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La TAVOLA rotonda
Capita che certi tipi di ragionamenti, cominciati prima nei commenti a corredo dei vari articoli, proseguano poi “in versione privata” con scambi di email e messaggi non più a livello pubblico ma privato.
Proprio in questi giorni è successo che una serie di ragionamenti, fatti tra due vecchie conoscenze del blog, ovvero Paolo41 e Gainhunter, si siano poi trasformati in un qualcosa che merita la condivisione con tutti i lettori.
Nella discussione, poi, è stato tirato in causa anche il sottoscritto, il quale ha accettato l’invito ed ha completato il lavoro aggiungendo il suo punto di vista quando tirato in causa.
Le questioni trattate potremmo sintetizzarle in due argomenti tra di essi collegati. In realtà poi si vanno a toccare tantissimi altri punti.
Preferisco a questo punto pubblicare lo scritto, dando la possibilità a tutti di poter intervenire con il proprio punto di vista e, perchè no, con le dovute critiche, nella speranza che siano sempre costruttive.
Benvenuti alla tavola rotonda (virtuale) con Paolo41, Gainhunter e Danilo DT.
FUTURO: nebbia e tinte fosche. Che succederà?
Paolo41: Stiamo entrando in anni pieni di nebbia e di incertezza.
Abbiamo passato un periodo ricco di eventi che nelle previsioni dovevano essere forieri di forti cambiamenti; in realtà qualcosa ha scosso l’ambiente mondiale ma più che altro è stato toccato l’umore e forse anche il comportamento delle varie popolazioni. Hanno contribuito anche le bibliche migrazioni di quella povera gente, frastornata da bombe, guerre ed esecuzioni e in gran parte radicata nella povertà, a creare situazioni di instabilità nel mondo occidentale. Gli ignobili atti di terrorismo hanno fatto il resto.
Credo che l’incertezza sul futuro che ci attanaglia dipenda in massima parte dall’insicurezza del lavoro (1) e dalla cappa sempre più nera di paura di nuovi atti terroristici (2) che sovrasta molti paesi “occidentali”.
Gainhunter:Per farmi un’idea sulle evoluzioni future io seguo in particolare tre esperti verso cui nutro stima non solo per la professionalità ma anche per morale, etica e generosità: Danilo, Andrea Mazzalai di icebergfinanza e Anthony Caldaro.
Sul lungo periodo le view sono queste:
– Andrea sostiene sulla base empirica delle precedenti crisi da deflazione da debiti che siamo ancora lontani (a livello sia europeo sia americano) dalla fine di questa crisi e dalla ripresa della crescita economica, anzi ci aspetta una nuova recessione in USA, e i dati economici lo confermano (v. qui e qui)
– Caldaro ragiona sulla base di una sua versione algoritmizzata delle onde di Elliott, e ha sempre due o tre conteggi anche molto diversi tra loro (parlo di borsa ma la borsa alla fine è una rappresentazione dell’economia, con storture e divergenze dall’economia reale anche abbastanza vistose ma temporanee se viste in un’ottica di lungo periodo); fino a Giugno dello scorso anno lo scenario prevalente era negativo, cioè il ciclo ribassista di lungo periodo iniziato nel 2007 era solo in una fase di correzione rialzista, invece poi, in seguito alla formazione e alla conferma di nuovi massimi sui 3 principali indici azionari USA, ha dichiarato concluso il ciclo negativo con il ribasso del 2009 e di conseguenza vede rialzo prolungato per svariati anni (onda 3 “super cycle”, ciclo di 5 onde di durata pari a circa 70/80 anni); in accordo con questa prospettiva sull’azionario ci sono:
– la view sul ciclo dell’obbligazionario USA (ciclo di ribasso dei tassi terminato nel 2016, quindi rialzo per i prossimi 30 anni), che confermerebbe la prospettiva di crescita economica
– il ciclo economico/sociale secondo la teoria dei “4 turnings”, ciclo di crescita economica di 15/20 anni iniziato nel 2016/2017, che a sua volta fa parte di un ciclo più lungo “saeculum” di 70/80 anni chiamato “di protesta”; questo ciclo saeculum è assimilabile al periodo 1700/1800, mentre il ciclo più breve è assimilabile sia ai primi 20 anni del 1700 sia al periodo 1949-1966, anni di Marshall Plan e di ricostruzione post guerra (v. post di Caldaro)
– Danilo non si sbilancia su previsioni di lungo periodo, ma mi sembra che sia un pò in mezzo: possibilista sulla ripresa economica (in USA) ma anche un pò scettico sulla base dei fondamentali (il non sbilanciarsi non è una mancanza, può essere anzi il risultato del tenere in considerazione più elementi contrastanti)
Quindi io mi trovo con dei riferimenti contrastanti: da una parte una view depressiva ma dall’altra non escludo la possibilità che abbia ragione Caldaro (ci sono cicli storici e a volte basta una scoperta, un’invenzione, un evento imprevisto per stravolgere una situazione precedente, alcuni lo chiamano “disruption”).
