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Derivati: le banche TOP in Europa fanno FLOP

Scritto il alle 09:45 da Danilo DT

Con questa analisi (che sto per esporvi) risulta chiaro che sono proprio le banche dei paesi più forti politicamente ad incorporare i rischi sistemici più grandi. E quindi si deduce che la soluzione della crisi dovrà essere guidata anche da quelle persone che oggi fanno muso duro.

Siate sinceri. Quante volte vi ho martellato sui derivati e sul rischio sistemico che stiamo vivendo in questi ultimi anni? Quante volte vi ho ricordato che Lehman Brothers non è servita a nulla, che il mercato fintantoche non verrà regolamentato, resterà il “selvaggio West”?
Bene, quindi c’è poco da essere sorpresi dalle ultime notizie in arrivo di esposizione di derivati da parte delle banche europee.
Preferisco riportare l’analisi de IlSole24ore in modo tale da riportare tutti i dati per benino.
Credo sia difficile contestare l’evidenza dei fatti.
E, credetemi, se siamo in queste condizioni, non possiamo di certo dare la responsabilità al cambiamento climatico o alle congiunzioni astrali. La colpa è solo dell’egoismo umano.

I derivati: una mina si aggira per l’Europa. E le regole non riescono a intercettarla, anzi sono proprio le regole – la prossima introduzione di Basilea 3 – ad aver guidato la ricomposizione dei portafogli delle banche nella direzione di una maggior assunzione di rischio, visto che il 97% dei derivati di cui sono imbottiti i big del credito continentale è di natura speculativa. Le cifre parlano chiaro: sono quelle dei bilanci analizzati da R&S-Mediobanca nello studio sulle «Maggiori banche internazionali».
Il campione di riferimento è quello delle venti maggiori banche europee, che tutte insieme sono una “potenza” con attivi di bilancio pari a oltre due anni di Prodotto interno lordo dell’area. Ebbene, queste banche, dallo scorso anno si sono messe a vendere a manbassa i titoli in portafoglio per alleggerirsi di asset che assorbono capitale di vigilanza, e in compenso si sono gettate sui derivati, che invece sono quasi ignorati ai fini dei ratio patrimoniali. Risultato: i 5.854 miliardi di derivati che hanno in pancia sono arrivati a contare più della metà del Pil europeo. Per essere più precisi, mentre l’incidenza sul Pil dei titoli in portafoglio è di colpo calata dal 48,1% del 2010 al 40,9% del 2011, quella dei derivati è balzata dal 41,3% al 53,2%. I due terzi sono scommesse sui tassi d’interesse, ma 450 miliardi sono puntati sul “merito di credito”, 670 sui cambi.

Dov’è il problema? Il problema è il rischio latente. Per un “errore” JP Morgan ha perso 2 miliardi di dollari su questi prodotti. Ma non c’è neanche bisogno di sbagliare troppo.

Un 10% di perdite sui derivati sarebbe in grado di mangiarsi più della metà (precisamente il 55,6%) del patrimonio di vigilanza delle grandi banche europee, cosa che non succederebbe nemmeno se tutti i crediti dubbi andassero in fumo (in quel caso il capitale regolamentare diminuirebbe del 49,3%). Salvo che, a differenza degli impieghi, i derivati non entrano nel conto. Le perdite però sì. Tanto più che la massa dei derivati è sette volte il patrimonio netto tangibile dei signori del credito.

Commentare queste frasi? Impossibile. Si commentano da sole.

Un problema che non riguarda solo l’Europa, anche se negli Stati uniti, che sono stati la culla della finanza innovativa, il fenomeno appare relativamente più contenuto, anche perchè il sistema è più frazionato. Nel novero dei big, a parità di criteri di selezione, rientrano solo sette banche made in Usa, i cui attivi sono pari all’87,4% del Gdp americano. Anche qui i derivati sono cresciuti, ma in misura inferiore, passando in un anno dal 26,7% del Pil a stelle e strisce al 32,8%: in valore assoluto, da 3.886 a 4.954 miliardi di dollari, di cui 380 sul merito di credito e 370 sui cambi. Va detto però che dalla quinta all’ottava posizione per dimensioni compaiono le “filiali” di quattro istituti europei che, come tali, rientrano nella classifica del Vecchio Continente.

