Italia: una gara perenne con la competitività

Scritto il alle 15:25 da gaolin@finanza

La Competitività e l’Italia: Che si fa?

Guest post by Gaolin

Visto che il tema della competitività fa poco parte degli argomenti che si dibattono nei media e anche nei blog economici, ogni tanto in I&M cerco di distogliere un po’ l’attenzione dei lettori dalle vicissitudini della finanza globalizzata, in progressivo scivolamento verso il default, per portarla un po’ verso l’economia reale che mi pare coinvolga un sacco di gente, più di quella che vive di finanza. O no?

Siccome oggi si parla tanto di politiche di crescita, di come uscire dalla via che sta portando ad uno ad uno tanti paesi verso il disastro, cercherò di trattare il tema del post partendo dalla vicenda reale che mi ha ispirato. Una fra le ormai purtroppo tantissime in Italia che hanno lo stesso svolgimento.

Come muore un’azienda (ex) modello

La scorsa settimana ho avuto modo di parlare con un imprenditore, con il quale ho relazionato quasi a livello di amicizia per tanti anni, della fine prossima della sua azienda e delle sue disgrazie incombenti che dividerà con l’altro socio. Una storia emblematica di quale tragedia stia vivendo l’economie reale in Italia.

Azienda fondata circa 40 anni fa, che è sempre andata bene fino al 2008, che allora aveva quasi zero debiti, che aveva sempre aggiornato le sue tecnologie, che produceva semilavorati per altre aziende. Quindi non prodotto finito.

Il lavoro non era mai mancato e la competitività era sempre stata mantenuta, grazie agli investimenti in macchinari, che facevano di questa azienda una di quelle all’avanguardia, insomma un vero modello da imitare. Ancora oggi lo sarebbe per quanto riguarda le tecnologie produttive ma il contesto economico italiano in graduale, incessante e sempre più rapido deterioramento è diventato per questa azienda una trappola mortale, anche per chi ha sempre ben operato.

Cosa è accaduto di così grave?

Per capire la situazione necessita fare un po’ di storia. Questa azienda aveva superato quasi indenne la grave crisi del 2008-2009 che l’industria mondiale subì e che sembra ormai nessuno se ne ricordi più. L’unico effetto gravemente negativo per questa azienda fu che a fine 2009 un suo grosso cliente internazionale le lasciò un bel pacco di crediti inesigibili. Ciò ebbe come effetto il prosciugamento di tutta la cospicua liquidità dell’azienda, oltre che giacenze di magazzino da buttare e investimenti specifici da rottamare. Valore del tutto un paio di milioni di EURO persi. Vi è anche da dire che i 2 soci hanno sempre considerato la loro azienda una cassaforte nella quale lasciare tutte le loro ricchezze, a parte le loro belle case di abitazione e qualche sfizio.

Le banche prima della vicenda sopra menzionata li corteggiavano, dando loro tutte le facilitazioni possibili. La loro azienda aveva accesso al credito senza problemi, vista anche la redditività della stessa e la credibilità dei soci, tutto casa, lavoro e famiglia. Ovviamente, da buoni imprenditori hanno reagito alla situazione come sempre. Di fronte alle disavventure ci si tira su le maniche e si va avanti. Convinti allora che l’Italia fosse ancora un paese dove si poteva produrre, ovviamente investendo in tecnologia e ricerca, come insegnano coloro che lasciano ad altri fare queste cose, pensarono bene di far partire un bel piano d’investimenti, destinato all’ennesimo ammodernamento tecnologico e, visto che c’erano, anche l’immobile sarebbe stato raddoppiato.

Da bravi italiani, i quel momento, i 2 imprenditori credono ancora che il loro paese possa dare spazio alle persone che lavorano con impegno e capacità. Le banche, visti tutti i precedenti, li appoggia ma questa volta, vista anche l’entità degli investimenti, chiede anche garanzie reali e personali. Per ridurre questi rischi viene fatto ricorso anche al leasing operativo. In tutto circa 9 milioni di EUR di investimenti. La storia pregressa poteva dimostrare la sostenibilità del piano e quindi via.

Fino ad allora infatti il mercato aveva sempre risposto bene all’intraprendenza di questi imprenditori, che mai avevano avuto tempo per cercare anche di capire cosa stava succedendo nel mondo. Al massimo un’occhiata distratta al SOLE 24 ORE e via a lavorare.

Errore fatale perché, nel mentre il piano degli investimenti procedeva, l’economia reale italiana iniziava la contrazione che stiamo vivendo tutt’oggi e di cui praticamente non si parla, se non in modo sfuggente, evasivo, quasi minimizzando, per evitare allarmismi credo. Fatto sta che una successione di concause, quali riduzioni di fatturato, contrazione notevole dei margini, aumento dei costi generali per i nuovi investimenti, fanno sparire gli ottimi utili, fino a quel momento conseguiti, per tramutarli in perdite sempre più significative.

