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Imposta di bollo attività finanziarie: cosa cambia?
Il decreto legge “Salva Italia” ([1]) durante la recente conversione in legge, ha apportato diverse modifiche all’applicazione dell’imposta di bollo sulle attività finanziarie, già introdotte dalla precedente manovra estiva.
In questo e nel prossimo post (che uscirà domani) provo a spiegare, in maniera semplice, i cambiamenti avvenuti, in modo che il lettore, rispetto al suo portafoglio di investimenti, possa capire come pagare di meno ma soprattutto… cosa aspettarsi in più.
Preciso che si tratta di una normativa che, per la sua corretta applicazione, attende ancora provvedimenti esplicativi da parte degli organi istituzionali competenti (come già avvenuto per la manovra estiva).
Premetto che alcuni aspetti, considerato che possono essere soggetti ad una diversa interpretazione, potranno essere applicati in modo differente rispetto a quanto affermato, sulla base delle attuali conoscenze in materia, in questo post.
Ricordo, semplificando, che l’imposta di bollo si paga sull’estratto conto inviato dalle banche, cioè sulle “Comunicazioni periodiche alla clientela” necessarie a fornire una informazione chiara in merito allo svolgimento del rapporto con il cliente ([2]).
Colgo l’occasione per rammentare che ([3]):
“in mancanza di opposizione scritta da parte del cliente, gli estratti conto e le altre comunicazioni periodiche alla clientela si intendono approvati trascorsi sessanta giorni dal ricevimento“.
Userò nel post il termine generico “conto” per semplificare.
Riassumo per punti le maggiori novità introdotte:
– sparisce il pagamento dell’imposta sulle attività finanziarie per scaglioni come prevista dalla precedente finanziaria;
– viene istituita una soglia di esenzione, pari a € 5.000,00;
– vengono colpiti nuovi strumenti finanziari che prima erano del tutto esenti;
– dovrebbe essere più semplice l’applicazione, almeno rispetto alla manovra estiva (giudicherete voi se sia vero).
Adesso partiamo con l’approfondimento.
Sono colpiti dall’imposta di bollo anche gli
“estratti di conto corrente postale e rendiconti dei libretti di risparmio anche postali”,
che prima erano esentati ([4]).
Su tutti i conti privati (intestati a persone fisiche) che hanno una GIACENZA MEDIA annua inferiore a 5.000,00 € non si paga l’ imposta di bollo ([5]):
“Se il cliente e’ persona fisica, l’imposta non e’ dovuta quando il valore medio di giacenza annuo risultante dagli estratti e dai libretti e’ complessivamente non superiore a euro 5.000.”
Pare che questa agevolazione sia stata introdotta “per far inghiottire meglio la pillola” a tutte le persone, spesso anziane, che erano abituate all’uso del contante.
Infatti con l’introduzione della limitazione a € 1.000,00 nell’uso del contante, saranno costrette ad aprirsi un conto ed utilizzare i mezzi elettronici di pagamento, anche se magari non fanno molte operazioni o non dispongono di grosse disponibilità finanziarie (a parte la pensione).
Ho riportato in maiuscolo i termini “giacenza media” perché saranno fondamentali per comprendere il cambiamento introdotto dalla normativa (e il seguito del post).
Preciso che, come già succedeva, l’imposta si paga per ciascun rapporto contrattuale coinvolto (conto corrente, conti titoli, conto corrente postale, libretto di risparmio, ecc.).
Notate bene l’uso della parola “complessivamente”… quindi non pensate di evadere l’imposta suddividendo il vostro capitale in più libretti e/o conti correnti. 😉
Anzi… risulterebbe addirittura controproducente, visto che aumenterebbero i rapporti per i quali è dovuta l’imposta!
Difatti la norma è chiara ([4]):
“Estratti conto, inviati dalle banche ai clienti … nonché estratti di conto corrente postale e rendiconti dei libretti di risparmio anche postali: per ogni esemplare con periodicità annuale…”
Attenzione però che c’è la sorpresa: la norma prevede che ([5]):
“L’estratto conto o il rendiconto si considerano in ogni caso inviati almeno una volta nel corso dell’anno anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione.”
