-di–Euro-alla-deriva-
😕 ma Berlusconi disse pochi mesi fa che gli italiani sono benestanti, lo si evince dai ristoranti sempre pieni!!
😉
Gigi,
Trattasi di un refuso.
Al posto di “auguro” ci stava auguri lo stesso, nel senso di ugualmente.
EFFETTO DELOCALIZZAZIONE
da leggere per non dimenticare che potrebbe succedere a chiunque
ha ragione Gaolin quando dice che l’euro ha rovinato l’Italia; aggiungerei che sono stati i politici di allora, Prodi in testa, che, per pura presunzione, sono voluti entrare nell’euro sottovalutando del tutto sia i significativi divari tecnologici che esistevano nei prodotti e nei processi produttivi sia le insufficienze delle nostre infrastrutture e dei nostri servizi. Tali disequilibri venivano compensati dagli aggiustamenti della valuta.
In quegli anni ero abbastanza vicino al mondo confindustriale e posso testimoniare che parecchi industriali e imprenditori erano fortemente contrari alla unificazione delle valute nel contesto europeo.
Per onestà devo dire che molta influenza l’ebbe anche la spinta politica degli Usa e di altre potenze occidentali che non gradivano molto una nuova Germania appena unificata senza un minimo di controllo e di implicito legame con gli altri partners europei.
Ma non aspettiamoci, al momento, che i politici attuali e tanto meno l’attuale governo (europeista per principio) tornino sui loro passi; sarebbe necessario che lo scontro fra paesi meno virtuosi (ai quali potrebbe aggiungersi con il tempo anche la Francia) e la Germania si inasprisse al punto tale da provocare una rottura dei rapporti attuali (ad esempio, se continuasse l’ostracismo teutonico verso gli eurobonds).
Non riesco ad immaginare se sarà la Germania e altri paesi virtuosi che tornano al marco, o se ci saranno l’euro A e l’euro B; in questo momento non è importante la soluzione, perchè gli eventi non sono ancora sufficientemente maturi.
Come potrai notare dell’argomento non si vuole parlare seriamente.
Il dogma che ormai bisogna stare nell’euro è oltremodo acquisito da quasi tutti, anche da coloro che ne stanno subendo i tragici effetti.
Sembra che per tutti sia meglio nascondere la testa sotto la sabbia sperando che il peggio tocchi agli altri.
Insomma al mio I Phone a poco prezzo non ci voglio rinunciare e muoia Sansone con tutti i filistei.
siamo un mondo di replicanti dove sono veramente poche le voci che riescono a cantare fuori dal coro. Ho letto commenti di economisti (o presunti tali) che dipingono l’uscita dall’euro come la peggiore disgrazia che ci possa capitare. Secondo me tutta gente che si è fatta violentare dalla finanza così come la finanza ha violentato il mondo nell’ultimo decennio.
Ieri, se non sbaglio, c’era un bellissimo e quasi commovente commento di L.b.Chase allegato al post di Dream “Austerity sotto accusa”…purtroppo quella descritta da Chase è la pura realtà !!!! se ci aggiungiamo, poi, l’invasione cinese..!!
Certo che di inesattezze se ne leggono, l’euro ci ha rovinati, ma finiamola, bastava avere con un introduzione dell’euro un listino al al 1 gennaio un doppio listino euro/lire
es:
IL 31 dicembre del 2001 un paio di scarpe costavano 100 mila lire, pari a circa 51€
Il primo gennaio 2002 stesso paio di scarpe costano 160 mila lire pari 82 €, ecco che in questo caso il commerciante disonesto sarebbe andato incontro diciamo ad una sanzione pari al 10% del suo fatturato forse non avrebbe aumentato i prezzi senza motivo.
Questo esempio si può fare per la tutta la filiera del prodotto, cioe dal produttore al consumatore, o in casi di prodotti finiti dal produttore-importatore e poi rivenditore.
Punendo in maniera esemplare i furbi, avremmo tutelato il poetere di acquisto di milioni di persone, e non il trasferimento di ricchezze da molti a pochi, quindi per favore finiamola di cose inesatte palesemente.
L’italia è un paese alla deriva sotto tutti gli apetti
politico
intellettuale
sportivo
etiico/morale
produttivo
sociale
culturale
scolastico
ricerca
educazione
A parte qualche macchia di leopardo dove le cose sono diverse, l’italia è quella descritta
L’euro ci ha messo in ginocchio perchè siamo italiani
Ad onor del vero in tutti, dico tutti, i paesi dell’area Euro è accaduto lo stesso fenomeno di adeguamento prezzi non al cambio effettivo ma con un extra più o meno ampio.
Detto ciò, la tragedia dell’euro non è stata tanto questo fenomeno di maggiorazione prezzi, quanto l’idea folle di unire con una stessa moneta economie profondamente e strutturalmente diverse.
Dopo la sua introduzione, il valore dell’euro, ovvero la parità monetaria rispetto alle altre monete del globo, è diventato quello del paese più forte economicamente e soprattutto industrialmente, cioè la Germania.
Poi, per quanto riguarda l’Italia, è certamente vero che ci siamo illusi di poter continuare a scialacquare come se non più di prima. Questa è la grande colpa dei politici e della classe dirigente del nostro paese.
Oggi siamo al si salvi chi può.
C’è ancora chi riesce a salvarsi alle spalle degli altri, cioè la finanza, chi in qualche modo si dà da fare come i 2 imprenditori e chi, i più, che non riescono a capirci nulla di cosa sta capitando e si scaglia genericamente contro una o l’altra categoria additandola come causa del suo male.
Oggi va di moda, ancora di più che in tempi normali, prendersela con gli evasori che, pur essendo delle persone riprovevoli e da perseguire, con il declino dell’Italia aimè non c’entrano.
Ad amplificare la tragedia dell’euro si è aggiunto quello che allora, al momento della sua introduzione, nessuno poteva immaginare nella sua dimensione, ovvero il fenomeno Cina.
Questo ha stravolto completamente lo scenario della competizione economica mondiale e, a dire il vero, nessuno poteva immaginarne gli effetti nella misura in cui si sono manifestati. Anche questo però, più che una colpa dei cinesi, è meglio definirlo un harakiri di tutto l’occidente.
Qui però andiamo su un altro discorso.
Fa sorridere amaro come la storia si ripete (vedi tessile Biellese). Auguri ai due imprenditori (o meglio ai loro dipendenti, tempo 3/4 anni e li mollano tutti a casa e i due imprenditori con le tasche piene a vivere di rendita come i facoltosi ormai ex imprenditori tessili).
Comunque non è l’Euro che ha rovinato l’Italia ma l’Italia stessa. Accusare una moneta di aver rovinato un paese è come puntarsi una rivoltella alla tempia e sparare e poi dire che è colpa della rivoltella e non di chi ha premuto il grilletto (frase che dico sempre a chi mi dice di quanto erano più bassi i prezzi quando c’era la lira e che è colpa dell’euro se i prezzi sono aumentati 10 anni fa, come se la colpa fosse di un oggetto inanimato e non di CHI ha aumentato i prezzi e di CHI non ha controllato).
Nota personale e priva di alcuna polemica: non comprerei mai e poi mai cibo “made in italy” prodotto in Russia, Cina, sarò anche razzista ma il solo pensiero mi schifa. Un conto è un Iphone o un PC o una cravatta di seta..ma il cibo quello no sorry.