in caricamento ...
Il futuro dell’Italia: giovani e…disoccupati!
GUEST POST: analisi della situazione della disoccupazione giovanile italiana
Nella prima parte e seconda parte di questo post abbiamo analizzato quanto sia diffusa la disoccupazione giovanile in Europa e in particolare in Italia. Adesso vediamo come intervenire.
4. LE POSSIBILI SOLUZIONI: L’ESPERIENZA EUROPEA
C’è un interessante rapporto dell’OCSE “Off to a Good Start? Jobs for Youth” del 2010 ([17]), che riassume i risultati di una analisi sui lavori per i giovani (Jobs for Youth) a cui hanno partecipato dal 2006 al 2010 sedici Paesi: Australia, Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Grecia, Giappone, Corea, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Polonia, Slovacchia, Spagna, Regno Unito e USA (non c’è l’Italia). Riassumo alcune parti che ritengo interessanti.
A) TROVARE IL GIUSTO EQUILIBRIO FRA STUDIO E LAVORO ([17a]).
Cambiare la mentalità presente in diversi Paesi OCSE (compreso il nostro), dove uno studente che lavora mentre frequenta una scuola viene “visto” come svantaggiato oppure “appartenente ad una famiglia con gravi problemi economici”.
Per esperienza personale, nella mia classe delle superiori (circa una ventina di anni fa), gli “svantaggiati” erano due: una ragazza ed io. Avevo iniziato durante i week-end d’estate a fare il cameriere (prima serata… a lavare bicchieri: dopo un’ora di ordinazioni ai tavoli… avevo combinato un po’ di guai!).
Perché ho continuato durante la scuola?
Mi piaceva il fatto che mi permettesse di conoscere tanta gente nuova (soprattutto ragazze…), così ho continuato anche durante gli ultimi due anni del diploma.
Altro motivo: ero effettivamente svantaggiato economicamente… quindi ne avevo bisogno per comprare il solito desiderato nuovo hi-fi e pc, e… perché volevo visitare Parigi, città che ammiravo dal punto di vista culturale.
Vediamo in un grafico quale sia la percentuale di studenti che lavorano e studiano: l’Italia è evidenziata in rosso ([17d])
Vediamo come alcuni Paesi hanno tentato di sradicare questa “ostinata” mentalità.
Belgio
Un dipartimento pubblico regionale, che segue il settore dell’occupazione, ha istituito una banca dati di stage e posti di lavoro offerti dalle imprese locali (http://www.actiris.be). Durante la formazione professionale viene fortemente raccomandata la partecipazione a stage. Le parti sociali si sono impegnate a creare 75.000 stage l’anno per gli studenti che frequentano le scuole secondarie tecniche e professionali e… 30.000 stage, per un periodo di cinque anni, rivolti agli insegnanti di tecnologia e agli equivalenti dei nostri assistenti di laboratorio. Inoltre, nel 2010, il governo federale ha introdotto uno sgravio contributivo pari a € 400,00 a trimestre, per le aziende che impiegano personale dedicato ad assistere tirocinanti, stagisti e insegnanti tecnico-pratici.
Francia
Si è attuata una politica di informazione finalizzata a far equivalere lo status di apprendista con quello di studente! Le scuole secondarie tecniche e professionali hanno stilato accordi con le aziende, in modo che sia normale per uno studente inserire nel curriculum l’aver compiuto uno o più stage. Nel 2010 gli studenti che frequentavano uno stage full-time (152 ore mensili) prendevano € 417,00 al mese.
Giappone
Dal 2005 il Ministro dell’Istruzione ha istituito diversi programmi per avvicinare gli studenti al mondo del lavoro, dalle work-experience, che durano diversi giorni, a contatti diretti con le aziende. Poi c’è un piano di formazione dedicata agli insegnanti (approfondimento nella nota [18]).
