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Il ruolo del debito pubblico nel percorso della crescita economica

Scritto il alle 11:20 da Danilo DT

Quando si parla di due ”mostri sacri” come Reinhart e Rogoff si torna sempre a disquisire sul ruolo del debito pubblico ed il suo ruolo all’interno della crescita economica.
Nelle ultime settimane, moltissimi giornalisti ed economisti hanno attaccato il modello dei due economisti americani. Senza dubbio, i dati che loro hanno illustrato, indicano una correlazione negativa tra debito pubblico e crescita. Ed è anche abbastanza ovvio. Ma resta da dimostrare il nesso causale tra i due fenomeni. Così come l’esistenza di un effetto soglia. Le decisioni di politica fiscale e i limiti della ricerca economica.
Personalmente io sono molto a favore del modello di Reinhart e Rogoff, proprio perché il modello economico basato sul debito resta secondo me senza futuro e col tempo, è destinato a soccombere.
Prendiamo per esempio il folle (secondo me) esperimento di politica monetaria giapponese, un esercizio che rischia di fare danni immani. Secondo voi, la Abenomics cambierà radicalmente l’economia giapponese in modo stabile e strutturale? Secondo me NO.
E credo che anche voi siate d’accordo con me.

In questa sede ospito l’autorevole parere di due professori universitari italiani.

Ugo Panizza: Dirige l’unità di ricerca sul debito e la finanza dell’UNCTAD ed insegna econometria ed economia dello svilluppo al Graduate Institute of International and Development Studies di Ginevra. Prima di entrare in UNCTAD, Ugo è stato Senior Economist presso il dipartimento di ricerca della Inter-American Development Bank, ha lavorato alla banca Mondiale e ha insegnato nell’American University of Beirut e all’Universtià di Torino.

Andrea Filippo Presbitero: E’ Assistant Professor presso il Departimento di Economia dell’Università Politecnica delle Marche.

Ecco il loro contributo sul lavoro svolto da Reinhart r Rogoff con un loro giudizio che merita la giusta considerazione.

L’AFFAIRE REINHART-ROGOFF

Quali sono le conseguenze per la crescita economica di un elevato debito pubblico? (1) È vero che l’economia rallenta quando il debito è troppo alto? La risposta non è semplice, ma è fondamentale per capire se politiche fiscali espansive, che fanno aumentare l’indebitamento pubblico corrente, possono avere effetti di lungo periodo sul benessere e sulla crescita economica.
In una serie di contributi scientifici che hanno avuto molta influenza sul dibattito accademico e politico, gli economisti di Harvard Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff mostrano che esiste una correlazione negativa tra debito pubblico e crescita economica, ma che la relazione non è evidente fintanto che il debito pubblico non supera il 90 per cento del Pil. Nei loro articoli accademici, Reinhart e Rogoff si sono sempre dimostrati molto cauti nel suggerire che una semplice correlazione implichi un nesso di causalità dall’alto debito alla bassa crescita. Ciò nonostante, i loro risultati sono stati spesso utilizzati per sostenere politiche di austerità e rigore fiscale.

Ora una ricerca di tre economisti della University of Massacchussets-Amherst ha evidenziato alcuni errori nei dati utilizzati da Reinhart e Rogoff, scatenando un ampio dibattito, anche mediatico, sulla validità dei loro risultati. Senza entrare nei dettagli, occorre evidenziare che la correzione di questi errori non è sufficiente per ribaltare i risultati di Reinhart e Rogoff. I risultati cambiano solamente se si utilizza una metodologia differente per calcolare la crescita media. Reinhart e Rogoff hanno ammesso che il loro foglio di Excel conteneva alcuni errori, ma sostengono che la loro metodologia per calcolare la crescita media è preferibile rispetto a quella utilizzata dagli economisti della University of Massacchussets-Amherst. Non intendiamo entrare qui nella sostanza della replicabilità e della validità dei risultati di Reinhart e Rogoff. Infatti, riteniamo che la discussione sui loro presunti errori abbia distolto l’attenzione dai problemi principali che si devono affrontare nel caso in cui si voglia identificare il nesso tra debito e crescita.

In un lavoro che precede il dibattito sulla validità dei dati di Reinhart e Rogoff (Panizza e Presbitero 2013) abbiamo passato in rassegna una serie di contributi che studiano il legame tra debito e crescita nelle economie avanzate. Ne emergono quattro aspetti fondamentali che è necessario discutere:

1. la presenza di non-linearità e effetti soglia
2. la presenza di eterogeneità
3. l’identificazione del nesso di causalità
4. la definizione di debito pubblico


EFFETTI SOGLIA?

