Quando Arte e Finanza di fondono in un perfetto connubio

Scritto il alle 00:16 da Danilo DT

A volte ci sono delle situazioni che sembrano costruite ad arte anche se in modo involontario.

Molti di voi avranno già avuto il “piacere” di ammirare l’opera di Maurizio Cattelan, il famoso “Dito Medio” che si trova a Piazza Affari.
Questa scultura provocatoria doveva restare a Piazza Affari solo un mese. Alla fine ci rimarrà (molto probabilmente) per sempre. Ironia della sorte, la scultura si trova in quella piazza che da sempre è sinonimo di investimento e risparmio (e anche di speculazione). E in questi giorni la manina di Cattelan sembra la perfetta reazione che molti risparmiatori istintivamente hanno avuto sentendo le caratteristiche della brillante manovra fiscale sui bolli del dossier titoli che tasserà in modo improponibile il risparmio dei cittadini italiani. E non solo ai bolli. Forse il dito medio lo farebbero a tutta la manovra finanziaria. O forse anche a qualcosa (o quialcuno) in più.

La cosa che può rincuorarci è che se non non siamo felici, altrove sono addirittura più inca**ati. Leggete questo interessante articolo di Naim. Sacrosante verità. Ricordate? Conflitto sociale. Ma questa volta non sono solo io a dirvelo…



Le principali fonti dei conflitti futuri non saranno gli scontri tra civiltà, bensì le aspettative frustrate delle classi medie, in declino nei Paesi ricchi e in crescita in quelli poveri.

La teoria dello “scontro di civiltà”, resa celebre da Samuel Huntington, afferma che – una volta esaurito il confronto ideologico tra comunismo e capitalismo – i principali conflitti internazionali sorgeranno tra Paesi con diverse identità culturali e religiose. «Lo scontro di civiltà dominerà la politica globale. Le faglie tettoniche che dividono le civiltà costituiranno il fronte delle battaglie del futuro», scrisse nel 1993. Per molti, gli attacchi di al Qaida e le guerre in Afghanistan e in Iraq hanno confermato tale visione. In realtà i conflitti si sono verificati più dentro alle civiltà piuttosto che tra esse. I devoti terroristi islamici hanno ucciso più musulmani innocenti che nessun altro. E i contrasti tra sciiti e sunniti continuano a mietere vittime, la maggioranza musulmane.

Secondo me, una fonte molto più importante di conflitti rispetto agli scontri tra culture o religioni sarà costituita dalle variazioni di reddito delle classi medie nei Paesi ricchi – in cui stanno diminuendo – e nei Paesi poveri – dove invece stanno aumentando. Sia l’aumento sia la diminuzione del reddito causano aspettative disattese che alimentano l’instabilità sociale e politica.

I Paesi poveri in rapida crescita economica possiedono oggi la classe media più numerosa della loro storia. È il caso del Brasile e del Botswana, della Cina e del Cile, dell’India e dell’Indonesia, soltanto per citarne alcuni. Queste nuove classi medie non sono così benestanti come quelle dei Paesi industrializzati, ma i loro componenti godono di un tenore di vita senza precedenti. Nel frattempo, in Paesi come Spagna, Francia o Stati Uniti la situazione della classe media sta peggiorando. Tutti i membri in età lavorativa di 1,3 milioni di famiglie spagnole sono disoccupati. Soltanto l’8% dei francesi ritiene che i propri figli avranno una vita migliore della loro. Nel 2007, il 43% degli statunitensi affermava che con lo stipendio riusciva appena ad arrivare a fine mese. Oggi riferisce di trovarsi in tale situazione il 61 per cento.

