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Cina-USA-Germania-Italia: il confronto

Scritto il alle 14:08 da gaolin@finanza

Come titolo di un post immagino incuriosisca più di qualcuno. L’obiettivo è di proporre delle considerazioni sullo stato delle rispettive economie reali, evidenziandone alcuni punti di forza o di debolezza e le possibili evoluzioni future in contesti stabili o in mutamento.

Obiettivo quanto mai arduo.

Tali e tanti sono i fattori che interagiscono che si rischia di andare in confusione. Però io tento lo stesso, cercando di non allargare troppo le analisi, poi vedremo cosa ne pensano i lettori interessati a dire la loro sull’argomento.

L’economia reale è fatta di aziende che producono beni e servizi utili a tutti. Sono attività che producono valore aggiunto vero, di solito anche tangibile e, normalmente, dà lavoro e un elevato numero di persone. L’economia reale ha oggi però  pochissimo appeal perché normalmente non assicura facili guadagni. Per guadagnarci bisogna lavorare sodo, sempre, senza sosta e si rischia molto, in tutti i sensi.

Forse anche per questo motivo, noto che di quanto sta succedendo, proprio nell’economia reale, in fondo se ne parla poco. Gli eventi che vi succedono raramente sono eclatanti e, anche quando lo sarebbero, l’interesse che suscitano è molto meno di un piccolo scandalo di provincia. Delle glorie o tragedie della finanza globalizzata invece si legge dappertutto e, a furia di parlare di andamenti delle borse, per i più sembra che l’economia sia tutta lì.

Per entrare nel tema, visto come penso si svilupperanno le faccende di questo mondo, le considerazioni sulla Cina le lascio per ultime, anche perché la Cina non ne vuole sapere per il momento di essere considerata la potenza economica numero 1, nonostante tale sia, se valutassimo il suo PIL sulla base del potere d’acquisto interno.

Per il momento la Cina si accontenta di essere solo la candidata al massimo gradino del podio. Per i cinesi, meno all’estero si parla dei loro successi, meglio è. All’interno invece non c’è organo d’informazione ed evento che non esalti i grandi progressi industriali e le imponenti realizzazioni infrastrutturali che in quel paese si sfornano a getto continuo e inimmaginabile da ogni occidentale.

Godiamoci invece per un momento questa simpatica vignetta, tratta da altro blog, dove i 4 Re Magi, che portano i doni al Salvatore, potrebbero essere:

La Cina che porta l’oro

La Germania che porta l’argento (scusate il cambio di prodotto)

L’Italia che porta l’incenso

Gli Usa che portano il resto

USA

Se parliamo di industria manifatturiera, possiamo dire che negli USA ormai non esiste più, mentre un tempo era fortissima. Fino agli anni 90, una buona parte delle novità tecnologiche che apparivano sui mercati erano Made in USA e possiamo anche dire che la crescita economica di questa nazione fino ad allora si era  basata su questo settore economico, facendo sì che i prodotti Made in USA fossero sinonimo di innovazione e qualità.

Oggi invece, escludendo gli alimenti, la grandissima parte dei prodotti che gli americani usano e consumano sono di provenienza straniera, prevalentemente asiatica, con la Cina che ormai la fa sempre più da padrona.

Perché è successo questo?

Molteplici le cause e la sequenza degli eventi.

  • Il benessere rende le persone meno propense a essere operose. I lavori faticosi, impegnativi, stressanti tendono ad essere evitati e lasciati ad altri, finchè ce ne sono.
  • Il benessere crescente modifica continuamente i modi di consumare. Crea nuovi bisogni, di solito sempre più tendenti al ludico e sempre più lontani dal vivere secondo e nel rispetto della natura.
  • In un’economia che gira forte si creano patrimoni notevoli, che poi determinano l’esigenza di essere remunerati, ovvero investiti.
  • Si viene a scoprire che investire nell’economia reale, se le condizioni di contorno diventano man mano meno favorevoli, è sempre più rischioso e meno remunerativo.

Insomma piano piano l’economia si trasforma. Da prevalentemente manifatturiera diventa sempre più di servizi e, fra questi, quelli finanziari assumono sempre più rilevanza.

Insomma si passa alla finanziarizzazione dell’economia. Dove i soldi si fanno con i soldi con una sorta di meccanismo perverso che, per stare in piedi, necessita che venga attribuito sempre maggior valore ai beni tangibili, sottostanti ai prodotti finanziari.

Se poi, come è il caso degli USA, si gode di un privilegio unico, ovvero di avere una moneta che è  quella di riferimento per le quotazioni e gli scambi internazionali, si diventa banca centrale universale, con la possibilità di consegnare, con un semplice clik, carta in cambio di beni reali e tangibili.

Insomma siamo arrivati in questo paese, in un numero di anni tutto sommato ridotto, al completo stravolgimento dei sani principi economici, che sono stati alla base della creazione della grande nazione americana, che ancora oggi riteniamo essere la potenza numero 1.