Dici che è stato toccato l’umore e forse anche il comportamento delle varie popolazioni. Direi che hai centrato il punto.
Gli eventi (terrorismo da una parte, depressione economica dall’altra) hanno lasciato il segno su una generazione intera.
Quadra con l’inizio del saeculum di tipo “protest” (i prossimi 70/80 anni, una generazione, appunto). Questa è una generazione che vuole riscatto, che ha visto gli eccessi dei profitti delle imprese e la distruzione della classe media, e vedendo i risultati della globalizzazione, della delocalizzazione, dell’apertura delle frontiere (internazionalismo) probabilmente vorrà tornare al nazionalismo e al protezionismo.
DaniloDT: dici che faccio parte della “terra di mezzo” e dici bene, proprio perchè secondo me ci sono degli elementi che sono di difficile lettura, specialmente nel breve periodo. Infatti, secondo me molto dipenderà da cosa farà Trump e quali stimoli riuscirà a trasmettere ai mercati. Ma attenzione, sono stimoli che possono avere effetti nemmeno troppo a lungo termine. Quindi, se devo dare una mia view generica, nel breve tutto dipende come detto da Trump (e la gente, c’è poco da fare, può anche guardare al lungo termine ma poi quando si tratta di investire, ciò che conta è il breve termine) e grazie alla politica fiscale potrebbero arrivare stimoli importanti anche solo a livello psicologico. Ma poi nel medio lungo non posso negarlo. Il limone spremuto metterà a nudo tutti i suoi limiti.
Wind of change: ma la nebbia oscura la visione…
Paolo41: Peraltro abbiamo visto che i vari eventi “politici”, dalla Brexit alla vittoria di Trump e, pur se di minore importanza, il referendum italiano, trovano in breve lasso di tempo una loro assuefazione al contesto generale e un assorbimento dei vari spigoli paventati e amplificati dai media. E’ un fatto naturale: è difficile cambiare l’establishment, anzi l’establishment tende a divorare i tentativi di cambiamento. E questo, a mio avviso, avverrà anche per le bellicose e spesso contraddittorie dichiarazioni di Trump.
Ma noi dobbiamo guardare oltre la nebbia, muoversi con cautela, cercare di evitare gli ostacoli anticipando, ove possibile, eventi pericolosi senza girarsi indietro, altrimenti facciamo come quei capitani di navi che, per entrare in porto o fare l’inchino, guardano la scia e poi picchiano contro le banchine o gli scogli. Quindi lasciamo da parte gli eventi “politici” e concentriamoci sui fatti che hanno la possibilità di creare sensibili mutamenti dello scenario.
Gainhunter: Concordo anche perchè ho sempre sostenuto che la politica, salvo eventi particolarmente importanti come guerre o piani tipo Marshall, non è così determinante per l’economia o la società, che secondo me sono influenzate da altri fattori che pesano di più e lavorano lentamente (da cui vengono i cicli).
DaniloDT: ormai quello che rischiava di diventare un rischio sistemico, magicamente, non lo è più. Il sistema, come avete detto, ormai digerisce tutto, ha le spalle larghe, si sente quasi invincibile ed indistruttibile. E alla luce dei numeri come dare torto a questo ragionamento? Ed è lo stesso sistema che si autoalimenta anche solo a livello di fiducia. Ma è un ragionamento che può durare all’infinito? Secondo me quindi è importante guardare oltre la nebbia. Ma potrebbe essere ancora più importante saper navigare nella nebbia, magari cercando di intendere cosa ci si ritrova una volta finita la scarsa visibilità.
