Fincantieri: ennesima conseguenza di un’Europa che non c’è
In questi giorni il caso Fincantieri è stato messo in risalto da tutti i giornali e dai media in generale. L’amico Paolo41 ci illustra in questo rapido articolo non tanto la vicenda, che era nota da tempo, ma il fatto che non possiamo pensare di fare un’Europa Unita quando non c’è una politica economica, industriale e, aggiungo io, fiscale che sia comune. Fino ad oggi sono solo state enfatizzate maggiormente le diseguaglianze e le sperequazioni economiche. Il momento è veramente topico e ci dà l’occasione di portare veramente nuovi comportamenti rivoluzionari in ambito UE, certamente non troppo allegri per la piazza ma sicuramente necessari per poter mettere delle basi ad un sistema economico che, ahimè, continua ad essere poggiato sulla sabbie non certo sulla roccia.
Lascio la parola al brillante intervento di Paolo su Fincantieri. Buona lettura!
DT
Trovo anacronistico che il caso Fincantieri emerga con tutte la sua gravità alla presentazione del nuovo piano industriale, quando la situazione è nota da anni e si è trascinata senza incisivi interventi da parte delle istituzioni, dove metto sindacati, Confindustria , governo e opposizione e, dulcis in fondo, la commissione europea, a mio avviso, primo responsabile.
Ma metto nel gruppo anche i lavoratori perché è impossibile che, in tutti questi anni, vivendo la realtà aziendale, non abbiano sollecitato interventi da parte delle istituzioni prima menzionate.
Sono tutte istituti che sono dotate di appropriati “centri studi” che hanno sviscerato il problema, ma tutte indistintamente non hanno mosso una foglia per prevenirne il drammatico sbocco attuale.
Anacronistico è il commento dell’opposizione (Bersani) che denota la sua ormai cronica passività quando dichiara che il problema è vecchio di due anni; a parte che il declino della cantieristica europea è più che decennale, non mi risulta che l’opposizione abbia sollevato la tematica in parlamento, chiedendo interventi o commissioni ad hoc.
Ha ragione il mio corregionale Renzi, quando dice che abbiamo una classe politica vecchia e incapace di affrontare i problemi, che è capace solo di criticare e sempre nel momento meno opportuno (o meglio nel momento migliore per sfoggiare la solita demagogia). Non intendo qui analizzare quale è stata l’evoluzione della cantieristica nell’ultimo decennio, dato che ci sono studi esaurienti sull’argomento; ne suggerisco uno che mi sembra abbastanza esaustivo e conciso
LEGALMARITTIMI – studio settore
Possiamo anche non condividere qualche osservazione o qualche conclusione, ma nel merito e nella sostanza è uno studio di notevole validità.
Vengo alla natura del mio intervento. Come ho scritto in precedenti occasioni l’essere entrati nell’euro è stato, a mio avviso, il più grosso errore che la nostra classe politica abbia fatto negli ultimi anni.
Prescindendo dall’inflazione che ci siamo portati dietro e che ha distrutto il potere d’acquisto dei lavoratori italiani, il caso Fincantieri è il classico esempio che rinforza il concetto che non ci può essere una moneta unica quando non è accompagnata da una politica economica e industriale fortemente coordinata.
Purtroppo con l’entrata nell’euro non abbiamo fatto che creare una pletora di superpagati burocrati politicizzati ma a basso contenuto professionale, che si sono azzuffati sulle quote del latte o su quali debbono essere gli ingredienti del cioccolato, anzichè affrontare problemi seri come quello della cantieristica o come contrastare, in generale, l’invasione in dumping dei prodotti dell’est-asiatico. E anche, all’inizio dell’EU, qualcuno aveva avuto il coraggio di chiamarla la “fortezza” Europa… credo che siamo invece a livello del “deserto dei tartari”, naturalmente dopo che i tartari ci sono passati sopra.
Paolo41
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un po’ in ritardo sulla tabella di marcia per commentare.
Aggiungo che la politica del lamento sembra essere senza fine. La Marcegaglia indica la classe politica come responsabile della delocalizzazione, quando in realtà proprio le nostre industrie , specialmente le medio piccole hanno approfittato della situazione, non per contenere con un mix di qualità prezzo la concorrenza, ma approfittando per mettersi il valore aggiunto in saccoccia.
E probabilmente oggi è tardi perfino per tirarsi su le maniche