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Macroeconomia e oro: la guerra in Siria muove il mercato. Ma non solo quello purtroppo.
GUEST POST: analisi di quotazione oro e il comportamento delle banche centrali. Il solito barometro settimanale dell’oro e gli avvenimenti più importanti della settimana e il ruolo dell’oro nei portafogli di investimento e degli investitori istituzionali.
Il prezzo del metallo giallo, questa settimana, e’ stato sostenuto al rialzo dalle tensioni geopolitiche in Siria. Il lingotto era volato a un massimo di $1.433,00 l’oncia sulla prospettiva di un attacco militare franco-anglo-americano imminente. L’oro ha poi ripiegato al ribasso, tornando all’interno della media di cui sopra. La settimana (e anche le prossime a venire) avranno come catalizzatore la guerra civile in Siria. Il regime Siriano di Bashar Al-Assad e’ accusato da USA, Gran Bretagna e Francia, di aver usato armi chimiche contro i “ribelli” jihadisti.
Gli ispettori dell’Onu stanno proseguendo per confermare il tuttora presunto attacco con armi chimiche. Gli USA potrebbero intervenire militarmente contro il regime di Assad (il Congresso non ha ancora ratificato alcun attacco).
La realta’ e’ che in Siria non si combatte “solo” una guerra locale. Si combatte una Guerra Mondiale Locale. Il regime siriano di Basar Al-Assad e’ sostenuto in primo luogo da Cina e Russia; all’opposto, i “ribelli” jihadisti della Coalizione Nazionale delle Forze Siriane Rivoluzionarie e d’opposizione sono sostenute dal duo Washington (USA) -Doha (Qatar), dalla Francia e dalla Gran Bretagna.
Il Qatar sta scaricando tonnellate di armi in Siria, dopo averne scaricate altrettante in Libia, sotto lo sguardo attento e compiacente del Pentagono. Nel conflitto vi sono implicati anche forze speciali occidentali, , brigate internazionali jihadiste, mercenari di ogni colore, forze di sicurezza iraniane.
L’ONU parla di 70 mila vittime dall’inizio del conflitto.
Sullo sfondo della tragedia siriana si gioca una partita geopolitica (sulla pelle di migliaia di civili) tra Stati Uniti – Russia e Cina per ridefinire i rapporti di forza tra le tre superpotenze. Le velleita’ Britanniche sulla regione del Golfo; la lotta per la sopravvivenza di Israele; il conflitto interno al mondo musulmano (arabi sunniti contro persiani sciiti); il ruolo della Turchia come crocevia energetico tra l’Est e l’Ovest.
Traduzione: vi e’ combustibile per tenere accesi focolai di guerra a tempo indeterminato. Una possibile Guerra Mondiale Locale con escalation del tutto imprevedibili. Sembra che il conflitto sia solo rimandato; sicuramente gli USA tenteranno di colpire il regime di Assad per creare qualche dubbia entita’ del tipo emirato pro-USA.
Il conflitto potrebbe scatenare un’escalation di guerra globale con l’Iran che per ritorsione potrebbe bloccare lo stretto di Hormuz ( da dove transita il 30% – 35% della produzione mondiale giornaliera) a un coinvolgimento “indiretto” di Russia e Cina che rifornirebbero di armi il regime di Assad per resistere all’attacco USA; e un’eventuale partecipazione israeliana al conflitto (per reazione a eventuali attacchi o attentati) darebbe il via a un pericoloso crescendo bellico da cui difficilmente le entita’ coinvolte riuscirebbero poi a districarsi.
Il prezzo del petrolio ha ripiegato venerdi sera dai massimi, ma si mantiene sempre alto. Il WTI e’ quotato oltre i $108,00 al barile, il Brent del mare del Nord oltre i $115,00 al barile. L’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) ha per ora escluso un intervento per il rilascio di scorte strategiche al fine di calmierare i prezzi. Ma sui prezzi petroliferi (che sono un termometro delle tensioni inflazionistiche) grava il peso della destabilizzazione della Siria, il grave rallentamento della produzione in Iraq (50o mila barili in meno al giorno a causa di problemi agli oleodotti) e il crollo della capacita’ di esportazione di petrolio da parte della Libia. I prezzi del petrolio sono stati contenuti al rialzo solo grazie all’offerta di Shale Oil proveniente dagli Stati Uniti.
Grafico ORO
Russia, Turchia e Francia tra le maggiori Banche Centrali ad acquistare oro a luglio
Le Banche Centrali di Russia, Turchia e Francia sono tra le 15 maggiori istituzioni monetarie mondiali ad aver provveduto a incrementare le proprie riserve auree nel mese di luglio. I dati sono desunti dal sito del Fondo Monetario Internazionale.
La Russia ha provveduto a espandere le proprie riserve per il decimo mese consecutivo, acquisendo 6,3 tonnellate metriche di oro a luglio per un ammontare totale di 1.002,80 tonnellate. Anche il Kazakhstan ha aumentato le riserve auree per il decimo mese consecutivo. A luglio, la Banca Centrale Kazaka ha acquisito 1,10 tonnellate di oro per un ammontare globale di 10,02 tonnellate.
La Turchia ha acquistato 22,50 tonnellate d’oro a luglio e risulta essere la Banca Centrale con il maggiore incremento di riserve auree a livello mensile. La Turchia e’ l’undicesima nazione, a livello mondiale, per ammontare di riserve auree con un totale di 464 tonnellate globali. Mozambico, Guatemale, Repubblica del Kyrgyzistan e Azerbaijian sono le nazioni le cui rispettive Banche Centrali hanno incrementato le proprie riserve in oro.
Per converso, Messico, Danimarca e Canada hanno decrementato le proprie riserve, seppur per modesti quantitativi di oro. Le Banche Centrali stanno diversificando i propri assets monetari investendo in oro, a causa dei timori di deprezzamenti globali valutari che si possano scatenare in un’eventuale rampante inflazione mondiale negli anni a venire. Nel 2012 le Banche Centrali hanno acquistato 534,60 tonnellate d’oro (l’ammontare piu’ alto dal 1964); simili entita’ d’oro in acquisto dovrebbero essere raggiunte anche per quest’anno.