Lavoro: un mondo in evoluzione
Paolo41: 1.Come ho introdotto precedentemente, tutto si sta muovendo nel senso che il mondo del lavoro sta cambiando sempre più velocemente: difficile fermare il processo di globalizzazione e impedire una più ampia industrializzazione degli emerging markets e di altri paesi, oggi più arretrati, che si aggiungeranno alla lista. Altrettanto difficile osteggiare il processo di automazione e digitalizzazione di qualsiasi tipo di produzione o di servizi; è un’onda che si sta trasformando in uno tsunami sul mondo del lavoro i cui sopravvissuti saranno i tecnici specializzati probabilmente con un innalzamento delle loro retribuzioni, ma non più di quel tanto perché la concorrenza fra specialisti sarà elevatissima. Per esempio, ogni tanto, scherzo con il mio broker assicurativo dicendo che il suo lavoro col tempo sparirà perché sono in continuo aumento le polizze assicurative fatte on-line. E’ un amico e quindi per il momento non cambio agenzia ma ho controllato varie assicurazioni on-line e i premi sono decisamente più convenienti di quelli che pago . Così come non investirei in questo momento in un’agenzia di viaggio a fronte della impressionante offerta on-line che si può trovare per ogni destinazione. E come questi ci saranno molti altri lavori che il web farà sparire. Significativo segnalare che l’industria cinese è in prima fila negli ultimi due anni, con ampio margine sulle altre nazioni, per la robotizzazione delle linee produttive.
Gainhunter: Sicuramente l’industrializzazione degli EM continuerà; sulla globalizzazione potrebbero esserci dei freni dati sia dal protezionismo sia dalla presa di coscienza della popolazione (il femminismo ha portato alla diffusione della policy dell’uguaglianza tra uomo e donna nelle mansioni e nel management, e più recentemente in particolare in USA i movimenti pro-gay stanno portando a policy di tutela degli interessati nelle aziende, ma anche in finanza i prodotti etici o socially responsible stanno crescendo, quindi non escludo che il sentimento popolare economicamente nazionalista possa portare a policy di tutela dell’economia nazionale tra produttori e venditori e magari anche a leggi a tutela -vera- del prodotto locale); bisognerà vedere quanto saranno efficaci perchè l’interesse nello spingere ancora di più sul pedale del “global” è forte e le condizioni ci sono: internet, la crescita di skill negli EM, l’opportunità di ridurre i costi, …
Un cambiamento epocale forse paragonabile al passaggio dall’agricoltura all’industria, che Caldaro colloca nel super-ciclo economico iniziato nel 1932 e terminato nel 2007. E quello iniziato nel 2009 potrebbe essere il super-ciclo dell’automazione, robotica, digitalizzazione (lo ipotizzo io).
Da una parte condivido l’incertezza e la paura in un futuro senza sbocchi occupazionali, con la concorrenza dei robot (ma anche di Indiani e Cinesi nell’informatica, per esempio); dall’altra parte però anche agli esordi dell’industria c’erano incertezza e paura nel futuro da parte della popolazione agricola dell’epoca. Allo stesso modo penso a tutti quei negozi di paese che negli anni 80 e 90 sono stati soppiantati dai supermercati.
Non conosco bene i tempi e le dinamiche, questa volta potrebbe essere diverso? Penso a 3 possibili differenze:
1. la velocità del cambiamento: essendo più lento nel passato ha consentito il riciclo della forza lavoro grazie al passaggio generazionale, cioè figli più istruiti per fare i nuovi lavori?
2. la geografia: con economie nazionali abbastanza chiuse si è convertita la forza lavoro nello spazio dello stato, ora con la globalizzazione si sposta fuori dove costa meno e dove stati più dinamici investono per creare più skill
3. la demografia: aumento della popolazione = aumento della domanda -> la riduzione di posti di lavoro dovuta all’aumento della produttività veniva compensato dall’aumento della domanda e quindi dall’aumento della necessità di forza lavoro (serve meno gente per produrre gli stessi prodotti ma siccome serve produrre più prodotti diversi serve più gente)
DaniloDT: il mondo del lavoro sta cambiando, o meglio si sta evolvendo. Certi mestieri col tempo spariranno o diventeranno marginali (un esempio è il lavoro del bancario, tanto per citarne uno, appunto del broker assicurativo). Ma come tante cose nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma. Un esempio su tutti è appunto la robotica. Un settore che molto probabilmente crescerà di un 10% per i prossimi 10 anni su scala globale. Vi rendete conto della rivoluzione digitale e non sono che sta apportando al tessuto economico? Un’altra considerazione statistica: dagli ultimi dati risulta che i colletti blu abbiano avuto incrementi di stipendio maggiori rispetto ai colletti bianchi. Cosa significa? Inoltre, certi mestieri oggi caduti in disuso torneranno ad essere ben voluti. Quelli dove ti sporchi le mani e magari hai degli orari meno standardizzati. Pensate agli allevatori, gli agricoltori, gli artigiani. Poi certo, è fondamentale anche uno Stato che assista il cambiamento…
R&S: la chiave è nella Ricerca & Sviluppo
Paolo41: In altre parole, l’equazione che regge la continua ricerca di aumento del profitto non cambia: riduzione costi ( di qualsiasi natura essi siano, progettazione, produzione, logistica, servizio, overheads, etc) riduzione tempi ( in tutte le aree aziendali come nella parentesi di cui sopra), qualità sono i tre fattori essenziali. Naturalmente con un prodotto che sappia interpretare, attraverso il marketing, le necessità della domanda e le nuove attitudini dei consumatori ( conviene ribadire che è la domanda che genera la R&S e non viceversa; una innovazione fine a se stessa, non apprezzata dal mercato, sono generalmente soldi buttati al vento).
