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Criptovalute : nuove armi per la guerra valutaria

Scritto il alle 09:53 da Marco Dal Prà

Mentre i mass media generalisti continuano a sbraitare ai quattro venti che bitcoin e le criptovalute sono lo schema Ponzi 4.0, i pochi che invece hanno capito le potenzialità che nascondono i software delle criptovalute si stanno muovendo seriamente e nemmeno troppo nell’ombra.

Uno di questi è sicuramente il Fondo Monetario Internazionale, che per tramite della sua presidente si è espresso in modo molto chiaro in più occasioni (ne ho parlato in un precedente articolo qui su intermarketandmore), fino alla conferenza tenutasi a Novembre a Singapore, dove Cristine Lagarde senza mezzi termini ha sollecitato i governi a strutturarsi per emettere “criptovalute di stato”.

 

Ma come mai tutta questa fretta ?

Volete sapere perché l’IMF nel 2018 ha battuto più volte sul tasto delle criptovalute di stato ? Il motivo è molto semplice : perché gli Stati Uniti proprio nel 2018 sono entrati in campo con 4 diversi cripto-dollari, tutti legalmente autorizzati, ma soprattutto senza alcun vero concorrente e senza alcun ostacolo.

E qui vi invito a riflettere su quest’ultimo tassello, perché, per come sono congegnati, i cripto-dollari sono dollari che possono circolare liberamente su tutto il pianeta, a tempo zero e senza che dogane o governi possano far nulla per ostacolarli, controllarli o anche tassarli.

Libertà assoluta di circolazione di capitali.

Credete che sia uno scherzo ? No, è una opportunità che offrono gli Smart Contract delle Criptovalute (ne parleremo tra poco).

Trovate che stiamo andando verso l’anarchia ? Dipende dai punti di vista. Per gli Stati Uniti di sicuro questa è un’occasione a dir poco fantastica: rafforzano la loro moneta dandogli un tocco innovativo e delle potenzialità enormi.

Potremmo chiamarlo Dollaro 2.0.

Vorrei comunque staccarmi per un momento dal lato economico e politico e fare un passo indietro per vedere quello che stiamo “ereditando” dal passato per comprendere il presente e cercare di interpretare la strada che ci porta verso il futuro.

 

Il sottostante “Hardware”

Come dicevo in premessa, le criptovalute sono software, programmi, ma si tratta di programmi diversi da quelli che usiamo quotidianamente; in particolare devono erogare dei servizi per 24 ore su 24, quindi per renderli affidabili è necessario dedicare loro degli specifici PC o Server, indipendentemente che sia una persona che lo sta facendo a scopo professionale, oppure lo voglia fare un appassionato con un PC a casa.

Queste macchine generalmente sono chiamate nodi, perché smistano i dati nevralgici della rispettiva criptovaluta. Anzi, più correttamente sono detti full node, perché nel loro hard disk è archiviata tutta la blockchain della criptovaluta che hanno in esecuzione (che vi ricordo essere il database dov’è registrato lo storico di tutte le transazioni).

Ma quanti sono questi PC al mondo ? La risposta è decine di migliaia.

Solo Bitcoin ed Ethereum di full node ne hanno circa 10.000 a testa. Dash ne ha circa 5.000, Litecoin oltre 2000, Tron circa 1500, i Fork di Bitcoin Cash circa 2000, senza contare le diverse centinaia che troviamo in ciascuna cripto delle posizioni più alte della classifica.

Significa che si superano abbondantemente i 30.000 nodi.

Senza tenere conto di tutte quelle criptovalute con tecnologie diverse dalla classica blockchain, dove i nodi non sono facilmente computabili.

Chi continua a ripetere che bitcoin è una bolla o uno schema ponzi, non ha capito le potenzialità che si possono esprimere con tutto questo patrimonio hardware connesso ad internet e soprattutto sparpagliato in tutto il globo.

