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INTELLIGENZA ARTIFICIALE: disinflazione ed occupazione
“Semplicemente perché lo stesso lavoro può essere svolto da meno lavoratori, il risultato non è una minore occupazione. La storia suggerisce che vedremo semplicemente una maggiore produzione”. Cosi parlò Carpenter, capo economista globale della Morgan Stanley.
Secondo un rapporto di Goldman Sachs del mese di marzo, due terzi dei posti di lavoro attuali negli Stati Uniti e in Europa potrebbero essere automatizzati dall’intelligenza artificiale . Come detto qui sopra invece, per Morgan Stanley non è cosi. MS ha affermato che la maggiore produttività dovuta all’intelligenza artificiale rende ciascun lavoratore più redditizio, il che dovrebbe aumentare la domanda di manodopera nel tempo.
Inoltre, un recente studio dell’Organizzazione internazionale del lavoro ha concluso che la maggior parte dei posti di lavoro e delle industrie sono solo parzialmente esposti all’automazione e hanno quindi maggiori probabilità di essere integrati piuttosto che sostituiti dall’intelligenza artificiale.
Quindi sembra che l’IA non porti disoccupazione ma sia una integrazione con un effetto molto interessante. L’aumento della produttività dovuto all’intelligenza artificiale potrebbe alla fine portare a un impulso disinflazionistico poiché le aziende saranno in grado di produrre di più a costi inferiori.
Pertanto, nonostante l’automazione possa spostare alcuni lavoratori, la maggiore produttività dovuta all’intelligenza artificiale potrebbe alla fine creare nuovi posti di lavoro e aumentare la domanda di manodopera nel tempo.
“Un fattore spesso trascurato è che la nuova tecnologia crea nuovi posti di lavoro, reintegrando molti lavoratori” (…) “Maggiore è la produttività, maggiore è l’incentivo a investire.” (Carpenter, MS).
Tutto molto bello ed interessante. L’unica certezza è che gli effetti dell’IA sul nostro futuro non lo possiamo certo sapere adesso. E tanto meno lo sapremo nel breve anche se il mercato sconta già effetti dirompenti per i prossimi anni. Questo andrebbe a giustificare certe quotazioni molto generose. Ma solo questo. In caso contrario è normale attendersi un ridimensionamento di tutto il settore ed un rallentamento di tutto il mondo virtuale che ormai ci sta circondando. Ma non stiamo perdendo la percezione della REALTA’ REALE?
L’aumento dei tassi d’interesse si fa sentire sul credito alle imprese. La frenata
riguarda tutta l’Europa, ma è in Italia il picco negativo. Secondo i dati di luglio,
elaborati dalla banca d’investimento Jefferies sulla base delle comunicazioni Bce,
in Italia i prestiti alle imprese hanno registrato un calo su base annua del 3,7% che,
aggiunto al -2,9% di giugno fa dell’Italia il fanalino di coda tra le maggiori
economie dell’Eurozona nella graduatoria dei prestiti bancari alle imprese. La
media europea indica una crescita del 2,2% (+3% di giugno) trainata da Germania e
Francia. I dati sui prestiti si accompagnano al calo della fiducia delle imprese (in
Italia scivolata ad agosto ai minimi dal 2022) e del fatturato (-0,6% nel II
trimestre). (Il Sole 24 Ore)
E dite che tutto questo NON influisce sui mercati? Il settori terziario (AI) compenserà primario e secondario? Mi spiace, io non ci credo per nulla