Su questo ho parlato fino alla noia. Fa piacere che forse i nostri discorsi “terroristici” forse devono subire un downgrading e diventare solo “realistici”

Le medie non fanno giustizia delle differenze. Che ci sono anche in questo caso. Le due maggiori banche italiane sono infatti relativamente poco esposte sui derivati: Intesa-Sanpaolo per l’8,1% del totale attivo, UniCredit per il 12,7%. Poco esposta anche la britannica Lloyds (6,8%), ma è un’eccezione perchè le connazionali Rbs (35,1%) e Barclays (34,5%) sono invece al top, dietro solo a Deutsche Bank che coi derivati sfiora il 40% dell’attivo. Per non restare indietro, lo scorso anno anche Hsbc si è data da fare, aumentando del 64,4% i derivati attivi che ora pesano per un quinto del totale di bilancio, poco sotto le francesi Bnp (23,5%), Crédit Agricole (22,2%) e SocGen (21,5%). Quanto a propensione allo strumento non scherzano neppure le banche elvetiche, che hanno circa un terzo dell’attivo spiegato dai derivati (33,2% Crédit Suisse, 34,3% Ubs).

Prendete appunti cari amici. Ricordate quado vi dicevo che Deutsche Bank ha un’esposizione talmente grande che diventerebbe impossibile poterla salvare? E che dire delle banche francesi?

Insomma, comunque la si giri, ma una mina vagante dagli effetti potenzialmente devastanti. Tanto da rimpicciolire persino il rischio Grecia che pure, lo scorso anno, per le stesse venti banche è costato 21,2 miliardi di minusvalenze solo sui titoli di Stato. L’esposizione residua ammonta a 7,76 miliardi, concentrata in particolare su Crédit Agricole (2 miliardi), Bnp Paribas (1,43 miliardi), ma anche Commerzbank (800 milioni). In tutto il debito sovrano dell’Europa periferica – oltre alla Grecia, anche Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna – conta per 303 miliardi nei portafogli delle grandi banche continentali. Le più “solidali” sono le francesi, con Bnp che ha 14,47 miliardi di BTp, 2,69 di bond portoghesi, 1,39 di titoli irlandesi, mentre Crédit Agricole ha 10,7 miliardi di titoli pubblici italiani, 3,3 di bonos spagnoli, 2,47 di obbligazioni portoghesi e 1,45 di irlandesi. Su Roma hanno scommesso anche Dexia (9,8 miliardi) e Commerz (7,9 miliardi), che ha anche 2,8 miliardi di bonos.

Ora, però occorre fare un ragionamento risolutivo. Vi è chiaro (spero) in quanto ufficializzato anche da una testata  importante, che il rischio finanziario sostenuto dai big del settore in Europa è pauroso. E questi big si trovano caso vuole in Francia, Gran Bretagna e Germania. Derivati significa rischio sistemico, significa enfatizzare utili ma anche le perdite, significa leva paurosa sulla volatilità. Nel bene e nel male.

Domanda: a chi interessa che la crisi venga risolta, dal punto di vista bancario? E come si comporteranno quei personaggi politici che oggi fanno muso duro e non concedono un millimetro, nel momento in cui verrà loro riferito che le loro banche sono sull’orlo del baratro? Chi ha orecchie per intendere, intenda…

STAY TUNED!

