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In Germania il costo del lavoro aumenta più che nel resto dell’Europa

Scritto il alle 14:35 da lampo

L’Istituto di Statistica tedesco Destatis ha recentemente pubblicato ([1]) i dati del quarto trimestre del 2012 relativi all’Indice del costo del lavoro (LCI), rivelando alcuni aspetti interessanti:

1. il costo del lavoro nel settore privato è aumentato in Germania del 32% in più che nel resto dell’UE;

2. nel settore manifatturiero la paga oraria è stata addirittura superiore del 47%.

Vediamo un attimo quale sia la situazione europea: ecco una tabella con i dati del costo orario ordinato in base al settore privato, seguito da quello del settore manifatturiero con relativa posizione nella classifica europea ([1]).

La Germania, per quanto riguarda il settore privato, è posizionata all’ottavo posto.

Un grafico rende meglio l’idea (cliccare per ingrandire): in blu il settore privato mentre la linea rossa è la media dell’eurozona (del settore privato).

Per comprendere la singolarità dei nuovi dati tedeschi, bisogna ricordare che ogni anno dal 2001 al 2010, la Germania ha avuto sempre una crescita del costo del lavoro nel settore privato inferiore alla media UE.

I nuovi dati hanno quindi confermato l’interruzione del trend discendente, avvenuta lo scorso anno, rendendo la Germania sempre meno competitiva rispetto alla media europea.

Non per niente l’incremento maggiore si è verificato proprio nel settore manifatturiero, il più esposto alla competizione internazionale.

Però se esaminiamo nel dettaglio il dato del settore privato facciamo un’ulteriore scoperta.

Prima devo spiegare che il costo del lavoro è composto dalla retribuzione (lorda) e dai costi non legati al salario (oneri sociali ed altri costi).

Ebbene, è aumentata di più proprio la retribuzione lorda, mentre meno della media europea gli altri costi!

Ovvio che non si tratta di una buona notizia per la Germania.

Soprattutto perché negli ultimi due anni l’incremento è avvenuto anche rispetto al loro diretto concorrente: la Francia.

Questa è al contempo una buona e cattiva notizia per i Paesi periferici.

Un grafico vi spiega subito perché:

Come vedete dall’introduzione dell’euro la Francia è l’unica che ha rispettato un aumento dei salari compatibile con il target inflazionario della BCE.

I paesi periferici (Grecia, Portogallo, Spagna e Italia) invece non ci sono riusciti, spesso anche per il loro tasso di inflazione superiore alla media europea, diventando sempre meno competitivi.

E’ palese come la Germania ha sfruttato egregiamente l’avvento dell’euro per diventare sempre più competitiva (e poter esportare di più).

Non per niente, pochi giorni fa, il Belgio ha accusato la Germania di vero e proprio “dumping” salariale, chiedendo persino l’intervento della Commissione europea ([2]).

In pratica il governo belga accusa quello tedesco di concorrenza sleale, visto che permette che lavoratori provenienti principalmente dall’est Europa siano sfruttati e sottopagati nei cosiddetti settori a basso salario.

Dai dati pubblicato all’inizio avrete già capito come mai la Germania agisca così: ha già grosse difficoltà a tenere la media degli aumenti salariali al di sotto della media europea!

Un altro esempio ([3]) è la difficoltà di negoziazione che ha avuto per l’aumento salariale dei 750.000 lavoratori del pubblico impiego (regionali). Il sindacato aveva chiesto un aumento salariale del 6,5%… e alla fine la trattativa si è “accordata” su un aumento del 5,5% in due anni, ben al di sopra dell’inflazione.

D’altronde sono proprio i Paesi periferici a spingere la Germania ad aumentare i suoi livelli salariali. E’ uno dei modi per aumentare la domanda di beni del più importante Paese della zona euro (la Germania appunto) dalle indebitate nazioni periferiche…

Comunque gli economisti non sono ancora preoccupati dagli aumenti salariali, visto che le esportazioni tedesche al di fuori della zona euro vanno ancora a gonfie vele.

Permettetemi di avere un’opinione diversa.

Tali aumenti vanno a penalizzare il settore corporate, ovvero le aziende, che si vedono aumentare i loro costi: stipendi, energia che probabilmente aumenterà considerevolmente anche a causa della decisione tedesca sulla soluzione cipriota (ricordo che si rifornisce dalla Russia tramite il North Stream), ecc. Lo stesso vale per altri settori, come le vendite al dettaglio, costruzioni e via dicendo.

