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Ricchi e poveri
Recentemente l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha pubblicato un rapporto ([1]) in cui evidenzia come, nei Paesi aderenti, la differenza fra ricchi e poveri sia al livello più alto degli ultimi 30 anni.
Per l’analisi ha utilizzato un indice che misura la diseguaglianza nella distribuzione del reddito, il coefficiente di Gini (di un noto statistico italiano).
Si tratta di un semplice numero che varia da 0 a 1.
ZERO indica l’eguaglianza assoluta, cioè tutti percepiscono lo stesso reddito (oppure tutti mangiano un pollo… usando La statistica del noto poeta italiano Trilussa).
UNO rappresenta la concentrazione assoluta, ovvero una sola persona percepisce tutto il reddito del Paese (oppure mangia tutti i polli… lasciando alla fame tutti gli altri senza pollo).
Quindi maggiore è il coefficiente di Gini e maggiore è la diseguaglianza a livello di redditi.
Il seguente grafico ([2]), estratto dal rapporto, evidenzia l’aumento della disparità fra ricchi e poveri, tra il 1980 e il 2008.
Come vedete è aumentata la concentrazione del reddito in mano a sempre meno persone (aumento del coefficiente) mentre il resto della popolazione, in proporzione alla ricchezza complessiva, diventa sempre più povero (sigh).
C’è anche l’Italia tra questi… anche se non abbiamo ancora raggiunto il livello del Messico, Turchia o degli USA (alla faccia del sogno americano!).
Chi sta meglio, ovvero i Paesi dove la ricchezza è distribuita in maniera “più democratica” sono sempre loro: i Paesi nordici. Finlandia, Svezia, Norvegia e Danimarca con in più anche la Repubblica Ceca.
Anche in questi Paesi però, negli ultimi 30 anni, la situazione è peggiorata.
Per assurdo, gli unici due Paesi dove la disparità fra ricchi e poveri è diminuita sono la Turchia e la Grecia. La Turchia però era a dei livelli già, notevoli, mentre la Grecia, nel 2008 ha un coefficiente di Gini migliore dell’Italia!
Bisogna considerare però che nel 2008… non c’era ancora la crisi e le varie “riforme economiche”, ovvero la famose finanziarie lacrime e sangue, che la popolazione greca ancora oggi “sopporta a fatica” (per essere ottimisti e gentili come terminologia).
Cause?
Sicuramente la globalizzazione è una di queste, anche se è controversa.
Alcuni studi dicono che abbiano influito i guadagni in termini di produttività, grazie ad un aumento dell’istruzione, conoscenze tecniche e qualificazione dei lavoratori a discapito di quelli più sfortunati, meno qualificati e ai margini dell’occupazione.
Altri studi suggeriscono che un aumento delle importazioni dai Paesi in via di sviluppo (Cina, India, ecc.) abbiano causato un declino delle diseguaglianze di reddito nei Paesi più avanzati.
Poi indubbiamente c’è stato il progresso tecnologico dell’ultimo trentennio, specialmente a livello di informatizzazione (computer). Ciò ha influito ad aumentare il divario fra la generazione “dalla tastiera facile” e quindi più qualificata, rispetto a quella che vede ancora il computer come uno strumento ostico ed inutile nel proprio lavoro o tempo libero (e che, spesso con solo i due indici, fatica a trovare i tasti giusti sulla tastiera).
Stesso discorso vale per i Paesi che abbiano o meno investito più risorse nel progresso tecnologico e informatico.
Certamente lo sviluppo tecnologico ha causato una frammentazione della produzione, sviluppando il fenomeno della delocalizzazione.
Come vedete non è facile trovare il bandolo della matassa… anche perché sono molteplici le variabili che intervengono in tale processo (è un sistema dinamico).
Sicuramente l’elemento decisivo che ha influito sul divario a livello di stipendi (e quindi di distribuzione della ricchezza) è il livello di qualificazione raggiunto, ovvero la sua differenza fra i lavoratori che si sono avvantaggiati delle loro competenze tecnologiche e informatiche, e quelli “meno portati” per tali settori.
Poi ci sono state le cosiddette “riforme” del mercato del lavoro, per renderlo più flessibile ed aumentarne la concorrenza. Pensate solo alla promozione del part-time, agli orari di lavoro più flessibili, che hanno permesso a più persone di entrare nel mondo del lavoro, soprattutto donne ma anche lavoratori a basso reddito.
Però anche l’aumento del part-time e del lavoro a più basso reddito hanno aumentato il divario salariale e quindi accentuato la differenza della ricchezza.
In particolare la disuguaglianza dei redditi in Italia è superiore alla media dei Paesi OCSE, come evidenziato dal seguente grafico ([3]):
Come vedete dalla linea verde, il divario dei redditi delle persone in età lavorativa è aumentato rapidamente agli inizi degli anni ’90 per poi rimanere a livelli elevati, sino a questi ultimi anni, dove abbiamo assistito ad una lieve discesa.
Siamo certamente meglio degli USA (blu scuro), ma peggio della media OCSE (blu chiaro).
Anche la Germania, non scherza a livello di aumento del divario… però era partita da dei livelli notevolmente inferiori, e rimane ancora al di sotto della media OCSE, sebbene di un soffio.
Ritornando all’Italia sembra che il ruolo più importante l’abbia svolto l’incremento del lavoro autonomo: tale aumento ha causato un allargamento della disparità.
Inoltre i redditi provenienti da tale fonte, a differenza di altri Paesi OCSE, sembrano predominare fra le persone con più alti redditi (forse il problema è che sono diminuiti sempre più gli stipendi da lavoratore dipendente, come riportato anche dalle recenti cronache finanziarie).