Gainhunter: “E’ la domanda che genera la R&S e non viceversa”.
Osservazione splendida, che spiega la grande quantità di cash parcheggiata nelle casse delle aziende: in una crisi di domanda le aziende non investono, neanche in R&S, e quindi o accumulano cash o fanno buyback o entrambi.
Una parentesi di breve: può essere che la recente riduzione dei buyback sia un segnale positivo perchè significa che le aziende prospettano crescita economica e quindi stanno riprendendo a investire?
Danilo DT: ovviamente mi associo in merito alle considerazioni su R&S e il nostro paese, oggi, non brilla per condizione di domanda dei beni. Le motivazioni le conosciamo bene, a partire da quello che dovrebbe essere un sostegno pubblico che praticamente non esiste.
Pesce grande mangia pesce piccolo
Paolo41: Tornando all’evoluzione del lavoro pensiamo, come esempio, a Sears, Macy’s , Kohl,s, megastores americani che sono in crisi nera (Sears è sull’orlo del fallimento) perché le vendite via-web ( Amazon, Alibaba, etc) con gestioni di ordinazione, magazzino e consegna super sofisticate e prezzi contenuti, crescono a ritmi impressionanti; o in piccolo ai nostri supermercati più “avanzati” (si fa per dire) che, per evitare gli addetti alla cassa preferiscono dotarti di un mini computer legato alla tua carta di credito dove scarichi la spesa che fai e puoi evitare la fila alla cassa, salvo controlli a campione; oppure, più in generale, come nel ridotto ambito del teatro italiano sia stato introdotto il Jobs Act con lo scopo di rendere più flessibile e competitivo il costo del lavoro. Da qualsiasi parte tu giri la testa è un continuo e frenetico riduzione dei costi e dei tempi e quindi di personale. Questa è la ragione principale perché vedo difficile che Trump riesca a realizzare un aumento dei posti di lavoro in USA. E’ di alcuni giorni fa il suo attacco alle produzioni in Mexico del settore automobilistico: quest’ultimo è uno dei settori a più alto valore aggiunto ma anche più sensibile alla ricerca di una continua competitività attraverso l’automazione e digitalizzazione dell’intero sistema delle aziende auto (vedi 4.0) con conseguente riduzione del costo del personale. Salvo rare eccezioni (es: Mercedes, VW) , in Mexico vengono allocati i modelli che sono a fine ciclo o con bassi margini per i quali non vale la spesa di fare investimenti in automazione, utilizzando invece il basso costo del lavoro. Mi sembra che le risposte che ha avuto dai costruttori non siano state del tutto positive, anche se Trump si è fatto forte degli investimenti che FCA e FORD faranno in USA , investimenti che erano già pianificati da tempo.
Gainhunter: Si conferma ancora una volta che il pesce più grosso mangia quello piccolo: di fronte a un fattore nuovo che destabilizza il mercato le catene più piccole falliscono e le più grosse tipo Walmart resisteranno, anche perchè nel frattempo hanno avuto le risorse per adeguarsi (anche Walmart vende online e può contare a differenza di Amazon sul reparto alimentare). E sul fronte Amazon il piccolo che vuole vendere online oggi invece di farsi un e-shop tutto suo vende direttamente su Amazon pagando le commissioni.
Alla fine quindi avremo meno concorrenti ma più grandi.
E quindi ulteriore riduzione di costi (economie di scala).
E non è solo una questione di innovazione: stanno nascendo anche catene o franchising di fabbri, imbianchini, falegnami, idraulici, … Anche il vecchio mestiere di artigiano (richiesto!) sta cambiando.
