FOCUS: Millennium Bridge, divisi fra rischio ed incertezza
Qual è la differenza tra rischio finanziario e incertezza? Come funziona il meccanismo di auto alimentazione?
Buongiorno a tutti!
Ennesima puntata della “piccola partnership” (non di tipo commerciale, ci tengo a sottolinearlo) con una casa d’investimento (AnimaSgr) con un approfondimento di indubbio interesse.
Tengo inoltre a precisare che questo video è dedicato soprattutto agli investitori magari non super professionisti, ma è anche interessante per coloro che sono più “navigati”. Piccola nota: il video è stato creato qualche giorno fa ma ritengo sia sempre valido.
Ovviamente sarò ben lieto di leggere i Vs feedback su questa iniziativa. Vi lascio al video e alla sua trascrizione. Buona visione!
http://www.youtube.com/watch?v=qxC657mJdWk
Qual è la differenza tra rischio e incertezza?
La finanza moderna distingue il concetto di rischio da quello di incertezza. L’incertezza rappresenta lo stato d’animo di chi contempla tutte le traiettorie possibili e non sa quale delle infinite possibilità si realizzerà davvero. Il rischio è invece il tentativo di individuare, tra le traiettorie possibili, quelle che hanno maggiore probabilità di realizzarsi. L’incertezza è uno stato di natura, il rischio una costruzione umana. Il rischio è cioè quantificabile sulla base di metodologie statistiche. Sulla base dell’analisi del passato la frequenza di certi eventi viene catturata da distribuzioni di probabilità, alla cui formulazione matematica sono attribuite caratteristiche generalizzabili. Fino a poco tempo fa, la misura del rischio era una specialità per pochi addetti ai lavori (i cosiddetti risk manager).
Oggi sta diventando conoscenza diffusa anche tra i risparmiatori. L’informazione sui prodotti finanziari si è infatti arricchita di indicazioni sulla loro rischiosità, come ad esempio la volatilità, cioè la variabilità media dei prezzi di mercato o il VaR (Value-at-Risk o valore a rischio), cioè la misura delle perdite (o guadagni) potenziali a cui ci si espone investendo in quello strumento. Tuttavia, siccome le misure di rischio sono approssimazioni probabilistiche della realtà, esse sono in grado di catturare aspetti ricorrenti in condizioni di mercato normali, non di abbracciare anche situazioni eccezionali.
Durante le crisi finanziarie il rischio ritorna ad essere incertezza: cioè ritorna ad essere uno stato della natura che la matematica fatica a modellare e il rischio diventa endogeno (cioè si autogenera)
Come funziona il meccanismo di auto alimentazione?
L’esempio più illuminante per spiegare questo meccanismo di autoalimentazione del rischio durante le crisi finanziarie è quello del Millennium Bridge . Il Millennium Bridge è un ponte pedonale sul Tamigi a Londra, ad una sola campata di 325 metri, sospeso senza supporti, progettato e testato per resistere a qualunque sollecitazione. Tuttavia, il giorno dell’inaugurazione, quando il pubblico fu ammesso per la prima volta ad attraversarlo a piedi, il ponte cominciò a vibrare violentemente. Così violentemente da fare perdere l’equilibrio ai passanti che lo stavano attraversando. Il ponte fu immediatamente chiuso e fu poi riaperto solo quando la causa della vibrazione fu finalmente compresa.
Si scoprì che la causa della vibrazione non erano nè difetti di costruzione, nè l’eccesso di peso, ma il modo di camminare del pubblico che stava attraversando il ponte. Un debole vento aveva provocato infatti impercettibili vibrazioni del ponte. E, inconsapevolmente, il passo di tutti coloro che stavano sul ponte aveva assunto una cadenza compensativa di quella piccola vibrazione iniziale. Poichè tutti i passanti tendevano ad uniformare il loro passo e ad assumere lo stesso ritmo compensativo, la piccola vibrazione iniziale ne risultava amplificata. Via via, più la vibrazione si ampliava, più tutti i pedoni accentuavano il loro movimento compensativo ed il moto sincrono dei pedoni aumentava di intensità, come in un circolo vizioso.
Le crisi finanziarie sistemiche tendono a funzionare nello stesso modo perverso. Lo shock iniziale su un mercato (di per sè isolatamente misurabile e sopportabile) tende a propagarsi ad altri mercati perchè tutti hanno contemporaneamente le medesime reazioni. Come le vibrazioni del Millennium Bridge, anche il rischio finanziario non è un’entità autonoma e invariante, ma dipende -giorno dopo giorno- dai comportamenti di tutti noi.
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DT
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La tabella non è stata incollata, ma credo sia abbastanza esauriente il testo………………..