Ecco che c’è il rischio sul medio e lungo termine che in Germania si verifichi lo stesso inconveniente accaduto ai Paesi periferici. Le aziende sane con notevole liquidità in cassa, sono portate ad utilizzarla, investendo all’estero, dove la manodopera è più a basso costo.

Ovvero in Germania rischia di innescarsi lo stesso processo di delocalizzazione, provocando i conseguenti effetti sulla disoccupazione, entrate fiscali, esportazioni, ecc.

Con “buona pace” dei Paesi periferici.

Se vogliamo considerare un’opinione sicuramente più autorevole, tempo fa, un noto economista tedesco, Heiner Flassbeck ([4]), sulla nota rivista The International Economy rispondeva a questa domanda ([5]):

Are German Workers Killing Europe?

ovvero

I lavoratori tedeschi stanno uccidendo l’Europa?

Una breve citazione:

The European Monetary Union can only function if nominal wage increases in all member countries are in line with the inflation target set by the monetary authorities. Given the close correlation of unit labor cost growth (nominal wage growth minus productivity growth) and inflation, the implicit rule of the monetary union asks for real wage growth in each member state following strictly national productivity progress and for unit labor costs not exceeding and not undershooting a 2 percent growth path in each member state. 

Violations of this rule will either lead to inflation or deflation in the union as a whole or to deviations of national real exchange rates and national levels of competitiveness bearing grave long-run consequences for the appreciating countries. This kind of aberration started with the beginning of the currency union in 1999—with Germany, due to its deflationary wage policy, being the main culprit. Without fundamental changes in wage policies throughout Europe, a deflation or a transfer union, comparable to the German transfer union after unification, is an imminent danger.

However, it is not Italy that has to change its policy but mainly Germany.

cioè:

L’Unione monetaria europea può funzionare solo se in tutti i Paesi membri gli aumenti del salario minimo sono allineati all’obiettivo di inflazione prefissato dalle autorità monetarie. Data la stretta correlazione esistente tra la crescita del Costo del Lavoro per Unità di Prodotto [n.d.t. CLUP] (crescita del salario minimo meno l’aumento della produttività) e l’inflazione, la regola implicita nell’Unione monetaria richiede che in ogni Stato membro la crescita del salario reale proceda di pari passo al progresso del livello di produttività nazionale, ed il Costo del lavoro per unità di prodotto non sia superiore o inferiore al 2 per cento del livello di crescita di ciascuno Stato membro.

La violazione di questa regola all’interno dell’UE, nel suo insieme può provocare sia inflazione sia deflazione oppure variazioni nazionali dei tassi di cambio e dei livelli di competitività, generando sul lungo termine gravi conseguenze per i Paesi che manifestano un loro apprezzamento. Questo tipo di anomalia è cominciata nel 1999 con la nascita dell’Unione monetariacon la Germania come principale colpevole, a causa della sua politica salariale deflazionistica. In Europa, in assenza di cambiamenti fondamentali nelle politiche salariali, la deflazione o un trasferimento di risorse da uno Stato membro all’altro, paragonabile a quello avvenuto in Germania dopo l’unificazione, è un rischio imminente.

Tuttavia, non è l’Italia che deve cambiare la sua politica, ma la Germania soprattutto.

Non credo che abbia bisogno di ulteriori commenti, a parte sottolineare che l’intervento risale al lontano 2006, molto prima della crisi finanziaria americana e di quella europea.

Heiner Flassbeck ha recentemente scritto un articolo sull’edizione tedesca del Wall Street Journal ([6]) che riassumo così:

La Germania non ha permesso che il costo del lavoro per unità di prodotto crescesse. Con questa politica ha violato le regole del patto di stabilità e crescita.

Alla fine saranno i Paesi del Sud Europa a lasciare l’Unione, creando un grave danno alla Germania.

Potete leggerla, tradotta interamente in italiano dal blog Voci dalla Germania, a questo link: Flassbeck: saranno i sud europei ad abbandonare l’Euro

Chissà che non ci azzecchi anche stavolta!

Buona riflessione.

Lampo

P.S.