D’altra parte, le aspirazioni insoddisfatte della classe media cinese o brasiliana sono politicamente incandescenti tanto quanto la nuova insicurezza economica della classe media che sta smettendo di essere tale in Spagna o Italia. I rispettivi governi sono sottoposti a enormi pressioni, sia per rispondere alle crescenti esigenze della nuova classe media sia per contenere la caduta del tenore di vita della classe media esistente.
Inevitabilmente, alcuni politici dei Paesi industrializzati sfrutteranno tale scontento per dare la colpa del deterioramento economico all’auge di altre nazioni. Diranno che i posti di lavoro persi negli Stati Uniti o in Europa, o i salari stagnanti, si devono all’espansione di Cina, India o Brasile. Questo non è vero. Gli studi più rigorosi rivelano che la perdita di posti di lavoro o la diminuzione degli stipendi nei Paesi industrializzati non sono imputabili alla crescita dei Paesi emergenti, bensì al cambiamento tecnologico, a una produttività anemica, alla politica fiscale e ad altri fattori interni.

Nei Paesi poveri, invece, la nuova classe media che ha migliorato il consumo di cibo, vestiti, medicine e case esigerà rapidamente scuole, acqua, ospedali, trasporti e qualsiasi tipo di servizi pubblici. Il Cile è uno dei Paesi che gode del maggiore successo politico e della maggiore stabilità al mondo, e la sua classe media registra una crescita sistematica. Tuttavia, le proteste di strada volte al miglioramento dell’istruzione pubblica sono ricorrenti. I cileni non vogliono più scuole: vogliono scuole migliori. E per qualsiasi governo è molto più facile costruire una scuola che migliorare la qualità dell’insegnamento lì dove lo si impartisce.
In Cina, ogni anno, si tengono migliaia di manifestazioni per richiedere maggiori o migliori servizi pubblici. In Tunisia, la frustrazione della popolazione ha portato alla caduta di Ben Ali, nonostante sia il Paese con il miglior rendimento economico del Nord Africa. Non esiste alcun governo che possa soddisfare le nuove esigenze di una classe politica media in auge alla stessa velocità con cui tali esigenze si presentano. E nemmeno un governo che possa sopravvivere alla furia di una classe media benestante che vede la propria situazione peggiorare giorno dopo giorno.

L’instabilità politica causata da queste frustrazioni è già visibile in molti Paesi. Le sue conseguenze internazionali non sono ancora così ovvie. Ma lo saranno. (SOURCE)

Per chiudere, leggetevi questo articolo: “Noi, improvvisamente poveri con 1000 euro al mese“. E poi ditemi se questa è una situazione così tanto surrealo oppure se rappresenta la realtà presente e futura di tanti nostri concittadini.

In bocca al lupo a tutti.

STAY TUNED!

DT

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4 commenti Commenta
gainhunter
Scritto il 20 Luglio 2011 at 08:02

“Gli studi più rigorosi rivelano che la perdita di posti di lavoro o la diminuzione degli stipendi nei Paesi industrializzati non sono imputabili alla crescita dei Paesi emergenti, bensì al cambiamento tecnologico, a una produttività anemica, alla politica fiscale e ad altri fattori interni.”

Questo significa negare la globalizzazione e la delocalizzazione… 🙄
Che poi siano la conseguenza di scelte politiche è innegabile, ma da qui a dire che la crescita dei paesi emergenti non c’entra con la perdita di posti di lavoro in Occidente mi sembra decisamente sbagliato.
Siamo sicuri che se ci fossero state misure protezioniste come il contingentamento delle automobili giapponesi negli anni 90 la Cina sarebbe cresciuta così tanto, e le imprese avrebbero delocalizzato in modo così diffuso? Io dei seri dubbi.

Per quanto riguarda i fattori interni: sì, direi la finanza allegra che ha portato alla crisi, e l’euro che in tempi non sospetti ha portato alle prime constatazioni sulle difficoltà di sempre più famiglie a arrivare alla fine del mese.

Scritto il 20 Luglio 2011 at 08:54

Buongiorno a tutti.
Apriamo la giornata con una notizia molto interessante sui saldi fatti ad Atene.
Per la prima volta i titoli greci a 2 anni rendono il 40%.
COMPRARE A PIENE MANIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII e poi pregareeeeeeeeeee :mrgreen:

antipatix
Scritto il 20 Luglio 2011 at 15:28

Vai avanti tu…
che noi compriamo dopo!

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