Un calvario dapprima non ben percepito, perché si spera sempre che tutto possa tornare come prima ma poi la visita del direttore della banca di fine 2010, per sviluppare una nuova pratica di finanziamento destinata a dare liquidità all’azienda, li vede costretti a ipotecare le loro abitazioni per poterlo ottenere.

Gli affari però non migliorano, anzi. Man mano che il tempo passa trovare nuovo lavoro è sempre più difficile, a meno di lavorare in perdita. Ormai il mercato è così. I prezzi sono quelli e semmai vi è solo la possibilità di ridurli. Fatto sta che la florida azienda di pochi anni fa diventa una che perde sempre più soldi. Purtroppo alla delocalizzazione non ci avevano mai pensato, se non troppo tardi quando ormai le società di leasing hanno cominciato a portasi via alcune macchine, perché i canoni di locazione non potevano essere pagati.

Insomma la situazione vede l’azienda con alcuni milioni di debiti, un conto economico divenuto disastroso, e il fatturato in forte contrazione. Talmente forte in questi ultimi mesi del 2012 che i 2 imprenditori hanno perso ogni speranza.

Insomma un’altra azienda che, dopo 40 anni di attività, chiude lasciando senza lavoro 55 dipendenti e 2 imprenditori sul lastrico, nel vero senso della parola in questo caso. Insomma una delle tante storie di default di azienda che non farà più notizia ormai, che addirittura viene tenuta nascosta dagli stessi imprenditori i quali, essendo ormai ingessati da ogni parte, si vergognano di quanto sta loro accadendo e per il momento evitano di rendere partecipi le loro famiglie fino in fondo di questa per loro immane tragedia.

Viene da farsi una domanda: Ma prossimamente chi avrà un po’ di riconoscenza per queste 2 persone che in 40 anni hanno creato tanta ricchezza, sì un po’ per sé ma soprattutto per tutti gli altri?

Risposta: Nessuna, tantomeno da parte delle banche che succhieranno tutto ciò che potranno da questi 2 imprenditori, perché in queste situazioni inevitabilmente va a finire così.

Qui è il caso di ritornare ancora una volta al punto cruciale del titolo del post

L’ITALIA e la competitività

Nel nostro paese, vicende più o meno analoghe a quella esposta, anche se non così nefaste per gli imprenditori, sono all’ordine del giorno ma mi pare che si voglia sfuggire dal porsi con la dovuta preoccupazione la domanda sul perché in Italia sta avvenendo tutto ciò, da ormai molti anni.

A dire la verità il perché è presto detto. L’Italia ha da parecchio tempo perduto la propria COMPETITIVITA’ nel mercato globalizzato. Non so perché però non si vuole ammetterlo in modo chiaro e soprattutto FORTE.

Si continua piuttosto a dire che però ci sono anche le aziende esportatrici che vanno bene, che abbiamo ancora delle eccellenze da valorizzare, che bisogna puntare sulle tecnologie e i prodotti innovativi, che bisogna investire in ricerca, nella scuola, nella cultura e Bla Bla Bla.

E poi abbiamo il nostro presidente Napolitano che, indomito, ci incoraggia sempre con i suoi pacati discorsi, sempre entro le righe e mai che vada una volta a colpire nel segno, ovvero nella mangiatoia dove anche lui si è pasciuto e si pasce lautamente. Non ce l’ho con il nostro presidente ma se un’intera classe politica si deve criticare bisogna farlo partendo dall’alto.

Evidentemente tutti coloro che fanno questi discorsi poco sanno di cosa veramente vuol dire produrre un qualcosa. Dietro al produrre questo qualcosa ci sta il rischio d’impresa, la laboriosità e il Know-How di tante persone, un intreccio di competenze sinergiche maturate con l’esperienza, un’organizzazione produttiva
che deve mantenersi sempre efficiente e competitiva, una propensione all’innovazione costante.

Insomma fare impresa è difficile e complesso in ogni caso ma lo è di più o di meno a seconda del contesto in cui si opera.

Accade quindi che la stessa persona, l’imprenditore, se opera in Italia piuttosto che in Romania, tanto per fare un esempio, può o fallire prima di cominciare o farsi una fortuna, se riesce a cogliere il momento favorevole. I costi di un’azienda che opera in Italia sono espressi in Euro e con costi italiani e, per tante ragioni, in quasi tutti i settori della competizione globalizzata sono o stanno per andare fuori mercato. A parte le nicchie, in genere produrre in Italia significa lavorare in perdita quindi o si delocalizza, se si è in tempo, o si chiude, magari con un bel fallimento che inguaia poi anche altre aziende.

