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La grande GUERRA FINANZIARIA che verrà

Scritto il alle 13:55 da Danilo DT

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Cosa intende la gente quando critica i generali di “combattere la guerra precedente”? Non significa che i generali pensino di affidarsi agli stessi apparati bellici e di lottare sugli stessi campi di battaglia. Non sono così ingenui. L’errore, se di errore parliamo, deve essere a un livello più sottile. I generali talvolta sono troppo lenti a sviluppare piani e ordigni per questi nuovi apparati bellici e campi di battaglia. E fatto altrettanto importante, talvolta presumono che la psicologia pubblica, e le storie che influenzano la morale tanto importante per la vittoria, siano identiche a quelle dell’ultima guerra.

Ciò vale anche per gli enti di vigilanza il cui lavoro consiste nel prevenire le crisi finanziarie. Per le stesse ragioni, gli enti possono essere molto lenti a reagire alle nuove situazioni. E tendono ad adattarsi lentamente all’evoluzione della psicologia pubblica. La necessità di regolamentazione dipende da come la gente ha percepito l’ultima crisi, e come abbiamo sostenuto io e George Akerlof in Spiriti animali, tali percezioni dipendono fortemente da come cambiano le narrazioni popolari.

Gli ultimi report del Financial Stability Board (FSB) di Basilea segnalano evidenti miglioramenti di stabilità nelle regolamentazioni finanziarie in 24 grandi economie del mondo. Il loro “Dashboard” presenta i progressi in 14 diverse aree di regolamentazione. Ad esempio, il FSB assegna punteggi alti a tutti i 24 Paesi per l’implementazione dei requisiti patrimoniali basati sul rischio di Basilea III.

Ma la situazione è tutt’altro che riassicurante. Tali requisiti potrebbero non essere abbastanza elevati, come sostengono Anat Admati e Martin Hellwig nel loro influente libro The Bankers New Clothes. E ci sono stati molti meno progressi in un’altra decina di aree di regolamentazione indicate dal FSB.

Consideriamo, ad esempio, le regolamentazioni riguardanti i fondi del mercato monetario. Secondo il FSB, solo alcuni Paesi si sono sviluppati dal 2008. I fondi del mercato monetario sono un’alternativa alle banche per i depositi di denaro, e offrono tassi di interesse leggermente più alti, ma senza la garanzia che protegge i depositi bancari in molti Paesi. Come per i depositi bancari, gli investitori possono ritirare il proprio denaro in qualsiasi momento. E come i depositi bancari, i fondi sono potenzialmente soggetti al panico bancario se un gran numero di persone tenta di ritirare il denaro nello stesso momento.

Il 16 settembre 2008, alcuni giorni dopo l’inizio della corsa agli sportelli della banca americana Washington Mutual e il giorno dopo l’annuncio della bancarotta di Lehman Brothers, un importante fondo monetario statunitense, Reserve Primary Fund, che aveva investito in titoli di debito Lehman, si è ritrovato in una brutta situazione. Con attività che totalizzavano meno di quanto dovuto agli investitori, il fondo sembrava sul punto di un assalto. A fronte del panico diffuso tra la gente, il governo federale, temendo una massiccia corsa ai riscatti su altri fondi monetari, garantì tutti questi fondi per un anno, a partire dal 19 settembre 2008.

La ragione per cui questa corsa al riscatto fosse allarmante, al punto da richiedere un aiuto senza precedenti da parte del governo, deriva dalle storie che vi stanno alla base. Di fatto, il Reserve Primary Fund non aveva perso tutto. Aveva semplicemente “broke the buck”, ossia era sceso sotto la soglia di un dollaro; ma riusciva comunque a pagare 97 centesimi per ogni dollaro investito. Allora perché una crisi? Dopo tutto, i titolari di depositi bancari perdono regolarmente di più quando l’inflazione inaspettata erode il reale potere di acquisto dei loro risparmi (solo il valore nominale di quei depositi è garantito). Ma le storie non si concentrano su questo. La perdita del valore reale dovuta all’inflazione non rappresenta da decenni un tema importante per l’opinione pubblica americana, perché la prolungata stabilità dei prezzi ha spinto la gente a non pensarci più.

Ma non si sono dimenticati della Grande Depressione degli anni Trenta, anche se la maggior parte delle persone attualmente in vita non sono vissute in quell’epoca. Nel 2008 il racconto della Grande Depressione fu riciclato ovunque, con tutte le sue pittoresche storie di panico finanziario e di folle in collera davanti alle banche chiuse. Inoltre, le autorità fidate continuavano a ribadire che tali eventi fossero storicamente remoti e non avrebbero potuto accadere di nuovo. Nello Zeitgeist di rabbia del 2008 la reazione pubblica a un evento piuttosto minore assunse proporzioni sbalorditive.

Ci vollero quasi sei anni dopo la crisi prima che la Securities and Exchange Commission americana riuscisse a ridurre la vulnerabilità dei fondi del mercato monetario, con la richiesta nel 2014 di un “NAV fluttuante” (valore netto del patrimonio del fondo), ovvero i fondi monetari non promettono più di pagare un dollaro per ogni valore nominale del dollaro. Pagheranno la reale quota dell’investitore presente nel suo patrimonio. Ciò non assicura gli investitori dei fondi contro le perdite. Ma plausibilmente aiuterà a prevenire la corsa agli sportelli, perché gli improvvisi prelievi da parte di alcuni non danneggeranno i conti di chi non preleva.

Il quadro normativo internazionale è cambiato in meglio dal 2008, ma queste migliorie non possono in alcun modo anticipare tutti i tipi di narrazioni che animano gli spiriti animali della gente. Gli enti di vigilanza avrebbero potuto imporre un NAV fluttuante decenni fa; ma non l’hanno fatto perché non prevedevano una storia che potesse rendere instabili i fondi monetari. Gli enti di vigilanza non si aspettavano di dover predire l’improvvisa attenzione pubblica verso il rischio appena scoperto di panico nei confronti delle società finanziarie non bancarie.

Fino a quando avremo un sistema economico che produce la crescita ricompensando attori e investitori ben ispirati, dovremo affrontare il rischio che tale ispirazione possa essere improvvisamente e temporaneamente sopraffatta da racconti e storie negative. Gli enti di vigilanza devono contenere i rischi implicati da strutture intrinsecamente destabilizzanti, come lo sono stati i fondi monetari. Ma le regolamentazioni più urgenti saranno sempre relative a un’epoca e a un contesto specifici, perché cambiano i racconti. E il modo in cui tali racconti risuonano nell’opinione pubblica potrebbe risvegliare ancora una volta i punti deboli del nostro armamento finanziario.

(Articolo tratto da Project Syndacate. Autore: ROBERT J. SHILLER)

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