Mentre è vero che esiste una correlazione negativa tra debito e crescita (le stime suggeriscono che un aumento del debito di 30 punti percentuali è associato a una riduzione della crescita di mezzo punto percentuale), esistono molti studi che mettono in dubbio la presenza di un effetto soglia. In particolare, la soglia individuata da Reinhart e Rogoff in corrispondenza di un rapporto debito/Pil pari al 90 per cento non appare sufficientemente robusta a rigorose analisi empiriche che utilizzano tecniche statistiche sviluppate esplicitamente per modellare relazioni non-lineari, o che si basano su dati provenienti da fonti diverse o riguardanti periodi e campioni diversi (sempre all’interno del gruppo delle economie avanzate).

UNA RELAZIONE UGUALE PER TUTTI?

In genere, gli studi empirici impongono che la relazione tra debito e crescita sia uguale per tutti i paesi. Per esempio, normalmente si ipotizza che un aumento del debito di dieci punti percentuali in Grecia abbia un effetto sulla crescita economica greca uguale all’effetto di un aumento del debito di dieci punti percentuali in Giappone sulla crescita economica giapponese. L’ipotesi può potenzialmente portare a risultati fuorvianti e studi che usano tecniche statistiche che non la impongono mettono in dubbio la presenza di una relazione negativa tra debito e crescita nei paesi avanzati.

CHE COSA CAUSA COSA?

Anche in presenza di una correlazione negativa tra debito e crescita, occorre ricordare che una correlazione non implica l’esistenza di un nesso di causalità (in caso contrario, l’osservazione che vi sono molte persone ammalate negli ospedali, ci porterebbe a concludere che andare all’ospedale faccia ammalare la gente). Il legame negativo tra debito e crescita potrebbe essere dovuto al fatto che un elevato debito pubblico causa un rallentamento dell’economia. In alternativa, la correlazione potrebbe essere il risultato dell’effetto di una qualche altra variabile che simultaneamente determina un alto indebitamento e una bassa crescita. In un precedente lavoro, già discusso su lavoce.info, affrontiamo esplicitamente il legame di causalità tra alto debito e bassa crescita e concludiamo che non esiste, al momento, una prova convincente che il debito pubblico abbia un effetto causale sulla crescita economica.

DI QUALE DEBITO STIAMO PARLANDO?

Infine, c’è un aspetto fondamentale che è alla base della relazione tra debito e crescita, ma che è raramente discusso tra gli economisti. Si tratta della definizione di debito pubblico.
A fine 2012, il debito lordo italiano era pari al 127 per cento del Pil, ma il debito netto era 30 punti percentuali in meno. Allo stesso tempo, una misura del debito che include tutte le passività implicite del governo (soprattutto legate al pagamento delle pensioni) fornirebbe un rapporto debito/Pil ben maggiore. Queste considerazioni implicano che non è ovvio quale misura scegliere tra debito lordo e debito netto, se includere solo le passività esplicite ovvero anche quelle implicite e se considerare o no le contingent liabilities (si pensi ai repentini aumenti dei debiti in Irlanda, Spagna e Islanda).


I LIMITI DELLA RICERCA DEGLI ECONOMISTI

I dati indicano inequivocabilmente una correlazione negativa tra debito pubblico e crescita. Tuttavia, la presenza di un effetto soglia oltre il quale il debito è associato a una contrazione considerevole della crescita del Pil e la presenza di un nesso causale tra alto debito e minore crescita sono fatti ancora da dimostrare.
Questa nostra conclusione, basata su un’ampia rassegna della letteratura più recente, non deve essere letta a sostegno di politiche che necessariamente promuovano l’indebitamente pubblico. Né intendiamo sostenere che alti livelli di debito siano senza conseguenze (si veda la discussione inPanizza e Presbitero 2012). Ciò che intendiamo sostenere è la necessità di una consapevolezza dei limiti della ricerca economica in un ambito molto rilevante per le politiche economiche nazionali e sovranazionali. A questo proposito, sottoscriviamo quanto scritto recentemente da Dani Rodrik, secondo cui “Economists would be so much more honest (with themselves and the world) if they acted accordingly – letting their audience know that their results and prescriptions come with a large margin of uncertainty”. (2) Proprio perché riconosciamo il grado di ignoranza e di incertezza che regna in questo ambito di ricerca, auspichiamo che nel futuro nuovi studi contribuiscano a fornire risultati convincenti, specialmente in termini di causalità ed eterogeneità.

(1) Questo articolo è basato su un nostro contributo pubblicato di recente su Vox
(2) Gli economisti sarebbero molto più onesti (con se stessi e con il resto del mondo) se agissero di conseguenza e riconoscessero di fronte all’opinione pubblica che i loro risultati e le loro ricette presentano con un ampio margine di incertezza.

SOURCE: LaVoce

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DT

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