Da questa breve carrellata è evidente l’importanza dello stage/tirocinio per avvicinare lo studente al mondo del lavoro. Fondamentale garantire e controllare che tali tirocini siano effettivamente un’occasione per fornire un valore aggiunto all’istruzione dello studente e che siano correlati con l’attività di formazione ed il piano di studio scolastico.
Bisogna assolutamente evitare, come diffuso in diversi Paesi, che le aziende private offrano, spesso con la complicità delle scuole, stage a studenti che hanno terminato il proprio corso di studi, solo per assumere a costo ridotto un lavoratore alla prima esperienza di lavoro ed evitare così la stipula di un normale contratto di lavoro (più oneroso in termini fiscali).
B). ASSICURARE CHE L’ISTRUZIONE FORNISCA AI GIOVANI LE GIUSTE COMPETENZE RICHIESTE DAL MERCATO DEL LAVORO ([17b]).
La scuola aiuta i giovani ad acquisire le competenze di base della vita e quelle necessarie per il loro sviluppo personale. La qualità dell’esperienza scolastica di un alunno non riflette solo sul loro sviluppo, ma anche sul ruolo che svolgeranno all’interno della società, il livello di istruzione raggiunto, e le opportunità di lavoro.
Però ci sono ancora molti giovani studenti che decidono di lasciare il percorso scolastico perché preferiscono “buttarsi” sul mercato del lavoro. Sebbene la maggior parte di loro vede l’abbandono scolastico come “non problematico”, specie nei momenti di boom economico in cui c’è una forte richiesta occupazionale, essi sottovalutano l’handicap che il loro basso livello di istruzione può creare nella loro carriera lavorativa. In particolare quando, a causa di una crisi come quella che stiamo vivendo, è presente un grave calo della domanda di lavoratori poco qualificati!
Ad esempio in Spagna tra il 2004 e il 2007 c’è stato un boom occupazionale, specie di lavori poco qualificati, in particolar modo nel settore delle costruzioni (boom immobiliare dell’epoca… che sappiamo che fine ha fatto!) e del turismo. Adesso la Spagna è diventato il Paese con la più alta disoccupazione giovanile!
Vediamo quanto è diffuso il fenomeno dell’abbandono scolastico in un grafico: in rosso l’Italia ([17c]).
In caso di successiva fuoriuscita dal mercato del lavoro, corrono il rischio di affrontare una notevole difficoltà nella ricerca di un nuovo posto di lavoro. Ciò vale non solo per i periodi di crisi economica, ma per l’intera vita lavorativa!
Per questo è importante avere l’opportunità per migliorare la propria istruzione e formazione professionale anche in un momento successivo al ciclo di studi scolastici, in modo da acquisire quelle competenze richieste dai datori di lavoro, anche mediante la ripresa di una formazione accademica.
Nel 1995, in proposito, è partito un progetto pilota europeo rivolto a fornire una seconda chance a questi giovani disoccupati, con età compressa fra 18 e 25 anni, che hanno abbandonato gli studi senza avere conseguito una qualifica professionale. Si tratta delle “second-chance school”. La finalità era appunto evitare la loro emarginazione dal mercato del lavoro e il conseguente rischio di esclusione sociale.Tali scuole svolgono la loro attività formativa mediante:
– la costruzione di programmi di istruzione personalizzati, diversi dagli schemi scolastici tradizionali;
– lo sviluppo di specifici programmi di formazione appositamente dedicati ai giovani;
– una adeguata e completa attività di supporto alla formazione;
– l’adozione dello stage in azienda, come metodo di insegnamento, al fine di dar vita ad un progetto professionale.