Per quanto riguarda il protezionismo, io ricordo che negli anni 90 l’allora CEE (sulla spinta dei costruttori europei) aveva introdotto il contingentamento delle auto giapponesi, impaurita dal gap tecnologico e di prezzi rispetti alle auto europee e dall’invasione osservata nei decenni precedenti sul mercato USA. Questo dimostra che se c’è la volontà si può fare protezionismo e portare la produzione in patria (difatti Toyota, Honda e Nissan avevano di conseguenza aperto nuovi stabilimenti in Spagna, Belgio e UK).
Meno lavoro = meno domanda
Paolo41: Ma se nel mondo occidentale la tendenza è quella di ridurre i posti di lavoro e i costi in generale non può che conseguirne una diminuzione della domanda che potrà essere controbilanciata solo da un incremento della stessa in altri paesi che accettino prodotti esportati dalle aziende occidentali in alternativa a produzioni locali magari agevolate dal punto di vista fiscale, finanziario e del costo del lavoro (Mexico incluso, la cui valuta ha perso ad oggi (11/01/2017)più del 20% nei confronti del $ dopo le uscite di Trump).
In linea di massima è la domanda interna che crea la vera ricchezza di un paese; contare sull’esportazione ha un beneficio generalmente minore in termini di margini e di profitto rispetto alla vendita interna ed è comunque un beneficio limitato nel tempo in funzione del progredire del processo di industrializzazione dei paesi oggi importatori e di un naturale ricerca di bilanciamento delle partite commerciali. Comunque è importante che la domanda aggregata (interna + esportazioni- importazioni) generi una ricchezza almeno pari alle spese del governo che lo stesso ricopre con le tasse. Molto schematicamente e a livello puramente teorico ( ipotizzando di non considerare i flussi di moneta verso le valute più liquide o di riserva e magari con migliori rendimenti) se la domanda aggregata è superiore al costo dello Stato si genera ulteriore ricchezza e la moneta si rivaluta; se la domanda è inferiore si crea il bisogno di emettere nuova moneta (aumentando il debito) che provoca una svalutazione della stessa. Ma su questo argomento ci tornerò più avanti quando in un post successivo proverò ad affrontare il discorso sul debito pubblico e sul debito aggregato.
Gainhunter: “E’ la domanda interna che crea la vera ricchezza di un paese”
Verissimo. Aggiungo che nell’UE le esportazioni sono limitate nel tempo anche in funzione del processo di deindustrializzazione dei paesi importatori e del conseguente calo della domanda.
Per un paese normale, ovvero con cambi flessibili, le esportazioni sono limitate nell’ammontare dall’aumento della propria valuta conseguente all’aumento delle esportazioni.
Due dinamiche in più che confermano che uno stato può avere una crescita sana solo se aumenta la domanda interna, di conseguenza valutare le prestazioni economiche in funzione del solo pil senza guardarne le componenti è fuorviante. Ergo, i Tedeschi non sono virtuosi 😉
Sulle teorie monetarie mi astengo per ora, riporto solo una considerazione: in condizioni di piena occupazione ha perfettamente senso che il bilancio dello stato sia in pareggio, in condizioni di disoccupazione o depressione economica (calo di domanda) lo stato può compensare temporaneamente andando in deficit.
Paolo41: Tornando al mondo del lavoro, con mercati ad oggi pressochè saturi in termini di domanda, una riduzione della forza lavorativa potrebbe innescare effetti recessivi sull’economia reale del mondo occidentale; d’altra parte la spinta alla competitività è irrefrenabile e “giustifica” anche mezzi poco legali o leali che dir si voglia, come il dumping o la svalutazione della moneta locale o agevolazioni fiscali e finanziarie o, in extremis dazi e blocchi all’importazione di determinati prodotti. Sarebbe il principio della fine. Ricordiamoci che molte delle guerre economiche si sono tradotte in guerre reali e, purtroppo, l’uomo è egoista e miope per natura.
Adattandosi alle tesi keynesiane, investire in infrastrutture di servizi ( autostrade, linee ferroviarie ad alta velocità, collegamenti portuali, reti in fibra, etc) può alleviare il calo dei posti di lavoro di altri settori ma devono essere investimenti intelligenti che siano in grado di migliorare la competitività degli utenti dei suddetti servizi. Dalla voce infrastrutture devono essere esclusi tutte le iniziative che riguardano attività sportive, centri commerciali, parchi, etc che possono essere autorizzate solo a privati e senza la garanzia delle istituzioni dello Stato, come del resto fanno in tutti i paesi che non hanno centinaia e centinaia di opere incompiute e lasciate al degrado, di cui l’Italia, purtroppo, è un tristissimo esempio.
