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Analisi Sostenibilità Debito Pubblico
Di parole se ne stanno facendo molte. Ma alla fine, inondati da orge di numeri, sfido chiunque a capire, in concreto, cosa potrebbe cambiare nella realtà, tagliare le spese di un tot oppure di un tot maggiorato del 2%. O ancora cosa significherebbe un inasprimento fiscale più o meno elevato.
Ribadisco quanto scritto in passato e quanto discusso nel Meeting 2010 di Milano di un mese fa. E’ assolutamente determinante, per il miglioramento del rapporto debito/PIL e deficit/PIL un incremento della produttività, quindi del denominatore, ovvero il PIL.
Inutile cercare di agire esclusivamente sul numeratore, visto che molto probabilmente sta proprio lì sotto al denominatore , la chiave di tutto.
Il Fondo Monetario Internazionale, alias FMI, recita in un suo recente report:
“…due fattori continueranno a sostenere la crescita nel corso del 2010, contestualmente alla graduale riduzione dell’effetto dello stimolo fiscale. Il primo è lo stato dei mercati finanziari, migliore del previsto… e la ripresa delle finanze familiari. Il secondo è il ciclo delle scorte. Tuttavia non si ritiene che questo rimbalzo del ciclo delle scorte debba essere considerato come un preludio ad una vigorosa ripresa. Infatti non ci sono indicazioni sufficienti che lasciano intendere una nuova forza della spesa privata capace di condurre una solida ripresa”.
Ma non solo. L’aspetto veramente “brutto” delle prospettive per le economie avanzate è l’accumulo del debito governativo necessario a finanziare i consistenti programmi di stimolo fiscale. Il costo di tale debito si aggiunge ai notevoli costi futuri per le pensioni e l’assistenza sanitaria a beneficio di una popolazione sempre più anziana. Prendendo spunto da un’analisi di Morgan Stanley assolutamente condivisibile, scopriamo un altro dato previsto dal Fondo Monetario Internazionale.
Considerate le attuali politiche, l’FMI stima che entro il 2014 i rapporti debito-PIL delle nazioni avanzate in generale supereranno il 100% del PIL. Fin qui nulla di nuovo. Ma è ancora più grave è la conclusione dell’FMI secondo cui “nel caso di molte economie avanzate, per ridurre entro il 2030 i rapporti debito-PIL a un livello inferiore al 60% (il rapporto mediano tra le economie avanzate prima della crisi), il saldo strutturale primario dovrebbe migliorare in media di 8 punti percentuali sul PIL entro il 2020 ed essere mantenuto a tale livello per tutto il decennio successivo.”A titolo di confronto, “il ritiro delle misure di stimolo del 2009-10 non ridurrà la spesa governativa di più dell’1,5% circa del PIL.”
Ce la faremo mai? Molto ma molto difficile. La sfida si fa matematicamente quasi impossibile. Come per molti (sottoscritto compreso) sarà molto difficile vedere la Grecia in grado di rialzarsi malgrado anche sacrifici apocalittici.
La situazione dell’Italia
Qualche vantaggio, noi, effettivamente ce l’abbiamo. Ma purtroppo abbiamo anche diversi fattori negativi.
Vantaggi. Sicuramente è positivo il fatto che il debito pubblico italiano è soprattutto in mano agli italiani. Il che lo mette al riparo (parzialmente) da potenziali ondate speculative.
Inoltre è anche importante una valutazione sulla duration media del debito pubblico italiano. E’ tra le più alte in Europa, seconda solo a quella
inglese. Il che è importante in quanto non costringe, in caso di forte volatilità, a doversi rifinanziare a condizioni drammatiche.
Se prendiamo poi in esame l’analisi di Gerard Minack di Morgan Stanley, risulta che il debito pubblico italiano è si tra i più alti, ma come già detto, se paragonato al debito aggregato di altri stati (privato + pubblico) è sicuramente meno preoccupante. Genera invece molta più preoccupazione lo stato del debito spagnolo, dove la bolla speculativa ha generato un indebitamento privato assolutamente esagerato.
GRAFICO debito aggregato
E facendo le varie valutazioni del caso, risulta che in merito all’Italia, il debito pubblico è, si, molto elevato ma sulla carta, grazie ad un ratio Deficit/PIL più basso, è fiscalmente sotto controllo.
Grafico STRESS del debito dei paesi
E sempre questo grafico, mette in luce le forti lacune di alcune primedonne, mentre invece ci segnala l’apparente tranquillità di Germania, Austria e Svezia. Che dire, dunque di UK e US, per esempio?
Tornando invece all’Italia, da queste slides, sembra che la nostra situazione sia apparentemente “sotto controllo”. Il problema sta invece nel fatto che occorre, per forza di cose, ridurre il debito pubblico, e per ridurre il debito pubblico occorre non solo migliorare la situazione di cassa (deficit) ma occorre far salire il denominatore. Il PIL.
Ma come fare a far salire il PIL con un piano di austerity, limitando al massimo il sostegno pubblico in una situazione di stagnazione se non di recessione o ancor peggio deflazione?
Diventa difficilissimo.
Inoltre, da alcuni calcoli fatti da esperti del settore, risulta che con un PIL annuo in salita sotto all’1% annuo (ovvero…come da un bel po’), non c’è verso per far diminuire il deficit in modo concreto. Morale: è assolutamente NECESSARIO far salire il PIL altrimenti siamo fregati.
Qualcuno glielo vuole comunicare alla classe governante che forse non se n’è ancora resa conto?
Infine, per chiudere, consiglierei al Tremonti & Co di organizzare un bel pellegrinaggio, magari da Padre Pio, implorando la grazia che i tassi non tornino a salire in modo convinto, in quanto per certi versi, è vero che l’aumento dei tassi “erode” il valore del debito. Ma costringe a pagare interessi più alti sul tasso variabile e a rifinanziarsi a condizioni peggiori.
Come sempre, anche in questo caso, se la matematica non è un’opinione, la coperta è corta…
STAY TUNED!
DT
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