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WALL STREET: la chiave di lettura non è così banale
La volatilità sembra aumentare ma questo non spaventai i mercati e tantomeno le mani forti che approfittano di ogni correzione per prendere posizione. Analisi del COT Report della CFTC (Commodity Futures Trading Commission) [Guest post]
Cari amici, nella settimana appena trascorsa, i mercati finanziari internazionali hanno un po’ interrotto il loro recente trend unidirezionale. In particolare, inverte il proprio trend il dollaro usa, che cede, in una sola ottava, lo 0,8 % del suo valore. Difficile dare una motivazione del suddetto movimento valutario. Forse il mercato comincia ad aver dubbi e ad non apprezzare più le politiche monetarie e fiscali ultra accomodanti adottate nell’ultimo anno dalle autorità monetarie e politiche Usa.
D’altronde non sembra ci fossero altre scelte ed alternative. Si è infatti dovuto affrontare, causa covid, una situazione davvero inattesa ed eccezionale. Situazione oggi, per fortuna, migliorata, grazie soprattutto all’ampia campagna di vaccinazione in corso, ma ancora ben lungi dall’essere completamente risolta e superata. La “ variante delta “ dell’infezione preoccupa infatti non poco, e vi sono ancora tante incertezze sulla fuoriuscita definitiva dal contagio. I mercati, dopo un primo momento di paura e smarrimento, hanno molto apprezzato le risposte monetarie e fiscali adottate, ed hanno reagito mostrando fiducia ed ottimismo. In particolare il mercato azionario, che ha ripreso la sua ormai più che decennale corsa, stabilendo i suoi nuovi record storici.
Oggi però il problema è un altro. Ci s’interroga, in particolare, su quale sarà l’evoluzione prossima ventura del sistema di produzione capitalistico globale. Al riguardo v’è una grande incertezza. Si leggono opinioni e pareri molto diversi, spesso assolutamente opposti e divergenti. In tanti ipotizzano un’evoluzione, uno scenario, molto diverso da quello pre-covid. Intravvedono cioè all’orizzonte il ritorno di uno scenario inflattivo, di cui non abbiamo letteralmente più memoria.
Sono infatti decenni che l’inflazione è scomparsa dal sistema. Ipotizzarne il ritorno, la ricomparsa, è, a mio avviso, davvero molto imprudente ed azzardato. Tutte le dinamiche del sistema degli ultimi 30 anni sono infatti andate in senso opposto. E queste dinamiche non si sono di certo dissolte, per magia, a causa del covid. Lo testimonia l’andamento, ancora davvero preoccupante, dei tassi d’interesse. Molti pensano e credono che la discesa dei rendimenti sia l’effetto delle politiche monetarie iper espansive adottate dalle Banche Centrali.
A mio modesto avviso, trattasi di un clamoroso abbaglio. Le suddette politiche sono infatti adottate per ravvivare e stimolare la crescita economica, che a sua volta dovrebbe far aumentare, e non certo, come invece accade, far diminuire i tassi. L’attuale discesa dei tassi và dunque vista ed interpretata con sospetto . Non come la fonte e l’origine di un ritorno dell’inflazione, bensì all’opposto come una ritrosia del sistema ad accelerare il suo tasso di crescita, e come spia di un probabile rigurgito deflazionistico.
Bassi tassi d’interesse denotano infatti sfiducia, sia delle imprese che non investono, che delle famiglie che non consumano. E la sfiducia non può di certo produrre inflazione, che invece è quasi sempre figlia di un eccesso di ottimismo e talvolta addirittura di irrazionale esuberanza.
Dopo le sopra esposte considerazioni d’ordine generale, andiamo ad esaminare, cosa ci indica, al momento, lo scenario intermarket. Il dollar index, come accennato, nell’ultima ottava ha subito una battuta d’arresto e quota oggi 92,1. Da monitorare con attenzione.