Contemporaneamente il vero potere in questa nazione e conseguentemente nel mondo è passato totalmente nelle mani delle oligarchie finanziarie vecchie e nuove che, attraverso il controllo dei media globali, riescono a convincere quasi tutti, attraverso la confusione e la manipolazione delle informazioni,

  • che il mondo di oggi non può funzionare in modo diverso,
  • che l’economia globalizzata è una via senza ritorno,
  • che le voragini create dal sistema finanziario devono essere pagate, non da chi le ha create o ne ha tratto vantaggio ma dagli altri,
  • che vivere di speculazione è molto più nobile che vivere di un lavoro dove si fatica un po’,
  • che finché si trova uno che lavora per te va benissimo a tutti,
  • che  addirittura è normale che l’interesse di pochissimi causi disastri per tantissimi,
  • che il povero è lui stesso causa del proprio malessere e così via.

Però tutto ciò ha minato profondamente lo stato di salute dell’economia USA perché oggi la situazione in cui versa è a dir poco allarmante. La delocalizzazione produttiva, spinta, provocata e anche voluta dalla politica del dollaro forte, ha praticamente smantellato tutto l’apparato industriale manifatturiero americano. Con esso sono scomparse la gran parte delle professionalità, degli operatori economici che hanno creato le grandi/medie/piccole aziende produttive manifatturiere che davano lavoro e benessere diffuso.

Oggi le zone industriali americane di un tempo sono dei cimiteri che a percorrerli viene gran tristezza e sconforto. Ritornare agli antichi splendori è però una missione quasi impossibile, perché ormai nell’americano in giovane età manca lo spirito e la disponibilità del pioniere. Vale a dire che di condurre una vita di sacrifici e di rischi, come si richiede per un bel po’ a chi vuole intraprendere, non sollecita più negli USA.

Non parliamo poi della situazione della finanza americana, di cui si dibatte già moltissimo dappertutto e non serve certamente aggiungere altro. Chi vuole sapere oggi sa come stanno le cose, nonostante il bombardamento mediatico di notizie pseudo rassicuranti.

Insomma, anche se pare inconcepibile, gli USA sono decisamente ormai sulla strada del declino irreversibile. Quello che non è dato sapere è quanto sarà repentino.

GERMANIA

Be’, questo paese ha un grande vantaggio: è popolati da tedeschi, che bisogna ammetterlo sono un popolo con grandi qualità, rimaste in buona parte ancora intatte.

Ha complessivamente il senso dell’ordine e della disciplina, del vivere civile nel rispetto degli altri, non si è ancora assuefatto al malaffare, ha un innato orgoglio nazionalistico che, se non sfocia in eccessi, è un grande punto di forza.

Tanto ci sarebbe da imparare dai tedeschi, visti anche i risultati che ottiene la loro economia reale. La Germania riesce ad attuare politiche di sviluppo, grazie alle visioni lungimiranti che contraddistinguono le politiche economiche che i governi e le istituzioni nazionali e locali di questo paese hanno adottato. Questo pur in questo contesto di esasperata competizione globale, completamente alterato dall’avvento della Cina e dall’imposizione di fatto delle sue non regole.

La Germania ha perso molto della sua vecchia industria manifatturiera a favore prima dell’Italia e di altri paesi e poi della Cina. Ha saputo però percorrere decisamente la strada della qualità ai massimi livelli, il che le ha permesso di preservare quasi in ogni settore una ancora discreta presenza che, oltre che attualmente, potrà tornare utile prima o poi. Ha saputo ben preservare i propri marchi industriali. Tanti di questi sono diventati veri e propri centri di distribuzione di produzioni delocalizzate in Cina ma con livello di qualità tedesca.

La Germania ha in tutti i modi favorito lo sviluppo della ricerca diffusa. Cioè non solo di quella in capo alle grandi aziende, che già fanno questo come attività normale ma soprattutto quella che nasce nei più imprevedibili luoghi, nelle piccolissime aziende o nella testa di qualche geniale inventore con il pallino della tecnica nel sangue. Se hai una buona idea, in Germania è facilissimo trovare finanziamenti per un progetto di ricerca e successiva industrializzazione. I tedeschi sono talmente astuti, diciamo così, che se ci va uno straniero a chiedere finanziamenti lo accolgono a braccia aperte. Basta dimostrare di avere un buon progetto ed essere persone serie. Per i furbetti non c’è gran spazio, purtroppo per loro.

La Germania applica in modo sistematico nelle aziende il miglioramento continuo e. grazie a ciò, i suoi prodotti sono sempre un gradino sopra agli altri. In questo modo riesce a vendere bene, nonostante i prezzi siano fra i più alti, spesso più  del valore della differenza rispetto ad altri. Poi, dulcis in fundo, la Germania è  riuscita in modo mirabile a rendere l’area EURO economicamente a misura del proprio sistema economico-produttivo. La Germania, oltre a tutto il resto, vende alla  grande prodotti Made in Cina, di cui è grande importatore e conseguentemente grande riesportatore, nell’area EURO ma non solo.