DT

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15 commenti Commenta
john_ludd
Scritto il 21 Giugno 2012 at 10:33

Essendo fuori bilancio, non esistono attivi patrimoniale che seppure nominalmente li possano supportare. La mia opinione, non supportata da documenti che mai esisteranno, è queste banche sistemiche hanno in coscienza creato un meccanismo che porrà le autorità e i governi a operare una sola possibile scelta. Si sono messe nella condizione di non poter essere nazionalizzate con una semplice soluzione alla svedese anni 90 (dove vigeva un sistema molto più semplice e relativamente chiuso con una incidenza degli attivi rispetto l’economia reale assai più contenuto). Qualche cosa in giro si legge: secondo analisti di DB non c’è alternativa a portare la BCE ad acquistare titoli di stato direttamente o indirettamente trasformando l’EFSM in banca. Mi sembra che lì tutti vogliono andare e credo che lì andremo, THE SHOW MUST GO ON.

Scritto il 21 Giugno 2012 at 11:06

Bene, vedo che alla fine io e te convergiamo….
The show must go on.
E per farlo continuare occorre convergere.
Giusto o sbagliato che sia, però è la soluzione obbligata a cui ero arrivato NON guardando le cose con gli occhi dell’Italiano, ma con gli occhi degli interessi di “chi conta”.

😉

bergasim
Scritto il 21 Giugno 2012 at 11:12

Si convergeranno verso il baratro
augh viso pallido

mannoz
Scritto il 21 Giugno 2012 at 11:32

una cosa che mi domando:

essendo il 97% di tale deivati speculativi, vuol dire che sono puntati in una direzione su bianco o su nero, se la posizione fosse ribassista, come si potrebbe “girare la scommessa senza bagni di sangue?”

kry
Scritto il 21 Giugno 2012 at 11:44

I musi più duri oltre alle orecchi otturate sono germania e gran bretagna. Sull’orlo del burrone entrambe il primo che riceve una pacca sulla spalla precipita.

kry
Scritto il 21 Giugno 2012 at 11:50

mannoz@finanza,

Se la posizione ribassista fosse sul petrolio,non sarebbe poi tanto male.

mannoz
Scritto il 21 Giugno 2012 at 11:52

kry@finanza,

per l’inghilterra ( e usa) è un problema delicato, perchè devono sperare che l’€ non si dissolva, ma contemporaneamente che dalla crisi non esca rafforzato troppo , perchè le loro cartestraccie sarebbero le prime a rimetterci…

mannoz
Scritto il 21 Giugno 2012 at 12:02

kry@finanza,

450 mld sono sul merito di credito, mi riferivo a questi soprattutto…

kry
Scritto il 21 Giugno 2012 at 12:07

mannoz@finanza,

Volevo spargere un pò di ottimismo anche perchè quella ribassista sul petrolio è l’unica che ci può andar bene.

gremlin
Scritto il 21 Giugno 2012 at 12:18

nell’analisi del sole24 manca un dato importante, forse impossibile da conoscere o peggio da divulgare: Deutsche Bank ha in pancia CDS su Deutsche Bank? le banche a leva stanno scommettendo contro se stesse con CDS?
se così fosse continuerebbero imperterrite a speculare allegramente, tanto chi può allo stato attuale impedirglielo?
“solo la fisica…” direbbe l’ing. Mattacchiuz, e non sarebbe una bella cosa nemmeno per la sig.ra Maria che, ignara di tutto, continua a tenere i suoi pochi soldi sul c/c. Con l’avvento della fisica finaziaria nessun fondo di garanzia potrà mai rimborsare nemmeno mille euro ai correntisti falliti loro malgrado.