La Francia è il Paese dove tali scuole hanno preso più piede. Sviluppo promosso anche dal piano di emergenza per combattere la disoccupazione giovanile varato dal Governo nel 2009. Nello stesso anno, lo studente-tipo che le frequentava possedeva un’età media di 20 anni, aveva lasciato la scuola 2 anni e mezzo prima, il 98% non aveva il diploma, l’80% non aveva alcuna esperienza professionale (!) ed il 79% viveva in quartieri urbani degradati. I risultati di tale progetto sono incoraggianti: il 78% di loro continua a frequentare tale scuola ed il 59% l’ha ultimata positivamente, ottenendo un contratto di apprendistato, di formazione oppure “regolare”.
In Danimarca gli Uffici per l’Impiego locali si attivano immediatamente per i giovani disoccupati di 18-19 anni:
– un colloquio individuale entro la prima settimana di disoccupazione (!);
– un percorso di chiarimento delle proprie aspettative e aspirazioni entro due settimane;
– una opportunità educativa-formativa oppure un tirocinio lavorativo entro e non oltre un mese dall’inizio della disoccupazione (!).
Non faccio il paragone con l’Italia dove è nota l’elevata efficienza… dei nostri Centri per l’Impiego.
Nei Paesi Bassi addirittura preferiscono evitare che i giovani possano abbandonare la scuola senza aver ottenuto una qualifica di base. Gli studenti che entro i 18 anni non sono riusciti a conseguirla, vengono indirizzati obbligatoriamente verso un percorso orientativo che li aiuti ad esplorare varie possibilità per il suo raggiungimento, compresa l’opportunità di conciliare studio e lavoro.
Ma siamo così sicuri, che le competenze acquisite nel corso di studi, anche universitari, siano veramente spendibili nel mercato del lavoro?
Questo è un problema che affligge in particolar modo il Sud Europa, dove molti diplomati e laureati hanno acquisito delle qualifiche e competenze che non porteranno alcuna prospettiva di carriera, perché ci sono troppi che hanno la stessa specializzazione oppure perché tali competenze non corrispondono affatto alle richieste del mercato del lavoro. Questi giovani sono stati duramente colpiti dalla crisi in corso e sono a rischio di disoccupazione di lunga durata, oltre ad essere successivamente discriminati dai datori di lavoro, che, giustamente, preferiscono assumere diplomati o laureati “freschi”. Ad esempio, personalmente in Italia personalmente ritengo alquanto “singolare” il numero di avvocati: uno ogni 290 abitanti circa. Era da un po’ di tempo che volevo fare il confronto dell’Italia rispetto agli altri Paesi UE. Ho elaborato questo grafico, a partire dai dati forniti dal Consiglio degli Ordini Forensi Europei (CCBE) e dall’Albo Nazionale Avvocati ([19]).
Ritenete sia giunto il momento per i genitori che vogliono un figlio avvocato… di mettersi l’anima in pace? Ciò non toglie però che, con la competenza e flessibilità mentale acquisita… possano trovare lavoro in altri settori, meno inflazionati.
C) PREVENZIONE DEL FENOMENO DELL’ABBANDONO SCOLASTICO ED INCENTIVAZIONE DELLA SUA PROSECUZIONE.
Abbiamo già visto che i giovani che sono potenzialmente più svantaggiati sul mercato del lavoro sono quelli che abbandonano precocemente gli studi, generalmente subito dopo l’obbligo scolastico (ma, di fatto, anche prima). La soluzione migliore è prevenire tale fenomeno, incoraggiando gli studenti a proseguire gli studi oltre il percorso obbligatorio, in modo che possano migliorare le proprie competenze e avere migliori prospettive lavorative.
Come?
In Danimarca tutti gli studenti con età compresa fra 15 e 17 anni devono preparare un dettagliato progetto educativo/formativo, che includa delle attività come, ad esempio, successivi percorsi di istruzione, esperienze lavorative, tirocini, soggiorni all’estero, attività di volontariato, ecc. Ovviamente con l’aiuto dei genitori, della scuola ma anche dei Centri istituzionali di orientamento scolastico, compresi i Centri per l’Impiego (e quindi i datori di lavoro con le loro offerte occupazionali). Tali progetti vengono inclusi di un database che riassume il percorso di istruzione e formazione di ogni giovane, rendendo poi facile identificare chi di loro sia più vulnerabile, dal punto di vista occupazionale. Infatti abbiamo visto prima come, in questo Paese, i Centri per l’Impiego intervengono efficacemente nei confronti dei giovani che dopo il compimento del 18° anno di età si trovino malauguratamente disoccupati.