Questo ruolo ha fatto sì che, agli occhi dei cinesi, la Germania sia considerata un partner privilegiato a cui si concedono favori speciali, quali maggiori facilitazioni all’insediamento di industrie tedesche in Cina, meno restrizioni per i prodotti Made in Germany da importare in Cina, consultazioni frequenti fra i governi per meglio definire le politiche economiche di interesse comune.

Politiche che vengono perseguite e attuate poi nei fatti attraverso la presenza diffusa  in Cina di istituzioni tedesche pubbliche e private, che operano con ottima professionalità  ed efficienza in favore del proprio sistema industriale.

Insomma non si può che dire: “tanto di cappello ai tedeschi”.

ITALIA

Dopo  aver descritto come opera la Germania viene veramente la desolazione a fare paragoni con l’Italia.

Qui non si tratta di piangersi addosso e di lamentarsi per quanto la classe politica non fa, per il semplice fatto che in Italia lo Stato è quasi sempre stato assente, nel sostegno e salvaguardia della propria economia reale, soprattutto di quella che compete nell’economia globalizzata. Infatti questa assenza non è un atteggiamento nuovo, è sempre stato così. L’imprenditoria italiana si è  sviluppata da sola, nonostante lo stato si potrebbe dire. Pur in questa sorta di ambiente ostile, l’imprenditore italiano ha dimostrato nel mondo di avere grandi qualità  quali l’inventiva e il dinamismo. Sono caratteristiche di cui noi italiani ci possiamo ancora vantare.

Quello che però oggi ci frega e ci sta portando alla rovina come paese manifatturiero è l’appartenenza a un’area economica dove le regole da rispettare non sono adatte a una nazione come l’Italia, che ha una classe politica che non gode della credibilità dei cittadini.  E’ così purtroppo e c’è poco da fare, ogni paese ha i politici che si merita. Che fare quindi, se si vuole uscire da questo cul de sac? Pur con tutte le controindicazioni che ci possono essere, pur con tutti i rischi a cui si andrebbe incontro, bisognerebbe uscire dall’EURO.

L’Italia, come altri paesi del resto, non può avere la stessa moneta della Germania. La creazione dell’Euro è nata dal grande ideale di amalgamare in senso positivo le economie dei vari paesi europei. A volerla ben vedere credo non ci sia nulla di realizzato che possa essere considerato ben riuscito, salvo il fatto di avere una moneta che consente a tutti i cittadini dell’unione monetaria europea di girarci dentro senza dover sottoporsi al fastidio del cambio valuta e di avere reso gli scambi commerciali interni molto semplificati.

Per il resto l’Italia si è ingessata. Avendo perso la propria sovranità monetaria ha perso soprattutto la possibilità di porre rimedio alle ripercussioni sulla propria economia dei disastri della finanza globalizzata e dell’inettitudine conclamata della propria classe politica e della pubblica amministrazione che le fa da contorno. Nonostante spesso si consideri la buona tenuta di alcuni settori economici che, nonostante tutto, continuano a esportare, è meglio non farsi grandi illusioni di ripresa vera, anzi. Piuttosto che illudersi sarebbe molto meglio seguire l’andamento della moria delle imprese, che continua inesorabile e che nelle attuali condizioni di competitività internazionale è destinata a non arrestarsi, se non a completo smantellamento. USA docet.

CINA

Qui è tutta un’altra aria, un’altra storia.

  • Classe politica molto preparata e lungimirante, .
  • Imprenditoria dinamica e intraprendente, che si sente tutelata e accompagnata dalla propria dirigenza politica.
  • Popolazione disciplinata e operosissima, come da noi non si sa più cosa voglia dire.
  • Poche regole e lacci che possono frenare lo sviluppo economico.
  • Il NUMERO: oltre 1.300.000.000 (milletrecentomilioni) di cittadini, orgogliosi di essere cinesi.

Che vuoi di più?

Un mix micidiale, in grado di stroncare chiunque nel lungo termine, tedeschi e giapponesi compresi, se lo sviluppo dell’economia mondiale continuerà con le attuali regole/non regole, praticamente tutte in favore della Cina.

Caso mai qui c’è il problema di come rendere più equilibrato questo sviluppo impetuoso,  non comprensibile nella sua misura per un occidentale, abituato ai ritmi, ormai da fiacca costante, delle nostre economie mature. In effetti in Cina stanno esplodendo delle belle bolle, una è quella immobiliare che è immensa, un’altra è l’eccesso di capacità produttiva, che potrebbe non trovare sbocchi al momento di una possibile grave contrazione delle esportazioni.