Altro interessante aspetto è che i lavoratori meglio pagati lavorano di più (più ore) rispetto a quelli meno pagati (è successo anche negli altri Paesi OCSE).
Poi sempre più persone si sposano con persone che hanno un reddito simile al loro, ovvero ricchi con ricchi e poveri con poveri… aumentando così il divario (questo conferma anche il noto detto popolare: i soldi vanno con i soldi… 🙂 )
Il ruolo dei servizi pubblici nella redistribuzione della ricchezza è diminuito: in pratica la spesa sociale che influisce alla riduzione del divario è costituita essenzialmente da ammortizzatori sociali (indennità di disoccupazione, mobilità, ecc.) invece che servizi.
D’altronde questo è un aspetto che le famiglie italiane conoscono molto bene, visto che esauriti tali ammortizzatori… rimane solo la famiglia e “il tesoro” messo da parte dalle precedenti generazioni (i risparmi o l’eredità, per chi è fortunato ad averli)!
Soluzioni?
L’OCSE raccomanda di agire sull’occupazione: rappresenta la migliore maniera per ridurre le disparità (chissà se hanno chiesto anche alla “crisi economica” se era d’accordo…visto che ha causato un aumento la disoccupazione! 😥 ).
Quindi creare posti di lavoro qualitativamente e quantitativamente migliori, che permettano di sfuggire alla povertà.
Altro aspetto su cui intervenire sono gli investimenti in risorse umane, a partire dalla prima infanzia ed in tutto il percorso scolastico, fino al mondo del lavoro, dove tra l’altro dovrebbe continuare in un processo di formazione continuo. Ci vogliono incentivi sia per gli studenti/lavoratori che per i datori di lavoro (bisogna avere le risorse però…).
Agire inoltre sulle politiche di riforma previdenziale e fiscale: sono gli strumenti più diretti per operare la redistribuzione del reddito.
Permettetemi di ironizzare: infatti, le recenti manovre finanziarie, sono andate tutte in questa direzione, con l’aumento dell’IVA, la riduzione dei servizi (con aumento dei costi) e la riforma previdenziale che ha toccato le fasce più deboli. 👿
L’OCSE continua con i suggerimenti, raccomandando che le persone che hanno un reddito più elevato, e quindi una capacità contributiva maggiore, dovrebbero pagare di più a livello fiscale, permettendo una redistribuzione del reddito.
Infine rileva l’importanza del ruolo offerto da servizi pubblici gratuiti e di elevata qualità, nell’ambito dell’istruzione, assistenza sanitaria e familiare.
Mi sembrano tutti aspetti a cui i nostri governanti dedicano ogni giorno, gran parte delle loro competenze politiche, e si adoperano incessantemente per presentare riforme, proposte di legge o varare decreti legge d’urgenza che vadano in questa direzione… 😳
In merito alla disoccupazione giovanile, per chi volesse approfondire, avevo cercato di affrontare proprio poco tempo fa l’argomento con una serie di post.
Per il resto trovate approfondimenti, come mio solito, nelle note in fondo all’articolo con i relativi link.
Credo che abbiate già compreso la mia opinione, anche se non è importante.
Finché non ci sarà una redistribuzione del reddito… e quindi un abbassamento di tale coefficiente di Gini, difficilmente usciremo da questa crisi economica!
Poi ovviamente ci sono le altre mille motivazioni che esaminiamo ogni giorno nel blog, grazie anche ai vostri numerosi, interessanti e dettagliati commenti, di cui colgo l’occasione per ringraziarvi. 😉
Lampo.
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[1] OCSE – Society: Governments must tackle record gap between rich and poor, says OECD (5 dicembre 2012).
[2] OCSE – Divided We Stand Why Inequality Keeps Rising – An Overview of Growing Income Inequalities in OECD Countries: Main Findings (Fig. 1 – pag. 24)
[3] OCSE – Divided We Stand Why Inequality Keeps Rising – Nota sul Paese Italia
all’inizio degli anni 90 ho notato come fosse evidente nell’aria un progetto finalizzato ad aumentare le differenze. da quando all’inizio degli anni 90 i media iniziarono a tuonare contro “l’appiattimento salariale”, si è prodotta un’enorme stratificazione e una forbice salariale, che non ha giustificazione alcuna, se non quella di costruire una piramide, in cima di alla quale vi sono soggetti remunerati con milioni di euro l’anno( e altri parassiti).non credo vi sia altra soluzione che mettere in atto il processo inverso, oltre che smascherare il progetto. la precarizzazione, fa sempre parte del medesimo fenomeno. solo adesso, nelle masse ,sta prendendo piede la percezione che si vuole prendere ai poveri per dare ai ricchi.la gente si è fatta manipolare per anni, sulla produttività e su altre s…e., senza capire che il vero intento era saccheggiare risorse. su altre cause penso non si possa più tornare indietro come la globalizzazione.
A questo coefficiente di Gini vorrei fare un appunto: il Messico, mi pare abbia peculiarità di cui bisognerebbe tenere conto valutando questi numeri, a causa della consistente percentuale di popolazioni indie poverissime che non si integrano, nè s’integreranno, al modo di vivere occidentale, ma il cui tenore di vita non è misurabile con gli stessi parametri( esempio dormire sull’amaca in una capanna di fango). è probabile la classe media sia aumentata, come anche una classe industriale molto ricca, il che aumenta il divario internamente, ma nel complesso il tenore di vita sia aumentato per molti messicani.questo parrebbe empiricamente.
Da noi mi pare evidente nel complesso il tenore di vita si sia abbassato.
Putroppo non solo il tenore di vita… ma anche l’interesse generale per il futuro del paese… e la capacità di comprensione (leggere un libro o un giornale) dei cittadini… 😥
partito il ciclo intermedio che dovrebbe durare fino a febbraio/marzo poi.. sell in may and go away!