Le commodities in termini reali, cedono lo 0,17 % ma per ora non mettono in dubbio il turnaround in corso dell’economia ai livelli pre-covid. Molto più scettico al riguardo, si dimostra invece il mercato obbligazionario. Molto preoccupante, come ho già detto, il rendimento del bond decennale Usa, che arretra di altri 5 bps e retrocede a quota 1,23 %. Il rendimento del bond a 2 anni, arretra anch’esso di 1 bp, e torna a quota 0,19 %.
L’inclinazione della yield curve Usa, pertanto, si contrae ulteriormente, a 104 punti, ancora abbastanza comunque per assicurare il pieno recupero dell’economia. Il mercato azionario, infine, assorbe ancora molto bene quasi tutto ciò che accade intorno ad esso. L’S&P 500, storna infatti, appena dello 0,37 %, e chiude l’ottava a quota 4.395,26 punti.
Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:
Commercial Traders : – 13.844
Large Traders : + 11.748
Small Traders : + 2.096
Non cambia, e si riconferma, l’incerto assetto del Cot Report sui derivati azionari Usa. Rispetto alla scorsa settimana, le variazioni, nelle posizioni dei vari operatori, sono state pari a 4.609 contratti. In particolare, i Commercial Traders, le MANI FORTI di questo mercato, dopo il forte intervento della scorsa ottava, tornano sui propri passi, cedono l’intero lotto di 4.609 contratti long, e rafforzano la loro abituale posizione di copertura, Net Short.
I Large Traders, invece, acquistano 2.676 contratti long, e consolidano la loro esposizione, Net long. Gli Small Traders, infine, acquistano i residui 1.933 contratti long, non invertono la loro posizione, e restano Net Long. Le movimentazioni di quest’ultima ottava, seppur di moderata entità, mi appaiono abbastanza importanti e significative. In particolare, non alimentano ulteriori e facili entusiasmi.
L’assetto di questo importante mercato resta infatti quello precedente, storicamente molto incerto ed alquanto volatile. Abbastanza coerente con le problematiche oggi presenti sui mercati primari, che restano tante, e non proprio semplici da gestire ed interpretare. Non mi sembra, cioè, che sia ancora giunto il momento delle risposte ai nostri tanti quesiti ed interrogativi. Aspettiamo con pazienza che il mercato ci dia indicazioni più probanti ed attendibili. Nel frattempo non modifico la mia ormai ben nota view, cautamente positiva, per il settore equity.
Mercato dunque ancora in parziale fiducia, che cercherò di tradare con il mio originale trading system, fondato sull’analisi del Cot Report, nonchè sulla valorizzazione dell’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, descritto negli studi dei due professori Usa, Jegadeesh e Titman, ed illustrato nel mio sito https://longtermmomentum.wordpress.com/. In questi primi 7 mesi del 2021, il mio portafoglio, denominato “ AZIONI ITALIA – LTM “, ha conseguito un guadagno del 5,07 %. Nel contempo, il nostro benchmark di riferimento, il Ftse All Share, ha registrato un guadagno del 15,13 %.
Conseguita pertanto, sinora, una sotto-performance del 10,06 %, causata dalla nostra eccessiva prudenza, nonché da un evidente deficit di momentum, sul nostro listino, nei primi mesi dell’anno. Nei precedenti 8 anni, invece, il mio trading system ha conseguito una sovra-performance media annua del 9,9 %, e presenta un’equity line in progresso del 175 %. Questa settimana in coerenza con quanto sopra esposto, non muto l’assetto del mio portafoglio, confermo cioè il 72,5 % delle mie posizioni long, ed il 27,5 % delle mie posizioni short, ossia una posizione Net Long, pari al 45 % del mio portafoglio.
Chi desiderasse approfondire e ricevere maggiori informazioni sul mio trading system e sulla composizione del portafoglio “ AZIONI ITALIA – LTM “ può, se vuole, consultare direttamente il mio sito.
Vi ringrazio per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di intermarketandmore buon trading.
LUKAS
LUKAS