Quest’ultimo è il vero punto debole della Cina e la dirigenza cinese ne è del tutto consapevole. La sua economia è troppo export oriented. Vale a dire che dipende esageratamente dalla capacità del resto del mondo di continuare ad acquistare le loro merci al basso prezzo determinato da un tasso di cambio assolutamente fuori da ogni collegamento con il potere d’acquisto interno della loro valuta. Viene da porsi una domanda: Ma come è  possibile che il resto del mondo ancora non riesca, in qualche modo, a modificare questa enorme stortura, che altera la più elementare regola di convivenza  fra economie che vogliono fra loro interagire?

La risposta non è difficile. L’industria manifatturiera cinese ha fuori casa formidabili alleati. Sono le lobby delle grandi multinazionali della distribuzione occidentali che hanno potuto divenire sempre più grandi, grazie agli enormi margini che realizzano, comprando merci a bassissimo costo in Cina, per poi rivenderle a prezzi quintuplicati o più negli shopping center, tutti uguali e con gli stessi prodotti sparsi in tutto il mondo.

Società che sono finanziate dalle istituzioni, anch’esse occidentali, che si danno da fare a più  non posso per aiutare la mission principale della Cina che vorrebbe, prima di una vera rivalutazione del CNY, aver completamente smantellato quel po’ che resta dell’industria manifatturiera occidentale. Per coloro che hanno la voglia di seguire i dibattiti che ci sono in Cina, sul problema del dumping valutario, che praticano con sistematica quotidiana determinazione, è interessante capire il loro atteggiamento/ragionamento che è riassumibile come segue:

  1. I cinesi non lo chiamano dumping valutario ma mantenimento di un valore “stable” del cambio CNY/USD
  2. Dicono di aver già provveduto a rivalutarlo di ben il 20%, dal 2006 al 2008, per poi non toccarlo praticamente più fino ad oggi.
  3. Dicono che la manodopera da loro è nominalmente aumentata più che in occidente e che la Cina non può permettersi di diminuire troppo la propria competitività nei mercati mondiali, visto che ha lì vicino dei competitor che potrebbero insidiarla. Ne varrebbe della stabilità politica della Cina, bene supremo da assolutamente mantenere.
  4. Dicono che anche se praticassero oggi una rivalutazione moderata del CNY, negli USA e anche negli altri paesi non ci sarebbe giovamento per le popolazioni perché si verificherebbe solo un incremento dei prezzi al consumatore, oltre che il maggior costo delle importazioni.

Insomma quando affrontano l’argomento la conclusione obbligatoria dei dibattiti cinesi è che va bene così. Che cavolo vogliono questi occidentali. Lavorino di più  e a costi più bassi, in modo che i loro beni costino meno, altrimenti zitti e continuate a comprare a più non posso.

Sui vari punti sopra c’è poco da dire, fanno i loro interessi.

In pratica ci prendono in giro, ben sapendo di averci messo il cappio al collo. Anche sul punto 2 si dimentica volutamente di dire che dal 2006 a oggi la produttività per addetto in Cina è fortemente aumentata. Per chi non lo sapesse ben di più del 20%. Per esperienze personali posso dire che è aumentata almeno del 30-35 % e che è migliorata di molto pure la qualità dei loro prodotti, grazie alle nostre utili indicazioni.

Per non annoiare evito di dirne altre e pongo una domanda:

C’è qualcuno che dubita che la CINA sia già la potenza economica NR 1?

Gaolin

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38 commenti Commenta
andrea.mensa
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 14:35

bellissima analisi, gaolin, nemmeno una virgola fuori posto !!

Scritto il 15 Febbraio 2011 at 14:44

Ebbene si, un plauso a Gaolin, sempre chiaro, diretto ed efficace. Un’eccellente voce indipendente che conosce la Cina come pochi, essendo un “cinese” di adozione (per lavoro, of course…) 🙂

maurobs
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 14:46

analisi lucida e spietata per quanto vera§§!!!!!

fabio1
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 14:49

Davvero complimenti Gaolin !
Le tue analisi sono davvero esemplari per chiarezza e profondità nel tempo stesso.

Scritto il 15 Febbraio 2011 at 14:49

credo sia giusto condividerla con gli amici, magari usando facebook. Quanti sono quelli che conoscono la realtà delle cose? Pochi…secondo me….

bergasim
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 15:11

scusa gaolin, mi sembra che ci sia qualche piccola discrepanza in quello che sostieni:

1 Quali sono le condizioni lavorative dei lavoratori cinesi ? ( da un servizio visto sulla rai anni fà non mi sembrerebbero molto buone ),

2 In cina è presente un REGIME corrotto fino al midollo ( modello egitto), il quale deve mantenere un tasso di crescita x, per mantenere lo status quo, naturalmente con enormi guadagni per la classe dirigente,

3 Taroccamento dei dati, come sostenuto anche dall’attuale vice premier cinese in passate esternazioni ( provincie cinesi che sovrastimavano i dati oltre gli input governativi, già sovrastimati), per avere un idea, basta leggere l’ultimo dato sull’inflazione cinese ampiamente taroccato, riducendo il peso dei generi alimentari sul cpi o introducendo altri beni, il tutto per rendere il dato sull’inflazione più bassa del previsto,

4 bolla immobiliare

5 prestiti facili

6 Troppa dipendenza dall’Export

7 squilibri di reddito enormi, 22 anni di stipendi per comprare una casa, contro i 6 degli usa, in cina la classe media non esiste.