In Norvegia nel 2010 il governo ha discusso l’approvazione di un “Libro bianco” che racchiude una serie di iniziative affinché gli studenti siano incentivati a completare l’istruzione secondaria superiore (quindi oltre la scuola dell’obbligo), oltre ad un monitoraggio attento di chi ha già lasciato la scuola. Inoltre l’attività di istruzione sarà più orientata alle esigenze del singolo studente e alle sue attitudini in vista di un ottimale sbocco lavorativo.
Eppure questi due Paesi, non avrebbero bisogno di tali politiche giovanili, visto che proprio in Norvegia e Danimarca il fenomeno della disoccupazione giovanile è meno diffuso, oltre a possedere il maggiore tasso di laureati (quasi il 50%).
Invece (saggiamente) perseguono tale orientamento…
Dall’altra parte abbiamo Paesi i cui governanti dovrebbero prenotare un bel viaggetto “istruttivo” in queste due Nazioni. Perchè? Così imparano tali iniziative, in modo da attuarle, con i dovuti adattamenti, alla realtà di cui hanno la responsabilità amministrativa, sociale ed economica (visto che sono stati eletti per questo!).
Mi fermo qui… anche se potrei continuare prendendo spunti dallo stesso rapporto OCSE o da altre fonti.
Nel frattempo, mentre scrivevo questo post… è uscita la notizia delle ultime stime Istat ([20]) sulla disoccupazione giovanile (15-24 anni) in Italia: 29,3%. Ovvero il dato più alto dal 2004, anno di inizio delle serie storiche!
P.S.
Avevo promesso una parte in cui esprimevo alcuni consigli, basati esclusivamente sull’esperienza personale, per chi si trova in una situazione difficile come quella della disoccupazione. Ho preferito prendermi un po’ di tempo, visto che si tratta di qualcosa di personale. In questo modo vorrei riuscire a spiegare efficacemente certe soluzioni che in passato ho adottato, visto che possono sembrare apparentemente drastiche!
Altra motivazione… è che… prima di perdere quel poco di stima che vi rimane nei miei confronti… ho in mente di scrivere qualcosa su altri argomenti… viste le ultime vicende economiche.
Lampo
Sostieni I&M. il tuo contributo è fondamentale per la continuazione di questo progetto!Ti è piaciuto questo post? Clicca su “Mi Piace” qui in basso a sinistra!
Tutti i diritti riservati © | Grafici e dati elaborati da Intermarket&more su database Bloomberg | NB: Attenzione! Leggi il disclaimer (a scanso di equivoci!)
Seguici anche su Twitter! CLICCA QUI! |
[17] Ocse – Off to a good start? Jobs for Youth (settembre 2010): http://www.oecd.org/document/31/0,3746,en_2649_33927_46328479_1_1_1_1,00.html Una sintesi del rapporto in italiano la potete trovare qui: http://www.oecd.org/dataoecd/13/38/46769558.pdf – [17a] pagg. 81-85; – [17b] pagg. 85-86; – [17c] fig. 4.3 a pag. 76; – [17d] fig. 4.6 a pag. 81; – [17 e] pagg. 88-90. [18] The Japan Journal – Career education: http://www.gov-online.go.jp/pdf/hlj_ar/vol_0020e/04-07.pdf [19] Council of Bars and Law Societies of Europe – Number of lawyers in European countries – 2010 (09 febbraio 2011): http://www.ccbe.eu/fileadmin/user_upload/NTCdocument/2010_Table_of_Lawyer1_1313141496.pdf Albo Nazionale Avvocati: http://www.albonazionaleavvocati.it/html/statistiche.html I dati sulla popolazione si riferiscono al 1° gennaio dell’anno più vicino in termini temporali rispetto al dato sul numero degli avvocati. Fonte Eurostat: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/statistics/search_database [20] Ansa – Boom disoccupazione giovani, 29,3% allarme donne: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2011/10/31/visualizza_new.html_645724244.htmlIl nostro problema… è che i mass-media italiani ci hanno talmente bombardato con bisogni di cui spesso non abbiamo bisogno, da farci perdere il lume dei nostri veri bisogni e capacità.