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Fonti e approfondimenti:
[1] Statistisches Bundesamt – Labour costs in Germany by 32% higher than the EU average in 2012 (26 marzo 2013).
[2] – Faz.net – „Deutsche betreiben Sozialdumping“ (20 marzo 2013). La traduzione in italiano è disponibile sul blog Voci dalla GermaniaDumping salariale tedesco? (22 marzo 2013).
[3] – Reuters – German public service workers win 5.6 pct pay hike – negotiators (9 marzo 2013).
[4] – Heiner Flassbeck – E’ un noto economista tedesco, che dal 2006 svolge il ruolo di Direttore della Divisione della mondializzazione e delle strategie di sviluppo della Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD). Il suo curriculum.
[5] The International Economy – Are German Workers Killing Europe? (Estate 2006).
[6] – The Wall Street Journal – „Nur Frankreich hat die Regeln eingehalten” (19 marzo 2013). La traduzione in italiano è disponibile sul blog Voci dalla GermaniaFlassbeck: saranno i sud europei ad abbandonare l’Euro (26 marzo 2013).

8 commenti Commenta
ciromot
Scritto il 3 Aprile 2013 at 16:47

Sono parecchio sorpreso….se nn erro su iceberg girava voce che i salari in Germania nn e rano un granchè ma forse ricordo male…bel post complimenti Lampo 😉

PS

I dati nella prima tabella

Italia 27.2 sett. privato ….27 sono euro ovviamente , confermi ?? , nn vorrei sbagliare……..lo chiedo perche’ qui a Taranto se ti pagano 5 euro per un’ora di lavoro(in campagna intendo) è gia’ tanto…..

Forse te l’ho gia chiesto , nn ricordo, ma oltre a commentare qui sul blog hai un sito o blog tuo ??Scrivi da qualche altra parte ? Mi piacerebbe seguirti….leggo sempre i tuoi commenti imparando tanto…..grz e un saluto 😉

lampo
Scritto il 3 Aprile 2013 at 19:17

ciromot@finanza,

Sì sono euro (più tardi aggiorno la tabella con la corretta indicazione… me ne sono dimenticato).

Non scrivo su altri blog (non ho tempo) anche se ne leggo parecchi e ogni tanto faccio qualche commento. Ho l’esclusiva qui (grazie a DT)… che mi lascia ancora carta bianca, sperando che non mi metta a scrivere cavolate 😉

E’ un semplice sfogo personale, visto che in prima persona non ho altri mezzi per cambiare lo stato delle cose… spero sempre che rendendo consapevoli più persone…. forse ci riusciamo assieme.

italiapersempre
Scritto il 3 Aprile 2013 at 20:37

bolla corporate in arrivo subito dopo i tds… e stavolta spazza via germania e bund 8)

la si vedeva chiaramente più di un anno e mezzo fa

italiapersempre
Scritto il 3 Aprile 2013 at 20:38

comunque bravo, sei uno dei pochi che l’ ha messo in evidenza

kry
Scritto il 3 Aprile 2013 at 21:18

Le aziende sane con notevole liquidità in cassa, sono portate ad utilizzarla, investendo all’estero, dove la manodopera è più a basso costo.——-Giusto ieri wolksvaghen ha annunciato di assumere 50.000 lavoratori soprattutto in cina. In parte concordo con ciromot che i salari con la riforma hartz 4 sono piuttosto compressi e molti lavoratori sono part time oltre a quello evidenziato dalla denuncia del belgio infatti le multinazionali spesso non sfruttano ma di fatto schiavizzano i lavoratori dell’est.

gainhunter
Scritto il 4 Aprile 2013 at 00:16

Bravo lampo! Sarà interessante vedere cosa succederà ora.

Ripropongo un grafico postato un paio di mesi fa:
http://intermarketandmore.finanza.com/files/2013/01/wage%20changes.png

kry
Scritto il 4 Aprile 2013 at 12:21

Sempre flassbeck ,oggi su voci dalla germania. http://vocidallagermania.blogspot.it/2013/04/flassbeck-o-la-germania-aumenta-i.html

lampo
Scritto il 4 Aprile 2013 at 15:57

kry@finanza,

Sono sicuro che in questo blog sono in tanti che sostengono la sua tesi (anch’io condivido l’esigenza di dividere l’euro se bisogna continuare in questo modo… oppure bisogna introdurre un meccanismo semiautomatico, tipo la procedura d’infrazione per deficit eccessivo, cui un Paese può uscire, svalutare e rientrare allo sforamento di determinati parametri).

Non c’è dubbio che Flassbeck abbia una lungimiranza decisamente invidiabile….

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