In conclusione ci andrei un pò più calmo con l’entusiasmo sulla cina, mi sembra ci sia troppa fiducia nella cina, che vorrei ricordare nasce dall’esarcebazione del fenomeno della globalizzazione, creato ad arte e non presente in natura come fenomeno, con il rispetto di semplici regole la cina oggi non sarebbe così forte, ma ciò non toglie che noi occidentali dovremmo essere così ricchi a discapito di paesi poveri, dai quali deprediamo risorse tutti i giorni.

un buon pomeliggio a tutti da belgasim.

bergasim
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 15:15

Se bisogna fare informazione bisogna farla fino in fondo se non parliamo del più del meno,
vorrei vedere una manifestazione modello egitto in cina come verrebbe gestita DALL’ILLUMINATA CLASSE POLITICA, sicuramente con rose e pacche sulle spalle per tutti.
In cina per quanti non lo avessero capito c’è un REGIME.
🙄

mattacchiuz
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 15:22

è si, eccezionale post, indipendentemente poi dalle opinioni di tutti.
ma una cosa credo sia chiarissima

i nostri leader e “pensatori” pagati dell’industria e dalla finanza, ci hanno scavato una gran bella fossa, l’hanno riempita di liquame, e ora ci stanno spingendo dentro!

voi preferite belen o la canalis?

bergasim
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 15:31

mattacchiuz,

Scusa per noi a vai a vivere in cina? magari a pechino l’aria di milano ti sembrera pulita a confronto, poi apri un blog e scrivi le cose che scrivi qui, contemporaneamente sostieni i diritti dei mocaci buddisti, naturlamente senza nessun problema, in ultimo cambi nome da matta a
疯狂.

mattia06
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 15:37

concordo sull’ottimo articolo, complimenti davvero, però ha ragione Bergasim e cioè occhio a esaltare troppo la Cina perchè qualcosa che non quadra con la libertà (passatemi il termine) economica ce l’ha…

bergasim
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 15:39

bernake da la colpa ai blog per aver smasherato le sue cappelle
http://www.zerohedge.com/article/declassified-testimony-bernanke-blames-blogosphere-itemizing-disastrous-consequences-his-act

Anche in cina questo sarebbe stato possibile

mattacchiuz
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 15:43

bergasim,

bergasim, non sto affatto dicendo che la cina sia meglio dell’italia o altro.
ma il post è comunque fatto bene, sia per chiarezza che per contenuti.

e che cmq il lavoro qui e li abbia due significati diversi, mi pare pure chiaro.

poi io la cina, se ti ricordo, l’ho sempre più o meno presa con le pinze, nel senso che non mi fido, non credo ai dati che pubblica e non credo nemmeno possa essere la risposta ai problemi. per il resto si, sono gran lavoratori, pure i qui in italia.

bergasim
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 15:48

mattacchiuz,

Il problema che tutte le volte i report sulla cina hanno lo stesso tono, tutte le volte la classe POLITICA viene definita COME ILLUMINATA, PREPARATA e LUNGIMIRANTE. è ora di dire la verità Babbo natale non esiste neanche in cina, potete raccontare che gli asino volano, bè siete libero di farlo, ma io non posso accettare tali distorsioni su un paese dove la democrazia e la difesa dei diritti non sà neanche dove stà di casa.

Scritto il 15 Febbraio 2011 at 16:13

@ Matta:
io tra Belen e la Canalis mi farei il Gianni Nazionale…

bergasim
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 16:32

be si alla fine ogni volta che si parla di cina, alla fine nessuno interviene, e si parla del nulla, nulla per nulla forza juve.

bergasim
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 16:49

Ansa newss

Il regime del despota dream theater blocca i commenti sul blog, capitan bergasim si farà portavoce presso l’altissima corte di fantasilandia affinchè i commenti vengano sbloccati.
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

hironibiki
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 16:58

“Usa e Germania insieme: nasce la super Borsa. Deutsche Borse e Nyse Euronext insieme creano la piazza finanziaria più grande: sinergie per 300 milioni di euro”
WOW Hanno creato un’altra porcheria!!! Perchè non ne fanno una in pelle? Di borsa intendo :mrgreen:

Comunque se posso mettermi anche io in “nulla per nulla” vorrei citare un’antica iscrizione aramaica ZEN che diceva “Forse il tuono che da lontano giunge, segnala l’avvicinarsi..” e poi non si riesce più a leggere la tavoletta è mancante :mrgreen:

bergasim
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 16:59

hironibiki@finanza,

della tempesta perfetta
:mrgreen:

mattacchiuz
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 16:59

e dai berga… è che alla fine la cina mica la conoscono tutti.