Gainhunter: Sul problema delle differenze di competitività si può aprire una discussione infinita.
Ha senso quello che dici su misure “sleali” per guadagnare competitività rispetto agli altri paesi, però, al di là delle spese “poco intelligenti” che ovviamente la peggiorano e dovrebbero essere evitate come la peste, io mi chiedo: ma se ci sono differenze di competitività dovute non a inefficienze ma a fattori geografici, demografici, di differente livello di welfare, di differente ciclo di sviluppo (paese sviluppato vs paese emergente), come si compensano? come fa uno stato a “proteggere” la propria economia?
Fenomeno migratorio: cosa possiamo fare?
Paolo41: Venendo al secondo argomento di difficile controllabilità, la migrazione di popoli dalle zone di guerra e/o di povertà diffusa incrementa di anno in anno e va da aggiungersi alla massa di persone che già vivono in condizioni disagiate nelle periferie delle città europee. Purtroppo i paesi del mediterraneo e la Turchia (che sono anche quelli meno organizzati) sono costretti ad agire da filtro alla trasmigrazione nei paesi del centro, nord ed est Europa che solo in minima parte sono disponibili ad accettare una quota di migranti (Germania esclusa). Purtroppo ho solo una informazione televisiva della inumana situazione dei campi profughi ai confini della Turchia e della Grecia, ma ho una chiara idea del marasma e della carenza di regole con cui vengono gestiti i migranti in Italia. Il sentimento umanitario di chi si opera per salvarli dai gommoni e di chi offre la prima assistenza ai porti di entrata (Lampedusa su tutti) svanisce subito dopo quando si entra nei parchi di accoglienza e identificazione e successivamente quando vengono distribuiti in città e comuni. Si creano nelle banlieue e negli edifici abbandonati gruppi che tendono a ghettizzarsi e, a causa della loro pressoché totale impossibilità di trovare uno sbocco qualsiasi nel mondo del lavoro, si chiudono a riccio creando una specie di fortezza spesso impenetrabile anche da parte delle forze dell’ordine e dove l’omertà è regina. E’ da tali conglomerati che escono i malavitosi, gli spacciatori, la prostituzione e purtroppo anche gli artefici di terrore e morte. Lungi da me di essere razzista, ma continuano a verificarsi episodi che creano rimostranze e malcontento da parte dei cittadini. Pur comprendendo tutte le difficoltà che comporta la gestione di queste masse di profughi, c’è un principio che va rispettato nella definizione di integrazione ed è quello che bisogna rispettare le regole della nazione che li ospita, sempre osservando la libertà di religione. Ma non si possono vedere migliaia di giovani e “falsi minorenni” che passano le giornate senza fare alcun lavoro o seguire corsi di lingua italiana, trastullandosi nei centri o in edifici gestiti da cooperative (spesso mafiose) a spese dello Stato e quindi a spese nostre e avere la pretesa di protestare se manca internet o se la mensa non è di loro gradimento. Ma se questo è solo una questione di organizzazione, rimane il grosso problema di come interrompere l’enorme flusso che straripa dalle coste africane foriero di disagi, di malattie ma peggio ancora di potenziali terroristi. E’ inutile girare intorno, ripeto non sono razzista, ma io ho paura!! Sinceramente non vedo come, pur con tutte le precauzioni delle forze dell’ordine e dei servizi segreti, si possa contenere gli atti di terrorismo che anzi hanno elevata probabilità di aumentare di intensità. Ed è una situazione strana quella in cui viviamo basata sul fatto che ci esaltiamo nel cordoglio e magari nella voglia di rivincita quando avvengono questi massacri, salvo poi riassopirci nella speranza che l’ultimo attentato sia veramente l’ultimo oppure cullandoci nell’idea che difficilmente potrà coinvolgere noi stessi o i nostri parenti, i nostri figli o i nostri nipoti o i nostri amici più cari. Facciamo come gli struzzi che nascondono la testa sotto terra per non affrontare la paura.
Gainhunter:
Il problema è: cosa possiamo fare realmente?
Se li respingiamo siamo assassini.
Se li accogliamo ne arriveranno sempre di più.
Risolvere i problemi di povertà investendo nei loro paesi d’origine è un controsenso quando non riusciamo a investire da noi per ridurre povertà e disoccupazione in Italia.
