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FOMC: Powell ha imparato la lezione. E si veste da colomba
All’inizio Jerome Powell aveva tentennato. Peccati di gioventù, anche se lui proprio giovane non è. In realtà era giovane come presidente della FED e difatti le sue prime parole, dette senza tener conto della certosina dialettica che il sistema vuole sentirsi dire, avevano subito avuto effetti abbastanza dirompenti, portando una volatilità a cui non eravamo più abituati.
E fu così che il buon Jerome Powell si mette di buona volontà a studiare lezioni di forward guidance, di cui Yellen e Draghi sono maestri, e subito al primo meeting FED si riscatta. In realtà, oggi, non è successo nulla di sorprendente.
Arriva il primo aumento dei tassi (+25 bp) marchiato “Powell” ma rimanendo MOLTO vago e flessibile. Vago e flessibile, pronto a tutto e soprattutto a muoversi a seconda di come reagiranno i mercati e soprattutto il tasso inflazione.
Molto probabile ancora un doppio rialzo nel 2018, forse altri tre rialzi nel 2019 ma tutto dipende.
(…) «la politica monetaria resta accomodante, con ulteriori graduali aggiustamenti, monitorando con attenzione la dinamica dell’inflazione, dove non vediamo chiari segnali di accelerazione. Non è alle viste il surriscaldamento del sistema e quindi non c’è bisogno di una stretta più energica». (…)
Ma tu guarda, il falco si trasforma in docile colomba. E quindi il mercato si ricrede su di lui ed il Dollaro USA, tutto subito forte, prende l’ascensore ed inizia a scendere. Reazioni nevrotiche alle parole dette da Powell.
(…) «L’economia americana gode del migliore stato di salute da dieci anni a questa parte. Le possibilità di recessione non sono molto alte». (…)
Quello qui sopra è il famoso “dot plot” e sintetizza in un grafico dove la FED si aspetta i tassi di interesse a fine 2018 (2%-2,25%), 2019 (2,75%-3%) e 2020 (3,25%-3,50%).
In merito alla crescita economica, invece, si sparge ottimismo a profusione, addirittura con stime sulla crescita PIL migliore delle precedenti attese. Senza però mai raggiungere il famoso 3% che è il target dell’amico Trump. E poi da notare la sapiente agilità (tranquilli, non è “nato imparato”, ci sono persone che lavorano su come dire le cose)con cui a svicolato le mine lasciate dai giornalisti su dazi e Trumponomics. Non è di sua competenza e nei conteggi FED i dazi non hanno influenzato le analisi (Powell dixit).
Powell diventa quindi “figlio del sistema”, si veste della fantomatica “indipendenza” di cui dubitavamo e riprende la strada che la Yellen aveva tracciato. Ed i mercati non possono che gioire di questo perché rappresenta una certezza in più, in un cielo che risulta sempre più carico di nubi. Molto curiosa la sua dialettica sul problema dei salari che non crescono, malgrado un tasso di disoccupazione ai minimi storici.
(…) «Certo con un tasso di disoccupazione al 4,1%, il più basso degli ultimi 17 anni, ci si dovrebbe attendere una crescita delle retribuzioni. In realtà le paghe orarie degli americani stiano salendo lentamente, poiché abbiamo bassi valori di inflazione e di produttività». (…) «La produttività è rimasta molto debole dai tempi della crisi finanziaria. Se guardiamo il valore del 2008, ci accorgiamo che è cresciuta solo un po’ e per rilanciarla occorrono investimenti». (…) [Source]
Domanda: chi era solito chiudere i suoi “speech” con queste parole? Ebbene si, proprio lei, Janet Yellen. Segno che il ruolo è stato ben digerito da Powell che accetta e condivide. Interessante infine l’ultimo accenno alla bolla immobiliare. Che al momento secondo la FED non è un problema. Altro elemento che va a calmierare i mercati. Intanto però resta interessante la correlazione inversa tra oro e Dollar Index.
Il mercato al momento ha fatto la sua scelta. E non è certo il rischio sistemico a condizionarla.
STAY TUNED!