l’unico che ha esperienza diretta mi pare gaolin. io non ne ho, e nemmeno dream, credo… .
poi certo, possiamo sta qui a parlare di corruzione e altro, ma alla fine una cosa è vera: ci stanno inculando con la nostra stessa complicità, e cmq rimangono gran lavoratori

bergasim
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 17:00

io ho la cintura di castita

mattacchiuz
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 17:07

si ma loro hanno il trapano…

bergasim
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 17:11

sp mib +0,78%

1 problemi di stabilità governativa

2 debito sempre peggio

3 fiat, vendite in gennaio -20%, mercato -1,7%

Il tutto è SEMPLICEMENTE ASSURDO E RIDICOLO, con buona pace di chi vede valore nell’equity, semper fidelis a manispeculation.
😆

bergasim
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 17:12

si, ma dopo la cintura ho i tarzanelli a prova di trapano

paolo41
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 17:25

bergasim,

credo che Gaolin si meriti un BRAVO da tutti noi per aver postato un bellissimo commento.
Se poi su alcune questioni “cinesi” ci possiamo mettere a discutere e avere opinioni o interpretazioni diverse, rimane il fatto che le analisi su USA, Germania e Italia sono molto centrate e condivisibili pressochè in toto.
Le conclusioni per noi sono drammmatiche, per cui anche Gaolin, come il sottoscritto dice ormai da quasi due anni, ritiene che l’uscita dall’euro è una delle poche strade che ci rimane da percorrere e il rapporto oggi abbastanza evidente Cina/Germania, al quale è stato accennato nel post, ne è un ulteriore motivo.
Gli USA sono usciti dalla fase post-industriale delocalizzando e insabbiandosi nella finanza, l’Italia è stata capace di distruggere la maggior parte della sua industria vendendola ad altre aziende straniere e delocalizzando senza alcuna visione delle conseguenze che avrebbero causato sul contesto economico del paese, agevolata in tal senso dalla miopia del sindacato, della Confindustria e dalla inettitudine e/o incapacità dei vari governi
Comunque, fossi un tedesco, non mi fiderei molto dell’attuale rapporto con i cinesi: questi sono come formiche fameliche che, se non ti possono mangiare oggi, ti girano intorno con pazienza fino a che da qualche parte riescono a creare una porta dove penetrarti.
E non ci dimentichiamo che stanno investendo in tutte le nazioni in via di sviluppo ma ricche di materie prime….

hironibiki
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 17:29

E’ vero dimenticavo.. BRAVO GAOLIN 🙂

ottofranz
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 19:22

Ottimo e lucido ! Purtroppo , aggiungo.

Il post era Cina-USA-Germania-Italia: il confronto

Ognuno ci legga la Nazione che preferisce.

Io purtroppo leggo Italia e sono sconfortato perchè se fossi uno qualsiasi degli altri riuscirei a vedere un po’ di luce in fondo al corridoio.

Con la nostra classe politica , ostaggio della Mafia, sto perdendo anche la speranza. E non siamo neanche un popolo che si incazza e appende tutti ad un palo. Nella migliore delle ipotesi saremmo un 50 e 50.

Impasse storica e classica

Certo che a vedere come han fatto quadrato quando qualcuno è andato a far casino sotto casa di Belusca ci sarebbe da meditare

Alcune frasi lette

RomaAltolà al furore

Il Quirinale stigmatizza “gli inammissibili disordini”.

Maroni: Mi auguro una condanna esemplare.

Casini e Renzi bocciano le manifestazioni davanti la villa del premier
l’idea stessa di protestare con quelle modalità ed in quel luogo, rischia di essere l’altra faccia della medaglia del degrado che stiamo vivendo

Con tutto il rispetto per gli altri, non siamo né in Tunisia né in Egitto e non vogliamo finirci».

il finiano Della Vedova: «Trovo gravissimi gli attacchi alla residenza privata del premier. Vanno respinti e non c’è alibi per chi usa questi metodi per qualsiasi iniziativa che voglia avere qualcosa di politico». Stesso concetto del piddino e sindaco di Firenze Matteo Renzi

Due urla sotto casa e già si son bagnati il pannolino. Forse basterebbe veramente poco 👿

Scritto il 15 Febbraio 2011 at 20:37

Su richiesta dell’autore del post ho inserito anche un’ultima vignetta…. :mrgreen:

gaolin
Scritto il 15 Febbraio 2011 at 22:46

bergasim,

Per quanto riguarda la parte finale del post, non era certo mia intenzione osannare la Cina, mentre invece mi premeva che fosse colto quello che sempre più appare come un disegno strategico perseguito dai governanti di questo paese.
Ovvero di diventare la nazione numero 1, obiettivo ovvio e scontato, ma contemporaneamente di annichilire tutte le altre attraverso l’arma della guerra economica basata sullo squilibrio delle parità monetarie.
Questo processo lo ha già attuato a suo tempo il Giappone ma questo paese contava e conta 130 milioni di abitanti. La Cina ne conta 10 volte tanto e quindi è 10 volte più pericolosa ed efficace.
Mi pare che molti lettori hanno colto questo aspetto. I governanti occidentali invece ancora assolutamente no!
Per il resto le osservazioni di Bergasim sono molto vere ma delle miserie e delle cose che per noi occidentali in Cina non vanno se ne parla dalle nostre parti già troppo, spesso a sproposito.
Per finire vivere in Cina è veramente dura per un occidentale, anche se i cinesi sono per certi versi di una cordialità squisita, a modo loro.

