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Stop al carry trade?
Una delle più importanti situazioni tecniche di correlazione inverse degli ultimi anni, correlazione che è nata solo ultimamente e che fino a qualche anno fa non esisteva, o comunque non con queste dimensioni, e quella del carry trade.
Cos’è il carry trade?
Da diverse parti si possono trovare delle eccellenti definizioni di Carry Trade: quella dell’enciclopedia on line più famosa del mondo, ovvero Wikipedia, secondo me calza a pennello, anche se tale definizione merita di essere poi sviluppata in quanto incompleta.
Nell’ambito della finanza internazionale il carry trade è la pratica speculativa consistente nel prendere a prestito del denaro in paesi con tassi di interesse più bassi, per cambiarlo in valuta di paesi con un rendimento degli investimenti maggiore in modo sia da ripagare il debito contratto sia da ottenere un guadagno con la medesima operazione finanziaria. Solitamente per mettere in atto un’operazione di carry trade vengono scelte monete che godono di un cambio stabile nel tempo mentre l’investimento è rivolto a strumenti a basso rischio, quali titoli di Stato. Già da qui si capisce, in linea di massima, quale deve essere un elemento fondamentale per far si che un’operazione di carry trade possa “rimanere in piedi”, ovvero la volatilità controllata.
È possibile fare un esempio di operazioni di questo genere prendendo a riferimento la situazione economica del Giappone:: il disallineamento dei tassi rispetto alla media internazionale consente di prendere a prestito denaro in yen ad un “prezzo” molto basso, di cambiarlo in valute straniere che vengono investite in titoli di stato o altri strumenti finanziari a rischio nullo e che presentano un rendimento del 3% o superiore. L’investitore guadagna, in tal modo, sul differenziale fra i tassi di interesse: scaduto il titolo di stato, il denaro viene infatti riconvertito dalla moneta straniera in yen per pagare il debito contratto in Giappone.
Ma quindi che c’entrano le borse?
Dopo aver focalizzato il significato delle parole “carry trade” vi starete chiedendo: ma cosa c’entra la borsa con tutto ciò? E qui il discorso si fa interessante. Prima parlavo di “volatilità bassa” o comunque controllata. Se avete seguito con attenzione i mercati finanziari negli ultimi mesi, avrete notato che il VIX (l’indice di volatilità dello S&P 500) è arrivato a dei livelli pari a 10-12, storicamente bassissimi Vale a dire che la volatilità di questo listino azionario era più o meno pari alla volatilità di una obbligazione a lunga scadenza. Molti investitori istituzionali, in particolar modo gli speculativi “hedge funds” hanno colto la palla al balzo, e si sono detti: a pari volatilità, conviene comprare equità invece di bonds, mantenendo l’esposizione sulla valuta forte. Ed è così che questa strana ed anomala situazione ha riversato sui mercati finanziari una valanga di denaro preso a prestito che, pian piano, hanno contribuito a far salire i listini azionari di tutto il mondo. Qual è il problema? Quando le borse salgono, hanno una volatilità bassa. E quindi il denaro rimane investito. Se arriva una correzione, la prima cosa che aumenta è la volatilità. Quindi, aumentando la volatilità, gli hedge funds tendono a chiudere le posizioni. Vendono equity e investono su altri assets oppure chiudono l’operazione riacquistando la valuta presa a prestito (contribuendo, in questo caso al suo rafforzamento).
VIX: l’indice della paura
Ecco perché spesso, quando parlo di VIX in aumento, il mio pensiero va ad una correzione di borsa. Ed è anche per questo che l’indice VIX è anche definito come l’indice della paura: più sale e più aumenta il rischio di una correzione.
La strana coppia
Ormai lo sapete benissimo (specialmente chi ha la pazienza di leggermi) che le due valute “incriminate” sono lo Yen giapponese e il Franco Svizzero. La cosa che potrete quindi notare, in questa fase di debolezza dell’equity, è un rafforzamento di entrambe le valute. Difatti vale la correlazione di cui parlavo prima: borse in discesa, quindi chiusura dei carry trade, quindi rafforzamento delle valute JPY e CHF. Qui sotto potrete trovare due grafici che dimostrano la’ndamento molto simile tra queste valute. Il che è abbastanza assurdo, in quanto Svizzera e Giappone sono due paesi estremamente diversi, sotto tutti i punti di vista. Però quando impervia la speculazione, non c’è santo che tenga. Entrambe le valute si trovano a contatto (quasi) con dei livelli di supporto dinamico molto importanti… Ah si… Però anche le borse si trovano nella medesima situazione. Quindi lo scenario è IDEALE. La violazione dei supporti dinamici sull’equity, e un conseguente movimento correttivo, contribuirà a far rafforzare le valute in oggetto, le quali quindi violeranno le rispettive trendline. E questi due elementi messi assieme potrebbero avere “effetto leva” amplificando il movimento del mercato. Quindi, in tal caso, aspettiamoci pure un VIX molto elevato. Nel frattempo buttate l’occhio ai 2 grafici EUR/JPY e EUR/CHF e fateci su un pensierino sulla strana somiglianza…
Spero che questo piccolo contributo sia servito a rendere un po’ più chiara la dinamica su una delle operazioni più complesse, speculative e finanziaraimente pesanti degli ultimi anni.
A presto !
DT