Conseguenze per l’Italia

Non so quanto se ne rendono veramente conto i governanti ma procedendo in questo modo lo spettro greco è veramente poco lontano temporalmente.

Stanno uscendo statistiche che dicono che su base annua i disoccupati sono aumentati di oltre 600.000 unità, il numero di ore di cassa integrazione nei primi 4 mesi 2012 corrisponde ad altrettante persone che risultano ancora occupate ma che non lavorano. I prossimi mesi vedranno una situazione ancora aggravarsi, sia per cause nostre che internazionali. Di tutto ciò però l’aspetto che più dovrebbe preoccupare è che questi “senza più lavoro” sono quasi tutti lavoratori appartenenti ai settori produttivi, ovvero a quelli dove si produce ricchezza vera. Quella che serve per pagare tutti gli altri, ovvero i nulla o poco facenti, i furbetti di ogni livello e grado, tutti coloro che lavorano nel pubblico in generale e nella politica, i parassiti a volte camuffati da imprenditori, senza dimenticare i pensionati e quanti hanno bisogno di sussidi pubblici per sopravvivere e, dulcis in fundo, anche la FINANZA in tutte le sue espressioni.

Non mi dilungo poi sul problema della nostra disoccupazione giovanile, tanto grave quanto senza al momento soluzioni. Amici di I&M lo hanno già fatto molto bene nel blog.

Che fare dunque in Italia?

I nostri professori, capitanati dall’osannato Mario Monti, sono convinti che qualsiasi provvedimento deve prevedere la salvaguardia assoluta del nostro sistema finanziario, magari così com’è. Se per fare questo si deve decimare il sistema manifatturiero italiano pazienza. Sarà un dannoso effetto collaterale inevitabile ma prima o poi la ripresa ci sarà. A parole Monti sembra convinto di questo ma se ciò non avvenisse?

Risposta (non data ovviamente): Chissenefrega, magari con qualche lacrima.

Chissenefrega se, questa vera e propria scommessa, cioè la salvaguardia del sistema finanziario, manderà la nostra industria manifatturiera sul lastrico e/o continuerà a delocalizzare.

Altre domande:

Ma se le aziende italiane chiudono, o delocalizzano che per il paese è la stessa cosa,  chi ci toglierà dalla scomoda posizione in cui siamo qualora andassimo a curiosare nel sito Indexmundi:

Current Account Balance - Ranking

Chi invertirà l’andamento delle partite correnti del nostro paese, divenuto insostenibile e in costante peggioramento?

Dove andremo a trovare i soldi per ridurre il debito e il deficit dello stato?
Visto la classe politica che ci troviamo fra i piedi, sostanzialmente ignara della reale situazione che vive l’economia produttiva italiana, come farà a concepire una politica di crescita e sviluppo se finora, assieme alla feroce burocrazia che le fa da braccio destro, ha fatto di tutto per ostacolare, piuttosto che impedire, la buona imprenditoria?

RISPOSTE

Nella situazione in cui siamo arrivati, visto che qualunque ricetta che prevede recuperi di produttività significativi, parlo del 25-30%, non sono attuabili, caso mai lo fossero nella situazione attuale, in tempi ragionevolmente brevi, la sola soluzione vera per ripristinare la competitività del sistema Italia è la svalutazione della moneta, da far seguire con una politica di severo contenimento dell’inflazione.

Avere i costi in EURO per il nostro paese è diventato progressivamente un cappio teso al collo, messo a un detenuto posto su uno sgabello malfermo che indossa una camicia di forza.

Diciamocelo chiaro. L’unione Monetaria Europea si sta rivelando un fallimento totale, anche se per il momento non per tutti. Avere messo insieme in un’unica moneta paesi, che quasi nulla hanno in comune, quanto a mentalità, cultura, tipo di struttura e forza economica, è stata una azione velleitaria che è diventata con il passare del tempo scellerata. Prima si comincia a pensare a come tornare indietro alla svelta meglio sarà.

Sarà tremendamente dura ma meglio di una lunga, estenuante e mortale agonia.

A meno che contemporaneamente:

1. ancora per un bel po’ alcuni paesi della UE ne mantengano altri;

2. che questi altri adottino al loro interno le cure necessarie per ripristinare la propria competitività, che non sono certo quelle finora adottate dal nostro Governo; 

3. i governanti europei e mondiali mettano ordine nelle regole del commercio internazionale, limitando il dumping valutario dei paesi asiatici che ormai possono andare avanti lo stesso senza soffocare gli altri; 

4. in Italia sorga una classe politica nuova, responsabile, votata al bene comune, onesta e capace;

5. nel mondo il potere delle oligarchie finanziarie venga ridimensionato, che il sistema bancario non possa più ricattare nessuno e che faccia quello che dovrebbe fare, ovvero principalmente sostenere lo sviluppo economico e la crescita dell’economia reale;

Mi fermo perché altrimenti passo per un sognatore.

