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WALL STREET: il mercato regge ma dove sono gli operatori?
GUEST POST – Aumentano i disequilibri sul mercato ma al momento il meccanismo regge, sempre sapientemente comandato dalle banche centrali. Analisi dei dati del CFTC secondo la personale visione di Lukas.
Cari amici, nella settimana semifestiva del thanksgiving Usa, prevista come molto tranquilla, sui mercati finanziari internazionali è inaspettatamente ricomparso, con inusitata forza e vigore, lo spettro della deflazione, che attanaglia ormai da tempo l’economia mondiale, e contro il quale da anni si adoperano, direi con scarsi risultati, i governi e le banche centrali di mezzo mondo.
Lo scenario intermarket ha infatti registrato, sul piano valutario, una stabilizzazione del dollar index, dopo settimane e mesi di forsennata corsa al rialzo. Forza del dollaro Usa, che negli scorsi mesi ha celato, in termini reali, la debolezza latente delle quotazioni delle commodities, che invece è letteralmente esplosa in quest’ultima settimana. Basti pensare che in una sola ottava, il crude oil ha perso il 13,8 % del suo valore, ed oggi quota all’incredibile cifra di 66,15 $ al barile. Crollo delle quotazioni anche per il rame che ha lasciato sul tappeto, nell’ultima settimana, il 5,1 % e quasi il 17 % dall’inizio dell’anno. Pure l’oro conferma la sua debolezza e perde anch’esso il 3,1 % . Fenomeni e dati che lanciano inquietanti presagi sulle prospettive di ripresa futura dell’economia mondiale. Foschi presagi che trovano, peraltro, conferma anche dai trends che si registrano sul mercato obbligazionario. Il bond decennale Usa segna, infatti, un tasso del 2,16 %, ossia ben 15 bps in meno della scorsa settimana, ed 87 bps in meno del tasso d’inizio d’anno. Il bund tedesco continua ad aggiornare i minimi storici dei suoi rendimenti, oggi pari allo 0,7 %, in calo di 7 bps rispetto alla scorsa settimana, e ben 123 bps in meno dall’inizio del 2014. Solo i mercati azionari, sembrano immuni dalle turbolenze che investono gli altri mercati, e continuano a divergere in modo sempre più evidente dall’andamento dell’economia reale. Anche in quest’ultima settimana, infatti, il nostro benchmark azionario, l’S&P 500, ha registrato una crescita dell’0,2 %, ed ha nuovamente ritoccato i suoi massimi storici.
Dopo tale premessa, passo ad esaminare i nuovi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati solo ieri dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:
Commercial Traders : – 41.193
Large Traders : + 20.140
Small Traders : + 21.053
Si riconferma pertanto la configurazione generale del mercato dei derivati azionari Usa affermatasi nelle ultime settimane. In quest’ultima ottava le movimentazioni dei diversi operatori risultano pari ad 8.888 contratti. In particolare, i Large Traders, mostrano nuovamente qualche diffidenza e cedono 6.364 contratti long, riducendo di conseguenza la propria posizione Net long. Gli Small Traders, mostrando anch’essi qualche perplessità , cedono 2.524 contratti long, e continuano a mantenere la loro abituale posizione Net Long a livelli non proprio esuberanti. I Commercial Traders, pertanto, dopo qualche settimana di pausa, vengono nuovamente chiamati in causa, ossia si vedono costretti ad acquistare l’intero lotto degli 8.888 contratti long.
Le movimentazioni di quest’ultima settimana, confermano ciò che è ben noto da tempo, ossia che i mercati azionari Usa vivono da anni sotto la vigilante protezione delle banche centrali che operano per il tramite delle cosiddette “ mani forti “, e che gli ingenti rialzi di questi anni non hanno mai visto la partecipazione convinta degli altri operatori. Ciò rende il mercato in apparenza solido e forte, ma nel contempo sempre più squilibrato.
Squilibrio testimoniato peraltro, anche dalle divergenze, segnalate già nelle passate settimane, tra il trend delle large cap e quello delle small cap, nonchè con il trend degli High Yield Bond. Squilibrio, che ci induce a ritenere che la previsione, da noi formulata ad inizio d’anno, di un S&P 500 a quota 2007 punti a fine 2014, possa ancora essere se non raggiunta quantomeno avvicinata.
Dunque latente scenario deflazionistico, nonche squilibri e divergenze da riassorbire, che questa settimana trovano coerentemente riscontro anche nel mio stock picking, condotto sul listino azionario italiano, che, come ormai ben sapete, si propone di sfruttare l’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, individuato in pregevoli ricerche, presente in tutti mercati finanziari, ed i cui presupposti scientifici sono esposti nel mio nuovo sito http://longtermmomentum.wordpress.com/. Il preliminare check-up settimanale di borsa italiana evidenziava, alla fine della scorsa settimana, un saldo annuo positivo del 4,5 %. Il mio portafoglio, denominato “ Azioni Italia – LTM “, registra, invece, una performance annua del 25,0 %, ossia ben 20,5 punti percentuali sopra la performance annuale del nostro benchmark nazionale, che ci conferma appieno dell’esistenza, anche sul mercato italico, dell’effetto “ momentum “ evidenziato nelle ricerche e negli studi scientifici dei professori Jegadeesh e Titman. Questa settimana, in coerenza con la mia vision globale, riassumo un atteggiamento molto più prudente, riacquistando una componente short del mio portafoglio, pari al 40 % dello stesso, a copertura dei miei 6 titoli azionari. Rammento a tutti gli interessati che, anche questa settimana, possono, se lo desiderano, consultare gratuitamente la composizione specifica del Portafoglio LTM sul mio sito.
Vi ringrazio, come sempre, per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di Intermarketandmore una nuova proficua settimana di trading .
Lukas
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