 

Cosa ci facciamo della Blockchain

Penso di averlo ripetuto fino alla nausea. Una blockchain è un database che contiene uno storico di passaggi di proprietà con tanto di firme digitali, replicato in centinaia di computer sparpagliati in tutto il mondo, cioè decentrato e per questo inalterabile.

La Blockchain è nata per rappresentare un valore con una moneta propria (bitcoin), ma potrebbe essere usata per rappresentare la proprietà di qualunque bene reale: un diamante, un’automobile, un immobile, un’opera d’arte, una borsa griffata, un orologio.

Ma anche una moneta a corso legale.

Attenti che questo è il tassello fondamentale.

 

Le inutili blockchain private

Dire “blockchain privata” è un paradosso, anzi un non senso. Istituire un archivio connesso ad internet e metterlo in mano a pochi soggetti conosciuti (vedi Ripple) non comporta nessun vantaggio. E’ equivalente ad un comune database. Significa che in qualunque momento può essere soggetto a censura, sequestro, blocco, confisca e chi più ne ha più ne metta.

Emettere criptodollari su una blockchain privata quindi non ha nessun senso, perché non andrebbero oltre i confini del proprio paese (potete vedere in proposito il ridicolo esperimento del Petro in Venezuela, dove invece si sta affermando la crypto Dash).

Il discorso cambia se si usano le blockchain pubbliche che hanno le criptovalute come Bitcoin, Ethereum, Dash, Litecoin, e tante altre, che essendo libere e decentrate, non sono localizzabili, non hanno un proprietario e quindi non sono censurabili.

 

La forza delle vere blockchain, pubbliche e decentrate

Immaginiamo ora che una banca privata, oppure anche una banca centrale, decida di emettere token coperti da moneta reale con cambio fisso 1=1 e di farli circolare utilizzando la piattaforma software di una criptovaluta esistente.

Con Ethereum, Cardano, Eos, Waves o altre criptovalute, fare questa cosa è molto semplice, quasi un gioco da ragazzi : basta creare un “programmino” copiandolo da uno dei tanti già esistenti tra i template. Si chiama Smart Contract.

A questo punto abbiamo già la criptovaluta con il nome che vogliamo. Potrei anche io stesso creare il Cripto-Marco e distribuirlo ad amici e parenti: basta che scarichino nel loro cellulare il programma (nel gergo Wallet) che gestisce la sottostante criptovaluta.

Ce ne sono decine, tutti gratuiti, come ad esempio Eidoo, Jaxx o Exodus. Non devo nemmeno fare la fatica di scrivere una APP.

Funziona indipendentemente da dove si trovano; i nodi delle blockchain sono ormai ovunque, com’è ovunque internet.

Grazie alle criptovalute, in pochissimo tempo ho emesso un token che può circolare indisturbato in tutto il mondo, senza limiti e senza frontiere, con la sola differenza che non avrebbe nessun valore in quanto privo di copertura, ma funzionerebbe nello stesso identico modo.

 

Ma chi controlla ? Non c’è il rischio truffa ?

Per gli organi di controllo americani che hanno autorizzato i criptodollari durante il 2018 (Gemini, Paxos, TruUSD e USD Coin), monitorare i soggetti privati che emettono queste criptovalute a valore stabile, cioè Stablecoin, è un gioco molto semplice.

Dato che hanno tutti e quattro utilizzato la blockchain di Ethereum, che è pubblica, basta accedervi per vedere quanti Token sono stati emessi con il corrispondente Smart Contract. Qui ad esempio potete vedere, tramite il portale Block Scanner di Ethereum,  quanti “criptodollari” ha emesso la società Gemini dei gemelli Winklevoss (quelli famosi per la causa con Mark Zuckerberg).

Confrontando questo numero con il corrispondente ammontare di dollari depositati nella banca autorizzata, il regolatore verifica immediatamente se la società emittente si sta comportando correttamente o meno. Un’operazione impensabile con qualunque altra tecnologia.

 

I vantiggi delle criptovalute

Abbiamo quindi capito che le criptovalute offrono una nuova via alle valute di stato: potranno spostarsi in tutto il mondo senza muoversi dalla banca che le tiene a copertura ma danno libertà di movimento “assoluta” a chi le detiene.