Ad esempio, è il caso del libretto postale ([5]).
E se supero i € 5.000,00?
In caso di giacenza media annua superiore a € 5.000,00 scatta il pagamento dell’imposta di bollo pari a € 34,20.
Se il conto non appartiene ad un privato ma, ad esempio, a un’azienda (persona giuridica), non è prevista l’esenzione al di sotto dei € 5.000,00.
L’imposta da pagare diventa pari a € 100,00 tondi (in pratica, rispetto al passato, aumenta di ulteriori € 26,20).
Altro aspetto da sottolineare è questo ([5]):
Se il rapporto ha una durata inferiore all’anno, l’imposta “dovuta è rapportata al periodo rendicontato” .
Mi fermo un attimo per spiegarvi perché ritengo che tale disposizione causerà diversi problemi interpretativi (e quindi di applicazione).
Prendiamo il caso più diffuso, dove la banca considera l’invio dell’estratto conto trimestrale.
Se il rapporto è inferiore alla durata annuale, dovrei pagare l’imposta rapportata ai trimestri in cui tale rapporto è rimasto in vigore.
Ad esempio: il Sig. Rossi ha sul conto corrente una giacenza media fino al 30 giugno 2012 superiore a € 10.000.
Il 30 giugno ha bisogno di soldi e decide di lasciare dal 1° luglio fino al 31 dicembre il conto vuoto (saldo zero) oppure con una giacenza di poco superiore allo zero (qualche centinaio di euro).
La giacenza media annua è comunque superiore a € 5.000, per cui il cliente paga l’imposta per tutto l’anno… anche se durante 6 mesi il saldo era 0 o di poco superiore.
Molti sostengono (mi è capitato di leggere una circolare interna di una banca) che, dato che il periodo di rendicontazione è trimestrale, bisogna considerare se il saldo medio di quel periodo è superiore o meno alla soglia.
Ciò deriva da una circolare esplicativa dell’Agenzia delle Entrate, che però riguardava l’applicazione della manovra estiva, dove il termine “giacenza media” ancora non c’era.
Infatti tale interpretazione contrasta con l’attuale normativa. Vi ricordate la frase che citavo prima: “valore medio di giacenza annuo”?
Quindi, secondo me, è corretta l’interpretazione che il cliente paga l’imposta tutto l’anno!
Ovviamente potrei anche sbagliarmi.
Attendiamo le gli ulteriori provvedimenti esplicativi, dato che la norma stabilisce anche che ([6]):
“Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite modalita’ di attuazione…”
Ma consideriamo un altro caso in cui, come dicevamo prima, si tratta di un rapporto dove “non sussiste un obbligo di invio o di redazione”, per cui “l’estratto conto o il rendiconto si considerano in ogni caso inviati almeno una volta nel corso dell’anno” (il caso del nostro libretto postale).
Cosa succede?
In base a quanto appena spiegato, pago tutto l’anno!
Quindi se decido di chiudere un libretto postale il 2 gennaio… devo comunque pagare l’imposta per tutto l’anno, anche se il rapporto è rimasto aperto per un solo giorno di valuta (il primo gennaio è festivo)!
Ripeto: sicuramente potrei sbagliarmi… e sono convinto che usciranno dei chiarimenti da parte delle istituzioni competenti (Ministero dell’Economia e delle Finanze o Agenzia delle Entrate) a sciogliere questi e tanti altri dubbi.
Per il momento, sul prospetto informativo della Cassa depositi e prestiti S.p.A. che ha affidato a Poste Italiane il collocamento dei libretti postali ([7]), si parla di annualità:
“Ai sensi dell’art. 13, comma 2 bis e nota 3 bis, della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 642/1972, come modificato dall’art. 19 del decreto legge 201/2011, convertito con modificazioni dalla legge 214/2011, i libretti di risparmio postale sono assoggettati con periodicità annuale ad un’imposta di bollo fissa pari a euro 34,20 se il cliente è persona fisica e ad euro 100,00 se il cliente è persona giuridica. Se il cliente è persona fisica l’imposta non è dovuta quando la giacenza media annua è complessivamente non superiore a euro 5.000.”