Sul razzismo c’è confusione:
– un conto è la discriminazione razziale (un nero non può fare il manager)
– un conto è voler tutelare la propria razza (negli USA, dove il meticciato è diffusissimo e la mescolanza tra bianco, nero, asiatico e nativo americano è viva e si propaga da generazione a generazione, è nato un movimento per la salvaguardia della razza bianca, movimento razzista, pericoloso e da censurare secondo il pensiero comune)
– un conto è dare precedenza ai cittadini Italiani rispetto agli immigrati non ancora cittadini (nella tutela degli interessi, nei servizi, nelle graduatorie)
– un conto è applicare la legge (accogliere solo chi ha diritto di asilo e espellere gli altri immigrati irregolari), tenendo magari in particolare considerazione la tutela dei cittadini Italiani dal momento che con l’immigrazione aumenta il rischio terrorismo
– un conto è svendere la propria identità nel nome di un ideale di mescolanza culturale, e senza chiederne il permesso ai cittadini
Quindi voler mandare a casa i clandestini non è in alcun modo razzista; voler tutelare la propria sicurezza dal momento che gli Italiani islamici sono pochissimi, gli immigrati africani sono in prevalenza islamici e i terroristi sono islamici, non è razzista.
Precisato questo, io non conosco le procedure e le regole per il rimpatrio e le relative difficoltà soprattutto quando il paese d’origine non collabora, per cui non mi sono fatto un’idea delle eventuali possibili soluzioni. E in più c’è il problema del reclutamento di cittadini occidentali da parte dei gruppi terroristici, difficile da comprendere e quindi anche da affrontare. Quindi su questo tema non lo so, non ho un’idea di cosa possa succedere. Forse è anche per questo che “si mette la testa sotto terra”: di fronte all’ignoto, a una situazione che non si sa come affrontare, a una variabile imprevista, si resta immobili perchè non si sa come gestire la situazione, come in attesa di più informazioni.
Paolo41: Al punto 1 abbiamo ipotizzato per i prossimi anni una possibile drastica riduzione delle forze di lavoro e una conseguente recessione economica del mondo occidentale con un ulteriore incremento del divario economico fra le classi sociali e con un sempre più elevato numero di persone che cadranno sotto l’indice di povertà. A tale scenario affianchiamo il punto 2, l’invasione di migranti disgraziati che saremo costretti, per il buonismo che ci appartiene, a mantenere in ghetti e “campi di concentramento” per evitare che comincino a girare nelle nostre case e che peseranno sempre più sulle spese dello Stato e sulle tasche dei cittadini, ma più che altro con la elevata probabilità che si generino scontri sociali e rigurgiti di razzismo.
C’è qualche soluzione che non sia la solita retorica????
Gainhunter: L’incertezza è enorme e la paura c’è; il filo di speranza per la società e l’economia è l’idea che che le stesse paure c’erano in passato e poi invece del calo dell’occupazione l’innovazione ha portato crescita economica; può essere che questa volta sia diverso ma può anche essere che oggi non vediamo ancora quali eventi e come questi eventi possano portare al ricollocamento della forza lavoro in nuovi settori, come è avvenuto in passato.
Ho visto tempo fa una conferenza di uno svedese che sostiene che il calo dei costi di immagazzinamento dell’energia possa portare tra il 2020 e il 2030 a una “distruption” nella vita e quindi nell’economia creando nuove applicazioni e innovazioni e quindi nuovi posti di lavoro. Questo è solo un esempio, potrebbero esserci tante altre innovazioni che oggi non vediamo, come lo è stato internet negli anni 90: meno assicuratori, meno impiegati di banca, meno commessi, più web designer, più tecnici informatici e di telecomunicazioni. Bisogna vedere com’è stato il saldo e come lo sarà con le prossime innovazioni.
Quindi incertezza sicuramente, ma non dò per scontato che il risultato sia negativo, nel complesso mondiale e in particolare per gli USA, che sono e continuano a essere il leader; restringendo il problema a Europa o Italia lo scenario diventa peggiore per i fattori che conosciamo bene e di cui discutiamo da anni, a cui si aggiunge la variabile immigrazione (che negli USA è meno problematica nel senso che dal Messico non arrivano terroristi).
DaniloDT: argomenti molto delicati e complessi ma che avete analizzato in modo realistico ed oggettivo. E’ stato un piacere ospitarvi su queste pagine. Ovviamente invito tutti coloro vogliano integrare quanto scritto, a dire il proprio punto di vista nei commenti.
