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DEBITO PUBBLICO ITALIA: per la sua struttura resta a rischio speculazione

Scritto il alle 11:11 da Danilo DT

Lo spread BTP Bund resta in area 250bp ma il tipo di titoli e le scadenze (vita residua media troppo breve) lasciano sempre l’Italia soggetta ad ondate speculative che il sentiment dovesse cambiare. Intanto ora siamo ad oltre i 2.000 miliardi.

Oramai non fa più nemmeno notizia. Il debito pubblico Italiano continua inesorabilmente a salire, in barba a tutto quello che è il fiscal compact, è arrivato ad un rapporto debito pubblico PIL ben oltre il 130%.
Ora siamo a 2.075,1 miliardi, dei quali circa il 60% (59,3%) è in mano agli italiani. La rimanente parte è in mano estera. Importi che continuano ad essere impressionanti ma che per fortuna risultano oggi “sotto controllo” grazie anche all’operato della BCE di Mario Draghi che con LTRO, ESM e OMT (virtuale) hanno dato “garanzie” al mercato e hanno fatto tornare una certa fiducia.
Ma ritenersi soddisfatti di questa situazione è ovviamente un’assurdità.
Questa infografica vi illustra l’impatto del nostro debito publico sulle finanze. Per il 2013, come vedete, la cifra residua che è in scadenza è pari ancora a 143.367 milioni. A cui si sommano interessi pari a circa 19.000 milioni. Ma poi nel 2014-2015, potete vedere che avremo nuove importanti scadenza. Un importo che risulta, capitale più interessi, pari ad una cifra superiore ai famosi 2.075 miliardi (2.200 miliardi circa).
Ma qual è la cosa preoccupante? Lo vedete dal grafico.

Grafico Debito pubblico italiano. Distribuzione delle scadenza

Preoccupa il fatto che il nostro debito è troppo concentrato su scadenze brevi, il che lo mette soggetto alla speculazione (in fase di rinnovo) e quindi più volatile.
La motivazione è anche legata alla presenza ancora massiccia di titoli brevi (BOT) che tradizionalmente hanno costituito una fetta improtante delle nsotre obbligazioni governative.

Debito Pubblico Italiano: struttura

Il tasso fisso tradizionale, che dovrebbe rappresentare la fetta predominante del debito, pesa “solo” per il 64%, BOT e CTZ per il 16%, Titoli indicizzati all’inflazione per l’11% e i CCT per il 9%.
Ma quello che più preoccupa come detto è la durata di vita media troppo bassa, il che ci mette torppo a soggetto della speculazione.
Speriamo che Draghi riesca a mantenere i merati sempre sotto controllo, con uno spread sotto quantomeno i 250 bp.

(Cliccate sulle immagini per ingrandirle)

STAY TUNED!

DT

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