Se vi è già capitato il caso… o vi succederà… ricordatevi di citarlo in un commento a questo post. Così può essere utile ad altri lettori (anche se non è detto che, una volta usciti i chiarimenti istituzionali, l’intermediario non vi possa applicare l’eventuale non trattenuta differenza di imposta, in caso di errore di applicazione della normativa al caso vostro).
Proseguendo con l’analisi, sono quasi sicuro che vi state domandando:
E cosa succede al conto di deposito dove parcheggio la liquidità per avere un tasso di remunerazione superiore?
Rimane tutto come prima… visto che il decreto non ha modificato la normativa applicata e dato che, in base alla normativa vigente, non rientrano nella categoria di prodotti finanziari, essendo dei conti di deposito (bancari o postali).
Attualmente si paga l’imposta di bollo pari a € 14,62 una tantum all’attivazione del conto (la classica marca da bollo per intenderci), accollata quasi sempre dalla banca (non preoccupatevi… in qualche maniera la pagate sempre voi 😉 ), più il “minibollo” (€ 1,81) nel caso l’estratto superi una certa soglia.
Infine, non so se vi siete accorti, rispetto al passato, di un’altra novità introdotta dalla normativa.
Prima l’imposta di bollo era dovuta indipendentemente se il conto si trovava in attivo o in passivo.
Adesso con l’introduzione della soglia di esenzione, il contribuente ha finalmente un vantaggio fiscale: non paga più l’imposta di bollo per i conti in rosso!
Si stima che in Italia ci siano circa 8.000.000 di contribuenti in questo stato.
Nella prossima parte affronteremo il caso del conto titoli e di un altro strumento di investimento, molto diffuso in Italia.
Lampo
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[1] Decreto-Legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214. Quello che ci interessa è l’art. 19 avente titolo “Disposizioni in materia di imposta di bollo su conti correnti, titoli, strumenti e prodotti finanziari nonche’ su valori “scudati” e su attivita’ finanziarie e immobili detenuti all’estero”, che ha modificato l’art.13 della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642 denominato “Fatture, note, conti ed estratti di conti”.
[2] Il comma 1 dell’art 19 del decreto legge “Salva Italia” [1] cita gli “Estratti conto, inviati dalle banche ai clienti ai sensi dell’articolo 119 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385…” cioè le “Comunicazioni periodiche alla clientela” previste dal “Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia”.
[3] Comma 3 dell’articolo 119 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 “Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia”.
[4] Comma 1 dell’art 19 decreto legge “Salva Italia” [1].
[5] Comma 2 dell’art 19 decreto legge “Salva Italia” [1].
[6] Comma 5 dell’art 19 decreto legge “Salva Italia” [1].
[7] Poste Italiane – Cassa depositi e prestiti S.p.A. – Foglio Informativo Libretti di Risparmio Postale (gennaio 2012). Pag. 1, voce “Regime fiscale”.
complimenti Lampo
chiarissimo come sempre
un cordiale saluto a te ed a DT
lampo, non ho ancora letto tutto l’articolo, ma visto l’argomento ti segnalo questo foglio di calcolo, dove è riportata schematicamente la normativa fiscale sui bolli (non ancora del tutto definitivo):
https://docs.google.com/spreadsheet/ccc?key=0Asle2rvmqPL2dHdaNzBKUlVpRkhFZGdZYzROVEdmMHc#gid=0
Quanto riportato nel link che hai menzionato è corretto (a partire da quest’anno), a parte i conti di deposito, che pagano diversamente, come riportato nel presente post è i buoni fruttiferi cartacei che… vedrete domani. 😀
Notate bene l’uso della parola “complessivamente”… quindi non pensate di evadere l’imposta suddividendo il vostro capitale in più libretti e/o conti correnti. 😉
non mi è molto chiara questa tua frase, vorrei capire meglio: se ho cinque conti da 1000 € ciascuno in 5 banche diverse pago l’imposta di bollo? grazie
Grazie lampo! Ti risulta anche questo? (in merito ai 5000 euro di esenzione per i c/c)
“Il calcolo della giacenza media viene fatto su base mensile”
(v. http://www.professionefinanza.com/scheda.php?id=4327)
Invece per quanto riguarda l’addebito del bollo alla chiusura del rapporto, la mia esperienza è che la banca addebitava il bollo del mese in corso.