L’obiettivo è stato di

gainhunter
Scritto il 16 Febbraio 2011 at 08:04

@gaolin
Complimenti per la chiarezza e la lucidità con cui hai fotografato le economie di questi Paesi. 🙂
Però a me sembra che la fotografia dell’Italia sia un po’ troppo incompleta, secondo me c’è una somma di cause che ha sempre limitato la crescita dell’Italia, oltre a quelle da te citate:
– mafia, camorra, ecc.
– lavoro sommerso
– assenza di materie prime, che ha sempre portato l’Italia a inseguire la Germania fino all’introduzione dell’euro, momento oltre il quale il gap si è allargato
– assenza di investimenti in agricoltura e turismo, e legato a questo l’abissale differenza tra Nord e Sud

Sarebbe interessante un confronto Baviera – Lombardia, secondo me le conclusioni sarebbero molto diverse. 🙄

gaolin
Scritto il 16 Febbraio 2011 at 09:56

gainhunter,

Lo spazio di un post non consente di spaziare troppo. Quello che tu evidenzi è uno dei grandi problemi/cause che hanno da sempre frenato lo sviluppo dell’Italia o delle 2 Itale, se vogliamo dire così.
Estendendo questo discorso però si rischia di fare un torto al nostro presidente, che si affanna come non mai, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni della nostra repubblica, a convincerci che l’unità è stato un affare per tutti.

paolo41
Scritto il 16 Febbraio 2011 at 10:16

gaolin@finanza,

andare contro la storia e la volontà delle masse si rischia sempre di prendere delle musate nel muro… non è con il velleitarismo dialettico e con la retorica che si risolvono i problemi…
Se pensi che per cercare di finire la Salerno- Reggio devono mandare l’esercito, abbiamo già detto tutto…..
Dispiace soltanto per quella minoranza della popolazione che, anche nelle regioni del sud, hanno ancora il senso dello Stato…

Vincent Vega
Scritto il 16 Febbraio 2011 at 11:13

Dream Theater,

sarà mica lo zio Bernie 😆

gainhunter
Scritto il 16 Febbraio 2011 at 13:57

gaolin@finanza,

Ma la fotografia che hai fatto secondo il mio modesto parere è troppo semplicistica: tedeschi efficienti e italiani vittime della burocrazia e dell’inefficienza statale. E’ vero, ma secondo me è solo una piccola concausa. Tralasciare fattori determinanti come la malavita e la presenza di materie prime rende la fotografia errata… e scusa se reagisco di fronte ai soliti luoghi comuni.
Da brianzolo, la prima posizione in Europa occupata dalla Brianza nella classifica delle aree più produttive d’Europa è motivo di orgoglio per me, e non mi sembra che la politica locale sia così “tedesca”…
Al contrario, la politica europea germanocentrica è il frutto della capacità della politica tedesca di fare i propri vantaggi e dell’assenteismo degli italiani del parlamento europeo. Così come l’assistenzialismo e l’evasione in Italia. Non saprei invece come interpretare la crescita dell’ex-DDR, se è frutto della capacità dei politici tedeschi o solo la volontà di un popolo oppresso da decenni.

gaolin
Scritto il 16 Febbraio 2011 at 15:02

gainhunter,

Dici bene. Tante sono le cause che frenano lo sviluppo dell’Italia, soprattutto di quelle parti che invece hanno risorse umane ben superiori alla media, quanto a intraprendenza, correttezza, ingegnosità, laboriosità, ecc..
Non si spiegherebbe altrimenti coma sia stato possibile che il nostro paese abbia potuto raggiungere ragguardevoli risultati, in tanti campi dell’industria, pur con uno stato che fa male il suo mestiere.
Qui ce n’è da parlare a non finire.
Nel post sono evidenziati solo alcuni fattori che in questa fase economica fanno la differenza.
Riguardo l’ex DDR bisogna ricordare che le risorse che l’ex Germania Ovest ha destinato allo sviluppo della nuova parte acquisita sono state imponenti, quasi come nel nostro sud.
L’enorme differenza è che non sono andate quasi tutte sprecate come da noi. Ciò nonostante l’est tedesco è ancora ben lontano dal livello di industrializzzazione e benessere dell’ovest.
Da quelle parti come sai, casi tipo Salerno-Reggio Calabria sono semplicemente inconcepibili al punto che, se la racconti, non riescono neppure a capire bene la storia.