Per finire, i 5 punti sopra vanno bene ma, nel frattempo,visto come probabilmente andranno le faccende, si salvi chi può.

Ai lettori di I&M faccio l’augurio che fra i due modi per poter andare a dormire tranquilli, ovvero essere ignoranti o essere pronti, abbiano già adottato quello giusto.

GAOLIN

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8 commenti Commenta
hironibiki
Scritto il 8 Giugno 2012 at 16:16

Ottimo Gaolin come sempre!!

Io credo che la risposta sia in questi primi 15 secondi del video di Monti:
http://www.youtube.com/watch?v=qzLrPYEikcQ

NESSUNA RISPOSTA!. E poi il solito bla bla bla che ovviamente svia la domanda.
Un pò come dire “Ti piace la torta che ti ho preparato?” .. “Umh, Ehhh… Hai visto che bel tempo che c’è?”. 😐

maurobs
Scritto il 8 Giugno 2012 at 16:22

Mi associo a Hirobiniki per i complimenti a Gaolin.

Taxus
Scritto il 8 Giugno 2012 at 17:00

Complimenti , GAOLIN FOR PRESIDENT !!!!!!!!! 😆 😆

bergasim
Scritto il 8 Giugno 2012 at 17:18

Ottimo in che cosa? a dire l’ovvio, è ora se si vuol cambiare che il blog o i blog più seguiti incomincino REALMENTE A PARLARE DI POLITICA, cominciando anche tramite petizioni, articoli su quotidiani, usando ogni mezzo possibile per fare capire agli italiani lo scempio che la classe politica,dirigenziale ed intellettuale sta compiendo a sanno del nostro paese l’italia.
Bisogna finirla di parlare di aria fritta bisogna agire e subito.

zanella51
Scritto il 8 Giugno 2012 at 17:46

che dire?
Articolo davvero ben fatto soprattutto nella sostanza.
che fare? questo è il problema, l’essere consapevoli della catastrofe che ci aspetta forse ci darà qualche piccolo vantaggio, per il resto penso anch’io SI SALVI CHI PUO’

lampo
Scritto il 8 Giugno 2012 at 19:28

Gaolin un plauso per la minuziosa descrizione della situazione attuale (e quella incombente).

Le soluzioni sono tante per uscire da tale pantano… ma sono tutte maledettamente lunghe per mostrare i loro effetti… e adesso purtroppo non c’è tempo… per cui non si fa niente.
Alcune giusto per rendere l’idea:
1) puntare nuovamente sull’educazione, ma soprattutto sull’appassionare gli studenti a quello che fanno… non premiare pochi per merito (come la recente proposta vuole attuare), lasciando gli altri ancora più indietro. Il motivo è che la premiazione sarebbe sempre aleatoria, in base al professore di turno e alle pressioni esterne che riceve. Approfondirò il mio pensiero con alcuni post (tempo permettendo);
2) adottare una politica energetica europea comune, che tra l’altro esisteva e esiste tutt’oggi programmaticamente.., ma nei fatti solo alcuni Paesi sono avvantaggiati (tra cui la Germania). In tal modo abbiamo un costo di partenza per le aziende europee simile… rendendo di fatto più competitiva l’intero settore industriale europeo nei confronti delle rivali internazionali.
3) rivedere il concetto di welfare e pensione: sono assurde ancora certe differenze tra Paesi europei in termini di servizi erogati… e sopratutto mancanza di servizi. Idem per la pensione: troppe differenze tra generazioni… oltre, in alcuni Paesi, ad abbandonare il pensionato ai giardini pubblici, invece di permettere la valorizzazione del suo bagaglio di conoscenze promuovendolo finanziariamente o con servizi ad hoc

Secondo me però il problema non è l’euro in sé… ma l’abilità politica ed economica di chi l’ha saputo sfruttare e di chi invece si e sollazzato (anche noi che non abbiamo messo i conti pubblici, debito compreso, in ordine in quest’ultimo quindicennio di tassi di interessi bassi… una grave e unica occasione persa).

perplessa
Scritto il 8 Giugno 2012 at 20:07

infatti, i pensionati degli altri paesi sono diversi,ho conosciuto pensionati svizzeri che giravano il mondo in veliero, pensionati canadesi che si facevano tutta la panamericana in camper, pensionati tedeschi muniti di casse di birra che offrivano da bere a tutti quelli che passavano, e nessuno era così vecchio come ce la raccontano

salva73
Scritto il 9 Giugno 2012 at 00:03

E chi riesce a dormire dopo avervi letto?

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