No, un conto = un bollo; Essendo tutti sotto i 5000 euro non paghi niente.
Correggo: se non ho capito male il cumulo si fa quando lo stesso soggetto ha più conti presso la stessa banca.
Questa è la domanda cruciale!
Nella finanziaria estiva (decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito con legge 15 luglio 2011, n. 111) si parlava di “intermediario finanziario” esclusivamente per il deposito titoli… per cui la disciplina relativa all’imposta di bollo sui conti correnti rimaneva immutata.
Ciò era spiegato anche nella Circolare n. 40 del 04/08/2011 dell’Agenzia delle Entrate:
http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/e0e6738047d8863395b09d68d8434fd7/circolare+40e.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=e0e6738047d8863395b09d68d8434fd7
A seguito di ciò sono nati ulteriori dubbi su cosa si intendeva per intermediario finanziario e su come bisognava fare i cumuli per calcolare l’esenzione, come spiegato da una ulteriore circolare esplicativa, la n. 46E del 24.10.2011:
http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/445f9a8048cef4a7b2e1bbd59d637248/Cir46e+del+24.10.11.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=445f9a8048cef4a7b2e1bbd59d637248
Anche qui però si parlava sempre di conto titoli… e ricordo che c’era l’esenzione al di sotto di COMPLESSIVI € 1.000
Adesso nella nuovo testo del decreto che modifica l’applicazione dell’imposta al conto titoli (vedrete domani il seguito del post) è sparita la voce “intermediario finanziario”, per cui viene di nuovo il dubbio se i chiarimenti delle precedenti circolari siano tutt’ora validi o meno.
Io personalmente ritengo che il concetto di intermediario finanziario sia superato, visto che volutamente non è stato più contemplato. Quindi?
Ritornando alla domanda che hai formulato, come evidenziato nel post la norma cita espressamente “per ogni esemplare” della comunicazione inviata ai clienti ai sensi di quell’art. del Testo unico bancario che citavo.
La norma stessa poi parla che stavolta dovrà essere emanato addirittura un decreto (non più una semplice circolare… che tra l’altro sarebbe impugnabile avendo, diciamo, un debole valore legale… ) da parte del Ministero delle finanze… che stabilisca le modalità di attuazione.
Tutto ciò mi fa pensare che evidentemente l’intento sia (di tentare) di andare oltre la precedente applicazione e quindi sconvolgere di fatto l’attuale applicazione.
Quanto ho affermato nel post si basa su questo ragionamento, che è ovviamente una mia interpretazione… che dovrà essere convalidata o sconfessata dai successivi chiarimenti da parte delle istituzioni (probabilmente sconfessata vista la mia mente contorta )
Nel web e tra le varie circolari all’interno delle banche troverai diverse interpretazioni, spesso anche molto differenti tra loro (sigh).
La mia opinione riassumendo è che sarebbe troppo facile aprire più rapporti per evadere l’imposta, visto la soglia di esenzione dell’imposta (il costo del rapporto sarebbe ampiamente ripagabile dai proventi degli interessi sul conto).
Lo stesso accadrebbe anche se la soglia di sommasse per tipologia di rapporto (tipo conto corrente bancario, conto corrente postale, ecc.)
Ritengo, alla luce di tutto ciò, che non è il caso di ragionare per intermediario, visto che, per quanto riguarda il conto titoli è stata volutamente rimossa tale dicitura (anche se si tratta di altro argomento di applicazione).