Colgo l’occasione per “urlare” che SIAMO NOI, CON LE NOSTRE AZIONI, CHE COSTRUIAMO IL NOSTRO FUTURO E, indirettamente, QUELLO DELLA SOCIETA’ CHE CI CIRCONDA.
Ciò vale indipendentemente dalla grandezza, importanza o nullità dell’azione che svolgiamo.
Proviamoci almeno… e lasciamo da parte per un attimo il nostro individualismo. Vedrete quante prospettive si possono aprire…
Se aspettiamo che siano sempre gli altri a decidere per noi… dopo non lamentiamoci della decisione che hanno preso in nostra vece. 😕
l problemi relativi all’istruzione che hai descritto non sono gli unici in merito a occupazione o sottouccapazione dei ragazzi. c’è la scelta da parte delle aziende di privilegiare il lavoro precario rispetto a quello a tempo indeterminato.il problema del precariato in Italia è in primo piano.come consumatore, il lavoro precario lo vedo come una piaga che ha abbassato la qualità dei servizi ai cittadini in maniera intollerabile. si dovrebbe puntare anche su questo aspetto,per migliorare la situazione lavorativa per i nuovi assunti:lo svantaggio per la generalità dei cittadini,di questa scelta. io non ce la posso più fare a sopportare gli incompetenti che non sanno le risposte e mi sbattono giù la cornetta(ENEL,AZIENDE TELEFONICHE,CORRIERI ED ALTRI). penso sia esperienza di tutti,l’incompetenza con cui si ha a che fare,e dovrebbe essere intuitivo il motivo per cui questo sistema non produce qualità.
Di notevole spessore data l importanza dell argomento ;una grande Nazione fa’ progetti a lungo termine non si limita all austerity.
Ma quando c’è tanta disoccupazione giovanile, e quindi tanta offerta di personale che è disposta ad accettare, pur di lavorare, un contratto precario o, addirittura, solo un rimborso spese per uno stage (sigh!)… pensi che le aziende abbiano ancora l’interesse a formare una persona e a trattenerla in azienda con dei contratti migliorativi… pur di non vedere sprecato l’investimento fatto?
Credo quasi nessuna… e la conseguenza l’hai descritta perfettamente: giovani allo sbaraglio, che cambiano occupazione ogni mese… e che quindi sono purtroppo, giustamente, demotivati!
Il tutto alla fine però si ritorce contro le aziende stesse… che, inizialmente, sono contente dei risparmi (per ogni pensionato che era a tempo indeterminato assumono due o tre apprendisti oppure qualche “schiavo” a tempo determinato), vedono sul lungo termine perdere la loro produttività (quante volte ormai avrai sentito dalla Marcegaglia che la produttività in questo Paese non sale… pur con un mercato di fatto liberalizzato verso il basso come quello di questi ultimi 10 anni!) e, aspetto peggiore, know-how (conoscenza del processo industriale/aziendale, ecc.).
Quando si accorgono di questo… ormai il processo ha raggiunto un livello tale, che diventa difficoltoso invertire la marcia…e riacquistare competitività: sarebbe più semplice lasciar fallire l’azienda e aprirne una nuova (ti ricorda qualcosa?).