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La sinusoide che compone tutto l’universo è elemento importante per definire a monte la situazione globale. I cambiamenti di paradigma che vanno ad intrecciarsi un questo periodo storico non sono ne’ nuovi ne’ sconosciuti. Al cambio del vestito rimane inalterata la parte che gli attori stanno ripetendo storicamente sull’enorme teatro del mondo. Per sintetizzare il mio umile pensiero questo periodo è totalmente assimilabile, nelle sue caratteristiche principali, al periodo di inizio del secolo scorso e più precisamente 2017 = 1929 … Vi prego di non banalizzare assimilando in maniera puramente matematica ma storica. La necessità di una “rivoluzione” in tutti i campi non si è evidentemente conclusa e questo non ci può esimere da un ultimo, pesante passaggio che non può concludersi prima di un nuovo piano “Marshall” diretto dove e a chi non lo so ma di “Ricostruzione” sicuramente ( minimo altri 10 anni ). Solo dopo di allora la sinusoide “generale” inizierà a riprendere la via della crescita .. nuova concezione della moneta, nuova concezione della geografia and so on ….
Sempre rifacendomi a Caldaro, non perchè sostenga le sue ipotesi ma per puro confronto, lui ha identificato diversi cicli e sottocicli, e lui nel 1929 colloca l’inizio di un superciclo ribassista terminato nel 1932, e nel 2007-2009 un ciclo ribassista più corto; da lì in poi grosse negatività non ne vede perchè secondo lui la Fed ha scongiurato il peggio.
Secondo te invece il peggio deve ancora venire e vedi un nuovo 29-32, magari con un evento tipo guerra in chiave moderna più che militare?
L’evento potrebbe essere la fine dell’euro quindi limitato alla zona europea, perciò non considerato da chi come Caldaro è focalizzato sull’America?
@gainhunter … non seguo Caldaro quindi non saprei controbattere costruttivamente le sue analisi ma quello che so è che graficamente il calo
2007/2009 non è stato assolutamente fuori dallo schema ed ha avuto il solo merito di accendere la lampadina rossa per la seconda volta sul periodo storico che dal 2000 ( tecnicamente ) ha iniziato la sua mega fase di distribuzione .. ora credo sia importante farsi una semplice domanda da uomo della strada : se i debiti nel mondo sono da allora cresciuti mentre la capacità di ripagarli è notevolmente diminuita ( si veda semplicemente il grafico price/ebitda sullo spix dal 1990 ad oggi ) come si può immaginare una cresita sana ? Io non so nulla di quel che potrà succedere, evidentemente, ma ci sembra che non ci siano sufficienti miccie ? Non sta cambiando l’Europa ma il mondo … forse dovremmo riscrivere un po’ di testi di economia … ma è sempre stato così … o no ?
Grazie.
Sì, i fondamentali sono il punto dolente, e a favore della tua view.
Anche perchè quegli elementi o eventi ipotetici che potrebbero evitare lo scenario negativo che tutti noi vediamo osservando appunto i fondamentali e che potrebbero replicare la dinamica di ritorno alla crescita economica già avvenuta in passato si manifestano solo dopo che hanno prodotto effetti, quindi il mio scopo è identificare degli elementi ipotetici che possono funzionare in una deflazione da debiti per verificare nel tempo se accadono o meno, e per ora ne ho ipotizzati solo due:
– un’eventuale rivoluzione tecnologica che faccia salire ancora di più gli utili e allo stesso tempo anche l’occupazione
– la ricostituzione della classe media tramite trasferimento di ricchezza (che poi sarebbe restituzione di ricchezza), con il riallineamento tra l’inflazione della finanza e la deflazione dell’economia, ma non so come possa avvenire
Il problema dell’immigrazione è che viene gestita all’italiana, tutti parlano o di sparargli o di accoglierli, non si pensa ad un piano serio di come gestirla e come attuarlo, di solito ricordo che poi quando le situazioni si incancreniscono, arriva un uomo “solo” che dice “ci penso io”, la maggior parte delle persone fa finta di niente perchè all’inizio fa comodo e poi l’ometto una volta che si è seduto al posto di comando non si schioda più per un ventennio.
Per i cambiamenti una volta ho letto un’ articolo di un antropologo in cui evidenziava che il problema per l’uomo (essendo un animale abitudinario) è la velocità del cambiamento non il cambiamento in se stesso, più velocemente cambiano i riferimenti che un uomo si è creato più incertezza avrà indipendentemente se i cambiamenti sono positivi o negativi.