gioetf81
Scritto il 16 Febbraio 2011 at 21:12

Vorrei aggiungere alcuni elementi che hanno contribuito, a mio avviso, in Italia nel giungere allo stato di cose attuale:

– il nanismo del capitalismo familistico italiano: a parte alcune storie di successo (i distretti, le reti, le multinazionali tascabili), il sistema Paese è stato da sempre costituito da micro e piccole imprese isolate tra loro e prive di una funzione finanziaria che pianificasse e sostenesse percorsi di sviluppo dimensionale, che consentono di competere con economie di scala con i giganti globali. L’imprenditore-padrone ha sempre voluto fare da sé, trasferendo la ricchezza dall’azienda alla famiglia (azienda povera, famiglia ricca). Hanno contribuito al nanismo sia gli incentivi fiscali all’indebitamento (ora ridimensionati) sia gli inutili incentivi a pioggia (soprattutto al Sud) che non hanno creato né sviluppo né occupazione.
– Assenza di concorrenza in settori chiave: dal settore energetico al settore dei servizi (ricordiamo il casino dei tassisti quando si tentò una liberalizzazione?), agli ordini professionali (trovo scandaloso che su 59 milioni di persone ci siano complessivamente circa 6.000 notai, alla faccia dell’economia di mercato, per non parlare delle farmacie).
– Un mancato sviluppo della borsa come canale di finanziamento dello sviluppo delle aziende: questo aspetto si collega al primo (assenza di finanza aziendale), ma deriva anche da un bancocentrismo accentuato e scarsamente interessato a promuovere un canale sostitutivo di finanziamento. L’Italia è tra i Paesi con la minore incidenza della capitalizzazione sul PIL. Il mancato sviluppo della borsa non ha significato solo minore sviluppo dimensionale, ma anche una mancata occasione delle PMI italiana di globalizzarsi e orientarsi agli orizzonti internazionali.

gainhunter
Scritto il 16 Febbraio 2011 at 21:37

gaolin@finanza,

Ok 😉

Scusa le mie puntualizzazioni, ma quando sento parlare bene della Germania sento sempre di dover intervenire, sia per sottolineare ogni volta che le situazioni italiana e tedesca sono enormemente diverse, sia perchè dai tedeschi mi sento preso in giro, per il fatto che dopo che le banche tedesche hanno compartecipato all’esplosione di questa crisi (a differenza di quelle italiane), la Germania ci sta anche guadagnando e osa fare la voce grossa in Europa. E quindi sentire degli italiani che li osannano mi fa “scattare”. 😈 :mrgreen:

triglav
Scritto il 17 Febbraio 2011 at 14:38

Un video con l’economista Martin Jacques che, parlando della Cina, mi sembra dica delle cose interessanti:
Chinese civilization
Chinese values
Nation state mentality vs. civilization state mentality
Cultural identity (Han identity) + notion of race
Relationship between state and society
Legitimacy, authority and concept of the Chinese state
Western concept cannot grasp China and the Chinese mentality
East Asia is more knowledgeable about the West than the other way round

e comunque le dice molto bene – come parlare in pubblico….

http://www.google.com/url?url=http://www.youtube.com/watch%3Fv%3DimhUmLtlZpw&rct=j&sa=X&ei=eyJdTaePIYGq8APdssTwCg&sqi=2&ved=0CCAQuAIwAA&q=martin+jacques+understanding+the+rise+of+china&usg=AFQjCNF791TSBHCEjIM89UUTZgQI_1vKXA

hiems
Scritto il 18 Febbraio 2011 at 09:51

“Se parliamo di industria manifatturiera, possiamo dire che negli USA ormai non esiste più” – Cari amici lettori, credo che a tal proposito si debba fare un po’ di chiarezza. Nonostante tutto, infatti, gli USA sono e restano la prima economia manifatturiera al mondo. Ma anche qualora perdessero il primato, dati alla mano si evince come l’output industriale USA abbia raggiunto il massimo storico nel 2007: +8% rispetto al 2000, +69% rispetto al 1990, +81% rispetto al 1980, e +213% rispetto al 1967. I dati sono qui accessibili: http://www.gpoaccess.gov/eop/tables09.html#erp3 tabella b-51, aggiustati per l’inflazione, o qui ancora http://www.federalreserve.gov/releases/g17/gvp.htm .
Esemplari sono poi i due grafici qui mostrati: http://mjperry.blogspot.com/2010/07/increased-worker-productivity-has.html , sicuramente più rapidi e intuitivi dei paginoni della fed 😉
Quindi per carità, gli USA hanno i loro problemi, ed è senz’altro crollato il numero di addetti alla manifattura dato il costante aumento di produttività, ma non si può dire lo stesso dell’output del settore, che ha continuato e continua a crescere

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