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REPORT BANCHE ITALIANE: chi si merita la fiducia?
Analisi delle banche quotate a Piazza Affari confrontate come leva finanziaria, Texas Ratio, rapporto sofferenze/prestiti totali, rapporto copertura dei NPL e Tier1.
In questi giorni si è fatto un gran parlare delle banche italiane e della loro solidità. A seguito della vicenda “Popolare di Vicenza”, si è aperta una vera e propria “caccia alle streghe” che ha visto protagoniste (in negativo) gli istituti di credito quotati a Milano. Nei giorni scorsi già ho portato a vostra conoscenza le performance delle banche italiane sui mercati, performance che mettono a nudo il sentiment profondamente negativo sul settore. Occorre però fare un po’ di chiarezza.
La caccia alle streghe generalmente colpisce tutto un settore, generando forti correzioni, ma anche delle potenziali occasioni di acquisto.
Non vi parlerò in questo post di indicatori come il price earning o il price book value. Sono sicuramente dei parametri importanti per valutare una società che oggi, però ci fornirebbero dei segnali poco significativi, visto che tali ratio sarebbero teoricamente molto invitanti. Ma in questo momento sono ben altri i fattori che condizionano le quotazioni. In primis è la solidità patrimoniale e la situazione delle sofferenze bancarie.
Ho quindi creato una slide, che ritengo molto utile proprio per fotografare nel migliore dei modi quali sono le banche italiane più solide (e quindi quelle che possono rappresentare una buona “scommessa” per il futuro) e quelle che invece rappresentano ancora un pericolo.
Eccovi un rapido excursus sui parametri utilizzati nell’analisi. Nella slide troverete anche qualche banca estera quotata a Milano. L’ho lasciata perché rappresenta pur sempre un interessante metro di paragone.
a) Texas Ratio: rapporto tra crediti lordi deteriorati e somma del patrimonio tangibile più gli accantonamenti. Un valore inferiore a 100 è indice di solidità (e più è basso, meglio è). Discorso opposto se il valore è maggiore di 100.
b) Leva Finanziaria: non credo necessiti di particolari delucidazioni. Ricordo solo la definizione di “leva finanziaria” data proprio dalla Consob. Attraverso l’utilizzo della leva finanziaria (o “leverage”) un soggetto ha la possibilità di acquistare o vendere attività finanziarie per un ammontare superiore al capitale posseduto e, conseguentemente, di beneficiare di un rendimento potenziale maggiore rispetto a quello derivante da un investimento diretto nel sottostante e, di converso, di esporsi al rischio di perdite molto significative.
c) Rapporto NPL (sofferenze bancarie)/totale prestiti: serve per capire la qualità del credito nelle varie banche
d) RLL/NPL: rappresenta il rapporto di copertura in bilancio delle sofferenze stesse. Più è alto, più significa che la banca ha avuto un atteggiamento prudente in bilancio e quindi espone l’istituto a meno rischi. Esempio: una banca che ha 100 milioni di crediti deteriorati e li svaluta a 40, ha un tasso di copertura del 60%. Ovvio che un tasso di copertura elevato indica un atteggiamento prudente della banca: perché riduce la propria esposizione, incassando subito le perdite, su quel credito. Ridurre il tasso di copertura significa invece aumentare i rischi potenziali.
e) Core TIER 1: si intende la componente primaria del capitale di una banca composta dal capitale azionario e riserve di bilancio provenienti da utili non distribuiti al netto delle imposte.
L’analisi mette le banche in ordine di esposizione alla leva finanziaria. Ma non è solo la leva un elemento pericoloso da monitorare. Le caselle più critiche sono quelle in giallo. Ovviamente, le banche che hanno più caselle gialle, sono quelle potenzialmente più pericolose.
Non voglio commentare più di tanto la slide, lasciando ai gentili lettori i relativi commenti nell’area dedicata, anche se è abbastanza semplice capire chi fornisce garanzie sufficienti e chi invece è quantomeno rivedibile.
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Grazie Danilo, molto interessante. Per cortesia riesci anche ad aggiungere il Credito Emiliano?.
ciao,
quale fonte hai usato per i dati, quale base di dati?
CIAO: ho fatto un’estrazione di dati dal terminale Bloomberg.
Come detto anche ad altri lettori, non posso garantirne la puntualità, ma credo che siano abbastanza corretti.
Se ci sono state nel frattempo delle operazioni straordinarie, ovviamente, non sono conteggiate. (tipo un AUC)
Un gentile lettore mi segnala un aggiornamento dei dati su UBI (evidentemente Bloomberg non li ha ancora recepiti). Per trasparenza e correttezza (fondamentali in questo ambito) ve li segnalo.
Ubi Banca ha chiuso il primo trimestre dell’anno in corso con un utile netto in calo del 44,6% rispetto ai primi tre mesi del 2015 a 42,1 milioni di euro.
I proventi operativi sono scesi del 10,7% a 772,9 milioni, mentre il margine di interesse si assesta a 387,6 milioni (-10%) e commissioni nette registrano un ribasso dell’1,2% a 337,1 milioni (-1,2%). In aumento dell’1,2% invece gli oneri operativi, che salgono a 527,6 milioni, a fronte di un rapporto cost/income al 68,3%.
Ma ad attrarre l’attenzione del mercato è il calo verticale delle rettifiche sui crediti, in ribasso del 36,6% a 155,3 milioni di euro per un costo del credito annualizzato pari a 74 punti base (era a 95 punti base nel 2015). Gli impieghi si sono attestati a 83,5 miliardi (+0,2% da fine 2015), mentre la raccolta diretta è pari a 71,1 miliardi, in discesa dai 72,5 di fine dicembre. Il coefficiente common equity tier 1 ‘phased in’ si è attestato al 12,07% (12,08% a fine 2015), mentre il dato ‘fully phased’ è pari all’11,73%.
I conti pubblicati oggi hanno dato sprint al titolo di Ubi Banca che su Piazza Affari, dopo una mattinata di forte volatilità hanno ingranato la quinta e guadagnano attualmente il 2,4% a 3,242 euro.
http://www.firstonline.info/News/2016/05/12/ubi-banca-36-6percento-rettifiche-sui-crediti-il-titolo-corre/NDVfMjAxNi0wNS0xMl9GT0w