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WALL STREET: regge l’ipotesi che porta ai massimi di mercato
L’impostazione dei derivati ci illustra un quadro ancora improntato sull’ottimismo. Il bull market quindi resta forte ed è difficile trovare segni di convinta correzione. (Guest Post)
Cari amici, la settimana appena trascorsa ha reso alquanto evidente che, nonostante i contrasti tra Usa e Cina, e le liti tra Trump e la FED, i mercati finanziari internazionali non mutano l’impostazione positiva che hanno avuto negli ultimi 10 anni. A questo punto, dovrebbe esser ormai chiaro, come ho già detto più volte, che vi sono solidi fattori che nè sostengono i corsi. In molti in questi anni ne hanno testardamente negato l’esistenza, sostenendo che trattasi solo di una bolla alimentata dalle politiche iper-espansive delle Banche Centrali. Tesi, quest’ultima, alquanto superficiale e semplicistica, e del tutto priva di fondamento. Tesi che conferma la famosa affermazione di SIR JOHN TEMPLETON, ossia che: “ I mercati Toro nascono dal pessimismo, crescono tra lo scetticismo, maturano nell’ottimismo, e muoiono nell’euforia “.
Oggi siamo ancora nella fase dello scetticismo, ossia ancora ben lontani dalle fasi successive, dell’ottimismo e dell’euforia. Ciò m’induce a ritenere che questo, già storico, bull market, abbia ancora molta strada da fare, e non sia affatto al suo epilogo, ed ai titoli di coda. Com’è infatti possibile sostenere che siamo alla vigilia di un crollo con le materie prime in calo da oltre 10 anni, con tassi d’interesse ai minimi storici ed in molti casi addirittura negativi, e con un costo del lavoro che non mostra nessuna tensione nonostante la pressoché piena occupazione dell’economia Usa ? In pratica una compressione dei costi di produzione mai registrata in questo secondo dopoguerra. Non a caso gli utili aziendali continuano a lievitare, e sono previsti in ulteriore crescita del 12 % anche nel 2020. Certo non mancano le criticità, come i contrasti commerciali tra Usa e Cina, o come i problemi di produttività e competitività della vecchia Europa, ma questi non intaccano il favorevole quadro sopra descritto. Anch’io che passo ormai, a torto, per un iper bullish, sono stato quest’anno, nelle mie scelte di portafoglio, alquanto prudente, e ne stò pagando le conseguenze con una perdita del 9,75 %, a fronte di un Ftse all Share che guadagna dall’inizio dell’anno ben il 18,29 %. Insomma bisogna esser sì prudenti, ma con una visione di medio-lungo termine ancora improntata all’ottimismo, altrimenti se ne pagano inevitabilmente le conseguenze.
Ciò detto, esaminiamo come si presenta, oggi, la situazione dello scenario intermarket. In quest’ultima ottava, il dollar index, dopo i forti rialzi delle scorse settimane, ha un po’ stornato, – 0,53 %, ed è retrocesso a quota 98,39, ma allo stato rimane un fattore d’indubbia stabilità e solidità, pure per le sorti degli altri mercati. Anche le commodities non evidenziano particolari cedimenti e criticità, anzi lievitano dello 0,61 % in termini reali, e sembrano voler smentire ogni ipotesi di recessione dell’economia globale. Quest’ultima settimana segnali incoraggianti giungono anche dal mercato obbligazionario. I rendimenti dei bond decennali americani, infatti, lievitano di 6 bps e risalgono a quota 1,56 %. I rendimenti dei bond a 2 anni, lievitano anch’essi di 3 bps e raggiungono quota 1,54 %. Viene, pertanto, prontamente smentita l’inversione della yield curve Usa, registrata nella scorsa ottava, e ciò mette nuovamente in dubbio l’ipotesi di una prossima recessione dell’economia Usa, già data intempestivamente per certa ed imminente dalla gran parte dei media. Recessione a cui non sembra per ora credere il mercato azionario. Il nostro benchmark azionario mondiale, l’S&P 500, rimbalza, infatti, dell’ 1,79 %, e risale a quota 2.978,71 punti. Non molto lontano dai suoi massimi storici.
Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:
Commercial Traders : – 22.210
Large Traders : + 24.893
Small Traders : – 2.683
Regge, pertanto, la favorevole configurazione del mercato dei derivati azionari Usa. Rispetto alla scorsa ottava, le variazioni, nelle posizioni dei diversi operatori, sono pari ad 7.764 contratti. In particolare, i Large Traders, cedono l’intero lotto dei 7.764 contratti long, e riducono un pò la loro attuale, ed ancora isolata, posizione Net Long. I Commercial Traders, invece, acquistano 1.938 contratti long, e riducono la loro abituale posizione di copertura, Net Short, a livelli davvero esigui, ben sotto la loro media storica. Gli Small Traders, infine, acquistano 5.826 contratti long, ma non invertono la loro posizione, restano cioè ancora nell’inusuale ed insolita posizione Net Short. I movimenti di quest’ultima ottava, così come quelli delle settimane precedenti, vanno letti ed interpretati con favore. Innanzitutto si riconferma una configurazione, ossia un assetto di mercato, storicamente favorevole e rialzista. Inoltre registriamo con favore una più ampia partecipazione al mercato. Ad acquistare, infatti, non sono solo i Large traders, ma anche le altre categorie di operatori. Insomma come già detto nelle scorse settimane, il mercato dei derivati azionari Usa non segnala allo stato alcuna criticità o pericolo imminente. Anzi sembra essere più ottimista di quanto si vede e si deduce a prima vista dall’economia reale, ma forse anche quest’ultima và meglio di quanto si pensi, o di quanto qualcuno vuol far credere. Insomma non è affatto improbabile registrare a breve nuovi massimi storici per gli indici azionari Usa, con buona pace dei sempre più sconsolati ribassisti.
Quindi, view rialzista, che cercherò di tradare con il mio originale trading system, fondato sullo studio del Cot Report, nonchè sulla valorizzazione dell’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, descritto negli studi e nelle ricerche dei due professori Usa, Jegadeesh e Titman, ed illustrato nel mio sito https://longtermmomentum.wordpress.com/. In questo controverso 2019, il mio portafoglio, denominato “ AZIONI ITALIA – LTM “, registra, come detto, una perdita del 9,75 %, causata dalla nostra errata posizione short d’inizio d’anno, nonché da una certa latitanza del fattore momentum sulla borsa italiana. Nello stesso periodo il nostro benchmark di riferimento, il Ftse All Share, ha conseguito un guadagno del 18,29 %. Conseguita pertanto una sotto-performance del 28,04 %. Un plateale e grave incidente di percorso, per un portafoglio che negli ultimi 6 anni ha conseguito una sovra-performance media annua del 16,2 %. Incidente da riesaminare con attenzione, al fine d’individuarne le vere cause. Sulla base della pregressa esperienza storica, confido, comunque, nei prossimi mesi, di poter recuperare almeno una parte dell’attuale inaccettabile sotto- performance. A tal fine, in coerenza con quanto sopra espresso, questa settimana modifico sostanzialmente l’assetto del mio portafoglio, innalzo cioè dal 65 all’85 % le mie posizioni long, ed riduco nel contempo dal 35 al 15 % le mie posizioni short, ossia assumo una marcata posizione rialzista, Net Long, pari al 70 % del mio portafoglio. Chi desiderasse approfondire e ricevere maggiori informazioni sul mio trading system e sulla composizione del portafoglio “ AZIONI ITALIA – LTM “ può, se vuole, consultare direttamente il mio sito.
Vi ringrazio per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di intermarketandmore buon trading.
LUKAS
LUKAS