Fonte : arrangiamento di parti della mia tesina per la maturità (argomento: Risk Management)
Il rischio tecnicamente è definito come l’insieme dei possibili effetti positivi (opportunità) o negativi (minacce) di un evento aleatorio sulla situazione economica, finanziaria e/o patrimoniale dell’impresa.
Il rischio diventa ancora più importante se correlato a quella che è una nostra previsione che però difficilmente verrà a verificarsi nel futuro e perciò, in base ad essa, distingueremo scenario migliori o peggiori.
Lo studio del fattore rischio viene dal mondo anglosassone che ha portato a conoscere la figura del CRO (Chief Risk Officer), cioè figure specializzate nella gestione dei rischi e che rivestono grande importanza all’interno di aziende, istituti bancari ecc…
Questa disciplina è figlia di quattro condizioni ambientali:
1- la teoria neoclassica della finanza
2- politiche economiche aggressive dei paesi emergenti
3- il terrorismo internazionale
4- vulnerabilità dei dati e dei sistemi informatici
Possiamo fare anche una distinzione tra due tipi di rischi:
– i rischi speculativi (quelli per esempio legati al volume di vendite commerciali, strumenti finanziari). Sono rischi speculari dove l’upside risk (scenari migliori rispetto alla situazione attesa) sono uguali a quelli di downside risk (scenari peggiori rispetto alla situazione attesa);
– i rischi puri (quelli legati alle catastrofi naturali). Qui, il rischio di upside è praticamente nullo mentre i rischi di downside sono molteplici, nel senso che nel caso si verificassero porterebbero ad esiti disastrosi.
Il VaR di cui si parla nell’articolo e nel video è una misura di rischio che ci permette di determinare la quota di capitale esposta al rischio nel momento in cui viene assunta una determinata decisione aziendale.
Lo sviluppo di questo tipo di attività nasce anche dalla consapevolezza che in un sistema economico – finanziario sempre più competitivo, la capacità di fronteggiare le minacce e di sfruttare le opportunità non è importante solo per garantire l’equilibrio e la crescita della singola impresa, ma anche per la stabilità e la crescita di interi settori dell’ economia, dei mercati finanziari e dei sistemi paese.
Grazie!
Secondo me è un argomento veramente interessante con delle implicazioni importantissime, tra l’altro l’ho finita a giugno quindi il contenuto è attuale.
Comunque è veramente interessante quest’iniziativa che permette a tutti di poter farsi un’idea su argomenti poco conosciuti, o comunque di affinare le conoscenze già possedute in certi ambiti!
Vedo con piacere che ti stai focalizzando su quello che io definisco la VERA chiave di lettura del risparmio: ovvero la GESTIONE DEL RISCHIO…
😉
Eh beh da quando ho iniziato a frequentare questo blog qualcosa ho imparato 😉 Merito di chi scrive!
……. e chi si fa prendere dal panico commette gravi errori, subendo forti perdite, invece chi crede nei fondamentali e aspetta che il vento gira ( gira perché ci sono le premesse sulla solidità dell’azienda)…………………………
“Tempi maturi per portare alla luce una nuova Eni (ENI.MI) più concentrata nel petrolio. Nel corso dell’incontro con gli analisti tenuto in Congo, l’amministratore delegato Paolo Scaroni ha affermato che sono in corso valutazioni sui modi per far emergere il valore di Snam Rete Gas (SRG.MI).
Il numero uno di Eni (ENI.MI) ha precisato che la cessione della controllata dei gasotti ad alta pressione richiederebbe il via libera del governo ed un nuovo decreto, in più, ha ribadito che l’operazione deve avere ricadute positive per tutte le parti coinvolte.
Scaroni ha infine affermato che proseguono i negoziati con i soggetti interessati a rilevare la quota nella portoghese Galp.
La cessione di Snam potrebbe rappresentare l’ultimopassodel complesso progetto di riorganizzazione della divisione Gas&Power. Il processo è stato avviato nel 2003 con il delisting di Italgas. Nel 2010, la proprietà della società della distribuzione all’utente finale, insieme a quella di Stogit (stoccaggi), sono state trasferite a Snam Rete Gas. Infine, quest’estate Eni ha ceduto la partecipazione nei gasdotti che attraversano l’Europa da Nord a Sud.
La diluizione della quota in Snam (SRG.MI) è in agenda dal 2009. Nel marzo di tre anni fa su vari quotidiani uscirono indiscrezioni su una possibile discesa di Eni in Snam dal 50% al 27% attraverso la distribuzione di un dividendo straordinario in azioni Snam ai soci Eni.