john_ludd
Scritto il 21 Giugno 2012 at 12:19

kry@finanza,

Il petrolio basso ha una ragione “sinistra”. E’ l’ultimo tentativo per costringere l’Iran ad “arrendersi”. L’Arabia sta pompando più petrolio di quanto il mercato ne stia acquistando. I consumi sono crollati in europa, sono in calo in USA e India e a inizio anno non stavano crescendo in Cina. Intanto il costo marginale di produzione troppo elevato ha già annullato i guadagni dalla produzione di olio in Canada, tutto si intreccia e si confonde ma aiuta un tantino il consumatore americano, ma non basta x far vincere le elezioni a Obama. La pressione sull’Iran è fortissima, petrolio e attacchi informatici. Ma per ora non si muove nulla e l’ora zero è sempre più vicina, probabilmente non si attenderà oltre l’estate anche x ragioni elettorali. Una parte delle dark inventories sono verosimilmente già state liquidate, chi le possiede è parte integrante del potere che conta e ha accesso a informazioni di cui noi non disporremo mai. Il silenzio sull’Iran è sinistro tanto quanto era positivo se ne parlasse in toni catastrofici 6 mesi fa. Ottantesimo piano e tutto ok, sessantesimo piano e siamo ancora qui, quarantesimo piano tutto bene…

mannoz
Scritto il 21 Giugno 2012 at 13:20

gremlin,

di sicuro scommettono con i cds governativi, anche dei propri paesi per rimanere in sintonia con il tuo post?

lampo
Scritto il 21 Giugno 2012 at 16:03

A me preoccupa più il fatto che abbiano puntato sui cambi… ovvero un settore teoricamente esposto a minori oscillazioni.
Ciò dimostra ancor più la guerra valutaria in corso e futura… che crea un danno economico ingente alle aziende che esportano o importano, visto che il valore aggiunto del loro prodotto o acquisto può azzerarsi o costare troppo, per una semplice scommessa. Quindi ancora più multinazionali enormi (ovviamente spacchettate per evitare l’intervento dell’antitrust) e minore occupazione.
Insomma sempre migliore il futuro 🙄
E le perdite con cosa le socializzeremo… con gli stipendi dei disoccupati… o con le pensioni che (teoricamente) dovranno ricevere chi è occupato?

first em
Scritto il 21 Giugno 2012 at 18:05

Caro DT,
sottoscrivo in pieno l’allarme derivati, ma i numeri non mi tornano. In un tuo post del settembre 2011, collegato a un report dell’ISDA o della BSI che fotografava la situazione alla fine del primo semestre del 2011, solo le big five americane (JPM, BOfa, MS, Citi e GS) detenevano derivati per un nozionale di circa 300000 (!!!) mld di $ con leverage compreso tra i 40 e i 50. Possibile che in così poco tempo siano riuscite ad alleggerire così tanto le loro posizioni ?
A me sembra che, sia al di là che al di qua dell’oceano, si stia camminando su un filo sempre più teso e sottile, destinato inevitabilmente a rompersi.

Scritto il 22 Giugno 2012 at 00:02

gremlin:
nell’analisi del sole24 manca un dato importante, forse impossibile da conoscere o peggio da divulgare: Deutsche Bank ha in pancia CDS su Deutsche Bank? le banche a leva stanno scommettendo contro se stesse con CDS?
se così fosse continuerebbero imperterrite a speculare allegramente, tanto chi può allo stato attuale impedirglielo?
“solo la fisica…” direbbe l’ing. Mattacchiuz, e non sarebbe una bella cosa nemmeno per la sig.ra Maria che, ignara di tutto, continua a tenere i suoi pochi soldi sul c/c. Con l’avvento della fisica finaziaria nessun fondo di garanzia potrà mai rimborsare nemmeno mille euro ai correntisti falliti loro malgrado.

Mattacchiuzzz… ormai è un mito come Elvis… Chissà se un giorno…

first em@finanza,

IO credo che i derivati rappresentino un cancro che dimensionalmente sia molto difficile anche da calcolare… Anche perchè i “giochini” di bilancio che vengono fatti (chiusure derivati in fase di redazione, chiusura di leva finanziaria sempre in fase di bilancio e poi, subito dopo, riapertura…) sono pazzeschi. Provare a regolarizzare un po’ il far west della finanza?

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