Ad esempio un cittadino americano può versare un milione di dollari alla società Circle, tramite l’exchange Coinbase, ed avere nel suo smartphone il corrispondente milione di criptodollari (che si chiamano USD Coin), praticamente al portatore.

Può anche imparare a memoria la password (solitamente è una sequenza di 12 parole inglesi) e cancellare il programma dal cellulare. Sarebbe impossibile dimostrare chi ha quel milione di dollari.

In questo modo, viaggiando per il mondo, alla dogana non dovrà dichiarare mai nulla, ma rientrerebbe immediatamente in possesso del suo milione di Dollari installando nel suo cellulare una App-wallet, collegandosi ad internet e ricaricando la sua password.

Ora può usarli per comprare una casa a Singapore, un pacchetto di sigarette al Cairo o per pagarsi una vaganza alle Maldive. Sempre che li accettino, direte voi, ma a parte la seccatura di dover scaricare un wallet, restano sempre dollari garantiti dallo stato americano.

Dollari che imprese e cittadini di tutto il mondo si possono scambiare molto facilmente, grazie all’infrastruttura che offrono le criptovalute, che hanno costi trascurabili per ciascuna transazione e velocità dei pagamenti nell’ordine di qualche minuto.

Concorrenza allo stato puro per il mondo bancario .

E ricordo che i software sono tutti già disponibili, funzionanti, collaudati e gratuiti. Senza contare il discreto livello di anonimato, visto che le operazioni restano sempre tracciabili ma per avere un wallet non servono né procedure AML né KYC, quindi sono come libretti al portatore.

Significa che li potranno usare anche i cittadini del terzo mondo che non possiedono documenti sufficienti per aprire un conto in banca, oppure nei luoghi coperti da internet ma dove le banche non ci sono.

Questa, a mio modo di vedere, è un’arma più potente di una bomba atomica.

Vi ricordo inoltre che da mesi stanno circolando i nomi di Amazon, Facebook, Telegram, Whatsapp ecc.. in pratica gli Stati Uniti piazzeranno i cripto dollari nelle nostre tasche, nel nostro cellulare… senza che ce renderemo nemmeno conto.

Nel 2018 davamo il dollaro per moribondo: le criptovalute lo stanno portando ad una nuova vita.

Sarà questione di tempo, ma chi non si allinea sarà condannato all’oblio. Euro compreso.

 

2 commenti Commenta
r.o.i.
Scritto il 31 Dicembre 2018 at 14:07

Solo per conversare…:
…se ho capito bene il tuo pensiero sull’argomento, naturalmente le diverse cripto-monete sarebbero sempre “coperte” dalle varie valute nazionali (nell’esempio US$).-
Quindi rientrerebbero comunque nel processo moltiplicativo e condizionante di derivazione Keynesiana e, pertanto, controllato all’origine dalle banche centrali, o mi sbaglio?
Se è così verrebbe esclusa comunque a priori qualsiasi forma di “anarchia quantitativa” al momento dell’emissione e regolazione della base monetaria, ma la moneta cambierebbe solo “faccia” nel processo di ‘operazioni di mercato aperto – circolazione’, mantenendo salvo il controllo del rapporto M3 previsto e GDP.- Ho capito bene?
Certamente se i principi dell’economia e politica monetaria vengono salvaguardati ex ante si aprirebbero prospettive difficilmente raffigurabili a priori nella loro potenzialità.-
I miei migliori auguri di buon anno nuovo a te ed agli amici del blog.-

Scritto il 31 Dicembre 2018 at 16:11

r.o.i.@finanza,

Corretto. Aggiungo che i 5 crypto dollari attualmente circolanti, sono tutti emessi da società private, che si impegnano a coprire le emissioni di nuovi token con i versamenti degli utenti. Quindi nessuna interferenza con le attività delle Banche Centrali e con le masse monetarie, che restano inalterate.
Ricambio a te gli auguri di buon anno e a tutti i lettori.

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