Poi c’è quella parola di congiunzione “e”, che mi fa pensare: “estratti di conto corrente postale E rendiconti dei libretti di risparmio anche postali”.
Quindi non mi meraviglierei che il cumulo, visto che vengono tassati anchi gli strumenti finanziari detenuti all’estero, che venga fatta una bella anagrafe di tutti i rapporti finanziari esistenti al singolo soggetto presso intermediari che hanno la sede legale in Italia (visto che qui si ferma il confine territoriale della legislazione italiana 🙂 )… e qui venga fatto il cumulo, su cui calcolare la soglia di esenzione!
Ciò spiegherebbe anche la frase “L’estratto conto o il rendiconto si considerano in ogni caso inviati almeno una volta nel corso dell’anno anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione.”
Si fa rientrare tutto… perché viene istituito un bel database generale consultabile da chi deve applicare l’imposta… che quindi verrebbe applicata (per quanto riguarda il caso che hai domandato) poi per ogni esemplare di comunicazione (rendiconto o estratto conto) inviato al cliente.
Ovviamente preciso che i cumuli sarebbe due: uno relativo ai rapporti di tipo “conto” bancario e postale… che paga un’imposta fissa di € 34,20 e un’altro relativo ai strumenti e prodotti finanziari come risultano definiti dal post che vedrai domani, visto che la tassazione è differente e tale importo di € 34,20 è solo la soglia minima, mentre l’imposta è proporzionale secondo due aliquote a seconda del periodo di applicazione.
Aggiungo un altro aspetto che ritengo interessante: questa interpretazione è quella che permetterebbe di avere maggiore gettito dall’applicazione della normativa. Gettito di cui lo Stato attualmente ha bisogno.
Mi dispiace essermi dilungato tanto… ma il tema è complesso e spero che la spiegazione del mio ragionamento sia stata chiara.
Attendiamo il decreto esplicativo e nel frattempo monitoriamo come si comportano gli intermediari.
Molto probabilmente dopo tali delucidazioni, assisteremo a voci di accredito o addebito con la dicitura “conguaglio imposta di bollo”.
La base mensile deriva probabilmente dalle circolari esplicative dell’Agenzia delle Entrate” che citavo nel mio precedente commento.
Ma se le leggi approfonditamente… dipende dalla periodicità scelta dall’intermediario, sulla base delle indicazioni del cliente e le previsioni di legge.
Quindi se l’intermediario applica il trimestre, quello è il periodo di rendicontazione su cui parametrare il pagamento dell’imposta.
non è strettamente inerente all’argomento del post, ma in tema di imposte sugli investimenti vorrei porre l’argomento. Come immagino sia noto ai frequentatori di questo blog, il 13 dicembre è stato emanato dal Ministero dell’Economia il Decreto attuativo in merito all’esercizio dell’opzione di affrancamento sulle plusvalenze latenti. Alcune Banche (la mia e credo altre)non hanno ancora comunicato ai clienti come esercitare le modalità di esercizio di tale opzione. Mi è stato rifiutato di esercitare in forma scritta l’opzione, come prescritto dal decreto, adducendo la motivazione che c’è tempo fino al 31 marzo. Ho protestato vivamente, perchè avevo letto di un’interpretazione letta, che i titoli dovevano essere in possesso del cliente anche all’atto dell’esercizio dell’opzione. Richiesta scritta, risposta zero(così non ci si compromette…). Ritelefonato al call center, venerdì, ho detto avrei fatto un interpello alla Direzione Regionale delle Entrate, al che ,sono stata richiamata poco dopo, rassicurandomi in settimana sarebbe stata attiva una procedura nel sito per attivare l’opzione, e che la richiesta scritta non sarebbe stata ritenuta valida. Mi è stato confermato in tale occasione, che sarà applicato l’affrancamento ad esempio per i fondi, per il numero di quote inferiore tra quello posseduto all’atto dell’opzione, e quello posseduto al 31 dicembre. (Insomma, se si vende qualcosa si paga il 20). Stamattina ho comunque provveduto a fare l’intrpello( ridicolo: con richiesta se faccio l’opzione in un documento mio è valida..) , a scopo cautelativo, nonostante la Dr delle Entrate abbia 120 gg di tempo per rispondermi, e domani farò la raccomandata, per richiedere l’esercizio dell’opzione, per cautelarmi da eventuali ulteriori ritardi.Si tratta di un abuso , perchè dalla data in vigore del decreto, anche i contribuenti con deposito amministrato sono in diritto di esercitare l’opzione, e le banche sono in dovere di osservare le leggi vigenti. I ritardi software non possono essere imputati ai clienti, mettendoli in condizione di non liquidare attività finanziarie per non incorrere a un 8% di tassazione in più, non dovuta, e il decreto non fa menzione di procedure particolari per banche in linea.