In quell’occasione noi segnalammo che l’operazione, per poter sperare di ottenere il via libera dell’Antitrust, avrebbe dovuto essere preceduta dalla cessione, totale o parziale, dei gasdotti transnazionali di Eni. I timori di una maxi multa hanno probabilmente spinto il management a mettere in stand by il progetto e in questo periodo la società ha operato per togliere di mezzo eventuali obiezioni del regolatore.
I problemi di posizione dominante sono statisuperati. Altri motivi che possono spingere Eni a precedere con l’ultimo stadio della riorganizzazione.
· La società ha bisogno di rafforzarsi finanziariamente per poter portare avanti il suo ambizioso piano di investimenti nella divisione Esploration&Production.
· Per effetto della crisi del debito, le agenzie di rating stanno esercitando una maggiore pressione sulla riduzione del debito.
· Il mercato europeo delle infrastrutture per il trasporto del gas è in via di liberalizzazione, le autorità hanno stabilito che sia completamente aperto entro il marzo del 2012.
· Il governo italiano ha varato un modello di gestione delle reti di trasmissione che prevede un operatore indipendente, la normativa entra in vigore a marzo.
Concludendo, riteniamo che le sollecitazioni congiunte dell’Antitrust e dell’Autorità per l’Energia, così come le considerazioni sulla sovrabbondanza di offerta di gas sul mercato domestico, possano spingere Eni ad agire al fine di abbandonare il presidio della rete di trasporto del gas ad alta pressione ed il controllo del gas in arrivo alla frontiera. Il prossimo investor day potrebbe essere l’occasione propizia per annunciare l’operazione.
Ci sono varie ipotesi per arrivare all’obiettivo, ma qualunque sia la decisione, deve essere salvaguardata l’italianità di Snam rete Gas. In ultima anlisi, Eni deve ritrovarsi alla fine dell’iter con meno del 30% del capitale di Snam per poter procedere con il deconsolidamento.
Noi pensiamo che la strada più semplice per giungere alla meta sia una doppia operazione che prevede sia una vendita di azioni sia uno scorporo di attività. Cassa Depositi e Prestiti, il soggetto pubblico che detiene il 26,4% di Eni, dovrebbe essere un soggetto chiave di questa complessa operazione. CDP possiede il 100% del gasdotto TAG (Trans Austria Gas), avendolo rilevato da Eni in giugno per 675 milioni di euro: noi pensiamo che questo asset possaessere trasferito a Snam Rete Gas con il risultato di aumentare la quota di CDP nella società dei gasdotti.
Non è ancora possibile definire i contorni precisi dell’operazione ma pensiamo che gli esiti possano essere i seguenti: Eni scenderebbe sotto il 30% di Snam Rete Gas ed in questo modo scaricherebbe subito, deconsolidandolo, circa 11,5 miliardi di euro di debito. Non è inoltre da escludere che possa arrivare anche un conguaglio in cash.
Per Eni meno gas, più petrolio e meno debiti. Per effetto della discesa in Snam Rete Gas, Eni assumerebbe un profilo più simile a quello delle altre grandi major del petrolio in quanto la divisione E&P arriverà a valere l’89% dell’utile operativo rettificato atteso nel 2012 dall’attuale 79%. Assumendo che Eni venda in un primo tempo il 10% di Snam Rete Gas e proceda in seguito con uno scorporo della partecipazione rimanente, la leva finanziaria (rapporto tra debito e patrimonio) scenderebbe a fine 2012 a 0,2 dall’attuale 0,39. Il Rendimento medio sul capitale investito (Roace) salirebbe a fine 2012 al 9,7% dal 9,2%. Il Capex (investimenti) scenderebbe da 13,4 miliardi di euro da 11,7 miliardi di euro, un ridimensionamento dell’impegno che lascia più spazio alla società per sostenere i programmi di sviluppo nel core business.
Ci aspettiamo che il mercato, per effetto della nuova fisionomia, applicherà ad Eni multipli diversi rispetti a quelli attuali, che tengono conto dell’esposizione nel gas.
Conclusioni.Siamo convinti che l’eventuale passo indietro di Eni in Snam Rete Gas possa alimentare l’interesse degli investitori sul titolo. Mentre scriviamo, siamo anche consci degli effetti della recessione e di una eventuale discesa del prezzo del petrolio.
Riteniamo che il mercato non stia valutando alcun beneficio in arrivo dalla ripartenza delle operazioni in Libia, da un’eventuale dismissione della quota in Galp e dall’alleggerimento delle presenza nel gas.
Confermiamo la raccomandazione INTERESSANTE, il target price resta 19 euro.
Riportiamo nella seguente tabella i principali dati del periodo 2009/2013:
(*) Al netto delle poste straordinarie”