Nel frattempo… abbiamo mutilato le motivazioni di parte di una generazioni di giovani… mentre un’altra parte rimane disoccupata VOLONTARIAMENTE, perché scoraggiata, preferisce stare a casa… e godersi i risparmi messi via dalle generazioni precedenti (genitori, nonni, ecc)
E’ di oggi il dato dell’Istat sugli scoraggiati: TRE VOLTE la media europea:
http://www.istat.it/it/archivio/44945
Il testo integrale lo trovate qui:
http://www.istat.it/it/files/2011/11/Report-Indicatori-disoccupazione.pdf?title=Disoccupati%2C+inattivi%2C+sottoccupati+-+10%2Fnov%2F2011+-+Testo+integrale.pdf
dove è eclatante il confronto europeo riportato a pag. 3 sulla colonna che mostra i “disponibili che non cercano lavoro”
Poi ci meravigliamo se la produzione industriale cala: sempre meno giovani possono permettersi di consumare, le generazioni precedenti devono attingere al tesoretto per foraggiare i giovani disoccupati… e il tasso demografico porta ad un aumento degli anziani… che, di fatto, spendono meno (oltre ad avere minore capacità di spesa)… e viste le pensioni future spenderanno ancor di meno!
Ma sicuramente Monti o chi verrà scelto ad amministrare questo Paese… avrà l’asso nella manica o il Jolly per risolvere in fretta tutto e subito, assieme alla collaborazione degli ispettori BCE, FMI, CIP e CIOP e via dicendo…
La soluzione è solo in noi, nella collaborazione e lungimiranza… oltre ad una base di semplici regole e patti generazionali (da rispettare rigorosamente e tassativamente) e nell’abbandono delle furberie… e raccomandazioni… che hanno caratterizzato gli ultimi decenni.
Secondo voi siamo pronti: una piccola parte del Paese sì (mi sento tra questi)… la gran parte ancora no.
Quindi ciccia… è difficile mandare avanti una barca in una direzione… con gran parte che rema contro.
Aggiungo che per scrivere questi post, aver letto parecchi rapporti sulle soluzioni adottate all’estero per rimediare alla disoccupazione giovanile… e vedere cosa succede in Italia… mi ha fortemente disgustato.
Ciò non toglie però che sia ancora fortemente motivato a risollevare questo Paese e pronto a rimboccarmi le maniche e a pagare una patrimoniale (i cui soldi però vadano veramente investiti nel Paese e soprattutto nella riduzione del debito al fine di liberare risorse per lo sviluppo).
Altrimenti… sinceramente… mi sarei fermato a metà del primo post!
Lo dico anche per dare una chiave di lettura degli articoli: il fine non era denigrare l’Italia… ma far capire quale sia la nostra situazione rispetto all’estero… e indurre a lottare per cambiare questa situazione.
Buonanotte.
Quanta amarezza nelle parole di Lampo
Sono padre e per il futuro dei mie figli sono disposto a lottare proponendo a tutti i frequentatori del Blog con la guida di DT di creare ,inventare un qualcosa che possa dare un contributo per cambiare direzione .Facciamo anche noi la nostra parte ….alziamo questa voce
BUONGIORNO
x lottare dovremo iniziare a fare cultura economica di massa..
molti blog lo stanno facendo da tempo, sn i + fortunati che si impegnano a recepire, ma
è ancora poco…basterebbe annunciare OVUNQUE dell’esistenza di blog economy day
da lì si parte.
guarda che veramente la gente è convinta che nn esiste la crisi
dopo il lavaggio del cervello fatto x anni..
Bravo Lampo, gran bel post ! 😉
Siamo, comunque, alle solite: in Italia tutti si lamentano e tutti scaricano sugli altri le colpe…
Ma quando si tratta di tirarsi su le maniche per davvero, la storia cambia….
Temo che il nostro DNA non ci consentirà mai di stare al passo con i migliori.