per quanto ho inteso non c’è un cumulo, fra più conti, non essendo un’imposta patrimoniale, ma un’imposta di bollo, determinata dall’invio dell’estratto conto. pertanto, ogni invio, un’imposta. Per i grandi patrimoni, conviene concentrare su un’unico conto, in quanto c’è un tetto di 1.200 euro, per l’imposta, per il 2012.(tanto per redistibuire..)Per i poveracci, conviene suddividere sotto i 5000. avrei qualcosa da ridire sul fatto che un’imposta di bollo è determinata su un’imponibile, anzichè sul numero di pagine, e pertanto si tratta di un’imposta sul patrimonio e non di un’imposta di bollo. essendo in realtà una patrimoniale, contravviene al diritto sancito dalla costituzione che le imposte devono essere progressive.in più a mio parere dal punto di vista formale, si tratta di una doppia imposizione, trattandosi di imponibili già sottoposti a un’imposta(sui dividendi, plusvalenze, etc).sempre i soliti pasticci all’italiana.ma fare un ricorso in merito sarebbe un contenzioso infinito. non capisco perchè si debba mascherare una patrimoniale sotto forma d’imposta di bollo. inoltre, non si faceva prima ad aumentre le aliquote sulle plusvalenze, i dividendi e gli interessi ? la piangente Fornero ha qualificato come bizantinismo la finestra mobile, ma questa imposta di bollo non è anch’essa un bizantinismo creato dal precedente governo?l’hanno modificata, ma sempre bizantinismo è.
Per quanto riguarda la procedura di affrancamento che hai descritto, una nota vetrina di fondi online (non dico il nome per non fare pubblicità) mi ha informato di tale possibilità con un’email datata 5 gennaio con la previsione di rendere attiva la piattaforma software per il 10 gennaio.
Quindi come vedi è possibile… (ti informerò sulle novità, visto che intendo aderire per alcune quote di fondo in capital gain).
Sull’imposta di bollo condivido il tuo pensiero: si tratta di una patrimoniale mascherata da imposta.
Concordo che non dovrebbe esserci cumulo tra più conti, perché dipende dall’estratto, però diventa troppo facile evaderla, grazie alla soglia, aprendo più rapporti: mi pare strano che questo sia l’intento del legislatore (con tutta la pubblicità che fanno contro l’evasione!).
E poi sarebbe proprio in contrasto con il principio della progressività dell’imposta, che varrebbe solo per il conto titoli e non per i conti correnti (in realtà anche con il conto titoli si potrebbe evadere… aprendo rapporti con più intermediari: qui la convenienza però sarebbe minore causa commissioni di acquisto o uscita).
RIPRENDO QUESTO POST DI LAMPO per consigliare agli amici lettori di informarsi presso le proprie banche su come eventualmente effettuare l'”affrancamento” del dossier titoli, chiedendo alla banca un documento con la posizione fiscale, le eventuali minus accumulate (spero poche) e le plusvalenze presenti in portafoglio, per poi valutarne l’eventuale convenienza.
Vero, c’è tempo fino a FINE MARZO, ma il consiglio è di muoversi quanto prima.
😀
Mamma quanto siamo operativi….
Eccellente Lampo! Molto più chiaro della normativa ufficiale!